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Autore: Atien    27/07/2012    1 recensioni
Fan Fiction scritta in prima persona (sia dal punto di vista di Emmett che dal punto di vista di Rosalie) che racconta come secondo me si sono incontrati Rose e Emm.
(Siate clementi, l'ho scritta circa tre anni fa e però tutto sommato non mi dispiaceva e ho deciso di pubblicarla qui)
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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  Fico!
  Tutto quello che aveva saputo dire era stato fico!
  Proprio come un bambino coraggioso cui si racconta una storia dell’orrore! Dopo quell’affermazione me n’ero andata senza che nessuno, tranne Edward, se ne accorgesse.
  Carlisle aveva già cominciato ad illustrare al nuovo arrivato le specialità vampiresche più “Fiche”: come leggere nel pensiero, controllare il tempo e curiosare nei ricordi altrui.
  A me quasi non aveva rivolto parola dopo essersi presentato, nemmeno un grazie per averlo salvato, niente di niente. Al contrario sembrava andare molto d’accordo con la parte maschile della famiglia Cullen.
  Si divertiva a mettere alla prova le capacità di Edward di indovinare il numero cui stava pensando: che bambinone!
  Purtroppo era proprio per questo che l’avevo salvato dalle grinfie dell’orso, avevo sopportato tre giorni accanto al suo letto, vedendolo soffrire e urlare. E sempre per questo motivo mi ero, molto probabilmente, innamorata di lui. Non sapevo come fosse innamorarsi di qualcuno, dato che nella mia vita umana l’amore non era stato altro che uno stupido gioco senza alcun lieto fine.
  Mi fermai, non sapevo in che parte del bosco ero, ma non mi ero persa perché sapevo perfettamente da che parte era casa mia. Tirai un sasso nel laghetto che mi ero trovata davanti, facendolo rimbalzare più volte sul pelo dall’acqua.
  «Perdonalo, non lo pensava davvero». Trasalì: non avevo sentito Edward arrivarmi alle spalle «È più confuso di quanto da a vedere. Comunque ora è diretto qui, sta seguendo la tua scia; l’ho preceduto solo per ricordarti che, dopotutto, è solamente un neonato. Non fallo incavolare, per favore.»
  «Ok Ed, ci starò attenta. E...grazie, fratello». Aggiunsi, ma lui non rispose, così mi voltai, ma si era già dileguato, anche se quasi sicuramente mi aveva sentito comunque.
  Ora sentivo Emmett che si avvicinava, dal rumore che faceva si sarebbe detto che stesse collaudando la sua nuova forza sradicando gli alberi che ostruivano il suo passaggio.
  Avevo la forte tentazione di alzarmi e scappare, ma non ero mai stata una codarda, così rimasi lì a tirare sassi nell’acqua. Gli occhi mi bruciavano e continuavo a strofinarmeli col palmo della mano: avrei voluto piangere e liberarmi dal peso che mi opprimeva, ma non potevo. Da quanto tempo non versavo una lacrima? Troppo, troppo tempo. Così tanto che forse avevo davvero disimparato del tutto a piangere.
  Sentì chiaramente Emmett che si fermava ai margini della radura, a pochi passi da me, ma non mi voltai per non mostrare l’agonia che mi si poteva leggere chiaramente in volto.
  Sapevo cos’era venuto a dirmi, probabilmente Edward gli aveva detto ciò che provavo nei suoi confronti, anche se ancora non lo conoscevo bene, e lui era venuto a mettere le cose in chiaro fra noi.
  Magari nella sua vecchia vita aveva una famiglia che amava, o una fidanzata...probabilmente col mio gesto egoistico gli avevo rovinato per sempre l’esistenza.
  Mi si avvicinò senza smettere di fissarmi e si sedette accanto a me, la sua spalla sfiorava la mia e potevo sentire i suoi muscoli contrarsi sotto la maglietta di fine cotone che Carlisle gli aveva procurato in città.
  «Ciao». Sussurrò e invano attese per minuti interi la mia risposta al suo saluto e quando si accorse che non avevo intenzione di proferire parola, mi fece voltare verso di lui posandomi una mano sotto il mento. Era strano come il suo tocco forte sembrasse così delicato a contatto con la mia pelle.
  Stava per dire qualcosa, ma notando la mia espressione si ritrasse: «Cosa c’è che non va?»
  Non ero esattamente il tipo di persona che passa il suo tempo ad autocommiserarsi, ma in quel preciso istante avrei preferito rimanere sola a piangermi addosso, piuttosto che trovarmi in quella situazione spiacevole. «Niente...vattene»risposi sgarbata, voltandomi dall’altra parte.
  Lui scattò in piedi senza allontanarsi troppo da me, ma non capivo se volesse assecondare la mia richiesta o se fosse ferito dalle mie parole. «Io volevo solo chiederti scusa...»aveva uno strano tono di voce, freddo.
  Mi voltai con uno scatto e lo afferrai per un braccio trascinandolo accanto a me. Si sedette senza opporre resistenza, ma non tolsi la mano dal suo braccio: la feci scivolare lungo i suoi muscoli fino ad arrivare al polso, poi la ruotai e intrecciai le mie dita alle sue. Emmett ricambiò la stretta.
  «Dimmi»mormorai piano.
  Stette ancora in silenzio per un po’, il sole stava calando oltre l’orizzonte, ma non volevo tornare indietro. Non quella notte.
  «Edward mi ha detto di te, di come sei diventata...così»Esitò, gli strinsi più forte la mano e si decise a continuare «Vedi, credo che noi due un po’ ci assomigliamo, ma in un certo senso siamo anche due opposti».
  Lo guardai, confusa, non capivo dove volesse arrivare. «Mi spiego meglio. Noi due nascondiamo i nostri veri sentimenti, e quando stiamo con gli altri non siamo veramente noi stessi. Io mi nascondo dietro alla mia spavalderia e all’umorismo, mentre tu ti mascheri grazie alla tua testardaggine e alla tua immagine. Capisci?»Annui e lo incitai a continuare. «Mi sembra che con te riesco ad essere più simile all’Io che so di essere...»si interruppe non sapendo come spiegarsi. Possibile che in così poco tempo avesse capito così tante cose di me...e di noi?
  Forse aveva ragione: nel profondo sapevo di non essere la Rosalie permalosa che tutti conoscevano, ma mi ero così abituata a quell’immagine di me stessa che l’avevo fatta mia, sotterrando in fondo al mio cuore la me più vera.
  Ma in quel momento, sola con lui, mi sentivo come una ragazzina confusa e spaurita, ora che l’avevo trovato capivo che il mio unico sostegno in questa mia vita dannata era lui. Non mi ero mai sentita così bene nemmeno con Royce, che credevo fosse l’amore della mia vita umana.
  Allora era questo il vero amore!
  Mi sentì improvvisamente vulnerabile, mi rannicchiai su me stessa, portai le ginocchia al petto e le abbracciai posandoci sopra il mento.
  Emmett si avvicinò di più e mi passò un braccio intorno alle spalle, io posai il capo sulla sua spalla e con un sospiro mi arresi a quel sentimento che ci avrebbe legato indissolubilmente. Mi voltai verso di lui e i nostri occhi si incrociarono, io rabbrividì quando i suoi, rosso sangue, si piantarono nei miei.
  «Mostruosi, vero?»scherzò intuendo il motivo della mia reazione.
  Incapace di resistere mi avvicinai di più al suo viso e feci scorrere la mia mano fra i suoi morbidi riccioli neri. «Non troppo»risposi con un mezzo sorriso. Fermai la mia mano sulla sua nuca mentre lui mi carezzava lentamente la schiena.
  Poi non capì più niente. Non sapevo se fosse stato lui a baciarmi, o io a baciare lui: sapevo solo che mi sentivo immensamente bene.
 
  Ero certa (e lo sono tutt’ora) che se Emmett mi fosse stato per sempre accanto la mia vita sarebbe migliorata.
  Certo, i contro conducevano ancora la partita per 100 a 2, ma i pro avevano conquistato un punto importante: Emmett.

 
 

FINE

  
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