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Autore: dubious3    27/07/2012    2 recensioni
Un tributo a Telesette e ai suoi cross-over.
Nella lontana terra di Konohamere, un malvagio stregone risorto dal passato esercita il suo terribile e nefasto potere.
L'unico che che può fermarlo è Ser Sasuke Uchiha, il più leggendario eroe della storia del regno, risorto per la stessa magia del negromante.
Peccato che le leggende, spessissimo, esagerino...
Note dell'autore: cambiamento di rating da giallo ad arancione per linguaggio più "forte".
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Att(r)acco alla Tana di Angmar (verso lo scontro finale... BUH!)

 

Strabuzzando gli occhi, Isaribi riacquisì conoscenza. La testa le doleva ancora terribilmente, in preda ad un martellio costante e inebetente, tanto che non riusciva ad aprire gli occhi.

Mugolò e si coricò su di un fianco; l'emicrania e il senso di capogiro le sparirono presto, ma non quel senso di tremore che le invadeva il corpo. Guardandosi attorno, realizzò che non era affatto colpa della sua testa: vedeva il vulcano sopra di lei tremare e vomitare un schiuma densa e polverosa, di un nero intenso.

Parte consistente della massa ardente si stava fiondando verso il castello a velocità sorprendente, incontrando, però, ostacoli di varie dimensioni; fra questi c'era la strega, che aveva eretto una muraglia di rami intrecciati, luminescenti come lucciole, a difesa della fortezza.

"Fiamme infernali!" Provava a gridare la donna, ma dalla bocca arsa le uscì appena un rantolo. Esangue, sfiorava i capelli unti e impiastricciati di sudore mentre evocava un ramo per parare l'ennesima zaffata.

"Questa nube ardente non è normale..." Disse. "Angmar deve aver solidificato il magma con la magia nera, cosicché si formasse un tappo all'estremità e fuoriuscissero solo i gas letali. Se non ci inventiamo qualcosa alla svelta, moriremo tutti asfissiati!"

"Hai ragione..." Le fece eco Kukulann. Per quanto la sua fibra incredibile fosse molto più resistente di quella di un essere umano, persino lui incominciava a soffrire delle polveri che avvelenavano l'aria. I suoi compagni, però, ne risentivano molto di più: Banna era accasciato sulle braccia di Gozu, semi svenuto, con lui che ne copriva il viso con la propria maschera protettiva. Sul volto pallido e ossuto dell'uomo erano impressi due lunghi segni di pelle cicatrizzata che gli partivano dalle guance fino a congiungersi nel mento, simili ai lacci di una cuffietta.

Isaribi guardò a lungo l'amico, osservandone il volto dopo tanto tempo. Ci mise un poco, impegnata a vederne il volto, a notare un altro particolare.

Era piccolo. Era tutto troppo piccolo per la sua forma normale.

Presa dalla frenesia di un'orrida consapevolezza, sussultò guardandosi le mani, che apparivano enormi e squamate.

"No.. nonononono..." ripeté ritirandosi il più possibile. "Non dovete vedermi in questo stato, non dovete assolutamente vedermi così... come un mostro..."

"Per quale ragione, Isaribi?" Le chiese Sasuke. Il suo tono di voce esprimeva, o comunque tentava di esprimere, calma e tranquillità.

"Sappiamo già tutto di te e della tua vera natura; non c'è più bisogno di fingere e nascondere te stessa dietro apparenze umane. Ascolta... lo so che questa tua forma risulta giusto leggermente inusuale, ma fidati che non ci importa niente delle tue dimensioni, o del tuo aspetto esteriore in generale..."

"Sì, come no!" Replicò quella con voce rotta, quasi ruggendo. "Come puoi immaginare che io possa essere definita normale secondo un qualsiasi standard, anche il più elastico? Guardatemi bene: sono talmente enorme che non nemmeno questo castello basterebbe a contenermi; talmente goffa che potrei schiacciarvi tutti come formiche senza nemmeno accorgermene; talmente ingombrante che..."

"Smettila!"

Il nobile troncò Isaribi con un tono che non ammetteva alcuna replica. Le ossa della mascella tintinnavano mentre paralizzava la ragazza con il suo unico occhio infuocato.

"Ah sì? Ti reputi tanto goffa da risultare una minaccia per tutti? Beh, sappi che quella che ho visto combattere contro Anko era esattamente il contrario di qualcosa di "goffo". Gozu mi ha detto che l'ultima volta che hai usato i tuoi poteri eri solo una bambina; ora è diverso, puoi controllarti, misurarti come se fossi nella tua forma umana..."

"Ma sono sempre troppo grande..."

"Ciò è irrilevante". Si intromise Kukulann, pacato. "Ho visto come combattevi, come ti muovevi: la trasformazione in Titano del Mare non ha diminuito la tua destrezza né la tua capacità di lottatrice, se non di poco.

Poi, per la faccenda del "mostro", queste sono tutte idiozie, lo dico senza offesa: ho passato metà della mia esistenza a vivere e lavorare con veri mostri, e l'altra metà a combatterli; ti garantisco che non fai assolutamente parte di questa categoria".

"Davvero? Mostro è che uccide, e se Gozu vi ha davvero raccontato tutta la verità, dovreste sapere cosa ho fatto hai miei genitori..."

Si rivolse ancora al guerriero ungulato, stavolta piena di collera. Sbatté i pugni sul terreno per rimarcare le proprie parole.

"Cosa diavolo ti è venuto in mente, quando hai rivelato i miei segreti a tutti? Bravo, bravo davvero a spifferare particolari che hai giurato di non rivelare mai a nessuno! Io... mi fidavo di te, Gozu, mi fidavo a condividere con te questo peso, questo fardello che mi porto appresso da anni".

"E non è ora che ti liberi di questo fardello, Isaribi?" Rispose quello, meno impetuoso dell'amica, ma altrettanto severo. "Per tutta la vita ti sei tenuta questo macigno sul cuore, convivendo con spettri di sensi di colpa che, in verità, non hanno sostanza. Colpevolizzarti ulteriormente per la loro morte non riporterà i tuoi genitori indietro; servirà solo ad avvelenare ogni tuo momento felice. Se ho parlato della tua storia con loro, è stato solo per aiutarti; aiutarti finalmente a tagliare i ponti e ad accettare te stessa".

"Me stessa? Anche così? Enorme e terrificante e orrendamente forte?"

"Certamente!" Esclamò Sasuke. "Ma cosa poi, di trovarti in mezzo ad un campionario di perfetti modelli per persone nella media? Guardati intorno:" aprì le braccia per indicare tutto il suo gruppo "stai viaggiando e lottando con un demone fatto di paglia magica maestro di kung-fu, un goblin cleptomane, una strega hippie con la mania per gli scherzi crudeli, un feticista per la pirateria, uno che si veste come un selvaggio e che adora le macchine e il poker, un codardo patentato con gli occhi spiritati (anche se sta migliorando sotto il profilo caratteriale), un genio che parla per proverbi e che quando parte non si ferma nemmeno con le cannonate, ed io. Io! Uno scheletro ciondolante che perde i pezzi dappertutto e che ha passato tutta la propria esistenza mortale a fuggire da se stesso, crogiolandosi nella propria autocommiserazione! Per non parlare di quel dissociato di Juugo e di quell'indescrivibilmente fuori di testa di Tobi, pace all'anima loro! Ma cosa c'è mai stato di normale in noi? Cosa?"

Sasuke aveva elencato tutto d'un fiato, mitragliando nomi e atteggiamenti strambi; solo ora recuperava la calma.

"Isaribi, se insisti a negare che ciò che è successo ai tuoi genitori è stato solo un incidente, continua pure: per noi non cambierà nulla, come non è cambiato nulla quando ho visto ciò che era sotto le tue bende".

Isaribi si tastò la pelle poco sopra la guancia destra, in corrispondenza a dove teneva le bende. Con un fil di voce, balbettò una domanda:

"V-Vuoi dire che quando Kuroi ha bruciato le bende, hai visto cosa c'era sotto?..."

"Sì, anche se non ho dato loro alcuna importanza: cos'erano, in fondo, delle striscette di pelle squamosa in confronto ad un genio-kitsune accampato nel cranio? E'solo pelle, Isaribi, solo ed unicamente un involucro; la vera sostanza è al di sotto da ciò che si vede, nascosta fra strati e strati di maschere, nel tuo caso fisiche, ma più spesso sono caratteri che uno assume durante il corso della propria vita e che non gli appartengono. La nostra vita non è che una gigantesca pupazzata, dove tutti sono più o meno legati da fili e si dimenano ridicolmente nel teatrino della vita, finché il burattinaio, con un cenno del capo, li ritira della scena.

Io, al contrario di tutti coloro che camminano sulla terra, ho ricevuto l'incredibile beneficio di tornare dalla morte e prendere coscienza di questa pagliacciata. Noi morti non siamo più legati a questo carozzone di mondo, alle sue bugie e alle sue frivole menzogne; abbiamo visto in faccia l'eternità, di fronte alla quale non conta null'altro se non la purezza del cuore e del cervello. Il midollo della vita non è l'aspetto esteriore, e nemmeno il proprio ruolo sociale; e te lo dico io, che di midollo e affini ormai sono divenuto esperto.

Negare se stessi, nascondersi dietro maschere non fa che inasprire e soffocare il nostro animo, rendendoci infelici e sempre meno disposti a fidarci degli altri, serrati in corazze acuminate. Perché, dunque, non aprire questo guscio di rimorsi che non portano a nulla? Ciò che è sotto il guscio potrà finalmente rifiorire; e quello che pulsa al di sotto della diffidenza, della paura, e dei rimorsi, è un cuore grande, generoso. Sarebbe un vero spreco lasciarlo appassire".

Tutti si voltarono di fronte al proprio come chi ha, di fronte ai propri occhi attoniti, il fantasma di qualche filosofo discettare sul senso ultimo dell'esistenza sparandosi seghe mentali a gò-gò. Fra il gruppo, quello più stupito era Al, che rimase a ciondolarsi con la bocca spalancata a novanta gradi.

"S-Sasuke... tu ha..." provò a biascicare con la mascella paralizzata. "Tua orazione è qualcosa che io no crede che tu può concepire..."

"Non lo credevo nemmeno io, fino a qualche minuto fa..." sussurrò lo scheletro a denti stretti, assicurandosi di non essere udito dall'interessata.

Neppure Isaribi ci avrebbe mai creduto; certo, forse il discorso di Sasuke aveva assunto toni eccessivamente da drammone televisivo, ma, nel complesso, risultava una perorazione inaspettatamente profonda e persino toccante.

Pensosa, nel frattempo avvertiva una piacevole e solleticante sensazione di calore sulla caviglia destra. Abbassò subito lo sguardo, e notò la fedele lama Pinnadisqualo leccarla con tutto l'affetto che un padrone si aspetterebbe da un affettuoso cane domestico.

Due lacrime di gioia si depositarono sulla riga degli occhi, senza tuttavia scendere

"Ahhhh... piccolino, sei ancora più tenero di quanto credessi... troppo tenero..."

Sollevò delicatamente Pinnadisqualo, depositandolo sul palmo della mano, e portò a contatto la pelle dell'arma, aguzza sino ad essere letale, con quella relativamente più liscia e vellutata della propria guancia. Lo coccolò strofinandolo con dolcezza, e quello reagì tenendo serrati gli aculei e beandosi delle attenzioni della propria amica.

Se non ché, due colpi consecutivi di tosse catarrosa di Clupin, evidente segno che il goblin aveva qualcosa da dire, interruppero queste attenzioni.

"Vi chiedo scusa signori, ma devo per un attimo interrompere queste tenere effusioni e direzionare la vostra attenzione verso le nubi ardenti vulcaniche che stanno minacciando di ucciderci tutti!"

Clupin alzò il tono di voce a volumi e tonalità più alte di quanto Sasuke avesse mai sentito, il che lo riempì il suo animo di preoccupazione. Ovviamente, non lo turbò quanto il gorgogliare sempre più ossessivo del vulcano, accompagnato da un'ondata di calore che pareva liquefargli le ossa.

Certo, Sasuke non poteva provare dolore fisico, ma quel senso di canicola opprimente stava stringendo i suoi nervi in una morsa asfissiante, come avrebbe oppresso il suo corpo se fosse ancora vivo e capace di respirare. Oltretutto, dal terreno, avvertì rullii sparsi dappertutto, meno intensi dei muggiti della montagna.

Poi, con un suono simile ad un tappo di bottiglia esploso per la troppa pressione, fiotti di vapore rovente bucarono il terreno, zampillando con varie intensità. Uno fu sul punto di colpire l'Uchiha, ma questi evitò la zaffata scattando di lato, lasciando che essa si scontrasse con la roccia di un torrione retrostante.

L'ago della bilancia della battaglia che il gruppo di eroi stava conducendo contro la furia della natura pendeva sempre di più verso il vulcano: stremata, Anko riusciva a controllare sempre meno schiuma ardente, che andò persino a lambire le lisce pareti del corpo ottagonale.

L'Uchiha tentò di mordersi le labbra in un attacco di disperazione; non riuscendoci, si limitò a stringere le mani ossute. Dopo tutte le lotte, i sacrifici e le avventure vissute, non riusciva ad accettare che tutto potesse finire in maniera così brutale. Come poteva tutto concludersi in una tomba di cenere vulcanica, tra l'altro, ci scommetteva, con quel bastardo di Angmar che stava sculettando il fondoschiena nella sua direzione?

Sasuke diede una rapida occhiata a tutti i suoi compagni: su i loro volti si leggeva lo stesso terrore che lo animava, la stessa attanagliante disperazione. Quali possibilità avevano contro la natura stessa, del resto?

"Cosa possiamo fare adesso?" Sfiatò quasi Gozu, che pareva invecchiato di almeno una decina d'anni. "Questa volta non vedo via di scampo... Tutto ciò che ci resta da fare è tentare almeno di salvare Anko".

"E io sono l'unico che, con il proprio scudo, può proteggerla dai gas roventi; inoltre, non ho alcun bisogno di respirare". Proseguì Sasuke, determinato. "Ora vado".

Fece per lanciarsi a salvare la propria amica, ma venne preceduto: Isaribi, serpeggiando fra le rovine, superò in fretta in castello e si addentrò nella cascata di gas roventi.

"C-cosa stai facendo?!?" Gli gridò Sasuke, terrorizzato al pensiero che potesse accaderle qualcosa di orribile.

Il Titano del Mare non lo ascoltava; usando i propri sensi, sviluppati sino all'innaturale, avvertì la presenza del corpo del corpo della strega, accasciato dietro alle barriere di legno incantato. Con un fulmineo gesto di karateka la raccolse e la lanciò indietro verso il gruppo, dove le pronte braccia di Sasuke l'afferrarono.

"Sasuke," gli disse  "i tuoi poteri possono proteggerti da molte cose, ma non credo che tu possegga una difesa abbastanza forte per quello che sta arrivando ORA!"

Un' istante dopo dal terreno sotto di lei esplose una fumarola di dimensioni e impeto di gran lunga maggiori delle altre zaffate, che si mescolò ai gas della nube ardente in una colonna che pareva uscita dall'inferno stesso. Isaribi, conscia del pericolo, chiuse la bocca e il naso per non inspirare anidride carbonica e altri fumi mefitici, ma aveva sottovalutato il calore della miscela, ben superiore a quello di una fornace: ustionata sul petto e con le palpebre in fiamme, digrignò i denti ed inalò gas.

"Merd..." Non poté dire oltre, poiché il veleno le era già entrato in corpo, inebetendone sempre di più i sensi ogni secondo che passava.

Provò ad indietreggiare, ma anche compiere un solo passo le risultava un'impresa titanica. Intanto i gas, devastate sempre di più le barriere magiche, avanzarono sino ricoprire il castello, avvolgendo la ragazza nella loro morsa.

"Isaribi... caugh... pezzo d'idiota..." Anko tossicchiò, sputando del catarro.

Sasuke la strinse ancora più forte contro la propria gabbia torace. Non voleva alzare  lo sguardo, o, comunque, non ne aveva la forza. Inoltre, avvertiva nel proprio capo un improvvisa vampata, inspiegabile anche per il calore circostante, che si tradusse in una sorta di luce che fuoriusciva dall'orbita cava come da un faro.

In breve tempo, tutto il capo si agitò scampanando forsennatamente, al punto che l'Uchiha vedeva ben quattro o cinque Anko fra le sue braccia.

"Al... cosa sta succedendo?" Domandò. "Stai per caso installando un impianto elettrico nel mio cervello e qualche circuito ti è andato in corto?"

"No... è qualcosa di molto, molto meglio: il ritorno dei miei poteri!"

La risposta di Al lasciò Sasuke totalmente basito, ma non tanto per l'evento in sé: Al si era finalmente deciso a parlare italiano correttamente!

In un lampo (letterale e non), si udì il rumore di tanti fuochi artificiali in scoppio e fiamme pirotecniche uscirono dal cranio dell' Uchiha, facendolo ballare come non mai, ma senza danneggiarlo.

Uno di questi fuochi, più denso degli altri e di color iride, seguì una traiettoria differente; disegnando una scia variopinta mentre volava a zig- zag, incominciò a ruotare rapidamente attorno al gruppo.

La vampa era troppo luminosa per poter essere identificata con chiarezza; tuttavia, tutti potevano chiaramente udire la voce di Al, calma e potente, fuoriuscirne.

"Non abbiate paura, amici: sono sempre io, solo con maggiore padronanza della vostra lingua e tante funzioni extra, più del coltellino svizzero modificato da mio fratello. Ora posso esaudire desideri, cuocere il cuscus con la forza del pensiero, provvedere gli effetti speciali di un film di Godzilla senza spendere un soldo e fare tante altre belle magie in generale; per il momento, però, mi limiterò a contrastare i fenomeni vulcanici".

La fiamma che conteneva il genio si gettò a capofitto nelle nubi ardenti, venendone inghiottito. In un primo momento non successe nulla, cosa che fece disperare tutti i membri del gruppo; solo dopo poco il fiume di gas parve ritrarsi, confluendo in strane correnti che diedero origine ad un vortice.

Trionfante, la fiamma magica guadagnava sempre più terreno sul fenomeno vulcanico. I suoi giri si facevano sempre più ampi, sino a che non assunsero la forma di vere e proprie ellissi sgargianti, come nella danza di una stella nel firmamento.

Lentamente, il corpo di Isaribi fuoriusciva dai veleni: prima la testa, poi il torace, e, infine, tutto il corpo si salvarono. Come Anko era stremata, ma ancora viva.

Vedendo lo scampato pericolo, Gozu avvertì tutta la tensione accumulata scaricarsi; si accasciò posando i pugni a terra, e boccheggiò alzando gli occhi riconoscenti al cielo.

"Grazie alla Luce... siamo salvi! Salvi! E grazie a te, Al..."

"Non è nulla". La voce risuonò ancora dall'orbita. "Dopo tutte le volte che ho fatto da spettatore, credo sia doveroso fare la mia parte come membro del team, no?"

"Già, davvero davvero Al... non avrei mai creduto che tu... insomma... fossi così for... Ma come..." Sasuke riusciva solo a pronunciare qualche frase smozzicata, bloccato come era dallo stupore.

"Me lo chiedo anche io, Sasuke". Disse Al. "Questa rottura del sigillo magico in un momento così cruciale mi pare alquanto sospetta; tuttavia, non avverto disturbi magici nella zona, segno che Angmar non mi ha posto sotto qualche altro tipo di maledizione".

"Probabilmente, dopo la morte di Orochimaru, il sigillo che ti teneva imprigionato nel cranio di Sasuke si è indebolito". Ipotizzò Kukulann. "Comunque, ciò non basta a spiegare la tua liberazione: Angmar aveva con sé lo scettro dell'Oscurità, che gli dava potere su di te..."

"Certamente tutto questo è molto inusuale; ora, però, non abbiamo tempo per discutere. Ascolta, Sasuke: Angmar possiede sì lo scettro di Orochimaru e tutti i suoi poteri, ma abbiamo ancora con noi la forza della Pietra di Anubi".

"Ma la pietra di Anubi non possiede alcun potere magico, lo abbiamo visto prima!" Obbiettò con forza l'Uchiha. "Ci ha già tradito quando ne avevamo bisogno con Isaribi: cosa ti fa' credere che questa volta sarà diverso?"

Dalle fiamme partì un riso, piuttosto sommesso e bonario.

"Confesso, anche con i miei poteri e le mie conoscenze, nulla; il mio è solo un presentimento. Ho la netta sensazione che quell'artefatto per noi ora così inutile rivelerà la sua forza solo al momento finale. Tutto quello che ci resta è avere fiducia; oltre, che ovviamente, a raggiungere la base nemica..."

Attirato dall'allusione di Al, Gozu girò lo sguardo al cielo verso di loro retrostante: la maggior parte della potente flotta da guerra di Orochimari era stata distrutta o scappata via, ma si vedevano ancora, seppure solo come flebili puntini, dei galeoni solcare l'aria.

Fischiò facendo un cenno con la mano per indicarle, e tutti si girarono nella stessa direzione.

"Hai visto giusto, Gozu". Affermò Kukulann. "La tana di Zarok è un castello volante che fluttua nel cielo sopra il cimitero; avremo bisogno di navi simili per raggiungerla, oppure dell'aiuto di Al".

"In questo momento sono impegnato a sistemare il vulcano". Replicò quello. "Queste nubi ardenti mi daranno grane per un po' di tempo, probabilmente troppo per farvi raggiungere la nave in tempo".

"Allora lo farò io".

La voce di Isaribi attirò tutti gli sguardi a sé. Il Titano del Mare si reggeva a malapena sulle ginocchia, ma sembrava recuperare forze ad ogni minuto che passava.

"Vi manderò io lì. Potrò sembrare senza forze, ma credo di essere ancora in grado di eseguire un buon lancio".

"Ne sei sicura, Isaribi?" Le chiese Gozu, apprensivo.

"Assolutamente. Sentite, mi avete rifilato un panegirico sulla mia forza interiore, e ora volete che perda fiducia in quella fisica?"

"Assolutamente no". Disse Sasuke. "In molti altre occasioni l'idea di fare un volo della morte verso un vascello fantasma mi avrebbe ucciso dalla paura; ma ora che sono già defunto, è inutile mettere paura ad altri. Mi faccia spedire volentieri, ma ad una condizione".

"E quale sarebbe?" Chiesero tutti, in coro.

Sasuke esitò prima di parlare; prese un po' di fiato ed erse il più possibile la postura, per sembrare più convincente.

"Devo andare da solo. Affronterò Angmar da solo".

Un brusio generale di dubbio seguì la risposta. Quello che parlò apertamente fu Kukulann.

"Sasuke, ma senza offesa, ti sei bevuto il cervello? Non puoi assolutamente andare ad affrontare Angmar da solo: quell'essere è più potente di ogni tua immaginazione".

"E' esattamente per questa ragione che voglio affrontarlo da solo. Senza la Pietra di Anubi, anche i nostri sforzi combinati solo inutili contro l'attuale forza di Angmar, ora che ha rubato lo scettro di Orochimaru. Se veramente le supposizioni di Al si rivelassero errate, e dovessi per caso... morire," sussultò impercettibilmente prima continuare "la Resistenza sarebbe la nostra unica possibilità di salvezza. Le vostre vite sono importanti quanto la mia, e non vanno sprecate".

"Il ragionamento fila, ma..."

"Ma nulla: sono io il dannato prescelto e l'ancor più dannato protagonista di questa stradannatissima fiction. Se qualcuno deve farsi una gita al creatore- e io l'ho già fatta una volta- quello deve essere un cavaliere senza macchia e senza paura, anche se totalmente idiota. Questa, per me, è una definizione calzante".

"Tralasciando la parte dell'idiota, le tue precauzioni sono piuttosto inutili". Si intromise Isaribi. "Io so che vincerai questa battaglia con Angmar, anche senza il nostro aiuto diretto. Lo sento, come Al".

"E anche io" asserì Anko. "Ho passato la mia a farti iniezioni di fiducia, manco fossi la tua infermiera personale. Ora che la cura sta andando alla grande, sarebbe da sciocchi cercare di abbattere il paziente".

Il Demone del Grano fissò lo scheletro un'ultima volta: nei suoi occhi si leggeva una volontà indomita, talmente vigorosa che non sarebbe mai riuscito a piegarla. Abbassò così il capo, convinto.

"Sasuke, quando abbiamo lottato alla Gola delle Zucche, ti dissi che eri un eroe degno della tua leggenda. Tutto questo tempo passato non ha fatto che avallare questa mia sensazione, dimostrando a tutti che hai le carte in regola per vincere il male una volta per tutte. Ti ho visto crescere come uomo e come guerriero, e se fossi tuo padre sarei fiero di avere un figlio come te.

Và dunque, e fallo ancora più nero, ma non aspettarti che noi rimaniamo nelle retrovie: ti seguiremo a distanza e sferreremo il nostro attacco alla base di Angmar al momento opportuno".

"Io inoltre, ho un conto in sospeso con il mio fratellone;" disse Al "cerca solo di non massacrarlo troppo prima che ti raggiunga, d'accordo?"

"D'accordo, amici miei: vi ringrazio davvero infinitamente, di ogni cosa. Se sono arrivato così lontano, è stato solo merito vostro e della Luce. Se avessi ancora i condotti lacrimali, scoppierei a piangere..." Sasuke mimò il gesto di togliersi una lacrima.

"Ora, però, lasciamo da parte le smancerie, ed iniziamo il lancio. Isaribi, sai quello che devi fare".

La ragazza annuì, ed afferrò  lo scheletro con delicatezza, depositandolo fra i palmi delle mani. Lo portò vicino alla testa, e li richiuse dolcemente, evitando di fargli del male.

"Grazie". Disse l'Uchiha, prima che le dita di Isaribi si richiudessero su di lui.

"No, grazie a te". Sussurrò quella, e gli angoli della bocca le si alzarono impercettibilmente in un sorriso. Poi puntò il galeone principale della flotta, un puntino minuscolo che si perdeva nell'azzurro del cielo persino per la sua vista.

Prese un bel respiro, e tese indietro il braccio destro al massimo e piegò le gambe. Prima di lanciare l'amico, gli diede le ultime raccomandazioni:

"Sasuke, non appena ti lancio, cerca di attivare lo scudo mistico. Oppure, trova qualcosa da afferrare: il pennone della nave e la bandiera vanno benissimo". Prese una breve pausa, poi aggiunse. "Che la Luce sia con te".

Usando ogni stilla della sua forza, scagliò via lo scheletro nel cielo di fiamme. La figura di Sasuke divenne sfocata e scintillante, come un proiettile d'argento sparato a velocità folle nel cielo.

Infine, scomparve dalla loro vista.

 

 

*****************

 

Angmar sogghignava. Seduto su uno scomodo trono di pietra, osservava con compiaciuta malvagità la fortezza che aveva appena espropriato a Orochimaru.

Si trovava all'interno di un grande corridoio, che, colonnato come un porticato, dava su un vasto corpo circolare. Davanti a lui pareva dispiegarsi una vera e propria piazza, solo spoglia e coperta dal tetto della fortezza, il cui perimetro era contornato da un vero e proprio fiumiciattolo di lava, alimentato da cataratte di lave che fuoriuscivano appena dalle pareti, e che, giudicava con sadismo, era abbastanza largo e profondo da farci affogare una persona.

Alla sua destra era inginocchiato Renga, calmo e umile, che gli rivolse la parola:

"Mio signore, il vostro piano ha dato tutti i frutti sperati, e anche di più. L'esercito, il castello e poteri di Orochimaru sono nelle vostre mani; anche le forze della Luce sono state annientate. Se mi consentite l'ardire di esprimere un giudizio, non vedo ostacoli che vi separino dalla conquista di questo regno".

"Esattamente, Renga, non ci sono più esseri in grado di fermarmi".  Asserì il demone con una soddisfazione palpabile. "Né in cielo, né in terra, né negli abissi infernali. Soprattutto in terra, se posso dirlo. E certo nessuno di quegli infimi mortali potrebbe mai oppormi una seria minaccia, benché meno sperare di ingannarmi. Vero, Yahiko?"

Lo sguardo mellifluo del Maresciallo Oscuro si rivolsero alla sua sinistra; lì, Yahiko, imbavagliato da capo a piedi quasi fosse una mummia da fasci neri e viscosi, penzolava retto da lungo filo, piuttosto spesso, appiccicato al soffitto in intrico di ragnatele.

Il signore del crimine aveva gli occhi spiritati e sudava già; quando, però, Angmar iniziò a solleticargli la gola con un artiglio, iniziò davvero a tremare.

"Yahiko caro, che tu fossi così avido da fregare il pezzo di Pietra di Anubi me lo aspettavo; ma che fossi così follemente sciocco a tentare di fregarmi, questo delude molto le mie aspettative sulla tua intelligenza. Mi aspettavo di più da una persona così sadica, lo sai?"

Yahiko scosse la testa a singhiozzo e mugolò qualcosa che, sotto le bende, pareva qualche invocazione di pietà. Il signore dei demoni scoppiò in una ghignata folle e lo lanciò contro la parete retrostante con uno svogliato tocco della mano. Così avvolto in quella sostanza appiccicosa, il signore del crimine rimase attaccato alla pietra.

"Pazzi, pazzi, pazzi, pazzi!" Ripeté Angmar, ghignando ad ogni parola. "Pazzi coloro che osano sfidare l'immensa furia del dio delle tenebre!"

"Per una volta, devo darti ragione".

La voce dell'Oscurità, minacciosa e carica di potere come si era rivolta ad Orochimaru, echeggiò ancora nella sala. Subito la nube di fumo che formava il corpo della divinità si manifestò ai tre. Renga inghiottì a vuoto per lo spavento e dovette tenersi ai braccioli del trono a guisa di boa, mentre Angmar mantenne il suo ghigno soddisfatto e supponente.

"Mi signore e padrone, ma quale sorpresa!" Abbozzò un inchino sarcastico, senza nemmeno alzarsi dallo scranno. "Per cortesia, volete lasciarmi prendere possesso di tutte le forze del male di questo regno e divenirne l'unico e incontrastato dominatore?"

"Angmar, Angmar, Angmar..." Ripeté quello. Non pareva irretito dalla minaccia del suo vecchio secondo in comando; piuttosto, deluso come chi vede un'idiota affannarsi a compiere un'attività che sarebbe sempre stata al di sopra delle sue scarse capacità.

"Sul serio, Angmar, devo constatare per l'ennesima volta la tua prevedibilità; il fatto che mi tu mi abbia tradito è qualcosa di così scontato, banale anzi, da far venire al mio divino corpo negli inferi il latte alle ginocchia".

"Non mi sembrerebbe tanto banale, dato che, effettivamente, ti ho fregato. In condizioni normali il potere che avresti su di me sarebbe assoluto, tanto che avresti potuto privarmi persino dei miei poteri e condannarmi a voltarsi su qualche graticola nell'oltretomba per l'eternità. Ma ora... ora..." Allargò la bocca mostrando una chiostra di zanne. Pregustava ogni momento della rivelazione del suo trionfo.

"Ora sei totalmente impotente! Ho imparato bene, durante tutti i secoli al tuo servizio le delicate politiche e leggi che regolano l'equilibrio tra il bene e il male, e la più importante di queste è che nessuno dei due Divini Signori più usare il proprio potere nel mondo mortale senza l'esplicito consenso di qualche suo abitante. Colui che ti aveva evocato e legato a sé, Orochimaru, è morto: senza di lui, sei pericoloso quanto una piccola e soffice nuvoletta di fumo parlante". Il Maresciallo delle Tenebre mimò il gesto di strizzare tra le dita qualcosa di molto piccolo e soffice, sghignazzando.

L'Oscurità sospirò un'altra volta, quindi si preparò a controbattere con termini non meno velenosi.

"Innocuo, dici? Può darsi; ma questo non cambia le cose. Angmar, non riusciresti a conquistare un mondo nemmeno se tutti i suoi abitanti si inchinassero di fronte a te e si offrissero di farti il bidet (e sarebbe un destino peggiore che venire fatti arrosto). Tu difetti in grandissima parte di intelligenza, charme, carisma, talento, bellezza, acume, buon senso, e qualità che in genere si trovano in una persona con il sale in zucca. Secondo te, per quale motivo ti avrei accolto tra le mie fila e offerto la carica di mio luogotenente? In effetti, comincio a chiedermelo anche io..."

Sentendo questa battutina, Yahiko sghignazzò sommessamente; Angmar, invece, incominciava a ribollire dalla rabbia. In uno scatto di ira, generò delle fiamme nere da tutto il corpo e la lanciò una sfera di fuoco contro Yahiko, che pareva ardere come una torcia. Mentre udiva i mugolii di dolore del capo dell'A.L.B.A., sulla fronte di Renga si disegnarono due rughe di tensione.

"Non azzardarti a fare battute al mio cospetto!" Ruggì il signore dei demoni. "Sono io adesso che comando! Sono io il nuovo dio di questo mondo! Io, io! E tu sei meno di uno zero spaccato!"

"Suvvia, non scaldarti troppo: sembri peggio di mia madre dopo che le avevo modificato il coltello da cucina preferito per trasformarlo in una spada laser! Comunque, prima che mi interrompessi con i tuoi capricci infantili, stavo rimarcando la tua totale inettitudine. Persino Orochimaru, fesso assoluto come era, aveva conoscenze della magia molto utili per un'invasione su larga scala. E dovrei davvero credere che un fallimento su scala monumentale come te riuscirebbe mai a conquistare questo regno? Questa la dovrei raccontare a quelli del club di poker! Invece, devo complimentarmi con il vero autore del gambetto magistrale che hai appena rovinato".

Puntò il proprio sguardo su Renga, che sentendosi squadrare così, impallidì ed ebbe un capogiro.

"Caro ragazzo". Gli levitò accanto. "Ho seguito attentamente le tue mosse, di come hai nell'ombra consigliato a quello scriteriato del tuo capo il modo per distruggere Orochimaru senza che venisse coinvolto direttamente. Hai rivelato tu il potere segreto di Isaribi, e sempre tu gli hai consigliato, nell'ombra di usarlo per attaccare le forze dello stregone e distruggerle. Gli hai anche sussurrato di mostrarsi solo quando Orochimaru si sarebbe trovato faccia a faccia con Anko, cosicché, da bravo ciuco innamorato, non si sarebbe mai azzardato a chiamarmi, per timore di rappresaglie da parte mia; magari avrebbe persino beccato un proiettile magico al posto suo!

Massimo effetto e minimo sforzo! Brillante davvero, e lo sarebbe ancora di più se quel babbeo dell'autore avesse deciso di scrivere prima le conversazione, invece di schiaffarle tutte adesso tipo deus ex machina.

E' anche vero, tuttavia, che dare consigli espliciti ad una persona con il profilo psichico di Angmar è alquanto rischioso e controproducente. L' arroganza della nostra cara versione Maganò di genio è pari solamente al suo sadismo, il ché ne rende un miscuglio pericoloso e quanto mai instabile per propri stessi alleati, prima ancora che per i propri nemici. A proposito, come ti sei sentito quando ha mandato all'aria il tuo bel piano di catturare i guerrieri della Luce alla locanda?" Quanto più l'Oscurità parlava con quel tono divertito, quanto più Renga si sentiva morire.

"E' stato frustrante, vero? Certo, Shukaku aveva tutti gli mezzi necessari per spazzare via ogni resistenza e catturare Isaribi già allora, e senza nemmeno versare una goccia di sudore; ma si è comportato come un pivello, dimostrando un'inettitudine logistica e una tendenza allo sciupio di forze vergognose per un conquistatore con ambizioni dominio su scala globale.  Ha giocato al gatto con il topo, e il topo gi è scappato fra gli inesperti artigli sotto il suo naso. Che tristezza...

Ma la tristezza più grande è quella di vedere gente come te che lavora con uno come lui. Io so apprezzare il talento, al posto suo, e riconosco i momenti in cui bisogna evitare di tirare troppo la corda e usare i propri poteri in maniera efficiente. Sai, non mi stupirei minimante se tramassi di rubare lo scettro del comando a quel babbeo, e ancor meno mi stupirei se riuscissi nell'impresa. Mi trovi d'accordo?"

L'ultima parte del discorso del dio oscuro era stata pronunciata a raffica, per dagli davvero le giuste allusioni di un tradimento. Renga le afferrò, e dovette usare tutte le proprie forze per non svenire.

Indietreggiò goffamente all'indietro, dando stralunate occhiate di diniego al suo signore; inciampò subito su se stesso, ed iniziò a puntellarsi sui gomiti per scappare.

L'Oscurità aveva ragione su molte, molte cose, quasi su tutto: aveva indovinato come Angmar avesse potuto distruggere senza farsi coinvolgere direttamente, almeno fino all'ultimo momento, e stava usando il tremendo orgoglio del demone per farlo agire in modo sconsiderato. Una persona normale sicuramente avrebbe intuito nel discorso dell'Oscurità un tentativo, nemmeno tanto velato, di mettere zizzania fra i due; ma Angmar non era affatto normale, e il suo ego monumentale, ma fragilissimo, unito ad un temperamento vulcanico lo rendevano come un barilotto di polvere da sparo con la miccia perpetuamente accesa. E Renga sapeva che, in caso di esplosione, sarebbe stata lui la vittima.

Sforzò i muscoli facciali il più che poté per darsi una parvenza di calma e dominio della situazione, quindi provò a controbattere.

"Mio signore... l'Oscurità sta solamente cercando di minare le basi della nostra collaborazione e della vostra fiducia. Tutti i suoi ragionamenti, all'apparenza così tortuosi, in realtà sono basati sull'aria, non lo vedete? Anche nell'ipotesi, infatti, che avesse spiegato il piano o che io avessi avuto l'ardire  di darvi qualche... consiglio, cosa cambierebbe? L'Oscurità non ha più forze da mettere in campo, di qualsiasi genere, e i guerrieri della Luce saranno ormai sepolti sotto tonnellate e tonnellate di piroclastiti. Cosa può danneggiarvi, dunque? Il mondo è praticamente nelle vostre mani!"

Sul volto del signore dei demoni, già nero come l'ossidiana, scese un'oscurità ancora maggiore. Girò il collo muscolo con un gesto meccanico, e diede un'occhiata al suo sottoposto torva come non l'aveva mai vista.

"Hai detto che il mondo è nelle mie mani, vero?" Gli chiese, gelido. "Allora perché parli di collaborazione? Lord Angmar non accetta alleati, né uguali; accetta solo servitori o vittime".

"Oh, diavolo..." L'Oscurità si intromise portandosi un rivolo di fumo in volto, per coprirne l'espressione tremendamente annoiata.

"Pure i discorsi in terza persona! In condizioni normali sarebbe divertente; ma qui è noioso! Noioso, noioso. Angmar, possibile che imbocchi sempre in cadute di stile così clamorose alla prima provocazione? E' da quando eri un cucciolo che ti vedo così suscettibile; da quando ti chiamavano Procetto, se non ricordo male..."

Non appena udì un simile epiteto, Angmar passò da un costante ma controllabile stato di tensione ad una vera e propria furia animalesca; si alzò di soprassalto dalla sedia, circondato da fiamme nere che eruttavano in una colonna come a Porto Scorbuto. Renga, se possibile ancora più terrorizzato di prima, evitò per un soffio di cacciare un urlo e strisciò rapidamente il più lontano possibile dal suo signore.

Le vampe nere erano troppo dense per permettere di vedere al suo interno; si udivano tuttavia dei suoni diversi dal loro semplice crepitio. E ciò che l'Oscurità e Renga udirono era la voce del Maresciallo Oscuro, che assumeva i connotati del latrato di una bestia ferita.

"Come mi hai chiamato, spregevole ologramma di dio?"

"Non mi sentito prima?" Gli domandò l'Oscurità con un sarcasmo volutamente irritante.

"Allora è il caso che lo ripeta di nuovo: Procetto, Procetto/ non sa fare niente/ se non metterlo / nel (censura) alla gente... Che c'è, non è come i tuoi fratelli canticchiavano sempre per sfotterti, quando non riuscivi a compiere un incantesimo nemmeno per sbaglio? Procetto, Procetto..."

Canticchiò altri insulti e imprecazioni, apparentemente incurante di far perdere la testa ad un interlocutore sull'orlo di un altro raptus omicida. Dalle fiamme che lo avvolgevano fecero le capolino le punte del tridente di Orochimaru, poi, come un corso d'acqua diviso da una diga, la colonna si sfilacciò, biforcandosi e rivelando il signore dei demoni in tutta la sua ferocia.

"Te lo do' io nel culo, SCHIFOSO RIFIUTO DEI CERCHI INFERNALI!!" Ruggì con tutto il fiato che aveva in gola.

Dalla pietra del tridente partirono delle scosse che si diramarono per tutto lo strumento. Angmar direzionò le sue punte irradiate verso gli occhi della divinità, e tirò un rapido affondo.

L'Oscurità non emise né un gemito né una risata; si limitò a svanire senza lasciare la benché minima traccia.

"E' fatta, fatta, fatta..." Ripeté meccanicamente Renga, alzando gli occhi al cielo come se avesse assistito un miracolo. "E' fatta mio signore! Fatta! Ora quella creatura infida non insidierà più il vostro trono o lo vostra pazienza! Mio signore? Mio signore..."

Ogni gioia gli morì letteralmente in gola quando vide di nuovo il volto del suo signore: i suoi occhi, sempre luminescenti, brillavano come fari, e gli angoli della bocca erano serrati all'ingiù, ad un indicare una bramosia di uccidere ancora più dissennata di prima.

Senza dire una parola ( e forse, nelle attuali condizioni, sarebbe stato capace di esprimersi esclusivamente attraverso dei ringhi) il signore dei demoni puntò lo scettro contro Renga. L'ultima cosa che vide l'uomo che fu una bagliore di luce elettrica che inghiottì ogni cosa come una stella in piena eclissi, seguito da un gorgo nero e pastoso che ne avvolse le membra, quasi travolgendolo. Un istante dopo Renga era già disteso sul pavimento, ridotto ad una mummia senza vita avviluppata dalle fiamme.

Il demone, rimasto da solo, respirò ad ampi bocconi distendendo il più possibile la larga bocca di mammifero. Non provava il benché minimo rimorso per aver assassinato il suo più utile subordinato; solo una rabbia fumante albergava nel suo animo.

Si ricompose quel tanto che bastava da far spegnere le fiamme ed appoggiò la sua schiena sulla pietra dello scettro. In quel momento, probabilmente richiamato da tutto quel fracasso, si avvicinava una guarda robotica, riconoscibile per clangore cadenzato come una marcia che facevano i suoi passi.

La guarda entrò da un porta aperta poco alla destra del suo nuovo signore, lo notò ed eseguì un inchino di cortesia.

"Signoreu" disse con il suo tono artificiale "flottau diu galeonoiu sopravvissutau stau tornandou allau baseu comeu previstou".

"Perfetto guarda, perfetto". La voce di Angmar assomigliava ad un grugnito. "Portami qui Shizuka e Kabuto, e anche almeno un plotone dei tuoi amici ferrivecchi. Presto riceveremo la visita di un ospite molto speciale, e non voglio che si mormori in giro che nella mia dimora i visitatori non vengano accolti con il più caloroso benvenuto possibile".

La guardia si inchinò ancora, e fece dietrofront senza porre altre domande. Mentre udiva il portone al suo fianco richiudersi, Angmar aggiunse sottovoce:

"E' tempo che ogni conto venga saldato. Ogni. Singolo. Conto".

E reclinò il capo in una risata crudele.

 

 

*******************

 

"Capitano, capitano!"

Un non-morto correva trafelato sul ponte della nave maestra, dirigendosi a prua per incontrare il suo capitano. Lo trovò che armeggiava il timone della nave, pensoso e rattrappito nella vistosa giubba color bordeaux.

"Capitano, capitano!" Esclamò con viva ansia ma senza voce. "Abbiamo rilevato un clandestino a b-bordo. E' riuscito a raggiungerci... in volo".

"In volo?!?" Il pirata si girò grattandosi una vecchissima incrostazione sulla tasca sinistra; i suoi occhi avvizziti roteavano nelle orbite dall'incredulità.

"Questa è bella, nostromo, bella davvero! E chi ce lo avrebbe portato, una sirena di passaggio? Via, ha esagerato con il grog, come al solito!"

"Veramente, signore, oggi non ho bevuto, lo g-giuro!" Si scusò quello, grattandosi vecchi rimasugli decomposti di capelli. Dall'aspetto pareva essere in uno stato di decomposizione avanzato, mantenendo appena pochi brandelli di carne sparsi sulla braccia, un solo occhio ammuffito e scarsa peluria. La giubba turchese chiazzata in più punti e abbottonata d'oro e il capello a tre punte ammuffito ne indicavano inoltre il grado di comandante in seconda di quella nave.

"La vedetta ha avvistato chiaramente un oggetto volante non bene identificato dirigersi a poppa". Spiegò. " Si trattava di un corpo metallico, simile ad una freccia d'argento vendicatrice, che ha squarciato la poppa in un poderoso schianto..."

"Ma che ti metti a parlar forbito, per caso? Dovresti essere un tagliagole sanguinario, non un poetucolo azzimato che si ricopre di cipria!"

"Certo, certo, scusi. Volevo dire, comunque, che l'intruso ha sfondato la chiglia di poppa ed è entrato a bordo. E poi, con tutto il rispetto, non ha sentito il tremendo schianto di pochi minuti fa'?"

"Veramente... "Kimimaro esitò, ondeggiando la mascella da una parte all'altra. " Veramente pensavo fosse quell'idiota di Gallon che giocava ancora con i barilotti di polvere da sparo... " Scosse la testa, ignorando il breve momento di imbarazzo.

"Ma ora non ha importanza: nostromo, hai già ordinato ai nostri uomini di setacciare la nave da cima a fondo e stanare quel terricolo?"

"Sì, sì: tutta la nave è in stato di allerta. Non ci impiegheremo molto a catturarlo, capitano".

"Perfetto, nostromo..." Le mani tese a pugni e la mascella spalancata indicavano la soddisfazione che il suo volto defunto non poteva più esprimere. Si voltò dalla parte dell'albero di bompresso e diede piccoli colpi al timone per farlo ruotare.

"Assolutamente perfetto. Sarò un dono meraviglioso al nostro padrone; anche se, magari, potremmo tenerci alcune sue parti per noi. Ad esempio, possiamo strappargli i peli delle ascelle per farci le cuffie da bagno, usare le sue narici come aspirapolvere e il midollo osseo come spugna e..."

"Emmm... capitano..." La voce del nostromo vibrava di preoccupazione.

"Non ora, devo prepararmi psicologicamente alla battaglia. Noi pirati dobbiamo essere al top della forma, sia fisica che psichica, per massacrare e depredare meglio.

Bah... che gentaglia! Dovrei ordinare alla ciurma dei corsi accelerati di galateo del corsaro..."

"Capitano..."

"Non ora, nostromo! Stavo giusto pensando, ora che ci faccio caso, di avere a casa un DVD con tutte le lezioni che un pirata deve prendere per essere degno di questo nome, dal ringhio di lupo di mare alla corretta impugnatura dei boccali di birra con l'uncino".

"CAPITANO!" Il richiamo del nostromo vibrava d'ansia.

Annoiato per la scarsa loquacità del suo luogotenente, Kimimaro si degnò a girarsi, accasciandosi con non curanza sul timone.

"Che c'è, nostromo cosa c'è? EHHH?!?"

Al posto del nostromo si trovava Sasuke Uchiha, che gli puntava contro il collo la lama della Tagliateste e l'occhio dello Sharingan, sfavillante come il sangue vivo. Vedendolo, il corsaro fece un sobbalzo e inciampò all'indietro, facendo cadere il pappagallo dalla spalla. Il pennuto rotolò per un poco a terra, perdendo nugoli di penne e sparando parole che, nella lingua degli uccelli, non dovevano essere proprio cortesi...

"Come diavolo hai fatto ad ar-rivare qui?" Chiese il pirata al compagno di sorte post-mortem. Da come fissava il proprio nostromo che si dimenava intrappolato nel fasciame, era evidente che se la stesse quasi facendo sotto dalla paura. Inoltre la propria veste si era impigliata nei manici del timone, riducendo alquanto la mobilità del capitano e la sua capacità di rispondere ad eventuali attacchi.

Sasuke comprese bene di essere in una posizione di vantaggio, ma anche che era una situazione precaria: udiva già, dalle cabine e dai boccaporti, il marciare secco di tanti scheletri che si affrettavano all'unisono. Doveva agire in fretta, e declamò così nel modo più solenne possibile:

"Io, Sasuke Uchiha figlio di Fugaku, chiedo un discorreré!"

"Eh?" La mancata comprensione dell'ultima parola del nemico superò in Kimimaro la paura. "Che cosa diavolo stai blaterando?"

"Volevo dire blateraré, diré, conversaré..."

Sasuke affastellò una serie di termini che, ricordava bene, avevano una connessione logica con la formula specifica che gli premeva ricordare. Kimimaro reclinò il capo e lo squadrò come un idiota ceffo di terra, ancora incapace di capire cosa diavolo stesse intendendo quel nobile.

La sua espressione confusa si tramutò in un ghigno di trionfo quando vide la propria fidata ciurma circondare il clandestino e udì lo scattare delle pistole puntate contro di lui.

"Ah-ah-ah!" Ridacchiò. "Non importa di cosa tu voglia parlare: ora devi solo preoccuparti a tirare le cuoia, terricolo!"

Sebbene fosse assorto nei suoi pensieri, Sasuke prestava un'attenzione costante al mondo attorno a lui; perciò la frase di Kimimaro scatenò un'associazione di pensieri che non avrebbe esitato a definire come un'illuminazione.

"Parlaré, parlaré! Io richiedo seduta stante le regole del parlaré!" Scandì ogni parola con un tono da oratore.

Nel gruppo di scheletri vi fu un breve scambio di sguardi di sorpresa; immediatamente dopo abbassarono le armi. Uno di loro, più alto della media e con il capo avvolto in una bandana rossa e sgargiante, si fece avanti e parlò tra gli scricchioli delle giunture mandibolari.

"Questo topo di sentina richiede un parlaré, sentito ragazzi!" Seguì una sghignazzata generale, accompagnata dal tintinnio di ossa e cartilagini usurate.

" Il nostro capitano non ha tempo da perdere nello sfidare tutte le scamorze d'acqua dolce chi si azzardano di proporre un parlaré. Se vuoi che la ciurma accetti la proposta, dovrai offrire qualcosa che valga davvero la pena di essere messa in palio per una sfida tra lupi di mare. Quale è la tua posta?"

Il nobile in risposta lasciò cadere la propria lama sul pavimento, che urtò vibrando in modo ovattato. Poi evocò dalla sua tasca magica il proprio arco dorato, alla cui vista gli occhi della ciurma brillarono, e lo accasciò sopra la spada.

"Questo vi basta?" Chiese, mostrando un'assoluta nonchalance.

Dalla ciurma si levarono altri mormorii, e quelli di approvazione erano sempre più numerosi. Come un solo uomo, rivolsero la testa al capitano.

Gli occhi di Kimimaro gli si rivoltarono nelle orbite. Affrontare Sasuke Uchiha in duello, con tutta l'artiglieria pesante che aveva ancora da sfoderare, non era certo da considerarsi una scelta saggia; tuttavia, l'idea di trafugare oggetti magici di simile valore era troppo allettante da farsela scappare senza riflettere accuratamente.

Doveva poi mettere in conto l'onore da bucaniere: per i capitani delle navi rifiutare un parlaré con simili premi in palio era una massima dimostrazione di codardia e inettitudine. E nessun capitano vorrebbe mai apparire codardo di fronte ai suoi uomini.

"Va bene, come capitano della Perla Sporca, accetto il parlaré". Disse. "Possiamo incominciare anche subito a lottare; non appena mi libererò, ti farò vedere come combatte un vero pirata..."

Gli uomini alzarono le sciabole in segno di sfida e si abbandonarono ad un coro di fischi e acclamazioni al loro capitano. Sasuke rimase in piedi a guardare il proprio nemico, scrutandone ogni atteggiamento.

"Allora, capitano, si vuole sbrigare a liberarsi?" Lo incalzò in maniera brusca ma allo stesso tempo educata, come si confà ad un proprio rivale in duello.

"Certamente". Rispose quello, molto più dolcemente di prima, tanto da risultare sospettoso. "Mi lasci solo il tempo di grattarmi da qualche pulce che si è annidata nelle vertebre..."

Da come il pirata aveva abbassato lo sguardo, abbozzando una sorta di ghigno, Sasuke capì di essere caduto in una trappola; subitaneamente la nave incominciò a ruotare in senso orario, dapprima più lentamente, poi in maniera sempre più rapida. La veste del capitano si era attorcigliata attorno al timone, e con gesti repentini Kimimaro impresse buschi movimenti all'imbarcazione.

"Ahahahah!" Sghignazzò, enfatizzando attraverso lo schioccare dei denti. "Spero che ti piacciano le montagne russe, perché queste sono le migliori in tutto il regno!"

Libera nel cielo, la nave si scuoteva come un animale ubriaco, girando su se stessa e rollando. Mucchi di sartiame volarono via, mentre l'equipaggio dovette aggrapparsi agli alberi o ai parapetti per non precipitare nel vuoto.

La manovra aveva messo in ginocchio tutti sulla nave; tutti tranne il bersaglio originario, Sasuke, che si destreggiava sul galeone pericolante danzando con grazia degna di una farfalla.

"Op, op". Saltellò il nobile eseguendo una marcia ginnica. "Però, devo constatare che come esercizio è eccellente..."

Il pirata digrignò i denti dalla collera; avrebbe schiumato dal desiderio di vedere quel ballerino da strapazzo fare un volo di diecimila piedi, se solo avesse avuto gli organi per farlo.

"Ti piace fare lo spiritoso, vero, avanzo di forca? Vediamo se  avrai ancora voglia di ridere, dopo che ti avrà trapanato l'unico occhio!"

Dallo scheletro incominciarono a spuntare delle vere e proprie ramificazioni ossee, simili a sterili arbusti che, però, crescevano spaventosamente in fretta. Le protrusioni forarono la giacca in più punti e si attorcigliarono in una di spessa cotta di maglia di midollo, che proteggeva ogni zona del corpo ad eccezione degli occhi; sulle mani le ramificazioni assunsero una forma più tondeggiante, simulando sempre di più quella di un proiettile.

Imprimendo un'ultima, rapida rotazione al timone, Kimimaro mirò con l'indice al dito di Sasuke e gli sparò contro la pallottola. L'Uchiha evocò uno scudo magico un istante prima che l'attacco lo raggiungesse.

"Hei, non vale!" Kimimaro commentò acido la mossa. "Questa è una violazione del codice della pirateria!"

"Violazione un paio dei miei vecchi stivali Arpiedi!" Gli rispose l'Uchiha, altrettanto stizzito. "Non mi pare che nei vostri duelli pirateschi constano così tante norme; o, almeno non pare che lei sia un cultore del fair-play. Ad ogni modo, regola o meno, come bucaniere è piuttosto scarso, paragonato a certi pirati di mia conoscenza".

"Scarso?!?... Ma ti faccio vedere io come sono scars..."

Non riuscì a terminare la frase: Sasuke era penetrato nelle sue difese con uno scatto fulmineo, cogliendolo completamente alla sprovvista. In un lampo, effettuò un preciso quanto letale affondo di lancia nelle costole dell'avversario.

L'armatura di Kimimaro si rivelò inefficace: l'arma magica di Sasuke stava liquefando le sue ossa come burro. Il panico in lui ritornò più forte che mai, facendogli scampanellare ogni osso in una specie di sorda melodia.

"Hai vinto, hai vinto! Mi mi... arrendo".

Udendo questa ammissione di resa, Sasuke ritirò l'arma magica, soddisfatto. Il pirata crollò sul pavimento in un mucchio di midollo disarticolato, boccheggiando verso il cielo.

I membri della ciurma aveva guardato tutto questo allibiti; colui che aveva parlato la prima volta avanzò un poco dai suoi commilitioni, guardando alternativamente il nobile e Kimimaro con totale stupore.

"Hai... hai vinto. Anzi, ha vinto, signor capitano. Secondo le leggi del mare, la Perla Sporca è sua di diritto, così come le nostre vite! Tre urrà per il nostro nuovo capitano!"

I pirati sguainarono le sciabole e le alzarono verso il cielo per tre volte in guisa di saluta, e per tre volte acclamarono il loro nuovo capitano. Una strana vibrazione ed un senso di calore percorsero lo scheletro di Sasuke: al di là dei vari complimenti ricevuti in questi giorni, un'ovazione era troppo anche per lui.

Non lo fece però vedere, comprendendo che doveva agire, da lì in poi, da vero lupo di mare e non da uno che era quasi affogato nella tinozza cinque volte.

Mostrando un cipiglio estremamente sicuro, si chinò a raccogliere le armi poste in palio; le alzò, trionfante, e l'oro e il l'acciaio brillarono nell'aria tersa.

"Pirati," iniziò il suo primo discorso da capitano "come vostro nuovo capitano, vi ordino di portare Kimimaro nella stiva e di rinchiudervelo. Poi, abbassate il trabiccolo, levate il pappagorgio e cazziate la randa..."

Le teste ciondolanti della propria ciurma, come gli sguardi disperati alla "Non c'è più religione" dei pirati più nostalgici, gli dimostrarono che il linguaggio marinaresco non era proprio fatto per lui.

"Insomma... fate rotta per la tana di Orochimaru... "

"Ci stiamo già dirigendo lì, capitano: il signore della tana ha chiesto a tutta la flotta di tornare alla base". Disse uno.

"Perfetto, continuate per quella direzione, allora".

Improvvisamente, calò sulla nave del grigiore. Dalla coffa la sentinella incominciò a strillare a dare colpi all'albero maestro.

"Roccia! Roccia capitano! Tana di Zarok a sinistra! Tra poco potremo attraccare!"

Sasuke si precipitò sul dritto di prua, sino a sporgersi dall'albero di bompresso, per vedere con i propri occhi il luogo dove si sarebbe svolta la battaglia finale.

Un leggero strato di nuvole contornava il castello, senza tuttavia alterarne la visibilità. Maestosa e silente, la fortezza era molto diversa dallo spoglio e austero castello di Konohamere: la sua forma era irregolare, soffocata da strati da aguzze guglie tortili a contrafforti, assomigliando piuttosto ad un'abbazia progettata da un architetto pazzo.L'ingresso principale era incastrato nelle fauci di un'enorme serpente di pietra, il cui corpo sinuoso risaliva per tutte le mura.

La pietra con cui era stata costruito era di color pece, o comunque molto scuro, poiché tenebre magiche l'avvolgevano; queste, unite la luce rossastra proveniente dalle vetrate, conferivano al tana un'atmosfera estremamente inquietante.

Sasuke ebbe un groppo in gola: l'ora dello scontro con Angmar stava per scoccare, e quella specie di castello degli orrori rendeva il pensiero di combattere lo schizzatissimo signore dei demoni ancora più spaventoso.

Oramai, però, era troppo tardi per ogni ripensamento, troppo tardi per anche per esitare; doveva andare avanti, lottare con tutte le sue forze e la sua anima contro il male più grande che questo regno avesse mai visto, pregare la Luce che quello stramaledetto artefatto mistico da due soldi funzionasse e, magari, chiedere al cuoco una collana di zampe di coniglio...

 

************

 

 

Angolo dell'autore: due capitoli alla fine. Uscito dagli esami, ora debbo radunare in me tutta la inspirazione. Ciao!

  
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