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Autore: Aura    29/07/2012    1 recensioni
Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno; era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché, per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore, non chi sta per esprimerlo.
Questa storia ha partecipato al contest Not My Character, bitch! indetto da Avalonne sul forum di EFP classificandosi terza e vincendo il premio "miglior coerenza narrativa"
Genere: Avventura, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Non riuscì a chiudere occhio, non appena si fece l'alba si vestì e uscì dal dormitorio.
Mentre camminava per i corridoi, illuminati dalla tenue luce del primo sole del mattino, si scoprì ansiosa di odorare, ascoltare e guardare ogni piccolo particolare, per quanto insignificante: i suoi sensi sembravano quasi ebbri dal ritorno alla vita, se non avesse avuto una meta importante si sarebbe fermata ad ogni passo, per ammirare ogni piastrella che le si parava davanti agli occhi.
Ma aveva una meta, e doveva anche rifinire la sua scusa prima di arrivarci: che cosa poteva inventarsi, per ottenere di uscire dal castello? Alla preside McGranitt?
Come poteva trovarne una all'altezza della realtà? Era assolutamente necessario per lei assicurarsi che Fred fosse vivo, avere la certezza che quello che ricordava era la realtà. Era assolutamente necessario vederlo.
Si sentiva una stupida, lei, Hermione, che andava dalla preside a chiedere un permesso per uscire dal castello, in un giorno di lezioni: era totalmente folle, anche il suo desiderio era altamente improbabile, per usare un eufemismo; eppure nonostante non riuscisse ad esprimerlo la parte più profonda di sé lo concepiva come vitale, e la spingeva a continuare a camminare.
- Buongiorno, professoressa. - Esordì, entrando nell'ufficio.
Minerva McGranitt sollevò lo sguardo dalla scrivania, e la guardò attraverso gli occhiali, osservando i suoi movimenti con attenzione, come se in qualche modo già sapesse che era una visita particolare.
- Buongiorno signorina Granger, si accomodi, prego. - le disse, indicandole la sedia di fronte alla sua scrivania.
Hermione prese tempo, sedendosi con misurata lentezza, cercando nel frattempo di decidere quale fosse il motivo più importante a cui avrebbe potuto appellarsi per ottenere il suo permesso;
- Mi scusi per l'ora, ma immaginavo di trovarla già sveglia. - Inspirò, - Avrei bisogno che oggi mi esonerasse dalle lezioni, e che mi dia il permesso per uscire da Hogwarts: devo tornare a casa. - le disse poi, guardandola negli occhi.
Meglio non specificare nessun dettaglio, dal momento che nessuno le pareva affidabile.
- Sa bene che mi è impossibile, a meno che non mi fornisca un motivo valido.
Cercò di non mordicchiarsi le labbra, mentre la preside declinava la sua richiesta,
- Devo vedere una persona che è stata in punto di morte, - disse, provando ad omettere il chi e il quando, - e assicurarmi che stia bene.
Sentì lo sguardo indagatore della professoressa McGranitt su di sé, e cercò di sostenerlo, fissandola di rimando, senza abbassare gli occhi nemmeno per una frazione di secondo.
- Mi sta chiedendo molto, immagino che lo sappia. - osservò.
Stava vagliando la sua decisione, Hermione Granger era una studentessa maggiorenne, e quindi non le sarebbe stato necessario ottenere una richiesta da parte dei genitori; d'altra parte era una richiesta inusuale, specialmente per lei.
Giunse le mani, sospirando,
- Immagino che sia importante, dal momento che si è presa la briga di venirmelo a chiedere. Mi aspetto che ripaghi la mia fiducia, e che torni in orario per il coprifuoco: le regole rimangono tali, anche se oggi non partecipa alle lezioni. Le ricordo che è un'occasione eccezionale, e che non sarà dispensata dai compiti.
Hermione rilassò le spalle,
- Grazie, professoressa, tornerò in tempo: ha la mia parola. È veramente importante. - aggiunse, prima di congedarsi.

Oltrepassò Gazza, che la fissava con aria deplorevole forse pensando che la Umbrige non lo avrebbe mai permesso, e si incamminò verso Hogsmead; da lì avrebbe raggiunto la Tana.

Era molto presto, e nonostante le seccasse essere scortese presentandosi a quell'ora immaginò che era meglio farlo quando erano tutti riuniti al tavolo della colazione, Fred compreso.
Si avvicinò alla porta d'ingresso, sentendo le voci ovattate dall'interno: c'era allegria.
Non quella che avevano imparato a ricostruire, era vera, era l'atmosfera della Tana.
Ritirò la mano pronta a bussare, meditando se quell'indizio non potesse esserle sufficiente: forse, prima di affrontare Fred, avrebbe potuto chiarirsi con Ron, con calma...
La porta si aprì, impedendole di scegliere,
- Hermione, - la salutò la voce di uno dei suoi migliori amici, - che ci fai qui? Ehi, - gridò poi rivolto agli altri, - guardate un po' chi ha marinato la scuola: Hermione!
Le era mancato, le era mancato terribilmente: ad occhio e croce era vissuta più di un anno senza vederlo. Si ritrovò ad abbracciarlo, felice,
- Ron, come stai?
Nel frattempo gli altri membri della famiglia attualmente in casa si erano affacciati: Molly, Arthur, e George, pronto per andare al lavoro; e accanto a lui, Fred. Incontrò il suo sguardo mentre era ancora abbracciata a Ron, ed ebbe un tuffo al cuore, si sciolse dalle braccia dell'amico cercando di non mettersi a piangere.
- Io sto bene, tu, piuttosto? Come mai non sei a scuola? - le stava chiedendo: una scusa alla quale non aveva pensato.
Fece scorrere di nuovo lo sguardo su tutti, solo per avere il pretesto di guardare nuovamente Fred;
- Ecco, - tentennò, - in realtà la preside temeva che il troppo studio mi stressasse, così mi ha lasciato un giorno libero e ho pensato di venire a trovarvi, non vorrei disturbare. - Una vera stupidaggine, specialmente per chi conosceva la McGranitt.
Molly l'abbracciò,
- Sciocchezze cara, sai che qui sei sempre la benvenuta. Hai fatto colazione? Fatele posto, su: deve mangiare. Ginny come sta, studia vero?
La spinse con la sua pratica dolcezza materna verso il tavolo della cucina, mettendole davanti un piatto colmo. Hermione sorrise,
- Non volevo disturbare, Ginny sta benissimo. - le assicurò, lanciando un'occhiata a Ron, che si stava sedendo accanto a lei. - E Harry?
- Come al solito, poi se vuoi andiamo a trovarlo, - le rispose lui, afferrando un'altra pagnotta.
Molly lo guardò,
- Scusa, ma tu non stavi uscendo? - gli chiese.
- Mamma! - si difese lui, con la bocca piena, - Hermione è venuta a trovarci, ci posso andare dopo, o un altro giorno!
Tutti avevano ripreso a mangiare, Hermione guardò il tavolo dove si intrecciavano le mani che prendevano la caffettiera e la rimettevano a posto, o un'altra porzione di marmellata.
Sollevò lo sguardo, guardando Fred: sembrava di fretta, lui e George probabilmente dovevano andare ad aprire il negozio.
Perché lui non la guardava?
- Tutto bene, cara? - la pungolò Molly, notando che non stava mangiando. Fred si girò automaticamente verso di lei, incrociando il suo sguardo prima che rispondesse a sua madre,
- Certo, - le assicurò, mostrandole che beveva una tazza di caffè.

Con la tazza a coprirla lo spiò, scoprendolo ancora a fissarla.
George lo stava chiamando,
- Avanti, - gli disse, - a lavorare. Ciao Hermione, passi a trovarci dopo?
Si alzarono, infilandosi le giacche appoggiate agli schienali delle sedie,
- Sicuramente, - gli assicurò, cercando ancora con lo sguardo Fred, - ovvio che vengo a trovarvi.
George raccolse il suo apparente entusiasmo con un espressione soddisfatta, mentre Fred sembrava pensieroso.

Finita la colazione anche Arthur si congedò, diretto al Ministero, e Molly cacciò lei e Ron via dalla cucina, dicendole che doveva godersi il suo giorno di vacanza e che ci avrebbe pensato lei a riassettare.
Rimasti soli sentiva uno strano imbarazzo: sapeva di dover affrontare l'argomento il prima possibile, e non sapeva da che parte iniziare; fu forse la prima volta in cui benedì la reticenza di Ron verso il contatto fisico: sarebbe stato solo tutto più difficile.
Guardò fuori dalla finestra,
- Andiamo a fare un giro? - gli propose.
L'aria era fredda, ed Hermione era ancora abbastanza disorientata: sentiva il profumo della libertà, dopo le diverse prigionie che aveva vissuto.
Arrivarono allo stagno, e si sedette su un masso accanto alla riva, aspettando che lui la raggiungesse.
- Senti, - esordì, mentre cercava le parole adatte.
- Lo so, Hermione: dobbiamo essere stati pazzi, è tutto diverso ora.
Lo guardò, stranita,
- Stiamo parlando della stessa cosa?
La domanda mandò in confusione Ron,
- Beh, ma tu di che cosa stavi parlando? - Il sorriso spaccato a metà sul viso di Hermione però gli fece capire che non era lontano dalla verità, - Di
noi, ovvio. - Disse per entrambi, poi.
- Pensavo fosse una cosa momentanea: dopo tanto tempo ad aspettarci non credevo che questa sensazione di sbagliato durasse. - disse Hermione, cercando di riportare alla memoria i sentimenti passati, quelli che un anno prima avevano iniziato a farla dubitare.
- Sembrava funzionare, - concordò lui, - ma forse eravamo troppo convinti, per questo ci abbiamo messo un po' ad accorgerci che non proviamo quello che dovremmo. - Osservò.
Era vero, ma era giusto in parte: era così prima. Davvero poteva mentire al suo migliore amico?
Chiuse gli occhi, portandosi le mani alle tempie,
- Ron, - lo fermò, - sono innamorata di Fred. - disse tutto d'un fiato. Prima di poter cambiare idea.
- Fred? - le chiese, dopo qualche attimo di secondo, come se pensasse di non aver capito bene. Raccolse il suo silenzio come una conferma, - Fred.
Dopo qualche minuto, quando ormai la notizia si era sedimentata, Hermione aprì gli occhi.
- Come l'hai presa?
- Fred, diamine. Non lo so, è strano: non ho mai pensato che...
- No, infatti. È complicato Ron, non è il caso di parlarne ora.
Lui si alzò,
- Sei mia amica Hermione, anche per me è meglio lasciarsi, ma forse non è il caso di parlarne per un po': è troppo strano.
Si allontanò, senza aspettarla, implicando che per il momento era strano anche parlare con lei.

Rimase ad osservare l'acqua dello stagno, le increspature che il vento provocava sulla superficie.
Era successo tutto così rapidamente, si chiese se non fosse stata frettolosa: qualche ora prima era in un limbo temporale e ci era rimasta per mesi, appena tornata era corsa lì.
Si era imposta, come prima cosa, di risolvere con Ron: voleva avere la coscienza pulita, voleva poter guardare Fred a testa alta, ora che ne aveva l'occasione; in passato aveva avuto l'attenuante che non poteva, e ora che ne aveva la possibilità doveva mettere quella cosa al primo posto.
Aprì la borsa, estraendone la sfera con Westminister, la agitò e la posò sul sasso accanto a sé, guardandola: d'altra parte, il vero motivo per cui era corsa lì in fretta e furia, era perché voleva vedere Fred.
Riusciva a sentire ancora la sensazione di quando l'aveva rivisto, poco prima: incredulità e certezza, aveva smesso di vivere e nello stesso tempo ricominciato una nuova vita.
Erano nel presente ora, davanti a loro c'era solo il futuro, nessun ostacolo più li divideva.
L'aveva visto, ora aveva bisogno di guardarlo.

Arrivò a Diagon Alley, indugiando sul marciapiede davanti al negozio. Spiò dentro alla vetrina, Fred sembrava intento ad illustrare a un ragazzo lo scaffale delle novità; ammise che c'era qualcos'altro a turbarla: non lo aveva capito. Fred l'aveva guardata, quella mattina, ma per lo più le era sembrato come distante. Vide che il ragazzo si stava avviando alla casa, Hermione entrò nel negozio, annunciata dal suono del campanello sulla porta.
- Allora sei venuta, - l'accolse George, - e nostro fratello dove lo hai lasciato?
Lei guardò in direzione di Fred, chiamandolo con lo sguardo; lui si avvicinò,
- Mi prendo una pausa. - disse al fratello, facendo a lei cenno di seguirlo.
Su, nello studio, nella casa di Hermione.
Si guardò intorno, mentre non perdeva di vista lui.
- Sei tornata. - notò.
- Lo hai capito subito?
- Immediatamente. Come è andata con l'aragosta? Dove lo hai lasciato?
- L'ultima volta che l'ho visto eravamo allo stagno, vicino alla Tana: gli ho detto... - era incerta, gli aveva detto una volta di amarlo ma in un altro contesto, in un altro tempo. - di te. - Riprese, - Ron non ha reagito male, ma mi ha fatto capire di aver bisogno di un po' di tempo per digerire la notizia.
Fred scrutò il suo viso,
- Che cosa gli hai detto
di me, di aver vissuto un passato in cui io ero morto e di essere tornata indietro per salvarmi la vita?
Sentiva i suoi occhi puntati su di lei, era a disagio: percepiva che Fred era innervosito, e non riusciva a capire perché, d'altro canto sentiva il vero significato della domanda.
- Gli ho detto che sono innamorata di te. - Gli disse allora, senza giri di parole.
La fronte di lui si spianò un poco, ma era ancora distante,
- Quando ho aperto gli occhi ti ho cercata, ma tu non c'eri: non esistevi, era come se non fossi mai esistita. Tutti avevano la sensazione di scordarsi qualcosa, ma non ti ricordavano. - le disse, grave. - Io invece ti ricordavo perfettamente, non ho creduto un solo secondo di essere diventato pazzo: ho capito a che cosa eri andata incontro, per fare di testa tua e salvare me, e credimi se ti dico che sono andato molto vicino ad odiarti. - Hermione abbassò lo sguardo, colpevole: ecco cos'era successo quando era finita nella dimensione atemporale. - Poi, un giorno, sei ricomparsa: fisicamente e nella mente di tutti, era come se non fossi mai andata via: ma eri diversa; Ron diceva che eri inconsolabile e non capivi come mai: tra tutti eri quella che sentiva di più il lutto, ma senza capire il perché, senza sapere chi era chi ti faceva tanto soffrire.
- Ero la io del passato, e tu eri vivo: ecco perché non sapevo per chi soffrivo. - Capì Hermione. Forse era stato quel momento in cui era stata decretata salva, quando Silente era venuto da lei: una parte del suo spirito era tornata a vivere, ma doveva aspettare il giorno in cui aveva fatto l'incantesimo prima di ricongiungersi a quella parte, e tornare definitivamente.
- Ciò non toglie che non ne ero certo felice: sapevo che era colpa mia, e non sapevo che ne sarebbe stato di te, fino a stamattina.
- La storia si è compiuta, e io ho resistito all'inedia della bolla temporale in cui sono stata da dopo la battaglia a ieri: ecco perché ho potuto tornare.
- Perché proprio io, Hermione? Perché non dare almeno un genitore a Ted? Perché non chiunque altro?
Capì: lui sentiva su di sé la colpa di quella vita.
- Perché per me il mondo non era lo stesso senza di te. - gli disse, semplicemente. - E, Fred: non rimpiango nulla.
Lo disse con sincerità, con tutto il suo cuore: nonostante tutto, nonostante ancora sentiva il peso degli attimi che aveva vissuto, non lo avrebbe mai rimpianto.
- Impareremo insieme come vivere ancora. - Aggiunse, prendendogli la mano.



Fred non aveva detto niente, ma quelle parole avevano fatto scattare qualcosa in lui, come se avesse deciso di metterle in pratica, onorando quello che Hermione aveva fatto per lui e al tempo stesso salvandola dalle conseguenze della sua stessa magia.
Il sabato successivo era rimasta in camera, a studiare, quando un gufo le aveva recapitato un suo biglietto: la aspettava ad Hogsmead e si stava annoiando.
Il primo indizio di una normalità che stava cercando di tornare, sul momento sorrise ma non ci diede più di tanto peso; si vestì e lo raggiunse.
Insieme passavano momenti in cui era più semplice vivere: la gioia nel vederlo, sentiva il cuore battere e ricordava i momenti passati insieme; d'altra parte erano solo più consapevoli, uno promemoria dell'altro, di quello che era successo.
Era lei, a incupirsi: lo guardava cercando di individuare un'ombra nei suoi occhi, per poi colpevolizzarsi; nonostante al tempo stesso fosse grata della sua presenza. Fred forse lo indovinava, perché riusciva a distrarla e a farle sbocciare una risata, sempre.
Lo guardò, un sabato pomeriggio, vedendo semplicemente il solito Fred; eppure il ricordo di quando lo aveva rivisto era ancora molto forte in lei, per poter dimenticare la maledizione che temeva pendesse sulla sua testa: quella della moglie del secondo fratello Peverell.
Al tempo stesso, nonostante questi buchi nella sua coscienza, quando incrociava il suo sguardo non poteva fare a meno di sentirsi grata per la sua presenza, e incredula di essere riuscita a sconfiggere il destino, riprendendolo.
Stavano camminando sulla neve, come uno dei tanti sabati in cui si vedevano,
- Quindi per Natale vieni alla Tana? - le chiese.
Hermione tentennò,
- Non lo so se è il caso: non vedo Ron da quando ci siamo lasciati. - gli ricordò.
- Viene anche Harry, e per Ron non preoccuparti: rimanete pur sempre amici.
Sospirò, pensandoci: in fondo nonostante passassero ogni momento libero insieme tutto sommato lei e Fred non erano una coppia, quindi non aveva motivo di esserne preoccupata nei riguardi di Ron. Nonostante quello che provava.
Scrollò le spalle,
- Forse sarà l'occasione per riconciliarci. - osservò.
Fred aveva annuito soddisfatto, poi l'aveva presa per mano, guidandola verso la fine della via, dove era radunato un gruppo di persone. Avvicinandosi sentirono una musica leggera venire da lì, Hermione fece per rallentare ma lui non glielo permise, tirandola,
- Che cos'hai in mente? - gli chiese, nascondendo una risata, mentre lo vedeva puntare verso il centro di quel capannello, dove alcuni ragazzi stavano ballando.
Conosceva quella melodia, l'aveva sentita anche al matrimonio di Bill e Fleur, ma la conosceva fin da bambina; era uno dei pochi pezzi babbani di cui la comunità magica si era impossessata, e non faticava a capirne il perché: come le disse una volta sua madre, quando era bambina e camminavano insieme per le vie parigine, in vacanza, era
la canzone per eccellenza.
Non conoscevano le parole, o forse non gli importava cantarle, ma la musica era quella.
Fred l'aveva tirata a sé,
- Spero che tu sappia ballare meglio di come pattini. - le disse, poco lealmente, iniziando a guidarla.
Hermione superò l'imbarazzo,
- Vicktor Krum sapeva farmi ballare bene, - osservò, con un'accennata provocazione.
E Fred, sempre poco lealmente, fece in modo di farle dimenticare quel ballo lontano: aiutato dall'atmosfera surreale che la neve donava a quel momento, con il suo modo di fare quasi impertinente, continuò a farla ballare, fissandola negli occhi impedendole di guardare altrove.
La musica sfumò, attorno a loro sentiva le risate provenienti da qualcuno che probabilmente osando un caschè era finito tra la neve, ma erano lontane. Continuando a guardarla le prese la mano, e si incamminarono.










Nda: Penultimo capitolo, ormai manca solo l'epilogo.

La canzone che Hermione sente ad Hogsmead, mi sono presa una licenza letteraria dicendo che i maghi si sono impossessati di quella musica babbana, sarà svelata nel prossimo capitolo, e quando capirete qual'è credo che nessuno penserà che sono stata troppo esagerata in questo mio viaggio di fantasia in quanto è un classico; ma la cosa curiosa è che il testo è terribilmente adatto a loro due.
Mi  dispiace vedere che non recensite più, tengo molto a questa storia e immagino che sia perché non è proprio semplice e lineare; d'altra parte nasce per un contest e la situazione lo richiedeva, vedo che comunque continuate a leggerla e sappiate che sono ben accette anche le critiche.

Buona domenica a tutti!

   
 
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