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Autore: La sposa di Ade    26/07/2012    3 recensioni
Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battaglia per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di averla lasciata in quella cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
6° Classificata
al contest ‘Aboliamo gli Happy Endings!’ indetto da
WodkaEiffel
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Armatevi di pazienza (perché il capitolo è più lungo del solito) e di un grande contenitore per la rabbia ^^” (non vorrei essere uccisa, cavolo!).

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Capitolo 20. Desiderio di Morte.

“Ho detto alla mia anima: taci, e lascia che scenda su di te il buio”
[T. S. Eliot]

Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battagli per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, urla, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di a averla lasciata in quella lurida cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere e che ora stava tornando a farsi sentire. Non le importava più di tutte le parole, sarebbe scesa in battaglia di nuovo e avrebbe ucciso, per il solo scopo di eliminare ciò che più odiava. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
La battaglia era feroce e così furono i suoi colpi, potenti e spietati, falciavano corpi come se lei stessa impersonasse la Morte, senza fare alcune distinzioni, Creature Oscure e Umani, vivi o morti. Fra i cadaveri sembravano intravedersi i volti delle divinità, tanto invocate quanto crudeli.
Combatteva solo per se stessa dimenticando tutto quello che non si trovasse in quegli istanti di adrenalina e di esaltazione, offuscando qualsiasi altra cosa.
Accadde in un attimo, mentre tagliava la testa di un Rinato, fu un battito più forte, una lieve fitta alla testa, qualcosa che non le era mai successo; riconoscere qualcuno su un campo di battaglia.
Si fermo un attimo fissando la schiena di Rhies, mentre si muoveva tra i corpi e i nemici, quasi si sorprese nel vederlo lì, a combattere per ottenere una falsa pace, ma comunque per l’ unica per la quale tutti gli animi nobili si battevano, ma vederlo lì in mezzo a quella devastazione le sembrava estremamente sbagliato; era giovane e per quel breve periodo in cui avevano viaggiato insieme aveva percepito la sua vitalità quasi come una luce soffusa, la stessa in cui era immersa lei stessa moltissimi anni prima; quando ancora non combatteva perché non c’ era alcun bisogno di distruzione, quando ancora non faceva distinzione tra il sangue degli innocenti e dei nemici.
Il ragazzo mise un piede in fallo nel tentativo di evitare la mazza ferrata del centauro, che con un tondo lo avrebbe colpito, se non avesse proteso prontamente in avanti la spada, ma la forza del colpo era grandiosa e l’ impatto lo sbilanciò e inciampò nel corpo disteso dietro di lui. Ma non cadde sulla fredda roccia come si aspettava, qualcosa fermò la sua caduta, qualcosa di altrettanto freddo. Senza apparente sforzo la persona dietro di lui lo rimise in posizione eretta, mentre piantava la lunga lama d’ argento nel terreno per estrarre dalla cintura una lama da lancio che si conficcò esattamente tra le costole del possente centauro, questo si contorse dal dolore mentre l’ aria si perdeva dal polmone bucato. Aspettando una reazione da Rhies si chiese da quando in qua i centauri si battevano con le mazze ferrate.
“Perché lo hai fatto?” Chiese confuso il ragazzo.
“Non avrei dovuto salvarti?” Neah lo guardò stranita.
“Non intendo questo, è una Creatura Oscura, lo sei anche tu, e l’ hai ammazzato!” La vampira diede segno di aver capito, ma la sua visione della guerra era tutt’ altro, per lei era quasi un tutti contro tutti; se c’ era una Creatura Oscura che la ostacolava diventava automaticamente sua nemica.
In risposta lei sospirò, evitando di dare risposte in una situazione del genere.
“Fa’ attenzione, ok? Io vado a cercare mio padre.” L’ ultima frase fu accompagnata da uno sguardo di rossa impazienza.
Così riprese a muoversi, falciando chiunque si trovasse sulla sua strada, ma con qualcosa dentro di lei che l’ appesantiva enormemente, c’era qualcosa che non poteva evitare, ne era certa.
Un Rinato le si parò davanti e quasi senza pensarci, guidata da movimenti automatici, piantò la sua lunga spada nel piede del guerriero, ancorandolo al terreno dopodiché mentre questo urlava per il dolore eseguì un ampio tondo con la daga assicurata al suo polso e dalla sua gola spruzzò del liquido rosso; le bagnò il viso, colando sulle goti e sulle labbra ma non si nutrì, già altre volte durante il suo sterminio si era macchiata di quel sangue riportato in vita, le volte che le era colato giù per la gola era stata assalita da una forte nausea che l’ aveva piegata in due dal dolore.
Fu dopo poco, che lo vide in uno spiazzo aperto di quella reggia, in piedi in mezzo a un prato verde di cadaveri e sangue, impugnava saldamente il suo spadone a due mani dalla lama uguale a quella di una sciabola.
Lo vide piantare a terra l’ arma e aggrapparsi al corpo davanti a lui per prosciugarlo, silenziosamente Neah appoggiò a terra la spada slegando le cinghie della daga e impugnandola poi con la mano rimasta, fissò la nuca del padre e tese il braccio, con un movimento fluido lanciò l’ arma. Non staccò mai gli occhi dalla parabola argentea che stava compiendo la lama, l’ impazienza di vedere il suo sangue sgorgare dalla carne violata era tanta, così tanta che quando la lama si conficcò in una tesa bionda un’esplosione di rabbia l’ invase.
Il Generatore dagli occhi da gatto e un’ espressione contrariata teneva un Rinato per la spalla, quello che poco prima aveva spinto per intercettare la lama diretta a Dimitri.
“Non si disturbano le persone durante i pasti.” Disse Azue addolcendo la sua espressione e lasciando cadere il cadavere. Il padre di Neah si voltò, pulendosi dal sangue che gli macchiava il volto e allontanando Azue con un gesto della mano. Questo fece un lieve inchino, e dopo aver sorriso sinistramente alla vampira si addentrò lì dove la mischia era più caotica.
Neah raccolse la sua arma, sospirando pesantemente, stufa di dover aspettare tanto e si avvicinò a passo svelto stringendo tanto forte l’ elsa da far diventare le nocche bianche. Suo padre la guardava negli occhi, con un’ espressione lievemente divertita e uno sguardo che sembrava compatirla. Vedendo quell’ espressione la vampira sollevò la spada decisa a colpirlo ancora e ancora, si sarebbe vendicata di ciò che era successo due anni prima, avrebbe distrutto quell’ espressione beffarda dal suo volto una volta per tutte.
Perse momentaneamente di vista il volto Dimitri, coperto dall’ ampia lama sporca di sangue che aveva sollevato velocemente alzando un mucchio di terra e polvere che accecò la vampira. Imprecò coprendosi inutilmente il volto con il braccio libero, mentre la spada si abbatteva alla cieca su ciò che si trovava davanti a lei, colpì qualcosa, sentì il suono di lame che cozzavano e poi la sua arma le venne strappata di mano. Proprio in quel momento riuscì a riaprire gli occhi e a osservare lo scenario sfocato che appariva davanti a lei e sentì un forte dolore all’ altezza dell’ ombelico, una sensazione di calore  si sprigionò dalla ferita e sentì il sangue incollarle gli abiti alla carne lacerata. Abbassò lo sguardo e si sorprese di vedere lo spadone usato a mo’ di ascia staccarsi dal suo ventre.
Lasciò cadere la spada e si cinse la vita con le braccia evitando di far uscire tutto quello che c’ era dentro e aspettando che la ferita si rimarginasse. Strinse i denti, sentendo il sangue salirle su per la gola e le gambe cedere, poi una lieve pressione sotto la sua gola, affilata e fredda, la lama bagnata del suo stesso sangue le sollevò quasi dolcemente il viso; come la mano di qualcuno che ti sta per uccidere e vuole vedere la morte e il terrore nei tuoi occhi.
Alzò lo sguardo nero sul padre, i suoi occhi sgorgavano desiderio di vendetta, mentre le gambe a contatto con il terreno recuperavano le forze e il palmo della mano si appoggiava su una superficie fredda e tagliente, nella mente si delineavano i movimenti successivi.
“Non mi hai aiutato a creare il mio esercito, sai avresti potuto creare molti vampiri, quindi lasciati uccidere, e dimentica di poter trovare un posto dove stare.” Disse con rabbia il padre, e fu proprio in quel momento che Neah fu certa che la ferita precedente si era rimarginata, ma il suo corpo si riempì di nuovo odio; per la persona che l’ aveva messa al mondo e che avrebbe voluto cancellare la sua esistenza, per i ricordi dolorosi che quelle ultime tre parole rabbiose aveva fatto riemergere.
Colpì con il moncherino il piatto della lama infilandosi sotto di essa e procurandosi un lieve taglio al labbro, mentre la mano libera si serrava sul pugnale accanto a lei. Piantò quella piccola lama nel bicipite ed esultò mentalmente nel sentire la lama dello spadone infilzarsi nel terreno a poca distanza dalla sua gamba. Estrasse lateralmente il pugnale, aprendo il braccio del padre che urlò dal dolore, finito il mezzo tondo, portò la lama verso il basso e la sollevò con forza trapassando la mascella e parte del cranio dell’ uomo che ora la fissava sconcertato. Lasciò la presa sull’ elsa viscida e portò indietro il braccio fino a raggiungere lo spadone che aspettava ansiosamente di uccidere; lo sollevò sforzando l’ unico braccio che poteva usare per quell’ impresa accompagnando però il movimento con il moncherino del braccio sinistro.
Fu estremamente facile, la lama quasi non incontrò resistenza.
La testa cadde, e dalla sezione del collo spruzzò liquido rosso che ricordava in modo raccapricciante una fontana. Poi il corpo si accasciò, finalmente privo di vita.
Neah indietreggiò lievemente tossendo convulsamente, si coprì la bocca con la mano e nel ritirarla la vide sporca di sangue, che ora sgorgava copioso e senza sosta dalla suo sorriso trionfante.
Arrivò poco dopo, quando l’ adrenalina scemò del tutto, una forte fitta al costato e di nuovo quella sensazione di calore e umido. Un piccolo stiletto in legno chiaro era incastrato tra due costole, aveva raggiunto il polmone ma la lesione interna non era troppo estesa, ci avrebbe messo comunque più tempo a guarire rispetto a una ferita normale, in fondo si trattava pur sempre di biancospino. Con un gemito di dolore strinse la presa sull’ elsa ruvida e tirò via lo stiletto, lasciandolo cadere e premendo con la mano sulla ferita riprendendo a tossire sangue.
Fissò per un attimo l’ arma lì a terra e mentre il respiro si regolarizzava un viso in particolare attirò la sua attenzione, il volto contratto in un’ espressione di sofferenza e terrore colorato con terra e sangue quasi fresco.
Di nuovo, le sue ginocchia sbatterono contro il suolo mentre una mano si allungava per girare la testa del morto per assicurarsi che la persona lì distesa fosse chi aveva pensato poco prima.
Sul suo volto si fece strada un lieve sorriso, uno di quelli spaventosi, macchiati di sangue, un sorriso di un vampiro che dentro di sé esulta per aver vinto una guerra; il re degli Umani era morto, ed era lì disteso, patetico, con la gola ridotta a brandelli.
Ancora con quel lieve sorriso si sedette a terra, stanca e dolorante, guardandosi intorno; la sua spada era conficcata a terra poco distante, un Rinato si agitava sotto di essa, inchiodato al terreno, una strana coincidenza. Tolse la mano dalla ferita, controllando lo stato in cui si trovava, ma il sangue era tanto, tanto da non riuscire a distinguere quello fresco da quello secco.
Pensò di doversi alzare, raccogliere la sua spada e finire quella guerra già terminata, così come aveva sempre fatto, ma le gambe pesavano e aveva dolore ovunque. Pensò di essere stufa di una vita del genere.
Si riscosse solo nel sentire delle risate provenire da poco lontano, un paio di soldati, si avvicinarono al Rinato inchiodato a terra, uno di loro estrasse la spada con uno sbuffo, per poi conficcarla di nuovo a terra e nel corpo martoriato del Rinato, lo fece ancora e ancora.
Fu in quel momento che Neah si alzò avvicinandosi velocemente a quella scenetta. Impugnò l’ elsa viscida di sangue e assestò un calcio al ginocchio di uno dei due soldati, che con uno scricchiolio raccapricciante si piegò su se stesso, estrasse la spada dal terreno e con un ampio tondo sfregiò il viso dell’ altro, vi si aggrappò prima che potesse crollare a terra e bevve dal suo collo. Solo quando fu certa di averlo prosciugato la lasciò accasciarsi a terra, esanime.
“Solo io…” Disse sommessamente stringendo la presa sulla spada. Sospirò sentendo la stanchezza tornare ad abbatterla, seppur più debole di prima.
Tornò suo suoi passi, dentro la reggia, trascinando la spada e passandosi un paio di volte la manica sul viso nel tentativo di rimuovere il sangue, inutilmente perché i suoi vestiti ne erano imbrattati.
Così riprese a combattere, con movimenti pesanti ma comunque letali, quella battaglia sembrava non dover più finire.
Poi qualcosa attirò il suo sguardo buio. Fu uno spruzzo d’argento in mezzo al nero della morte, accompagnato dal bagliore di una lama che si muoveva velocemente, l’ elfo teneva la sua spada con la lama lungo la linea del braccio e tenendo il polso morbido la faceva roteare a una velocità impressionante eseguendo sempre lo stesso movimento ad otto, l’ avversario davanti a lui esitava non riuscendo a capire quando potesse sferrare il colpo che avrebbe penetrato la difesa dell’ elfo. Poi in un attimo, in cui il ballo della lama sembrò rallentare a farsi più ampio, l’ avversario davanti a lui fece un passo avanti Zephit si abbassò iniziando a compiere un giro e ferendo le gambe dell’ Umano, questo con un gemito si piegò e la sua gola si aprì in una rosa scarlatta all’ ampio movimento della lama lievemente ricurva.
Abbassò lo sguardo, fissando quello che restava delle sue mani ora imbrattate di sangue e tremanti per la fatica, il cuore nel suo petto batteva con forza sovrastando qualsiasi altro suono, ancora il cozzare delle lame, urla, uno in particolare rivolto a lei e passi rapidi che si avvicinavano. Non era sola in quel posto, aveva però qualcosa da difendere ora, se non se stessa?
Fu un colpo forte, le tolse il fiato e la fece finire a terra facendola battere la testa e in quell’ attimo le sembrò quasi di vedere quel cielo stellato e quella luna sorridente di due anni prima, che ancora sembrava ridere di lei; troppo accecata dalla vendetta per capire il suo vero ruolo.
La sua pelle era esageratamente pallida e come sempre i suoi occhi rilucevano di una luce dorata, poi quel sorriso, quello che lei aveva visto troppe volte e che detestava. La pressione di una lama di legno sulla sua gola e un rivolo di sangue colarle sulla clavicola, il suo sguardo si riempì di rabbia e con forza colpì la lama puntata contro di lei con il dorso della mano, si ferì ma il Generatore, stupito, si lasciò sfuggire l’ arma, lasciando il torace scoperto e vulnerabile.
Ignorando del tutto il capogiro e la vista annebbiata la vampira si alzò con uno scatto allungandosi pronta ad colpirlo quando un dolore pungente si propagò da appena sotto lo sterno bloccandola, imprecò vedendo un’ altra lama di legno macchiata del suo sangue,  il Generatore le sorrideva beffardo muovendo la lama chiara nella carne.
Ancora la vista le si appannò, sentendo le forze mancare, strinse tra le mani la lama tentando di fermare il dolore che la invadeva cadendo in ginocchio e sputando sangue, sentiva le forze abbandonarla, il dolore era troppo ma non poteva permettersi di perdere i sensi in una situazione simile.

Stock! Il legno si ruppe improvvisamente, facendo barcollare Azue, ma dal suo volto non era ancora sparito quel sorriso felino; alzò quello che restava dell’ arma, con l’ intenzione di sfregiare ulteriormente il viso della vampira.
“Azue!” Distolse l’ attenzione da ciò che stava facendo, voltandosi nell’ udire il suo nome pieno di rabbia, ma non abbastanza velocemente per evitare il fendente diretto al suo petto; il cuoio nero si lacerò e il sangue iniziò a sgorgare dall’ ampio ma non troppo profondo taglio. Sul petto dell’ elfo si spanse una macchia cremisi e sul suo viso una smorfia di dolore.
Il Generatore lo guardava stupito, senza riuscire a celare la confusione.
“Ora basta, Azue.” Disse l’ elfo ansimando. Il volto terreo del Generatore si ricoprì di rabbia, mentre con la mano premeva sulla ferita al petto, non si aspettava che l’ elfo ubriacone potesse rivoltarsi contro di lui, contro  la persona che lo aveva strappato alle mani della Morte, perché lui era l’ unica persona di cui si era fidato da quando era diventato un Generatore, l’ unico Rinato che aveva deciso di proteggere, ora voleva ucciderlo. Ma a ben pensarci, era quello il loro destino.

“Desidero essere come te, giacere freddo sul pavimento come te.”
[Evanescence – Like You]

Nubi rapide attraversavano il cielo, oscurando la luce del tramonto. I suoi occhi erano limpidi, la luce che non riusciva a passare attraverso le spesse nuvole riluceva nelle sue iridi blu.
Sarebbe stata l’ ultima volta che avrebbe visto quel cielo.
“Sei pronto?” Una voce ansiosa lo colse alle spalle, facendolo sobbalzare lievemente, si voltò e incontrò il volto tondo e chiaro della madre, che con i suoi occhi color smeraldo lo guardava triste.
“Si.” Lo disse tanto piano che quasi temette di essere stato lui l’ unico a sentirlo. Abbassò lo sguardo, abbattuto. Si chiese chi dei due in realtà fosse più triste; lui, mandato in guerra. O lei, che si liberava di un figlio da sfamare.
Si issò meglio il borsone in spalla pronto a partire, quando un paio di braccia esili si strinsero intorno alle sue spalle, i capelli argentei della madre gli solleticarono il collo, mentre  il suo respiro caldo gli sfiorava le orecchie appuntite.
“Andrà tutto bene.” Lo ripetè un paio di volte, mentre la voce lentamente si affievoliva. “Vedrai, andrà tutto bene.” La presa delle sue braccia si fece più debole, fino quasi a svanire. Poi il freddo di una lama sul collo, il caldo del sangue che sgorgava dal profondo taglio, non riuscì a reagire e prima ancora di cadere nel proprio sangue il buio lo aveva già avvolto spegnendo la luce nei suoi occhi.

 
Un lampo argenteo, la lama sembrò per un attimo assorbire la poca luce che li circondava, un fiotto di rosso cupo raggiunse il suo viso pallido e imbrattò i capelli chiari del’ elfo. Lasciò cadere la spada, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal Generatore che si accasciava a terra mentre dalla sua gola sgorgava il rosso del sangue.
 

Il rumore della pioggia sui vetri appannati lo ridestò lievemente.
Fa male.
Riprese a respirare e ansimò come se fosse riemerso da un’ apnea esageratamente lunga. Vedeva macchie indistinte e una sensazione fastidiosa di calore riemergeva in lui. Sentiva dolore ovunque, il collo bruciava.
Ho paura.
I contorni iniziarono a delinearsi, riconobbe sua madre inginocchiata l’ vicino, le sue mani strette sul braccio dell’ elfo. Sopra di lei, una figura alta e fasciata d’ ombra, dalla pelle cadaverica e due occhi di lucente ambra.
“Ha funzionato.” L’ emozione trapelava da quella voce così familiare.
“Certamente.” Quegli occhi lucenti correvano lungo il suo corpo, soffermandosi prima sul collo e poi sugli occhi, con un sorriso felino e agghiacciante.
Tentò di mettersi a sedere, mentre i pensieri tornavano ad abitare la sua mente, dandogli più coscienza di ciò che era successo. Poi gli bastò uno sguardo in più alle due persone che si trovavano davanti a lui per capire.
“No…” Si lasciò sfuggire dalle labbra, mentre sua madre invece annuiva confortandolo ancora con le stesse parole di prima mentre i suoi occhi color smeraldo sembravano riempirsi di lacrime di felicità, ma l’ elfo non l’ ascoltava. Guardava sconcertato il lago di sangue sul quale sedeva; il suo sangue, e il coltello poco più in là, accanto alla madre che lo aveva ucciso. La sua mano corse al collo, scoprendolo imbrattato di sangue e niente più, solo una spessa cicatrice.  Alzò di nuovo lo sguardo incrociando gli occhi del Generatore che sembravano garantire una nuova salvezza, sembravano volerlo accompagnare verso sporchi peccati. Così lucenti, facevano paura.
Gli sembrò quasi di vederlo annuire appena, sorridendo ancora, per poi abbassare lo sguardo sulla donna inginocchiata in mezzo ai due.
Nuova rabbia riempì il suo corpo svuotato dall’ anima, e la sua mano corse veloce all’ unica arma nelle vicinanze.
La lama tinse di rosso lo smeraldo.

 
Come anni prima la sua mano corse al collo, in attesa di sentire la cicatrice aprirsi di nuovo e il familiare contatto con il sangue vischioso che colava fra le dita.

Ho paura.
Sentì la gambe cedere per l’ ultima volta, e per l’ ultima volta vide il rosso del suo stesso sangue. In fondo gli andava bene così, non aveva mai voluto una vita simile, chi mai l’ avrebbe voluta?
E per un’ ultima volta il buio lo avvolse, mentre la Morte lo prendeva tra le sue braccia; questa volta per sempre.
Intorno a loro il cielo ruggiva e le mura tremavano, mentre un esercito intero cadeva; tutto intorno a loro una profonda fossa e un’ enorme effige.

 

 
 

Lo ammetto, in teoria il capitolo non è finito, ma sarebbe venuto una vero poema, quindi la parte successiva del capitolo sarà un tutt’ uno con l’ epilogo. Sarebbe stato strano no? I morti non sono ancora abbastanza.
Ringrazio Homicidal Maniac e _Maisha_ (ripeto: mi ha fatto un gran piacere la tua recensione :’)).

*continua a sparlare, sorvolando su ciò che è accaduto nel capitolo*
È strano, in questo giorni scrivevo due pagine al giorno, e adesso che devo scrivere le note d’autore mi sono bloccata u.ù
Purtroppo però non portò aggiornare per un bel po’ di tempo… sapete com’ è no? Vacanze… Spero almeno di riuscire a rispondere alle recensioni ^^
Alla prossima *-* :D

  
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