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Autore: Vichy90    30/07/2012    10 recensioni
Nome: Isabella Marie Swan
Città di provenienza: Forks, soprannominata anche dalla sottoscritta "il buco del culo d’America".
Città di residenza attuale: New York, il mio personale inferno sulla terra.
Anche se ad essere sinceri non era la città in sé il mio inferno sulla terra ma una azienda.
La Cullen-Masen Society, Società Finanziaria fondata da Carlisle Cullen e attualmente gestita dal mio ex compagno di classe, ex fratello della mia migliore amica, ex ragazzo con cui ho perso la verginità, Edward Anthony Masen Cullen.
Se la società ero il mio inferno, Edward era di sicuro il Diavolo, Lucifero, Satana, Belzebù.
Gli mancavano solo le corna e il forcone. Ma non ero del tutto sicura che quest’ultimo non lo tenesse nascosto dentro qualche armadio, pronto a scagliarmelo addosso appena gli avessi voltato le spalle.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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3.
Gospel according to Judah




Io ed Edward ci eravamo conosciuti al primo anno della Forks High School.
Uno dei migliori amici di mio padre, Carlisle Cullen, si era infatti trasferito assieme alla sua famiglia nella nostra piccola città e io, figlia prediletta e unica dello sceriffo Swan, avevo avuto l’incarico di dare il benvenuto a lui e a sua sorella nella nostra scuola, aiutandoli con le lezione, indicandogli le vie più brevi per le aule e facendoli socializzare.
Con Alice era andato tutto bene, era in gamba e molto simpatica… eravamo subito diventate migliori amiche. Edward invece era l’osso duro, sempre e costantemente scazzato con il mondo, era difficile che rivolgesse parola a qualcuno per non criticarlo o sminuirlo.
Odiava Forks, odiava la scuola, odiava l’essersi trasferito.
Potevo capirlo, anche a me Forks non era mai piaciuta, troppo piccola e provinciale… io sognavo le grandi città e lui come me. Era questo forse che ci aveva fatto avvicinare; la nostra repulsione per quello stile di vita solitario e il desiderio di evasione.
Ci mettemmo insieme il secondo anno.
Lui era sempre il solito burbero con retrogusto da stronzo, io la tipica ragazza che non aspettava altro che il diploma per volatilizzarmi via e lasciare dietro di me solo una scia di polvere.
Io l’avevo capito. Lui l’aveva capito… e bloccati in quella nostra insoddisfazione della vita presente non ci eravamo impegnati nel nostro rapporto, fingendo all’esterno che andasse tutto bene ma poi nell’interno vivendolo solo come una cosa passeggere e momentanea.
La conquista di un piccolo piacere prima di abbandonare definitivamente le nostre vite.

<< Ricordi cosa mi hai detto quella notte nel mio letto, la sera del tuo compleanno? >>
Rimasi in silenzio a pensare a quell’epoca che per me era lontana anni luce.
Non ricordavo. Non ricordavo proprio.
<< Ti aiuto io… dicesti che dopo il diploma te ne saresti andata il più lontano possibile e che nessuno ti avrebbe fermato.
Che se io andavo alla UCLA tu saresti andata alla New York University.
Che saresti andata in Francia. Che saresti andata in Cina piuttosto di rivedere Forks e i suoi abitanti!
Te lo ricordi? Eh Bella? >>
<< Lo dicevi anche tu… Le pensavi anche tu queste cose. >> mormorai io spaesata.
 << certo che lo dicevo anche io ma perché tu lo ripetevi ogni due secondi maledizione!!! >> urlò prendendo il bicchiere che aveva in mano e scagliandolo dall’altra parte della stanza facendomi spaventare << cosa avrei dovuto fare? Stare con te e rimanere lì zitto ascoltandoti svilire Forks, i tuoi amici e me!! >>
<< io non ho mai svilito te! >> lo corressi ferita
<< ”non mi fermerà nessuno Edward! Me ne andrò così lontano che nessuno mi troverà più!” >>
Rimasi zitta.
<< non ho mai sentito un “vieni con me Edward.” O “andiamocene via insieme.”.
Anche io volevo andarmene da Forks, lo sai meglio di me, ma io a differenza tua l’avrei fatto con te… tu invece hai voluto lasciarmi indietro, e sai cos’ho fatto io allora? Ho lasciato indietro te. >>
A quelle parole lo guardai colpevole e ferita
<< è per questo che mi hai mollata andando a letto con Tanya senza neanche degnarmi di una spiegazione? Una scusa, nulla? >> domandai mentre sentivo lo stomaco stringersi in una morsa.
<< non venirmi a fare la ramanzina sul fatto che io ho rotto il nostro rapporto andando con Tanya, perché io non ho fatto proprio niente. Hai rotto tutto tu con il tuo comportamento egoista… anche se ad essere precisi in realtà non hai rotto un bel niente, perché tu non ci hai mai messo niente. >>
<< e allora per quale motivo che mi hai fatto venire a lavorare qui? Volevi umiliarmi e vendicarti? Hai usato giuramento fatto ai nostri genitori solo per distruggermi? >>
<< Bella svegliati!! >> urlo di nuovo avvicinandosi a me << non esiste nessun giuramento fatto ai nostri genitori, l’unico giuramento a cui io stò mantenendo fede è quello che ho fatto a te! >>
Ingoiai a vuoto.
<< non ricordi nemmeno questo vero? >>
Invece ricordavo.
Più tornavo indietro nel tempo e più ricordavo e mi sembrava di vederlo davanti ai miei occhi. Edward coperto solo dal plaid rosso sulla casa sull’albero che aveva costruito insieme a suo padre nel loro enorme giardino.
E io, accoccolata contro di lui che gli lasciavo baci teneri sul petto nudo mentre lui mi accarezzava mollemente  i capelli..

<< Oggi mio padre mi ha fatto firmare la clausula del suo testamento. >>
<< quale testamento? >>
<< quello di successore della sua società nel caso gli succeda qualcosa… in modo che non possa venir delegato nessun’altro a capo della Cullen-Masen Society se non io. >>
<< andrai a lavorare a New York?! >> avevo domandato con occhi brillanti, invidiandolo dal profondo per la possibilità che aveva di potersene andare in una metropoli.
<< già... e se tu vorrai, potrai venire con me. >>     

Non era stata l’unica volta che Edward mi aveva fatto capire che nei suoi piani di fuga da Forks ci sarei stata anche io. Ma all’epoca ero stata troppo accecata dall’odio per quel posto e dal mio desiderio di indipendenza per fare attenzione a questi piccoli particolari.
Li avevo sempre scambiati per le parole che due adolescenti presi l’uno per l’altro si dicevano, ma che poi nella pratica non avevano alcun fondamento.

<< me lo prometti? >> gli avevo chiesto
<< qualunque cosa succeda Bella ti porterò con me… te lo prometto su tutto ciò che ho di più caro al mondo. >> aveva risposto lui, prima di stringere il patto con un bacio e tornare a fare l’amore.

<< Edward… >>
<< No. Non dire mi dispiace Bella. L’ho aspettato per così tanto tempo che ora non mi interessa più sentirlo. >> mormorò mentre si sedeva sul divano e poggiava i gomiti sulle ginocchia in un gesto che rivelava tutta la stanchezza che provava per quella situazione.
E io, ancora sotto shock per le sue parole, l’unica cosa che riuscii a fare fu sedermi di fianco a lui  e fissare la parete di fronte a me dove i segni dell’esplosione di ira di Edward erano evidenti dalla carta da parati graffiata dal bicchiere distrutto in mille pezzi.
E dovetti domandarlo a lui… perché in realtà volevo domandarlo a me stessa ma avevo paura di sentire la risposta...
<< mi odi Edward? >>
Mi ero accanita in tutti quegli anni verso di lui.
Lo avevo considerato colpevole, lo avevo giudicato  peccatore, l’avevo odiato e alla fine lo avevo dimenticato… ma non avevo mai fatto caso a me.
Io che avevo detto di amarlo, ma avevo scelto l’università che più distava da quella scelta da lui e dai miei vecchi amici.
Io che sognavo Londra, Amsterdam, Roma… e immaginavo di visitarle da sola.
Io che ero l’unica tra i due che aveva preso quella relazione nel più leggero dei modi, trascurandola, usandola, non dandogli un futuro.
E poi, dopo tutto questo, quando alla fine la storia si era conclusa come mi ero sempre immaginata nel mio intimo, ne ero rimasta ferita e invece di trovare in me gli errori e le colpe che avevano fatto allontanare Edward, avevo preferito condannare lui come il responsabile e continuare a ritenere me stessa la vittima.
Ignorata, defraudata, sedotta e abbandonata.
Io, che non ero mai stata però la vittima.
Io che ero il carnefice, e che lo ero ancora adesso perché Edward nonostante gli anni, nonostante i miei errori aveva pensato ancora a me. Mi aveva offerto un lavoro da lui, aveva mantenuto un patto che lui aveva scelto di fare guidato dai suoi sentimenti e che io non avevo nemmeno ascoltato, guidata solo dal mio egoismo.
Come avevo potuto essere così cieca?
Come avevo fatto a non vedere in tutti questi anni?
<< io non ti odio Bella… >> mormorò lui scuotendo il capo << se ti avessi odiato non ti averi mai chiamato. Non ti avrei mai offerto un lavoro, non avrei mai cercato una scusa per farti lavorare vicino a me…  >>
<< e il modo in cui mi hai trattata allora? >>
<< Volevo solo farti capire. Volevo solo farti sentire cosa si prova a non avere il controllo.
Perché io non ho mai avuto il controllo di te Bella… lo volevo, lo desideravo… ma tu eri sempre così sfuggente. Sono stato infantile e stupido e me ne sono pentito tante volte… non sai quante volte ho pensato di cacciarti e finirla con questa stupida storia, ma avevo promesso… e io ci credevo davvero quando avevo fatto quel giuramento. >>
<< Edward io... >> mormorai di nuovo mentre vedevo lui che si torturava le mani mentre confessava i suoi pensieri.
Volevo chiedere scusa. Sentivo il bisogno di dirgli “mi dispiace", ma sapevo che lui non lo avrebbe mai accettato… e allora nella estenuante ricerca di qualcosa che alleggerisse il senso di colpa che mi stava schiacciando senza pietà, allungai la mano e la posai spontaneamente sulle sue.
I suoi occhi a quel gesto si scontrarono con i miei e ciò che vidi dentro di loro mi lasciò senza fiato.
Non c’era più il mio capo stronzo davanti a me.
Non c’era il Diavolo, Lucifero, o il Demonio.
Era Edawrd.
Solo Edward.
L’Edward di tanti anni fa, che io avevo ferito fino a consumarlo e che nonostante tutto era ancora qui. Vicino a me.
Non so cosa mi prese… un istinto primordiale che mi spinse dall’interno e che non riuscii a fermare.
Allungai il volto verso il suo; e senza aggiungere un aparola chiusi gli occhi... e lo baciai.


<< Bella... >> ansimò Edward che sopra di me continuava a lottare contro la camicetta che indossavo per riuscire a togliere dalle asole quei bottoni che per le sue mani grandi erano fin troppo piccoli.
<< … ma vaffanculo!! >> sbottò
alla fine decidendo di prenderne i lembi e strappare tutto, facendo saltare i bottoni per aria nella stanza come tanti piccoli proiettili.
Volevo lamentarmi… non so, imprecare o fargli notare che quella era la mia cazzo di camicetta e avrebbe dovuto come minimo ricomprarmene una nuova, ma non mi fù possibile perchè la sua lingua, affondata nella mia gola, non mi premise di fare parola… a mala pena mi permise di respirare.
<< Dio hai lo stesso profumo di allora... >> ringhiò mentre con la bocca scendeva a mordermi il collo in preda al totale delirio che era scattato dopo quel bacio.
Perché erra andata così. Gli avevo depositato quel bacio sulle labbra e lui, anche se titubante, in seguito a quello me ne aveva lasciato un altro sulle mia di labbra. E poi io gliene avevo lasciato un altro ancora e alla fine eravamo finiti distesi sul divano a divorarci le labbra a vicenda e a cercare di strapparci i vestiti di dosso come animali.
Non era una buona idea.
Io lo sapevo e anche lui sicuramente lo sapeva, ma da quanti anni non sentivo il sapore della pelle di Edward sulla lingua? E ne avevo avute di esperienze in questi anni ma nessuno, e dico nessuno, aveva mai avuto un sapore lontanamente paragonabile al suo!
<< levati i pantaloni! >>  soffiai con le labbra ancora premute contro le sue mentre gli tiravo invasata la cintura  che non voleva in alcun modo slacciarsi.
Lui però non se li tolse, semplicemente mi scansò le mani, li slacciò con un’abilità da prestigiatore e se li abbasso finendo per rimanere con i pantaloni e i boxer bloccati alle ginocchia e la camicia aperta ancora sulle spalle.
Nel contempo però io mi stavo sfilando la gonna, compresa di mutandine, e alla fine tra un movimento e l’altro, finimmo  inevitabilmente per ruzzolare giù dal divano
come due sacchi di patate, sbattendo pesantemente contro il pavimento.
<< ahi! >> sbottai io.
<< cazzo! >> gemette lui.
Ma nonostante la caduta nessuno riuscì a riprendere la ragione su ciò che stavamo combinando e, continuando a baciarci e leccarci e morderci le labbra a vicenda, senza alcun avvertimento, Edward si portò su di me e con un colpo secco mi entrò dentro.
E non ebbi nemmeno il tempo di abituarmi all’intrusione repentina che lui già spingeva come in invasato mentre mi afferrava i polsi con forza e li portava sopra la mia testa.
<< oh mio Dio… >> gemetti totalmente fuori controllo mentre sentivo le sue labbra continuare a martoriare il mio collo.
E faceva male… mentre mordeva e spingeva, e ansimava e ringhiava, e la posizione, a terra su quel pavimento troppo duro e troppo freddo, mi feriva la schiena, e i vestiti ancora annodati a gambe e braccia limitavano i movimenti e sfregavano sgradevolmente sulla pelle nuda.
E faceva bene…
Il sapore di lui, e l’odore di lui e il piacere di lui… con lui.
Edward ricordava il mio corpo esattamente come tanti anni fa e il tempo, la lontananza, le esperienze, l’avevano solo reso più bravo, più bello, più intenso.
Da mozzare il fiato.
<< oh Bella... >> sussurrò gemendo basso mentre le spinte aumentavano e la bocca tornava sulla mia in un’incontro di labbra, un’intrecciarsi di lingua e di saliva e fiato…
<< Edward… >> riuscii solo ad esalare quando improvviso come era entrato scappò via da me, rammento della mancanza di protezioni, liberandosi sulla mia pancia nuda.

Non so per quanto tempo rimanemmo lì. Fermi, bloccati.
Le mie braccai ancora in alto, trattenute dalle sue, e il suo viso abbassato tra i miei capelli alla ricerca di fiato e del ritorno di un battito regolare.
Ed io ad occhi chiusi, con Edward su di me ed un peso ancora più grande nel cuore.
<< devo andare... >> mormorò dopo un po’ mentre si scostava.
Annuì senza dire nulla, e lasciai che si alzasse da me, dal paviemnto, e si rialzasse i pantaloni.
Lasciai che si voltasse… e che senza dir nulla abbandonasse la stanza mentre io, ancora a terra e seminuda, cercavo di ritrovare il respiro.
La calma.
Il mio cuore.
Avevo appena venduto la mia anima al Diavolo.



Signore… Bella ha lasciato un pezzettino di cuore ad Edward e questo è un bene, e questo è un male.
Non ho molto da dire su questo capitolo perché penso sia sufficientemente esplicativo.
Bella era dalla parte del giusto, ma in realtà lo era perché LEI credeva fosse così.
L’egocentrismo che l’avevano caratterizzata da adolescente non le ha mai permesso di vedere la verità… quella dove non era Edward l’antagonista della storia, non era Edward il traditore, non era Edward quello che non amava abbastanza, ma era lei! E rendersi conto dei propri errori fa male… e lo è ancora di più se ci si rende conto che per anni si è vissuti dietro una menzogna che da soli ci si è costruiti per non prendersi le proprie responsabilità; e quando soprattutto la persona che hai ferito ormai reputa troppo tardi il proprio pentimento.
Bella non ha potuto fare le proprie scuse perché ormai è tardi, Edward non le vuole più… e allora finisce erroneamente per usare il sesso come strumento per fare pace, come tentativo di chiudere una storia che non si è mai conclusa del tutto, come segnale di abbassate le armi...
Quello che Bella si rende conto troppo tardi è che le armi abbassate, l'hanno ferita.

Grazie a tutte quelle che hanno recensito, che hanno messo la storia tra le preferite, seguite ricordate, e l'ennesime pazze che mi hanno messo tra gli autori preferiti (ma che vi dice il cervello?!?! o.O )  :D:D
  
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