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Autore: direiellie    27/07/2012    3 recensioni
Vecchia fanfiction ispirata al film 'X-Men Le Origini: Wolverine.' (con pochi altri riferimenti agli altri film della saga) che ho deciso di portare avanti dopo un periodo di pausa abbastanza lungo.
Logan & Emily. Quello che ruota fuori e dentro loro lo scoprirete assieme a me.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Quella mattina mi trovavo ai fornelli da una buona mezz'ora e per diversi fattori: la ormai ovvia inesperienza di Logan in cucina, il suo rientro a casa per pranzo e, soprattutto, la mia voglia di calarmi nei panni della cuoca di un tempo. 
Nella mia casa ero solita mettermi alla prova con l'arte culinaria quasi tutti i giorni, mi piaceva farlo ed era una delle cose di cui sentivo più la mancanza. Il top della mia cucina ma soprattutto il forno e i fornelli che lo affiancavano erano molto diversi da quelli su cui stavo martoriando pomodoro, carota e cipolla in questo momento, ma ciò voleva dire mettersi alla prova doppiamente, e con anche lo sfizio di poter curiosare per scoprire dove Logan teneva ogni cosa non ci pensai due volte. La cipolla che soffriggeva aveva il vizio di ipnotizzarmi, per questo riuscivo sempre a bruciacchiarla almeno un po'. Quando i suoi contorni si doravano emanava il suo odore più forte, era in quel momento che la travolgevo con il pomodoro accuratamente tagliuzzato precedentemente. I passaggi che di volta in volta seguivo con qualche accortezza aggiuntiva scoperta all'ultimo momento mi tenevano la mente occupata ed allo stesso tempo erano capaci di svelare il mio piacere in quell'attività. 
Tutto attorno a me veniva ancora scoperto come fosse la prima volta. Mi guardavo intorno ancora così lentamente e come se il mio corpo e la mia mente avessero ormai compreso quello strano modo in cui il tempo non mi rincorreva più, ormai, ma ricadeva su di me con fin troppa abbondanza.
Mentre il tutto cuoceva mi stiracchiai dando le spalle ai fornelli e controllando l'ora. Fuori dalla finestra il bianco della neve copriva ancora gran parte del paesaggio ed il freddo quel giorno era aumentato a dismisura. Per fortuna avevo fatto rifornimento in tempo, pensai, e a quel pensiero mi strinsi a una delle nuove felpe che avevo indosso. Passeggiando tra la cucina e il soggiorno, un po' per abbassare la fiamma del fornello, un po' per fare zapping alla tv, posai lo sguardo su alcuni sigari che Logan aveva lasciato a casa. Ne presi uno che feci rotolare piano tra le dita e che annusai abbondantemente, pensai che era questo sigaro ad avere lo stesso odore di Logan e non il contrario, per sentirmi meno sola. Quell'odore pesante mi portò a pensare a cosa la persona che mi aveva preso sotto la sua ala era davvero in grado di fare, a quello che ancora non sapevo o mi nascondeva, ma non feci in tempo a darmi una delle mie improbabili risposte che sentii il telefono di casa squillare. Una, due, tre volte mentre decidevo se rispondere o fare finta di niente, come la perfetta intrusa che ancora mi sentivo, non muovendomi dalla mia posizione, con ancora il sigaro in mano. Al quarto squillo mi convinsi ad alzare la cornetta, convincendomi che infondo Logan avrebbe potuto aspettare una telefonata importante avendo però scordato di avvisarmi a riguardo, o qualcosa del genere. Problemi inutili, infine, poiché subito dopo aver risposto sentii riattaccare. Con una smorfia di leggero disprezzo posai anch'io la cornetta e corsi a spegnere il fornello e a scolare la pasta. Nello stesso momento in cui una o due gocce di acqua bollente mi colpirono il palmo della mano la porta di casa si spalancò in un tonfo che mi fece sobbalzare mentre mi voltai di scatto lasciando pentole e mestoli dove mi capitò. 
C'era un motivo se il passo pesante di Logan non aveva ancora varcato la soglia facendosi sentire rincasare, non appena piombai davanti alla porta di casa, infatti, ebbi davanti a me il suo corpo che cercava di reggersi ad essa e poi venire verso di me trafitto nel petto in tre punti. Il mio cuore sobbalzò. 
«Oh mio Dio...» al mio strozzato sussurro corsi verso di lui cercando di reggerlo con tutte le mie forze. «Oddio, oddio Logan»
Premevo le ferite per non far sgorgare troppo sangue al di fuori di esse senza avere in realtà la minima idea di quel che stavo facendo, e nel giro di pochi secondi avevo le mani coperte di sangue. Lui non sembrava sentire troppo dolore, al contrario del mio volto che stava assumendo le espressioni più orride. 
«Che cos-» prima che potessi parlare mi zittì, con il viso sempre più tranquillo e privo di dolore.
«Non è niente Emi, non ti spaventare» Emi. Era la prima volta che mi chiamava così, con il mio nome. La sua camicia era a brandelli e sporca di terra e sangue scurissimo, come faceva a non sentire nemmeno il più minimo dolore? 
«Cos'è successo? Cosa diavolo è successo?» nemmeno questa volta riuscii a finire la frase, prima di aggiungere altro venni di nuovo colta di sorpresa. Dove la stoffa era stata crudelmente strappata le ferite inizialmente profonde stavano tornando indietro nel tempo, lasciando posto a un nuovo strato di pelle perfettamente sano e roseo: si stavano rimarginando.
«Non è niente, te l'ho detto, mi spiace averti fatto spaventare» 
Allontanai immediatamente le mie mani dalla sua pelle calda e restai di stucco a fissare le parti del suo corpo ferite tornare come nuove per poi cadere di peso sulla parete dietro di me, mettendomi a sedere sul pavimento, poco lontano da dove Logan era ancora sdraiato. 
«Tu puoi... puoi rigenerarti? Ma come...» 
Stavo fissando le mie piccole mani ancora coperte di sangue così come i polsini della felpa, pensando intensamente a quest'altro potere che la sua natura gli aveva donato. Poteva rigenerarsi. Non riuscivo a crederci ma allo stesso tempo ero quasi estasiata da questa scoperta.
«Mi hanno fatto un'imboscata qua vicino, volevo aspettare di tornare come nuovo prima di entrare in casa, ma non sarebbe stata la scelta migliore.»
Ero quasi sicura stesse ancora a terra per non meravigliarmi troppo mostrandomi la sua agilità anche dopo essere appena stato fatto quasi a pezzi. Lo guardavo dritto negli occhi adesso, cercando di scorgere tutto ciò che non mi stava dicendo. Tutto quell'odore di sangue mi stava nauseando, pizzicandomi il naso insistentemente. 
«Sei stato... ma chi...?» 
Era stato aggredito. Non di certo da un animale. Che cos'era, una sorta di punizione divina per la quale ogni essere umano - o mutante, in questo caso - che mi si avvicinava doveva essere fatto fuori? Non riuscii a trattenere le lacrime. 
«Scu... scusami. Vado in bagno a ripulirmi.»
Mi lavai le mani e fin sopra i gomiti per tre volte di fila per poi sciacquarmi il viso ancora scosso, stropicciarmi gli occhi e guardarmi allo specchio pensierosa. Dalla cucina sentivo Logan trafficare con le pentole che avevo lasciato in giro. Il pranzo, diamine. La pasta che avevo scolato sarebbe stata ormai fredda e poco presentabile, anche se fatta sguazzare nel condimento che, per lo meno, era ancora al sicuro nel suo pentolino con tanto di coperchio. Logan era stato appena aggredito ed io pensavo al pranzo per non pensare invece a quanto questo pensiero mi faceva male. Lo immaginai per un attimo guardare il mio spettacolo ai fornelli e sentii bussare.
«Ragazzina, tutto bene lì dentro?»
Mi sciacquai un'altra velocissima volta e uscii dal bagno, trovandomelo davanti. Scostai subito lo sguardo dal suo per rivolgerlo verso il suo petto, che accarezzai con la mano destra, avanti e indietro lungo i tre punti strappati della camicia.
«Ehi, così mi fai il solletico» la sua bocca assunse una buffa curvatura, prese la mia mano nella sua per portare il mio braccio lungo il mio fianco.
«Logan... chi è stato?» gli chiesi con l'espressione più seria possibile. Lui passò lo sguardo da me al pavimento, sbuffando piano.
«Ti ho già rovinato il pranzo che, nonostante tutto, ha un aspetto delizioso quindi... sediamoci e mangiamo, okay?»
Mi diede un bacio sulla fronte su cui subito dopo poggiò il mento per qualche secondo. Tremai da capo a piedi senza darlo a vedere e senza ribattere rimasi a guardarlo mentre si avvicinava alla tavola già apparecchiata.

 

   
 
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