Armatevi di pazienza (perché il capitolo è più lungo del solito) e di un grande contenitore per la rabbia ^^” (non vorrei essere uccisa, cavolo!).
Capitolo
20. Desiderio di Morte.
[T. S. Eliot]
Volute
di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata
la
capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’
immensa e sfarzosa Ethis era
ora ridotta a un campo di battagli per un’ ultima guerra.
Una
figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua
stanza
osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare,
così poco era
passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava
in
cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da
ciò che di peggio
si poteva immaginare.
Il
suono della battaglia, urla, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte
si era
diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che
da tempo
sperava di aver abbandonato, sperava di a averla lasciata in quella
lurida
cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo
per il
desiderio di uccidere e che ora stava tornando a farsi sentire. Non le
importava più di tutte le parole, sarebbe scesa in battaglia
di nuovo e avrebbe
ucciso, per il solo scopo di eliminare ciò che
più odiava. Con una daga legata
al polso e ciò che restava dell’ Ala d’
Argento avrebbe combattuto, gustandosi
tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
La
battaglia era feroce e così furono i suoi colpi, potenti e
spietati, falciavano
corpi come se lei stessa impersonasse la Morte, senza fare alcune
distinzioni,
Creature Oscure e Umani, vivi o morti. Fra i cadaveri sembravano
intravedersi i
volti delle divinità, tanto invocate quanto crudeli.
Combatteva
solo per se stessa dimenticando tutto quello che non si trovasse in
quegli
istanti di adrenalina e di esaltazione, offuscando qualsiasi altra cosa.
Accadde
in un attimo, mentre tagliava la testa di un Rinato, fu un battito
più forte,
una lieve fitta alla testa, qualcosa che non le era mai successo;
riconoscere
qualcuno su un campo di battaglia.
Si
fermo un attimo fissando la schiena di Rhies, mentre si muoveva tra i
corpi e i
nemici, quasi si sorprese nel vederlo lì, a combattere per
ottenere una falsa
pace, ma comunque per l’ unica per la quale tutti gli animi
nobili si
battevano, ma vederlo lì in mezzo a quella devastazione le
sembrava
estremamente sbagliato; era giovane e per quel breve periodo in cui
avevano
viaggiato insieme aveva percepito la sua vitalità quasi come
una luce soffusa,
la stessa in cui era immersa lei stessa moltissimi anni prima; quando
ancora
non combatteva perché non c’ era alcun bisogno di
distruzione, quando ancora
non faceva distinzione tra il sangue degli innocenti e dei nemici.
Il
ragazzo mise un piede in fallo nel tentativo di evitare la mazza
ferrata del
centauro, che con un tondo lo avrebbe colpito, se non avesse proteso
prontamente in avanti la spada, ma la forza del colpo era grandiosa e
l’
impatto lo sbilanciò e inciampò nel corpo disteso
dietro di lui. Ma non cadde
sulla fredda roccia come si aspettava, qualcosa fermò la sua
caduta, qualcosa
di altrettanto freddo. Senza apparente sforzo la persona dietro di lui
lo
rimise in posizione eretta, mentre piantava la lunga lama d’
argento nel
terreno per estrarre dalla cintura una lama da lancio che si
conficcò
esattamente tra le costole del possente centauro, questo si contorse
dal dolore
mentre l’ aria si perdeva dal polmone bucato. Aspettando una
reazione da Rhies
si chiese da quando in qua i centauri si battevano con le mazze ferrate.
“Perché
lo hai fatto?” Chiese confuso il ragazzo.
“Non
avrei dovuto salvarti?” Neah lo guardò stranita.
“Non
intendo questo, è una Creatura Oscura, lo sei anche tu, e
l’ hai ammazzato!” La
vampira diede segno di aver capito, ma la sua visione della guerra era
tutt’
altro, per lei era quasi un tutti contro tutti; se c’ era una
Creatura Oscura
che la ostacolava diventava automaticamente sua nemica.
In
risposta lei sospirò, evitando di dare risposte in una
situazione del genere.
“Fa’
attenzione, ok? Io vado a cercare mio padre.” L’
ultima frase fu accompagnata
da uno sguardo di rossa impazienza.
Così
riprese a muoversi, falciando chiunque si trovasse sulla sua strada, ma
con
qualcosa dentro di lei che l’ appesantiva enormemente,
c’era qualcosa che non
poteva evitare, ne era certa.
Un
Rinato le si parò davanti e quasi senza pensarci, guidata da
movimenti
automatici, piantò la sua lunga spada nel piede del
guerriero, ancorandolo al
terreno dopodiché mentre questo urlava per il dolore
eseguì un ampio tondo con
la daga assicurata al suo polso e dalla sua gola spruzzò del
liquido rosso; le
bagnò il viso, colando sulle goti e sulle labbra ma non si
nutrì, già altre
volte durante il suo sterminio si era macchiata di quel sangue
riportato in
vita, le volte che le era colato giù per la gola era stata
assalita da una
forte nausea che l’ aveva piegata in due dal dolore.
Fu
dopo poco, che lo vide in uno spiazzo aperto di quella reggia, in piedi
in
mezzo a un prato verde di cadaveri e sangue, impugnava saldamente il
suo
spadone a due mani dalla lama uguale a quella di una sciabola.
Lo
vide piantare a terra l’ arma e aggrapparsi al corpo davanti
a lui per
prosciugarlo, silenziosamente Neah appoggiò a terra la spada
slegando le
cinghie della daga e impugnandola poi con la mano rimasta,
fissò la nuca del
padre e tese il braccio, con un movimento fluido lanciò
l’ arma. Non staccò mai
gli occhi dalla parabola argentea che stava compiendo la lama,
l’ impazienza di
vedere il suo sangue sgorgare dalla carne violata era tanta,
così tanta che
quando la lama si conficcò in una tesa bionda
un’esplosione di rabbia l’
invase.
Il
Generatore dagli occhi da gatto e un’ espressione contrariata
teneva un Rinato
per la spalla, quello che poco prima aveva spinto per intercettare la
lama
diretta a Dimitri.
“Non
si disturbano le persone durante i pasti.” Disse Azue
addolcendo la sua
espressione e lasciando cadere il cadavere. Il padre di Neah si
voltò,
pulendosi dal sangue che gli macchiava il volto e allontanando Azue con
un
gesto della mano. Questo fece un lieve inchino, e dopo aver sorriso
sinistramente alla vampira si addentrò lì dove la
mischia era più caotica.
Neah
raccolse la sua arma, sospirando pesantemente, stufa di dover aspettare
tanto e
si avvicinò a passo svelto stringendo tanto forte
l’ elsa da far diventare le
nocche bianche. Suo padre la guardava negli occhi, con un’
espressione
lievemente divertita e uno sguardo che sembrava compatirla. Vedendo
quell’
espressione la vampira sollevò la spada decisa a colpirlo
ancora e ancora, si sarebbe
vendicata di ciò che era successo due anni prima, avrebbe
distrutto quell’
espressione beffarda dal suo volto una volta per tutte.
Perse
momentaneamente di vista il volto Dimitri, coperto dall’
ampia lama sporca di
sangue che aveva sollevato velocemente alzando un mucchio di terra e
polvere
che accecò la vampira. Imprecò coprendosi
inutilmente il volto con il braccio
libero, mentre la spada si abbatteva alla cieca su ciò che
si trovava davanti a
lei, colpì qualcosa, sentì il suono di lame che
cozzavano e poi la sua arma le
venne strappata di mano. Proprio in quel momento riuscì a
riaprire gli occhi e
a osservare lo scenario sfocato che appariva davanti a lei e
sentì un forte
dolore all’ altezza dell’ ombelico, una sensazione
di calore si
sprigionò dalla ferita e sentì il sangue
incollarle gli abiti alla carne lacerata. Abbassò lo sguardo
e si sorprese di
vedere lo spadone usato a mo’ di ascia staccarsi dal suo
ventre.
Lasciò
cadere la spada e si cinse la vita con le braccia evitando di far
uscire tutto
quello che c’ era dentro e aspettando che la ferita si
rimarginasse. Strinse i
denti, sentendo il sangue salirle su per la gola e le gambe cedere, poi
una
lieve pressione sotto la sua gola, affilata e fredda, la lama bagnata
del suo
stesso sangue le sollevò quasi dolcemente il viso; come la
mano di qualcuno che
ti sta per uccidere e vuole vedere la morte e il terrore nei tuoi occhi.
Alzò
lo sguardo nero sul padre, i suoi occhi sgorgavano desiderio di
vendetta,
mentre le gambe a contatto con il terreno recuperavano le forze e il
palmo
della mano si appoggiava su una superficie fredda e tagliente, nella
mente si
delineavano i movimenti successivi.
“Non
mi hai aiutato a creare il mio esercito, sai avresti potuto creare
molti
vampiri, quindi lasciati uccidere, e dimentica di poter trovare un
posto dove
stare.” Disse con rabbia il padre, e fu proprio in quel
momento che Neah fu
certa che la ferita precedente si era rimarginata, ma il suo corpo si
riempì di
nuovo odio; per la persona che l’ aveva messa al mondo e che
avrebbe voluto
cancellare la sua esistenza, per i ricordi dolorosi che quelle ultime
tre
parole rabbiose aveva fatto riemergere.
Colpì
con il moncherino il piatto della lama infilandosi sotto di essa e
procurandosi
un lieve taglio al labbro, mentre la mano libera si serrava sul pugnale
accanto
a lei. Piantò quella piccola lama nel bicipite ed
esultò mentalmente nel
sentire la lama dello spadone infilzarsi nel terreno a poca distanza
dalla sua
gamba. Estrasse lateralmente il pugnale, aprendo il braccio del padre
che urlò
dal dolore, finito il mezzo tondo, portò la lama verso il
basso e la sollevò
con forza trapassando la mascella e parte del cranio dell’
uomo che ora la
fissava sconcertato. Lasciò la presa sull’ elsa
viscida e portò indietro il
braccio fino a raggiungere lo spadone che aspettava ansiosamente di
uccidere;
lo sollevò sforzando l’ unico braccio che poteva
usare per quell’ impresa
accompagnando però il movimento con il moncherino del
braccio sinistro.
Fu
estremamente facile, la lama quasi non incontrò resistenza.
La
testa cadde, e dalla sezione del collo spruzzò liquido rosso
che ricordava in
modo raccapricciante una fontana. Poi il corpo si accasciò,
finalmente privo di
vita.
Neah
indietreggiò lievemente tossendo convulsamente, si
coprì la bocca con la mano e
nel ritirarla la vide sporca di sangue, che ora sgorgava copioso e
senza sosta
dalla suo sorriso trionfante.
Arrivò
poco dopo, quando l’ adrenalina scemò del tutto,
una forte fitta al costato e
di nuovo quella sensazione di calore e umido. Un piccolo stiletto in
legno
chiaro era incastrato tra due costole, aveva raggiunto il polmone ma la
lesione
interna non era troppo estesa, ci avrebbe messo comunque più
tempo a guarire
rispetto a una ferita normale, in fondo si trattava pur sempre di
biancospino.
Con un gemito di dolore strinse la presa sull’ elsa ruvida e
tirò via lo
stiletto, lasciandolo cadere e premendo con la mano sulla ferita
riprendendo a
tossire sangue.
Fissò
per un attimo l’ arma lì a terra e mentre il
respiro si regolarizzava un viso
in particolare attirò la sua attenzione, il volto contratto
in un’ espressione
di sofferenza e terrore colorato con terra e sangue quasi fresco.
Di
nuovo, le sue ginocchia sbatterono contro il suolo mentre una mano si
allungava
per girare la testa del morto per assicurarsi che la persona
lì distesa fosse
chi aveva pensato poco prima.
Sul
suo volto si fece strada un lieve sorriso, uno di quelli spaventosi,
macchiati
di sangue, un sorriso di un vampiro che dentro di sé esulta
per aver vinto una
guerra; il re degli Umani era morto, ed era lì disteso,
patetico, con la gola
ridotta a brandelli.
Ancora
con quel lieve sorriso si sedette a terra, stanca e dolorante,
guardandosi
intorno; la sua spada era conficcata a terra poco distante, un Rinato
si
agitava sotto di essa, inchiodato al terreno, una strana coincidenza.
Tolse la
mano dalla ferita, controllando lo stato in cui si trovava, ma il
sangue era
tanto, tanto da non riuscire a distinguere quello fresco da quello
secco.
Pensò
di doversi alzare, raccogliere la sua spada e finire quella guerra
già
terminata, così come aveva sempre fatto, ma le gambe
pesavano e aveva dolore
ovunque. Pensò di essere stufa di una vita del genere.
Si
riscosse solo nel sentire delle risate provenire da poco lontano, un
paio di
soldati, si avvicinarono al Rinato inchiodato a terra, uno di loro
estrasse la
spada con uno sbuffo, per poi conficcarla di nuovo a terra e nel corpo
martoriato del Rinato, lo fece ancora e ancora.
Fu
in quel momento che Neah si alzò avvicinandosi velocemente a
quella scenetta.
Impugnò l’ elsa viscida di sangue e
assestò un calcio al ginocchio di uno dei
due soldati, che con uno scricchiolio raccapricciante si
piegò su se stesso,
estrasse la spada dal terreno e con un ampio tondo sfregiò
il viso dell’ altro,
vi si aggrappò prima che potesse crollare a terra e bevve
dal suo collo. Solo
quando fu certa di averlo prosciugato la lasciò accasciarsi
a terra, esanime.
“Solo
io…” Disse sommessamente stringendo la presa sulla
spada. Sospirò sentendo la
stanchezza tornare ad abbatterla, seppur più debole di prima.
Tornò
suo suoi passi, dentro la reggia, trascinando la spada e passandosi un
paio di
volte la manica sul viso nel tentativo di rimuovere il sangue,
inutilmente
perché i suoi vestiti ne erano imbrattati.
Così
riprese a combattere, con movimenti pesanti ma comunque letali, quella
battaglia
sembrava non dover più finire.
Poi
qualcosa attirò il suo sguardo buio. Fu uno spruzzo
d’argento in mezzo al nero
della morte, accompagnato dal bagliore di una lama che si muoveva
velocemente,
l’ elfo teneva la sua spada con la lama lungo la linea del
braccio e tenendo il
polso morbido la faceva roteare a una velocità
impressionante eseguendo sempre
lo stesso movimento ad otto, l’ avversario davanti a lui
esitava non riuscendo
a capire quando potesse sferrare il colpo che avrebbe penetrato la
difesa dell’
elfo. Poi in un attimo, in cui il ballo della lama sembrò
rallentare a farsi
più ampio, l’ avversario davanti a lui fece un
passo avanti Zephit si abbassò
iniziando a compiere un giro e ferendo le gambe dell’ Umano,
questo con un
gemito si piegò e la sua gola si aprì in una rosa
scarlatta all’ ampio
movimento della lama lievemente ricurva.
Abbassò
lo sguardo, fissando quello che restava delle sue mani ora imbrattate
di sangue
e tremanti per la fatica, il cuore nel suo petto batteva con forza
sovrastando
qualsiasi altro suono, ancora il cozzare delle lame, urla, uno in
particolare
rivolto a lei e passi rapidi che si avvicinavano. Non era sola in quel
posto,
aveva però qualcosa da difendere ora, se non se stessa?
Fu
un colpo forte, le tolse il fiato e la fece finire a terra facendola
battere la
testa e in quell’ attimo le sembrò quasi di vedere
quel cielo stellato e quella
luna sorridente di due anni prima, che ancora sembrava ridere di lei;
troppo
accecata dalla vendetta per capire il suo vero ruolo.
La
sua pelle era esageratamente pallida e come sempre i suoi occhi
rilucevano di
una luce dorata, poi quel sorriso, quello che lei aveva visto troppe
volte e
che detestava. La pressione di una lama di legno sulla sua gola e un
rivolo di
sangue colarle sulla clavicola, il suo sguardo si riempì di
rabbia e con forza
colpì la lama puntata contro di lei con il dorso della mano,
si ferì ma il
Generatore, stupito, si lasciò sfuggire l’ arma,
lasciando il torace scoperto e
vulnerabile.
Ignorando
del tutto il capogiro e la vista annebbiata la vampira si
alzò con uno scatto
allungandosi pronta ad colpirlo quando un dolore pungente si
propagò da appena
sotto lo sterno bloccandola, imprecò vedendo un’
altra lama di legno macchiata
del suo sangue, il
Generatore le
sorrideva beffardo muovendo la lama chiara nella carne.
Ancora
la vista le si appannò, sentendo le forze mancare, strinse
tra le mani la lama
tentando di fermare il dolore che la invadeva cadendo in ginocchio e
sputando
sangue, sentiva le forze abbandonarla, il dolore era troppo ma non
poteva
permettersi di perdere i sensi in una situazione simile.
Stock! Il
legno si ruppe
improvvisamente, facendo barcollare Azue, ma dal suo volto non era
ancora
sparito quel sorriso felino; alzò quello che restava
dell’ arma, con l’
intenzione di sfregiare ulteriormente il viso della vampira.
“Azue!”
Distolse l’ attenzione da ciò che stava facendo,
voltandosi nell’ udire il suo
nome pieno di rabbia, ma non abbastanza velocemente per evitare il
fendente
diretto al suo petto; il cuoio nero si lacerò e il sangue
iniziò a sgorgare
dall’ ampio ma non troppo profondo taglio. Sul petto
dell’ elfo si spanse una
macchia cremisi e sul suo viso una smorfia di dolore.
Il
Generatore lo guardava stupito, senza riuscire a celare la confusione.
“Ora
basta, Azue.” Disse l’ elfo ansimando. Il volto
terreo del Generatore si
ricoprì di rabbia, mentre con la mano premeva sulla ferita
al petto, non si
aspettava che l’ elfo ubriacone potesse rivoltarsi contro di
lui, contro la
persona che lo aveva strappato alle mani
della Morte, perché lui era l’ unica persona di
cui si era fidato da quando era
diventato un Generatore, l’ unico Rinato che aveva deciso di
proteggere, ora
voleva ucciderlo. Ma a ben pensarci, era quello il loro destino.
“Desidero
essere
come te, giacere freddo sul pavimento come te.”
[Evanescence – Like
You]
Nubi
rapide
attraversavano il cielo, oscurando la luce del tramonto. I suoi occhi
erano
limpidi, la luce che non riusciva a passare attraverso le spesse nuvole
riluceva nelle sue iridi blu.
Sarebbe stata l’ ultima
volta che avrebbe visto quel cielo.
“Sei pronto?” Una voce
ansiosa lo colse alle spalle, facendolo sobbalzare lievemente, si
voltò e
incontrò il volto tondo e chiaro della madre, che con i suoi
occhi color
smeraldo lo guardava triste.
“Si.” Lo disse tanto
piano che quasi temette di essere stato lui l’ unico a
sentirlo. Abbassò lo
sguardo, abbattuto. Si chiese chi dei due in realtà fosse
più triste; lui,
mandato in guerra. O lei, che si liberava di un figlio da sfamare.
Si issò meglio il
borsone in spalla pronto a partire, quando un paio di braccia esili si
strinsero intorno alle sue spalle, i capelli argentei della madre gli
solleticarono il collo, mentre il
suo
respiro caldo gli sfiorava le orecchie appuntite.
“Andrà tutto bene.” Lo
ripetè un paio di volte, mentre la voce lentamente si
affievoliva. “Vedrai,
andrà tutto bene.” La presa delle sue braccia si
fece più debole, fino quasi a
svanire. Poi il freddo di una lama sul collo, il caldo del sangue che
sgorgava
dal profondo taglio, non riuscì a reagire e prima ancora di
cadere nel proprio
sangue il buio lo aveva già avvolto spegnendo la luce nei
suoi occhi.
Un
lampo argenteo, la lama sembrò per un attimo assorbire la
poca luce che li
circondava, un fiotto di rosso cupo raggiunse il suo viso pallido e
imbrattò i
capelli chiari del’ elfo. Lasciò cadere la spada,
senza riuscire a distogliere
lo sguardo dal Generatore che si accasciava a terra mentre dalla sua
gola
sgorgava il rosso del sangue.
Il
rumore della pioggia
sui vetri appannati lo ridestò lievemente.
Fa
male.
Riprese
a respirare e
ansimò come se fosse riemerso da un’ apnea
esageratamente lunga. Vedeva macchie
indistinte e una sensazione fastidiosa di calore riemergeva in lui.
Sentiva
dolore ovunque, il collo bruciava.
Ho
paura.
I
contorni iniziarono a
delinearsi, riconobbe sua madre inginocchiata l’ vicino, le
sue mani strette
sul braccio dell’ elfo. Sopra di lei, una figura alta e
fasciata d’ ombra,
dalla pelle cadaverica e due occhi di lucente ambra.
“Ha funzionato.” L’
emozione trapelava da quella voce così familiare.
“Certamente.” Quegli
occhi lucenti correvano lungo il suo corpo, soffermandosi prima sul
collo e poi
sugli occhi, con un sorriso felino e agghiacciante.
Tentò di mettersi a
sedere, mentre i pensieri tornavano ad abitare la sua mente, dandogli
più
coscienza di ciò che era successo. Poi gli bastò
uno sguardo in più alle due
persone che si trovavano davanti a lui per capire.
“No…” Si lasciò sfuggire
dalle labbra, mentre sua madre invece annuiva confortandolo ancora con
le
stesse parole di prima mentre i suoi occhi color smeraldo sembravano
riempirsi
di lacrime di felicità, ma l’ elfo non
l’ ascoltava. Guardava sconcertato il
lago di sangue sul quale sedeva; il suo sangue, e il coltello poco
più in là,
accanto alla madre che lo aveva ucciso. La sua mano corse al collo,
scoprendolo
imbrattato di sangue e niente più, solo una spessa cicatrice. Alzò di nuovo
lo sguardo incrociando gli
occhi del Generatore che sembravano garantire una nuova salvezza,
sembravano
volerlo accompagnare verso sporchi peccati. Così lucenti,
facevano paura.
Gli sembrò quasi di
vederlo annuire appena, sorridendo ancora, per poi abbassare lo sguardo
sulla
donna inginocchiata in mezzo ai due.
Nuova rabbia riempì il
suo corpo svuotato dall’ anima, e la sua mano corse veloce
all’ unica arma
nelle vicinanze.
La lama tinse di rosso
lo smeraldo.
Come
anni prima la sua mano corse al collo, in attesa di sentire la
cicatrice
aprirsi di nuovo e il familiare contatto con il sangue vischioso che
colava fra
le dita.
Ho
paura.
Sentì
la gambe cedere per l’ ultima volta, e per l’
ultima volta vide il rosso del
suo stesso sangue. In fondo gli andava bene così, non aveva
mai voluto una vita
simile, chi mai l’ avrebbe voluta?
E
per un’ ultima volta il buio lo avvolse, mentre la Morte lo
prendeva tra le sue
braccia; questa volta per sempre.
Intorno
a loro il cielo ruggiva e le mura tremavano, mentre un esercito intero
cadeva;
tutto intorno a loro una profonda fossa e un’ enorme effige.
Lo
ammetto, in teoria il capitolo non è finito, ma sarebbe
venuto una vero poema,
quindi la parte successiva del capitolo sarà un
tutt’ uno con l’ epilogo. Sarebbe
stato strano no? I morti non sono ancora abbastanza.
Ringrazio
Homicidal Maniac e _Maisha_ (ripeto: mi ha fatto un gran piacere la tua
recensione :’)).
*continua
a sparlare,
sorvolando su ciò che è accaduto nel capitolo*
È
strano, in questo giorni scrivevo due pagine al giorno, e adesso che
devo
scrivere le note d’autore mi sono bloccata u.ù
Purtroppo
però non portò aggiornare per un bel
po’ di tempo… sapete com’ è
no? Vacanze…
Spero almeno di riuscire a rispondere alle recensioni ^^
Alla
prossima *-* :D