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Autore: vul95    30/07/2012    1 recensioni
-Oh, dai, è solo per passare un po’ il tempo! Vai giù, spaventi qualcuno, e torni su! Sai che ci vuole!- borbottò Atsuya, alzando gli occhi al cielo.
-Ok, vado.- lo interrupe Hiroto, battendo un piede a terra.
L’altro sgranò gli occhi -… Eh?-
-Vado giù ho detto!- ribadì l’amico, cominciando a camminare –Ti dimostrerò il mio coraggio!- esclamò convinto, accelerando il passo.
Atsuya allungò una mano –No. Aspetta. Ehi, Hiroto, non vorrai mica...- ma non fece in tempo a dire altro, perché il rosso, dopo avergli fatto una gran bella linguaccia e aver incrociato le braccia al petto, sparì, accompagnato da un sonoro “POFF”.
-Ok, sono morto. Morirò.- si disse tra sé e sé il piccolo con i capelli rosati, quasi incredulo, prevedendo già la sua punizione –... Di nuovo.- aggiunse, e si schiaffò una manata in fronte.

*
Cosa potrebbe mai accadere se, lassù, qualche spiritello annoiato dalla solita routine, decidesse di scendere tra i vivi per divertirsi un po'?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Xavier/Hiroto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Queste Inaspettate Apparizioni

Il Piccolo Spirito dai Capelli Rossi

Poltergeist 5
Ovvero: E' probabile che sia il mondo, a volermi diviso in due


Hiroto-kun non ebbe bisogno di guardarsi allo specchio per capire quanto fosse sbiancato.
Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di vedere Hitomiko, in quel momento. In quel periodo.
Sua sorella maggiore continuava a guardare lui e Ryuuji interdetta, in attesa di risposta.
Ma Hiroto-kun in quel momento non aveva parole per rispondere. Era bastato un attimo di stallo ed il suo cervello si era riempito di miliardi di pensieri, il suo stomaco si era annodato, stringendolo in una morsa che lo faceva sentire male.
Hirocchan. Dov’era Hirocchan? Voleva controllare, voltarsi, ma non ne era in grado, non riusciva a muovere un muscolo.
-Allora, finalmente Reina vi ha tagliato la lingua?- Hitomiko inarcò un sopracciglio, entrando nella stanza.
Suo fratello minore percepì distintamente Midorikawa raddrizzarsi di fronte alla donna e schiarirsi la voce, in imbarazzo –Ciao, Hitomiko.- lo sentì dire a mezza voce –Tolgo il disturbo. Scusa…- lo vide mentre tentava di passare oltre la porta, ma la più grande lo fermò.
-No, devo parlare con voi.- esordì, e Hiroto-kun utilizzò quel poco tempo per ridarsi un contegno e voltarsi, cercando con lo sguardo verde qualche traccia del fantasma.
Ma Hirocchan non c’era più.

-Con noi?- Midorikawa si indicò, mentre Hitomiko guidava lui e Hiroto-kun lungo il corridoio, verso un salottino vuoto. Uno di quelli in cui di solito si parlava con le coppie che decidevano di adottare qualcuno, anche se lì al Sun Garden, dopo l’arrivo del Signor Kira, erano diventate stanze vuote ed inutilizzate.
Hiroto-kun era a disagio. E non perché dopo aver appena litigato con Ryuuji si ritrovava costretto a starci insieme (anzi, magari era anche un’occasione per rimettere le cose a posto, anche se non aveva idea di come né la forza psicologica di affrontarlo), bensì perché non riusciva a togliersi quel groppo in gola che lo soffocava.
Doveva trovare Hirocchan. Avrebbe parlato con Hitomiko più tardi, non poteva…
Senza rendersene nemmeno conto, era già seduto su una delle poltroncine di una delle salette. Il suo sguardo vagò vacuo sulla poca mobilia (una lampada, quattro poltroncine, un comodino). Ritornò presente a sé stesso quando la voce di sua sorella tornò a riempire il silenzio –Si, con entrambi.-
Midorikawa si irrigidì, nella sedia accanto a quella del rosso, che cominciava a chiedersi cosa stesse succedendo. Evidentemente gli stessi pensieri stavano passando per la mente del pistacchietto.
Entrambi si stupirono alquanto, quando Hitomiko si aprì in un lieve sorriso –Alcuni già lo sanno.- premise. I due ragazzi capirono all’istante che non vedeva l’ora di metterli al corrente della faccenda, visto il modo in cui continuava a sistemarsi sulla sedia -Siete stati entrambi richiesti alle selezioni per la squadra giapponese che parteciperà ai mondiali.- annunciò, una punta d’orgoglio nella voce.
Per Hiroto-kun fu come essere colpito in piena faccia da uno sportello.
Una doccia d’acqua gelata.
Era così tanta la sua incredulità, che si voltò per accertarsi che fosse vero: l’espressione sbalordita di Ryuuji (aveva gli occhi sgranati e la bocca semiaperta) dissipò ogni suo dubbio.
Rimasero tutti e tre in silenzio per un altro minuto buono.
Poi, la voce di Midorikawa, concitata, prese a fare domande –Noi? Perché noi? Non dovrebbero… odiarci? Cioè, fino a qualche mese fa… I mondiali?!- inclinò il busto in avanti, le guance rosse per l’agitazione.
La donna di fronte a lui annuì –Perché siete ottimi giocatori.- rispose ovvia –E perché siete cambiati. Nessuno vi odia, Ryuuji.- gli assicurò, rispondendo poi alle altre duemila domande che gli vennero poste.
Solo dopo qualche minuto si accorse che Hiroto non aveva ancora detto una parola. Notò il tremito delle sue mani, che stringevano convulsamente i braccioli della poltroncina -… Hiroto?- chiese, inclinando il capo di lato.
Il rosso, per tutta risposta, si alzò e lasciò la stanza, sbattendo la porta.

Le uniche certezze che Hiroto-kun aveva in quel momento, erano il letto sotto il suo corpo, le coperte strette tra le sue dita e il cuscino dietro la sua testa.
Era consapevole di non essersi comportato bene con sua sorella, di non averla nemmeno salutata quand’era settimane che non si vedevano. Ma era convinto che anche lei fosse arrivata lì all’orfanotrofio con la precisa idea di metterlo in crisi.
Siete stati entrambi richiesti alle selezioni per la squadra giapponese che parteciperà ai mondiali.
Non aveva senso. Minimamente. Lui non aveva alcun diritto di partecipare ad una cosa del genere. Non dopo quello che era successo, dopo quello che aveva fatto, non così presto.
Si prese la testa tra le mani, e l’immagine vivida di Hirocchan gli affiorò alla mente. Si strinse ancora di più su sé stesso, mordendosi il labbro.
Dov’era in quel momento? Cosa gli avrebbe detto? Era arrabbiato con lui? Sapeva che Hitomiko prima o poi sarebbe comparsa, ma egoisticamente aveva sperato con tutto il suo cuore che sarebbe successo dopo che il fantasmino fosse riuscito a portare a termine il suo compito. E invece lei si era presentata prima del previsto, contro ogni sua previsione.
Il senso di colpa tornò ad attanagliargli le viscere, torcendogli lo stomaco.
Gli veniva da vomitare.
Si distese e buttò il capo all’indietro, respirando dalla bocca.
Non riusciva a mettere ordine nei propri pensieri. Hirocchan, Hitomiko, Midorikawa. Era tutto così confuso. E sapeva quanto la colpa fosse sua.
All’improvviso, mentre cercava di trovare il filo da tirare per snodare i suoi pensieri, sentì il rumore di qualcosa che cadeva a terra, e spalancò gli occhi, allarmato. Ecco, si, ci voleva proprio anche un ladro.
Ma di fronte non si trovò un ladro.
Hirocchan lo guardava come un cane bastonato. Si chinò, senza guardarlo negli occhi, e prese a rimettere dentro quello stramaledettissimo portapenne le matite che ne erano fuoriuscite quando l’aveva fatto cadere –Scusami. N-Non volevo fare rumore. Dovevo solo…- il suo sguardo verde spento incrociò quello verde acquamarina del più grande, che lo guardava ansioso, le mani di nuovo a stringere le lenzuola tra le dita.
Non riuscì a sostenere quegli occhi tristi per più di una trentina di secondi -… Scusa.- mormorò solo. Si sentiva un vigliacco. Il capo chino, a chiedere scusa quando oramai non serviva più a niente.
Che poi, scusa per cosa? Per non avergli detto nulla di Hitomiko? Per non aver mai introdotto il discorso?
Non si era mai preoccupato di quello che il fantasmino potesse pensare dell’intera situazione. E solo allora Hiroto-kun si accorse che era ovvio che il più piccolo sapesse chi fosse lui.
Lui era… Hiroto Kiyama era il ragazzino che aveva preso il posto di Hiroto Kira.
Lui aveva rubato la vita di un’altra persona. Un fantasma, certo. Ma gliel’aveva portata via. Aveva potuto fare ciò che l’altro mai avrebbe potuto vivere. Abbracciava la sua famiglia, rideva con i suoi amici, giocava con il suo pallone.
Ma Hirocchan non gli aveva mai detto niente.
-Scusa di cosa, Hiroto-kun?- mormorò piano quello, levitando, alzando gli occhi. E nella sua domanda, non c’era malizia.
Il più grande non riuscì mai a spiegarsi, in seguito, quale molla scattò nel suo cervello in quel momento. Sentì il dispiacere, il senso di colpa e il rimorso mescolarsi con la rabbia. Frustrato, si alzò in piedi, socchiudendo gli occhi –Scusa per cosa? Hiroto, io sono una tua copia!- urlò, furente. Era una constatazione che lo lasciò senza fiato, e per un attimo, un attimo soltanto, si riscoprì a provare una fitta di invidia verso quel bambino.
Faceva male.
L’altro rimase spiazzato, gli occhi sgranati. Strinse le labbra, quindi si voltò per posare il portapenne sul tavolo –Ho studiato per bene la camera di Kimiyuki. So come possiamo intrufolarci senza farci beccare.- disse poi, impassibile.
Hiroto-kun indietreggiò ed inciampò sul bordo del letto, finendoci seduto sopra. Sentiva il cuore martellargli in testa –O-Ok.- riuscì solo a balbettare, incredulo.
Poi, la manina di Hirocchan si allungò verso di lui –Allora, mi aiuti?- lo vide chiedere con un sorriso dolce.
Ingoiando il groppo in gola che minacciava di farlo piangere, Hiroto-kun allungò a sua volta la mano. Si sentiva ancora più infimamente codardo, ma non poteva farci nulla. Non era ancora pronto ad affrontarlo, aveva ancora troppa paura del dolore. Sfiorò il bambino –Si. Ti aiuto.- mormorò a mezza voce, guardandolo.
Il solito brivido freddo percorse la sua spina dorsale e gli rizzò i peli del collo.
Rimase immobile per qualche secondo, gli occhi verdi persi da un'altra parte, fino a che non si riprese con una scrollata del capo.
-Hanno scelto me e Ryuuji per le selezioni della nazionale giapponese. Per i mondiali.- rese noto poi, lo sguardo che ad Hirocchan pareva ancora lontano miglia e miglia.
Il bambino abbassò il capo -E' una bella notizia.- rispose. Poi (e ad Hiroto-kun venne un colpo al cuore), sul suo volto paffuto si allargò un sorriso enorme -Hiroto-kun, i mondiali! Ma è una cosa fantastica!- esclamò, come se avesse compreso la notizia solo in quel momento, prendendo a roteare su sè stesso, mezzo esagitato. Continuava a ripetere quanto fosse bello e sensazionale e fantastico e assolutamente incredibile.
Il più grande, però, ancora non voleva credere che gli fosse stata data un'opportunità simile -Ma io non voglio, Hirocchan.- continuò, impassibile. Il suo volto sembrava non provare alcun tipo di emozione. La rabbia di poco prima era svanita, la paura si era rintanata in un cantuccio isolato, l'ansia si era dissolta. Un'infinitesimale parte del suo essere provò piacere nel mettere al corrente il più piccolo, godette nel fargli sapere che avrebbe potuto, solo volendo, poter fare un qualcosa che all'altro era stato precluso da tempo. E che avesse il potere di rifiutare. Hiroto-kun si sentì una persona orribile, stupendosi di sè stesso.
Il fantasma sgranò gli occhi -Non vuoi?- aggrottò le sopracciglia in una strana espressione. Pareva confuso e incredulo allo stesso tempo -Ma che cosa stai dicendo?-
-Non ho diritto di partecipare ad una cosa simile.- rispose semplicemente l'altro, rilassando le spalle -Nessun diritto.- ripetè, come una cantilena.
In effetti, Hiroto-kun era combattuto. Due parti di lui in quel momento si scontravano furiosamente: quella che si sentiva in colpa verso chiunque per ciò che aveva compiuto solo pochi mesi prima, alla mercè della pietra di Alius; quella che voleva assolutamente partecipare, rimontare, dimostrare al mondo intero quanto fosse cambiato Hiroto Kiyama.
Alzò lo sguardo su Hirocchan, appena in tempo per vedere un lampo di tristezza passargli negli occhi verdi.
Una parte di lui si sentì del tutto annientata. Un'altra gioì intimamente.
Deglutì.
-Ma tu vuoi, non è vero?- sentì dire all'altro, che si era nuovamente avvicinato, continuando a levitare.
Ma Hiroto-kun non aveva idea di quale fosse la risposta.

-Non vuoi partecipare?- la voce concitata di Ryuuji rimbombò per il corridoio. Hiroto-kun la sentì amplificata di dieci volte, e si sentì colpito da quella semplice frase come se qualcuno gli avesse tirato un pugno dritto nello stomaco. Midorikawa l'aveva detto con un'incredulità tale, seguita da una delusione così grande negli occhi.
Si costrinse a mantenere la calma -No.- ribadì, piano.
-Per quale motivo?- l'espressione del pistacchietto nascondeva altro, come se ci fossero state parole che non aveva intenzione di pronunciare. "Che ti succede?" "Cos'hai?" "Perchè non me lo dici?". Hiroto-kun se le sentiva rimbombare in testa. Ma non rispose a nessuna.
"Non credo di meritarlo.", avrebbe però voluto dire "Non merito fiducia fino a questo punto. Lasciatemi stare." avrebbe voluto confessare. Però riuscì solo a sussurrare un flebile -Non sono in grado.- il che, era comunque una mezza verità. Non ne era in grado ed aveva paura, in effetti.
Vide il volto del suo migliore amico farsi paonazzo, ma prima che potesse dire qualcosa, la voce di Hitomiko, che ancora non aveva detto una parola, lo interruppe, calma -Se Hiroto non vuole partecipare, nessuno può impedirglielo.- risolse, gli occhi socchiusi.
A quel punto Ryuuji scosse il capo e se ne andò, svoltando il primo angolo, non trovando più nient'altro da fare lì.
Hitomiko si alzò e si diresse verso il fratello minore, poggiandogli una mano sulla spalla -Ma se hai un qualunque problema, a me puoi dirlo, Hiroto.- disse, addolcendo la voce ed aprendosi in un breve sorriso.
Hiroto-kun sorrise di rimando senza accorgersene.
Hitomiko c'era sempre stata per lui.
Quella constatazione gli strinse, per l'ennesima volta, lo stomaco.
Ci sarebbe stata se Hirocchan fosse stato ancora in vita?
Hirocchan, osservandoli da qualsiasi luogo si trovasse prima del suo arrivo, cosa aveva pensato?
Ancora una volta, Hiroto-kun si sentiva diviso in due.
In ogni caso, non poteva permettersi di dire nulla a sua sorella. Ad Hitomiko. Aveva anche paura di considerarla una sorella. Aveva paura che lei non lo considerasse suo fratello. Aveva paura che Hirocchan la considerasse sua. Ed infine aveva paura che Hirocchan avesse accettato che oramai fosse lui ad essere diventato suo fratello minore.
Trovava tutto troppo complicato.
Decise di non pensarci.
-Ho solo paura di partecipare.- si risolse a dire. Chiunque fosse per lui Hitomiko, sapeva di poterle dire tutto.
Lei gli lanciò uno sguardo significativo, come se in un solo istante avesse colto tutti i dubbi che si affollavano nella mente dell'altro -Sai che non ce ne è motivo.- disse solo. Gli passò una mano sulla guancia, in una piccola carezza a cui il più piccolo si abbandonò -Ma ho paura lo stesso.- biascicò, gli occhi socchiusi. Quindi avvolse le braccia attorno al corpo di Hitomiko, stringendola in un abbraccio, che lei ricambiò.
-Pensaci.- gli disse, sansogli un buffetto sul capo, prima di sciogliersi dalla stretta.
Poi si chinò alla sua altezza -Forse so chi potrebbe aiutarti a decidere.- gli sorrise.
Hiroto-kun aggrottò le sopracciglia, interrogativo.
-Dopodomani andiamo a trovare papà, che ne dici?-
Bastò nominarlo perchè ad Hiroto-kun tornasse in mente la visione che aveva ricevuto al tocco di Hirocchan solo poche ore prima, vivida più che mai.
Dolorosa, lancinante.

-Guarda come sono bravo!- un piccoletto dai capelli rossi palleggia in mezzo ad un cortile. I suoi movimenti sono rapidi. E’ bravo.
Un suo amico lo raggiunge, ridacchiando -Ti rubo la palla!- esclama, avanzando, cercando ti togliere il pallone all'altro.
Ma con un paio di movimenti veloci, il bambino con i capelli rossi lo supera, avanzando.
Dà un calcio un po' più forte degli altri alla palla, che rotola oltre il cancello, in strada.
-Ah!- esclama, per poi mettersi all'inseguimento del pallone.
Il suo amico ridacchia, prendendolo in giro.
Lo aspetta, ancora dentro.
Poi sente uno strano rumore, come di qualcosa che struscia sull'asfalto.
-Hiroto?- chiama, non vedendolo arrivare.
Poi sente un botto.
Corre verso il cancello. Si sporge. Cerca il suo amico con lo sguardo.
Ma il bambino con i capelli rossi non c'è più.

*

Ci sono! Ce l'ho fatta!
Vorrei scusarmi per l'enorme ritardo.
Dovevo postare il capitolo qualche giorno fa, ma ho avuto dei problemi, tra la partenza e tutto il resto. E qui non c'è connessione quasi da nessuna parte, e trovarla è stata un'impresa. Per non parlare del fatto che il pc portatile di mia sorella ha Windows 7, e non posso utilizzare il solito trucchetto del blocco note per l'html del capitolo. Quindi mi sono dovuta arrangiare.
Ma a parte questo, ci sono!
Che dire. Ormai manca poco perchè Hiroto-kun faccia i conti con sè stesso, Hirocchan e la sua famiglia. Per non parlare di Midorikawa, che oramai è furioso oltre il limite consigliato.
Come si evolverà la vicenda? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Ok, la smetto.
In ogni caso, alla fine della fic mancano due capitoli più l'epilogo, quindi lo saprete presto! Spero continuerete a seguirmi!
Vorrei davvero ringraziare tutti coloro che leggono e seguono questa fic. Mi rendete davvero felicissima, non potrò mai ringraziarvi abbastanza *inchin*
Per concludere, vorrei esprimere un dilemma che mi assilla da giorni.
In teoria, io avrei un'altra long in mente, di cui il primo capitolo, tra le altre cose, è già scritto. E' incentrata principalmente sui personaggi del GO, ed è un fantasy liberamente ispirato per un paio di punti alla serie Avatar (chebellacheè*A*).
Ma io ho già questa long e un'altra in corso, nel fandom, quindi sono indecisa. Anche perchè i capitoli sarebbero un po' lunghi, e non so se farebbe piacere leggerli. Non so se pubblicarla. Da una parte vorrei perchè comunque questa fic è quasi al termine, e, anche se lentamente, aggiorno tutto. Per non parlare del fatto che questo progetto mi sta fomentando particolarmente; dall'altra, ho paura di non riuscire a tenere il passo e di perdermi.
Mi pestate se chiedo un consiglio çAç?
Btw, non vi annoio oltre, sennò mi pestate due volte xD
Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3
Al prossimo capitolo!

Greta.

  
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