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Autore: Lievea    26/07/2012    14 recensioni
Blaine e Kurt. Un mondo nuovo. Tanti mondi nuovi. Sempre loro.
Storia di una storia d'amore.
Storia di tante storie d'amore.
Scritta da Lievebrezza e Medea00
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Untitled and Unreleased


- Capitolo tre -


Eccolo, il ragazzo della metropolitana, proprio davanti a lui.

Kurt.

Ora Blaine sapeva anche qual era il suo nome. Si era presentato subito dopo avergli strappato la promessa di spedirgli via mail il resto del libro, non appena l'avrebbe trovato. Solo dopo quella rassicurazione si era concesso di sorridere e assumere un atteggiamento più amichevole: l'aver interrotto bruscamente la lettura l'aveva decisamente scocciato.

“Puoi spedirmelo via email? Mi faresti un enorme favore.”

Apparentemente dal nulla, aveva sfoderato un biglietto da visita, si era chinato sul bancone e l'aveva infilato nel taschino della polo di Blaine. Al solo contatto con la sua mano, che aveva accarezzato la stoffa giusto un istante prima di allontanarsi, Blaine si era irrigidito e aveva perso il filo del discorso, concentrato com'era sul fantasma di quel tocco leggero.

Riusciva a vedere Kurt che continuava a parlare e Wes che gli rispondeva, ma non aveva idea di che accidenti stessero dicendo. Limitandosi a sorridere un po' ebete e ad annuire qui e là, si lasciò rapire da quanto deliziosa fosse la risata di Kurt, da quanto adorabile fosse il suo naso arricciato e da quanto fosse sexy la curva del suo collo, appena delicatamente nascosta dal colletto della camicia.

Fu distratto dalla sua contemplazione solo quando entrambi tacquero e rimasero a fissarlo, evidentemente in attesa di una risposta a una domanda che non aveva sentito.

“Cosa?” chiese, tornando rapidamente in sé e pregando di non aver fatto la figura dell'idiota.

“Ho detto che domani devo alzarmi presto per lavorare, quindi devo andare...” disse Kurt, tamburellando le dita sul bancone, come se non avesse davvero voglia di andarsene. “Però prima vorrei prendere una tazza del tuo famoso cappuccino alla liquirizia, Wes mi ha detto che è qualcosa di divino e ho pensato che sarebbe davvero un peccato lasciarmelo scappare.”

Poi fece una cosa inaspettata, che tramutò all'istante le ginocchia del povero Blaine in gelatina al limone.

Gli strizzò l'occhio.

Prima di arrossire, Blaine si voltò verso la macchina del caffè e cominciò a preparare quel benedetto cappuccino, frastornato dalla sensazione che Kurt stesse flirtando con lui. Si sentiva presuntuoso anche solo a pensarlo, perchè quel ragazzo era decisamente fuori dalla sua portata, ma... maledizione, gli aveva fatto l'occhiolino! C'era gran poco da interpretare. E il tono con cui aveva pronunciato quella frase era troppo allusivo per essere casuale: e se in realtà fosse stato proprio Blaine, metaforicamente, il cappuccino che non voleva lasciarsi sfuggire?

Nonostante i suoi sforzi di apparire disinvolto, Blaine era rosso fino alla punta delle orecchie quando spinse la bevanda verso Kurt. In uno slancio di entusiasmo, riuscì perfino a bofonchiare: “Questo... lo offre la casa. Per avermi restituito l'Ipad.”

Kurt rise cristallino e si portò il bicchiere alle labbra. Dopo il primo sorso, chiuse gli occhi e fece un gemito soddisfatto, di fronte al quale Blaine spalancò gli occhi.

Un gemito.

Provocato dal suo cappuccino.

“Vero che è delizioso?” commentò Wes, ammiccando compiaciuto verso l'amico. Nonostante il tentativo di apparire casuale, Blaine capì che stava cercando di metterlo in buona luce e di fargli fare una bella figura con Kurt. Gli stava facendo da spalla, probabilmente già da un po', e lui se ne era accorto solo ora. Era troppo preso a fissare la pelle bianco latte di Kurt.

“Magnifico. Veramente perfetto. Sarà un ottimo compagno di viaggio, mentre me ne torno a casa.” Kurt schioccò le labbra e leccò la schiuma rimasta appena sotto il naso.

“Peccato che Blaine oggi debba lavorare fino a tardi, altrimenti sono certo che ti avrebbe riaccompagnato più che volentieri.” aggiunse Wes, mentre Kurt scendeva dallo sgabello e si avvolgeva la sciarpa intorno al collo.

Blaine lo fulminò con un'occhiataccia, ma Kurt non sembrò infastidito dalla proposta di Wes, perchè invece si voltò verso Blaine, lo guardò intensamente per qualche istante, e poi rispose, quasi parlando tra sé e sé: “Già. Un vero peccato.”

Poi augurò la buonanotte a entrambi e lasciò la caffetteria. Non appena la porta si richiuse alle sue spalle, Wes aggredì Blaine, sporgendosi oltre il bancone: “Ma sei ubriaco? Dammi qualcosa su cui lavorare, non stare lì impalato mentre io faccio il resto!”

Blaine sbattè le palpebre, si versò una tazza di caffè e sospirò: “Wes, è inutile che ti scaldi. Prima di tutto, non sappiamo nemmeno se gioca per la mia squadra. Secondo, magari nemmeno gli piaccio.”

L'altro lo osservò per un attimo, poi sbottò: “Blaine, io ti voglio bene, e questo tu lo sai, vero? Però a volte nutro dei seri dubbi sulla tua lucidità. Per quanto riguarda il tuo primo dubbio, se non avessi passato un quarto d'ora a sbavagli addosso con l'aria da pesce lesso, avresti sentito il motivo per cui desiderava tanto leggere il seguito del libro.”

“Perchè, che ha detto?” sbattè di scatto la tazza sul bancone, sorpreso da quella rivelazione.

“Ha detto, e cito testualmente... che per noi giovani gay il mercato editoriale offre davvero poco, negli ultimi tempi. Più chiaro di così!” declamò, allargando le braccia per sottolineare il concetto.

“Oh. Ok. Bene.” Dentro di sé, Blaine stava ballando per la felicità.

E secondo, non si è addormentato mentre declamavo tutte le tue doti e ha bevuto il tuo cappuccino. E ha detto che è magnifico.” schioccò le dita, e incrociò le braccia sul petto, come se avesse appena terminato un'arringa in tribunale.

“E che vorresti dire, scusa?” domandò Blaine. Non riusciva a cogliere il nesso tra un possibile interesse di Kurt nei suoi confronti e il fatto che avesse apprezzato il suo cappuccino.

Blaine... altro che capolavoro, il tuo cappuccino alla liquirizia fa veramente pietà.” spiegò serio. “Non solo l'ha ordinato, ma ha perfino avuto il coraggio di mandarne giù una sorsata e leccarsi i baffi. Ha fegato, il ragazzo. E tu troverai il seguito di quello stramaledetto libro, lo chiamerai e lo inviterai a cena fuori. Capito?”

“Io...” provò a obiettare Blaine, ancora incerto.

“Blaine, ha bevuto il cappuccino. Solo per quello, si meriterebbe un appuntamento romantico con i controfiocchi. In più sembra simpatico ed è evidente che lo trovi affascinante... quindi perchè no?”

“Già. Perchè no?”

Alcune ore dopo, seduto nell'oscurità della stanza che divideva con Wes, Blaine spulciò disperato ogni singolo file del suo computer, ma nella moltitudine di ebook che aveva scaricato, illegalmente o meno, sembrava non esserci traccia di quel maledetto libro. Nemmeno ne conosceva il titolo o l'autore, il che rendeva la ricerca ancora più frustrante e inconcludente.

Controllò per l'ennesima volta i metadati del file incriminato, finchè non trovò un altro documento proveniente dalla medesima fonte, un forum interamente dedicato ai download: esattamente come l'altro libro, era privo del titolo. Il fatto che contasse un numero maggiore di bytes lo convinse che era proprio il file che stava cercando.

Quello, e il fatto che erano ormai le due di notte.

Prese dalla polo il biglietto da visita di Kurt, che si era nervosamente rigirato tra le mani ormai una ventina di volte, e digitò rapidamente una mail, allegando il fortunato bottino di quella infinita caccia al tesoro.

Ciao Kurt, credo di aver trovato quello che mi avevi chiesto.

Non l'ho ancora aperto per controllare, ma lo farò domattina

appena mi alzo. Sono felice che il mio cappuccino ti sia piaciuto.

A presto e buona lettura,

Blaine

Il mattino successivo Kurt trovò un'inaspettata sorpresa nella sua casella email: con una tazza di cereali in bilico sulle ginocchia, aprì il file e prima di tuffarsi nella lettura si concesse di rammendare il pessimo sapore di quella malefica bevanda alla liquirizia e il delicato rossore che era apparso sul viso di Blaine mentre beveva, dolcemente compiaciuto dai suoi complimenti.

Uno solo di quei timidi sorrisi l'avrebbe ripagato, non di uno, ma di cento orrendi cappuccini.

A un certo punto, la lettura lo distrasse dal ricordo dei riccioli di Blaine e della sfumatura calda della sua pelle abbronzata: corrugò le sopracciglia e inclinò la testa di lato, sforzandosi di decifrare quello che Blaine gli aveva spedito.

“Ma che diavolo...” borbottò tra sé e sé, ancora intontito dal sonno. Perplesso, digitò rapidamente una mail di risposta e chiuse di scatto il suo Mac.

Blaine lesse quel messaggio alcune ore più tardi, dopo essere strisciato fuori da sotto le coperte: con la vista annebbiata da un sogno agitato, si svegliò di colpo. Aprì in tutta fretta il documento che aveva inviato a Kurt la notte prima e s'immerse nella lettura.

Ciao Blaine,

grazie per la tua solerte ricerca. Purtroppo, ho la sensazione che

non si tratti del file giusto. Leggi, poi dammi il tuo parere.

A presto, spero. ;-)

Kurt

***

Buio. Era tutto terribilmente, completamente buio. Non si sentivano più i suoni metallici, nè la luce accecante dello schermo; c’era troppo silenzio in quella stanza priva di ronzio e ventole, sembrava quasi surreale.

E poi, si rese conto troppo tardi di essersi trovato in una situazione molto, molto pericolosa.

“Cazzo! Mi si è fottuta la scheda video!”


Il tuo amico SilverHammer è online.

Thergon: /w SilverHammer crashato?

SilverHammer: /w Thergon y. Fuck. Ho perso tutto il drop.

Thergon: /w SilverHammer gg, server nabbo. Noobhost per la Blizzard.

SilverHammer: /w Thergon asd. No è che mi si è ownata la scheda video

Thergon: /w SilverHammer??? wtf

SilverHammer: /w Thergon Sto ruolando dal pc scrauso di mio fratello

Thergon: /w SilverHammer lal che stealer. Andiamo a gankare lo spammer di AOE

SilverHammer: /w Thergon sry devo andare afk. Tra poco mi blinko a scuola. Logghi stasera?

Thergon: /w SilverHammer y. Allora afko pure io. GL HF con la matematica


SilverHammer: /w Thergon Lamer.

SilverHammer è offline

Thergon è offline


Non appena il portatile fucsia e pieno di brillantini non mostrò più segni di vita, afferrò lo zaino contenente il suo mezzo andato e scese a due a due le scale di casa, rischiando seriamente di perdere l’autobus.
Suo padre, però, lo afferrò per la manica prima che potesse scappare via con la refurtiva – un pezzo di pane e una mela –, posizionandosi davanti alla porta con tutta la sua massiccia corporatura; rimase per interi secondi a fissarlo, con i suoi occhi che si assottigliavano intraprendenti.

Missione numero uno: entrare in Stealth e scavalcare il boss.

“Giorno pà” mormorò non troppo convinto, osservando un po’ irrequieto il suo immancabile cappellino blu che adesso sembrava fissarlo più dei suoi occhi chiari.

“Buongiorno figliolo. Hai fatto di nuovo le ore piccole di fronte a quel gioco? Quel...Diablo?”

“No, no figurati, sono stato in piedi per finire una tesina. Ora scusami ma perdo l’autobus-”

“Aspetta ma dov- non è finita qui, ragazzo! Ehi!”

Ma lui era già molto lontano, e con un ampio sorriso stampato sulla faccia. Si sistemò meglio la tracolla sulla spalla e andò a sedersi al suo solito posto, a metà dell’autobus: non troppo vicino ai ragazzi dell’ultimo anno, e non troppo lontano dal controllore. Si isolò dal mondo infilandosi velocemente le cuffie del suo lettore mp3, portando lo sguardo fuori dal finestrino in modo da perdersi per quelle strade, immaginando di essere altrove.

E per tutto il tragitto che lo separò dalla scuola, non riuscì a fare a meno di pensare a quel giocatore, quel ragazzo che ormai gli faceva compagnia da molti mesi; non sapeva nemmeno come si chiamava, o quanti anni avesse, se avesse un lavoro o studiava. Eppure, una parte di sè si sentiva un po’ abbattuta, ogni qual volta che loggava e non lo vedeva comparire tra la lista di amici online.

Era strano: in un certo senso, piuttosto bizzarro, si sentiva come se lo conoscesse.
Ma adesso i colori sgargianti della scuola finirono nel suo campo visivo, abbagliandolo – o meglio, acciecandolo -, e ogni altro pensiero passò in secondo piano; emise un piccolo sospiro, grato che non fosse stato sentito dalla quattrocchi a un sedile da lui.

Missione numero due: riuscire a sfangare la mattinata.

Dentro di sè, sperò davvero di riuscirci, mentre scendeva le scalette e si incamminava verso l’entrata.

Non è per niente facile essere un nerd.

Bisogna evitare le persone giuste, borbottare in un certo modo, avere la faccia piena di brufoli e perfino qualche barbetta incolta, se devi giocare un barbaro o un nano durante una sessione a Pathfinder; insomma, non è mica un ruolo che calza a pennello su chiunque.

In effetti, non calza a pennello proprio su nessuno: non è che uno possa mettere sul curriculum “ehi guardatemi, sono Nerd e non ho una vita”.

Alla fine, essere nerd è come il nuovo Spiderman: tutti credono che sia un gran figo, ma in realtà fa un po’ schifo.

La scuola, in un certo senso, era come il suo amato Diablo.

C’erano i non morti, i ragazzi che uscivano dall’ascensore trascinandosi un alone di fumo che faceva invidia alla divoratrice del secondo livello; i barbari, ossia, i fantomatici giocatori di football che, ovviamente, non gli risparmiarono una spallata una volta entrato dentro al loro raggio d’azione.

In quel momento si corresse mentalmente, affermando che i giocatori erano i troll, dal momento che avevano la stessa risata.

Poi c’erano gli npg, i mobbetti, come si volessero chiamare: erano tutti quei ragazzi anonimi che affrontavano la loro vita senza che nessuno lo venisse a sapere. Non erano particolarmente emarginati, il punto, era che non fossero abbastanza popolari per guadagnare d’importanta; in quella scuola si mormoravano pochi nomi, e sempre gli stessi, come quelle delle ragazze più carine, più zoccole o delle reginette del ballo. Ovviamente, tutte appartenenti alla categoria vampire, meglio conosciuta come cheerleader.

Era quasi certo di aver etichettato l’ottanta per cento della sua scuola quando, di colpo, si trovò di fronte a un hafling: una ragazza bassa e con dei capelli lunghissimi che lo stava fissando minacciosamente.
“Che ci fai con quel computer dentro la tracolla? Guarda che si nota benissimo.”

Lanciò un’occhiata alla sua borsa di cuoio, cercando di coprirla con un braccio; non sapendo dove guardare, si mise a fissare il suo armadietto, e grazie allo specchietto appeso in bella vista cominciò ad aggiustarsi il ciuffo che gli cadeva svogliatamente sulla fronte.

“Non sono fatti tuoi, hobbit. Devo cercare un fornetto in cui metterci la scheda video.”

La ragazza lo fissò, palesemente allibita: “Stai scherzando? L’hai preso per uno di quei sufflè che tanto adori?”

“Fidati, funzionerà. Ci vado adesso che l’aula di chimica è vuota.”

“Oh no – lo corresse lei – non ci puoi andare adesso. C’è lezione di letteratura, ricordi? Devi parlare con il professore.”

Oh, giusto. Si era quasi dimenticato del suo Diablo, il boss finale, quel professore che con i suoi occhialetti del cavolo e il suo atteggiamento composto sembrava che fosse perennemente stunnato. Detto in termini più consoni, sembrava avere un palo in culo.

Sbuffando sonoramente di fronte all’hafling, si diresse a grandi passi verso l’aula di informatica, ignorando prontamente tutte le urla che tentavano di richiamarlo nemmeno fosse un’invocatore di un ghoul secondo livello: certo che, a giudicare dalla frequenza raggiunta dalle sue note vocali, come strilli erano molto simili.

Si chiuse dentro la stanza non premurandosi di chiuderla a chiave, anche perchè, di solito, non ci entrava mai nessuno. Con grande sollievo notò che i suoi amici si trovavano già lì, seduti ai lati di un banco arrugginito, con delle schede in mano e dei dadi sparsi un po’ per tutta la stanza.

“Amico, sei in ritardo.” Fece uno dei tre, magro, con dei capelli rasta che gli arrivavano fino ai fianchi, e tatuaggi dovunque che riguardavano il Signore degli Anelli o strani termini elfici.
“Scusate, sono stato fermato prima da mio padre e poi dall’hafling.”

“Uh, brutta storia.”

“Che ti ha detto tuo padre?” Intervenne un altro, estraendo dalla sedia a rotelle su cui stava un fazzoletto di seta con cui iniziò a pulirsi gli occhiali.

“Mah niente, mi ha sorpreso a levellare su Diablo ieri notte.”

Il terzo sbiancò di colpo, guardandolo allibito. Posò una mano sul tavolo rischiando di farne rovesciare tutto il contenuto: “Grazie tante fratellino! Adesso come faremo?”

“Rilassati. Perchè pensi che l’abbia portato qui? E poi, devo anche sistemare la scheda video.”

“Dov’è Sam?”

I quattro ragazzi si guardarono intorno, come immaginandosi che sbucasse fuori da un armadietto urlando qualcosa come Avada Kedabra; invece, c’era solo silenzio. Il ragazzo in sedia a rotelle fece un piccolo colpo di tosse, non essendo molto sicuro di voler attirare l’attenzione.
“Sam, è... l’ho visto mentre venivo qui, ha detto che stava un po’ con quella cheerleader bionda.”

Sembrava che avesse appena annunciato l’ammutinamento di un loro marinaio.

“Stai scherzando vero!?”

“Assurdo.”
“Che traditore.”

“Ma dove andremo a finire? Si inizia con una donna, si finisce con i venerdì sera, ve lo dico io.”

“Oh no.”

“Venerdì sera... con una donna?”

“Vi prego killatemi.”

"Già! Vi sembra possibile che uno preferisce stare con una donna piuttosto che chiudersi in una stanza per delle ore intere, con altri uomini, senza luce nè finestre, con solo cibo e bevande gassate per giocare ad un gioco di ruolo?"

Silenzio.
“...Io direi... che possiamo cominciare a giocare.”

Per un paio di ore nessuno venne a cercarli per la loro misteriosa assenza, dal momento che, avendo saltato la prima lezione, non erano nemmeno stati registrati come presenti. Eppure, stranamente, quando erano nel bel mezzo di speccare qualche nuovo incantesimo per il mago la porta si aprì di scatto, mostrando un uomo non tanto alto, i capelli scuri e ordinati, più sui venti che sui trenta: aveva il viso arrossato, per la corsa oppure, più probabilmente, per la collera che lo stava investendo.
“Si può sapere che ci fate qui!?”

I quattro ragazzi non risposero, guardandosi come se non avessero fatto nulla di male e aspettandosi lo stesso trattamento da quel professore. Tuttavia, quando puntò il nostro caro protagonista, come perforandolo con i suoi occhi, la sedia improvvisamente si fece più grande. O meglio, lui si fece più piccolo.
Missione numero tre: Diablo.

“Bella partita?” Soffiò trai denti con una vena ironica, con una voce talmente bassa che lo fece un po’ rabbrividire.

“...Sì. Non male. Certo i mostri potrebbero droppare più cose ma-”

“Fuori. Adesso.”

Con un piccolo sospiro, guardò i suoi compagni e si strinse nelle spalle: c’era poco da fare, quel professore lo stava stalkerando dall’inizio della scuola, quando lo aveva trovato in bagno coperto di granita e gli avesse chiesto a che gusto fosse.

Non gli era mai andato a genio quel professore: per lui era troppo giovane, o troppo altezzoso, o troppo carino. Doveva ancora decidere quale troppo detestava di meno; forse, l’ultimo.

Aveva quasi raggiunto la porta d’entrata quando il suo piede accidentalmente finì intrappolato in un groviglio di fili, sentendosi sbilanciare all’improvviso.

Per fortuna, qualcuno con riflessi migliori dei suoi, forse dovuti agli sparatutto che praticava ogni sera con il suo coinquilino, o agli ottomila caffè che si era bevuto quella mattina, intervenne: si sentì afferrato per la tracolla ancora prima di aver realizzato che quel recupero in volteggio avrebbe diminuito il consumo di stamina del suo Demon Hunter, se fossero stati nel mondo di Diablo. Si ritrovò sbilanciato pericolosamente in avanti, con il professore che lo sorreggeva; non appena riprese il controllo della situazione, fece un profondo respiro e lo guardò male.
“Ti tengo.”

Tuttavia, quelle due piccole parole, gli fecero un po’ impressione, tanto da fargli scappare un minuscolo e timido “grazie”. Timidezza che svanì l’attimo successivo.

“Non dicevo a te. Dicevo al computer che hai in tracolla, sarebbe una tragedia se cadesse.”

Era quasi tentato di dirgli che la tracolla in sè costava più del suo stipendio da misero professore qual era, ma preferì starsene zitto.

Una volta fuori dalla stanza, si trovarono pericolosamente faccia a faccia, a braccia conserte, e una profonda smorfia che solcava i loro visi.

“Hai preso un’altra insufficienza nella mia materia.”

“Ottimo – commentò il ragazzo – penso che inizierò a collezionarle.”

“Non è divertente. Ti rendi conto che rischi la bocciatura? Nelle altre materie come vai?”

“Come nella sua”, rispose freddamente, quasi disinteressato di fronte a quell’insegnante che cercava soltanto di dargli una mano. Lo vide passarsi una mano trai capelli scuri, emettendo un piccolo sospiro; quando posò lo sguardo a terra, lui restò per un attimo incantato a fissare le sue ciglia, lunghe, sensuali, fino a quando il suo occhio non scese più in basso: se non fosse stato per quelle bretelle rosso ciliegia che sembravano urlare “sfigato” da ogni trama, sarebbe stata anche una vista piuttosto piacevole.

Scrollò la testa solo dopo essersi ricordato che stava sbavando dietro a uno stronzo ficcanaso e quasi sicuramente frustrato sessuale. Magari quell’ultima cosa non era nemmeno vera, visto il suo aspetto, ma tanto, tutti i prof sono frustrati.

“Non puoi comportarti così” lo sentì dire con tono canzonatorio, ma che conteneva anche una vena di dolcezza e sincera preoccupazione. “Insomma, quanti anni hai, diciotto?”

“Diciotto e mezzo.” Precisò lui. Nemmeno si accorse che in quel momento si era appena dato del bambino.
“Potresti perfino finire in prigione” ridacchiò tra sè e sè, immaginandosi qualche scenario piuttosto variopinto e assolutamente impossibile. Per un attimo, ebbe paura della sua stessa immaginazione.

“Insomma, io sono preoccupato per te. Mi sembri un ragazzo in gamba... certo, tra le nuvole, e ritardatario, e nullafacente, ma con dei lati positivi.”

Inarcò entrambe le sopracciglia: quella era la migliore offesa che avesse mai ricevuto nella sua vita.

E pensare che gli era stato anche dato del nerd diverse volte.

“Io non capisco... voglio dire, eppure sembri un tipo molto...”

Si fermò, non sapendo bene come descriverlo: in effetti, era abbastanza complicato etichettare un ragazzo bello, pulito, che si vestiva bene, ma che voleva mettere la scheda video dentro a un microonde.
“Studioso?” Ipotizzò lui, con un sorriso sghembo.

“Ecco, studioso.”

“Sul serio?”

Sul suo viso apparve un “no” chiaro come gli annunci in chat della casa d’aste su Diablo.

“Però sei molto intelligente, e anche i tuoi amici lo sono.” Ribattè trattenendo a stento l’imbarazzo, facendo un gesto con la mano in direzione della porta chiusa.

“Siete... siete un po’ nerd, e non capisco, potreste applicarvi di più e-”

“Scusi prof, ma in quale parte del globo un nerd va bene a scuola? Di solito perdiamo così tanto tempo in videogiochi che sappiamo calcolarti il DPS di un'arma a corto raggio, ma non sappiamo le tabelline. Giuro che ucciderò colui che ha inventato questo stupidissimo luogo comune."

E poi, trascinato dalla corrente dei suoi nervi, dai quei grandi occhi chiari che lo stavano fissando attoniti, dalla pesantissima tracolla sulla spalla che gli avrebbe dato un principio di scoliosi, guardò per un’ultima il professore parlando con una voce più alta del solito: “Ma si può sapere che cosa vuole? Che cosa vuole da me?”

La risposta arrivò rapida quanto fatale, e lo colpì in pieno petto.

“Tutto. voglio tutto.

Appunti tesine relazioni compiti a casa interrogazioni modello. Vedi di comportarti bene."

Diablo 1

Studente 0

Owned.



Thergon è online

Thergon: /w SilverHammer ci sei?

Thergon: /w SilverHammer …

Il tuo amico SilverHammer è online

SilverHammer: /w Thergon sry per il ritardo. Giornata lunga e stancante.

Thergon: /w SilverHammer np. Allora com’è andata a scuola?

SilverHammer:/w Thergon Odio il mio prof di lettere. Si crede tanto figo solo perchè può fare liberamente lo stronzo.

Thergon: /w SilverHammer Ma lol

SilverHammer: /w Thergon No sul serio. Quando è su quella cattedra si sente onnipotente, forse perchè ha il rialzo, e così per una buona volta nella vita si può sentire alto.

Thergon: /w SilverHammer Asd asd asd

SilverHammer: /w Thergon che poi con quelle bretelle rosso ciliegia è ridicolo, sembra Steve, quello di Otto sotto un tetto.


Thergon: /w SilverHammer...????

SilverHammer:/w Thergon what

Thergon: /w SilverHammer... scusa ma. Posso farti una domanda?

SilverHammer: /w Thergon y

Thergon: /w SilverHammer questo prof di cui parli... insegna lettere?

SilverHammer: /w Thergon ...sì? Te l’ho già detto

Thergon: /w SilverHammer e non è molto alto.

SilverHammer: /w Thergon no, non direi. Ma perchè mi fai queste domande?

Thergon: /w SilverHammer e magari... oggi ha parlato del tuo andamento scolastico?

SilverHammer: /w Thergon sì, ma questo lo fanno tutti i prof in realtà...

Thergon: /w SilverHammer avete parlato davanti l’aula d’informatica?

SilverHamer: /w Thergon sì. Come fai a saperlo?

Thergon: /w SilverHammer ... scusa, ma tu come ti chiami?

 



Nda Lievea

Sì, lo so. WHAT THE FUCK?

Chi ha indovinato quali due storie abbiamo mixato in questo... capitolo sbagliato?

  
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