Ero appena
sceso dal treno e già mi sembrava tutto diverso. Si
respirava un’aria diversa.
C’erano migliaia di persone che si salutavano e che si
abbracciavano. Io, un po’,
ero sollevato dal fatto che non ci fosse nessuno ad accogliermi. Volevo
gettarmi il mio passato alle spalle e nulla mi avrebbe più
fermato.
Uscii dalla
stazione e l’aria di New York mi travolse. C’era
moltissima gente che camminava
sui marciapiedi e tantissimi taxi che passavano sulle strade. In Ohio
non c’erano
mai stati così tanti taxi.
Mi lasciai
trasportare dall’istinto sulle strade di New York. Non sapevo
dove andare. Non
avevo un alloggio, né un posto dove lavorare. Avevo qualche
soldo che avevo
conservato per quel momento da tutta la vita.
Camminai tra
quelle strade, trascinando dietro di me il mio trolley. Osservavo tutto
ciò che
c’era di nuovo in quella città. Mi accorsi che
nessuno guardava l’altro.
Nessuno si lasciava distrarre dalle altre persone che gli passavano
davanti.
Io, invece,
osservavo chiunque. C’erano persone di tutti i tipi.
Sembravano tutte persone
come altre, ma si poteva leggere la loro storia, solo guardandoli negli
occhi. La
persona che più mi attirò fu una ragazza con dei
capelli rosa e un piercing al
naso. Era l’unica che mi aveva guardato sul serio e mi
accorsi che aveva anche
lei una valigia.
Camminai
senza meta, per quasi tutta la mattinata. Quando arrivò ora
di pranzo, però,
dovetti fermarmi. Avevo una fame da lupi ed era dalla sera che prima
che non
gettavo qualcosa nel mio stomaco.
Mi fermai in
un piccolo bar, lì vicino. Entrai facendo risuonare il
campanello sulla porta.
Era un vecchio bar. C’erano molte persone e si sentiva un
chiacchiericcio in
sottofondo. Aveva pochi tavoli, ma parecchi erano già stati
occupati.
Sembrava
carino. Non era grande quanto il Lima Bean, ma sembrava accogliente.
C’erano
dei tavoli rotondi disposti nella stanza. Di fronte alla porta
d’entrata c’era
un bancone di legno, non molto lungo. Dietro il bancone c’era
un ragazzo. Aveva
dei profondi occhi azzurri e dei capelli biondi molto appariscenti.
- Salve.
– dissi io, imbarazzato. Il
ragazzo mi offrì uno sguardo cordiale e mi sorrise. Dovevo
ammettere che era
molto carino e sembrava anche molto giovane.
- Cosa
posso darle? – mi chiese, con il
sorriso ancora stampato sul volto.
Guardai un
po’ alle sue spalle. C’erano bottiglie di drink di
tutti i tipi. Alla sua
sinistra c’era la macchina per il caffè, mentre
alla sua destra, sul bancone, c’erano
degli stuzzichini.
- Un
cappuccino medio e qualcosa da mangiare.
Scelga lei, basta che ci sia della cioccolata. –
risposi con un sorriso.
Lui annuì e attraversò la porta, entrando nella
stanza non molto lontana da
lui. Diedi un’occhiata in giro, mangiucchiando qualche
stuzzichino. Non c’era
nessuna persona interessante.
- Sono
tre dollari e cinquanta. – mi disse
il ragazzo, spuntando alle mie spalle. Sobbalzai e mi voltai verso di
lui.
Annuii e presi il portafogli, per prendere i soldi. Nel frattempo, il
ragazzo
mi aveva messo sul bancone il cappuccino e un croissant al cioccolato.
- Tenga
il resto. – gli dissi,
porgendogli la banconota da cinque dollari. Il ragazzo mi sorrise e
prese i
soldi, mente io presi la mia ordinazione. Presi il trolley, che avevo
appoggiato al bancone e andai a sedermi in uno dei posti liberi. In
effetti,
ero un po’ stanco.
Mi guardai
intorno e vidi che ormai erano finiti tutti i posti. Diedi un morso al
croissant. Era buono. Quella non sembrava vera e propria cioccolata.
Aveva più
il sapore… della Nutella! Certo, come avevo fatto a non
capirlo. Era così
evidente.
Sentii il pezzo
di croissant scendere lungo il mio esofago e un senso di sollievo si
espanse
sul mio corpo. Non sopportavo l’idea di non mangiare per
troppo tempo e, poi,
quella Nutella non poteva non farmi bene.
Senza
accorgermene, avevo già finito il mio
“pasto”. Era stato delizioso, anche se
troppo breve. Feci un sorso del mio cappuccino e fissai lo sguardo su
una
ragazza, non molto lontana dal mio tavolo, dai lunghi capelli scuri.
Era al
tavolo, con un’altra ragazza dai capelli biondi e gli occhi
azzurri.
Il mio
sguardo si spostò sulla porta, da dove era entrato un
ragazzo che aveva fatto
un cenno di saluto al ragazzo del bar. Forse, si conoscevano. Si
guardò
intorno. Sembrava molto stanco. Riuscivo a vederlo solo di profilo, ma
già mi
sembrava molto carino. Aveva i capelli di un marrone molto chiaro,
quasi
biondo.
- Sam,
hai finito tutti i posti? Io non
vedevo l’ora di sedermi un po’. –
esordì, accasciandosi sul bancone. La
scena mi fece ridacchiare. Il ragazzo al bancone, Sam, lo
guardò con uno
sguardo dispiaciuto e gli diede una pacca sulla schiena.
Io guardai
il mio cappuccino. Era quasi finito. Forse, potevo vedere il posto a
quel
ragazzo, che sembrava avesse bisogno urgentemente di un posto dove
sedere.
Mi alzai e
mi avvicinai al ragazzo.
- Io
stavo per andare
via. Se vuole, può sedersi al mio posto. –
gli dissi, con un sorriso
stampato in faccia. Lui si alzò dalla strana posizione con
cui si era
accasciato sul bancone e mi guardò. Aveva degli occhi
bellissimi. Sembravano
azzurri, ma avevano anche una sfumatura di verde e forse, anche qualche
sfumatura di grigio.
- Davvero
lo farebbe? –
mi chiese, con gli occhi pieni di speranza. Il mio sorriso si
allargò ancora di
più e annuii.
- Certo.
Lei sembra molto
più stanco di me. – gli dissi io e lui
quasi mi saltava addosso, per
ringraziarmi, ma si limitò a sorridermi e a ringraziarmi.
- Bhe,
io vado.
Grazie, Sam? – chiesi io e lui mi annui
sorridente, mentre l’altro ragazzo
salutò il barista e andò a sedersi al mio vecchio
posto. Forse, ci sarei
ritornato lì.
Mi ritrovai di
nuovo solo, tra le strade di New York, senza
una meta. Camminai ancora un po’ tra le strade, osservandomi
intorno. Dopo un
po’, trovai un hotel sulla strada. Non sembrava molto
costoso, ma neanche molto
scadente.
Entrai.
Era… stupendo. C’erano dei lampadari bellissimi
che
brillavano alla luce del sole. C’era un bancone lunghissimo
davanti all’entrata
e un altro, alla mia sinistra dove c’erano sopra tantissimi
computer.
Doveva essere
molto costoso e, di certo, non avrei potuto
permettermelo, ma provare non nuoce, no? Mi avvicinai alla ragazza,
dietro al
bancone. Aveva dei lunghi capelli castani e gli occhi dello stesso
colore.
- Scusi?
–
attirai, subito, l’attenzione della ragazza, che mi rivolse
un sorriso.
Sembravano tutti molto gentili in quella città. Avevo
conosciuto solo tre
persone e sorridevano tutte. I miei pensieri furono disturbati dalla
ragazza,
che mi chiese in come poteva aiutarmi.
- Volevo
sapere quanto
costa una stanza. – risposi io. Lei mi sorrise
ancora di più e mi disse di
aspettare un momento. Annui e aspettai la ragazza, che frugava tra dei
fogli
che aveva davanti a lui.
- Per
quanto tempo? –
mi chiese la ragazza. Io mi feci qualche calcolo e stabilii che non
potevo
saperlo. Ero senza casa e senza lavoro.
- Non
lo so,
precisamente. Una settimana? – chiesi, come se
dovesse lei dirlo a me. Lei
mi sorrise e guardò su uno dei fogli, che aveva preso
precedentemente.
- Per
una settimana, dovrebbe
costare circa cento dollari al giorno. – mi
rispose lei. In tutto sarebbero
stai settecento dollari. Mi aspettavo molto di più, da quel
posto così elegante.
Ci pensai un po’ su e poi accettai.
- Bene.
Visto che non
sa precisamente per quanto tempo deve restare, può anche
pagarmi giorno per
giorno. – mi disse cordialmente. Io annuii e gli
diedi i primi cento
dollari. Lei mi diede le chiavi. Era la camera numero 105.
- Salga
al secondo
piano. È la terza stanza a sinistra, dopo
l’ascensore. – mi spiegò. Io
annuii e andai nella mia nuova stanza.
Salii con
l’ascensore al secondo piano e, come aveva detto la
ragazza, la mia era la terza stanza a sinistra.
Entrai nella
stanza. Era molto carina e accogliente. C’era un
piccolo armadio, a sinistra della porta. Di fronte
all’armadio, c’era un letto
matrimoniale con accanto un comodino. Alla sinistra del letto,
c’era una
finestra che dava sulla strada, mentre alla destra, c’era
un’altra porta che
dava sul bagno.
Sistemai le cose
del mio trolley nella stanza e, dopo, mi concessi
una bella doccia. Ne avevo proprio bisogno. Proprio, come avevo bisogno
di una
casa. Forse, un coinquilino. Ma come avrei potuto pagare
l’affitto? Avevo
bisogno anche di un lavoro.
Era stata una
pessima idea andare a New York, alla
sprovvista, ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di lasciarmi tutto alle
spalle.
L’Ohio era diventato troppo per me. Non ne potevo
più di rimanere lì.
Mi misi
l’accappatoio e mi gettai sul letto, che non avevo
ancora provato. Strano. Feci una rincorsa dal bagno e mi gettai sul
letto. Era
morbidissimo. Ci potevi sprofondare dentro. Mi sdraiai e osservai il
soffitto.
Poi, presi il computer, che era rimasto nel mio trolley, e iniziai a
scrivere
un biglietto per cercare un coinquilino. Scrissi tutto molto
chiaramente. “Ragazzo diciottenne
cerca casa.
Possibilmente, con un coinquilino.” Aggiunsi il
numero di cellulare e
salvai il file sulla mia pennetta USB. Avevo intravisto una stampante
al
bancone dei computer.
Scesi e cercai
la stampante. Accennai un saluto alla ragazza
della reception e mi diressi al banco dei computer. Connessi la
stampante al pc
che stavo usando e stampai una dozzina di fogli, con sopra
quell’annuncio.
Dovevo trovare
dei posti dove attaccarli, però. Nell’hotel
c’era
una bacheca.
- Scusi?
– attirai
di nuovo l’attenzione della ragazza, che stavolta era di
spalle. Lei si girò e
mi guardò con lo stesso sorriso di prima, che ricambiai.
- Mi
dica.
- Potrei
attaccare quest’annuncio,
nella bacheca? – le chiesi, indicando i fogli che
avevo tra le mani. Lei ne
prese uno e lo lesse. Sorrise e me lo ridiede.
- Certo.
Buona
fortuna. – mi disse, sorridendo. Io la ringraziai
e attaccai l’annuncio.
Successivamente,
uscii e chiesi in un bel po’ di bar, se
potevo attaccare l’annuncio. In meno di mezz’ora,
avevo già consumato quasi
tutti i fogli. Erano anche in zone diverse, quindi c’erano
più possibilità. Ne
attaccai uno, anche nel bar di Sam.
Si era
già fatta sera,
così decisi di tornare nell’albergo e vedere
qualche film. Prima, però, mangiai
qualcosa a un bar lì vicino. Nulla di speciale. Un
cappuccino medio, come al
solito, qualche biscotto e qualche muffin al cioccolato, ovvio.
Dopo la
“cena”, tornò in albergo e si
addormentò davanti al
pc, che trasmetteva ancora Hunger Games.
Note
Salve a tutti!!
Per chi non mi
conosce, io sono Kekkafox e sono una Klainer per eccellenza. Mi piace
scrivere
e leggere le ff. Anche perché, mi piacciono le idee degli
altri, che sono
sicuramente migliori delle mie.
Starete dicendo,
ok non me ne
frega niente. Comunque, vi presento la mia nuova storia Klaine, ovvio.
La
storia sarà sempre raccontata dal personaggio principale,
che in questo
capitolo non ho nominato. Ma, vabbè, si capisce, no?
Cappuccino medio, gli
piace la cioccolata.
Ho
già fatto comparire alcuni
personaggi dello show. Anche se, non ho detto niente.
Anche se state dicendo, non ce ne frega un cavolo, io vi dico i
personaggi “nascosti”:
la ragazza dai capelli rosa e il piercing al naso, Sam credo che si sia
capito,
la ragazza dai capelli scuri al tavolo con quella dai capelli biondi e
gli
occhi azzurri, il ragazzo a cui il nostro personaggio cede il posto
(questo
personaggio è davvero facile) e la ragazza della reception.
Ok. Beh, spero
che questo inizio
vi sia piaciuto. Sappiate che le recensioni sono ben accettate (e certo
xD),
anche le negative. Fatemi sapere cosa ne pensate. Ditemi anche
semplicemente “fai
schifo” oppure “ritirati” o altro.
Ora scappo. Ho
già detto troppo e
forse, in questo momento, mi state anche odiando. Vi capisco, sono
molto
irritante.
Gay bye.
Cioè, volevo dire Bye
Bye. (si capisce che adoro Santana?)