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Autore: ehytherejay    31/07/2012    2 recensioni
Ciao a tutti! Questo è il mio primo Urban-fantasy che scrivo. ewe Se avete pochi minuti di nullafacenza, sarei onorata se lo leggeste e lasciaste una piccola recenzioncina, anche minuscolissima e scritta in Finlandese! :3 
"-Noah, aiutami!- dissi, la voce spezzata dal dolore temporaneo. La ragazza mi ignorò altamente, continuando ad osservare la scena annoiatamente.
-Ah, lei non può fare niente.- disse Nathan, osservandola con uno sguardo truce.
-Fe… fermi!- disse una voce dietro di me, che riconobbi come quella del vecchio Motherwell. –Io ora c-chiamo la polizia!- disse poco convinto.
Venne ignorato.
-Anche se ormai son quasi sicuro che sei tu, anche se per ora non hai dato segni d’esserci. Chissà, forse dormi?- disse Nathan allungando una mano verso la mia fronte. Il suo tocco era caldo e, con un gesto veloce, mi alzò il ciuffo nero dall’occhio destro. 
Quindi qualcosa riuscivo a vederla da quel maledetto occhio." 
Preso dal capitolo 5.
Ci sono contenuti un po' shonen'ai e molto dark, scene di violenza e compagnia. Leggete, o voi che entrate!
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Buongiorno, ragazzi!- salutò il professor Motherwell, entrando nell’aula con passo veloce e chiudendosi la porta alle spalle. Un coro sparso di “buongiorno, prof.” Si levò stanco dall’aula.
Con mio enorme dispiacere, il finesettimana era passato, e la scuola –purtroppo- era ricominciata.
Presi svogliatamente il libro di letteratura dallo zaino e, dopo averlo lentamente posato sul banco, ci buttai la testa sopra, arrendendomi alla stanchezza. La mia compagna di banco, Noah, in tutta risposta, mi lanciò uno sguardo severo da dietro gli spessi occhiali rotondi. Sbattei più volte le palpebre, tentando di riuscire a concentrarmi anche solo un poco sulle parole dette dal professor Motherwell, a proposito di qualche verifica o qualcosa giù di lì.
“Diamine” pensai, “questo vecchio quando parla ha effetto soporifero.”
Temendo una sgridata da parte del vecchio professore se mi avesse scoperto, alzai la testa dal libro e mi misi a fissare la lavagna nera di fronte. Mi misi a studiare ogni taglio, ogni segno, ogni rimanenza di gesso bianco su quello sfondo d’un nero scuro quasi quanto i miei capelli.
Mi stavo per addormentare sul serio.
Scossi la testa una, due, quattro e più volte. Poi mi guardai intorno confuso.
“Ah…” pensai. Guardai degli uccellini appollaiati fuori dalla finestra su un filo di non so quale utilità, e mi venne in mente Denali.
Quel dannato era libero proprio come un pennuto, in quel momento. Non era obbligato ad andare a scuola come lo ero io.
Scommessi con me stesso che in quel preciso momento stava dormendo –cosa che avrei voluto fare volentieri anche io-, oppure si stava vedendo un film…

Da quando mia madre aveva scoperto che io avevo portato in salvo un perfetto sconosciuto, Denali aveva libero accesso a tutta la mia casa. Anche quando c’era mia madre dentro.
Purtroppo –o per fortuna- a lei non interessava molto chi c’era e chi non c’era in casa. Le uniche cose che le passavano in quella testa ricoperta di boccolosi capelli castani erano il suo lavoro e sua figlia.
Sì… solo sua figlia.

-Vargas!- sentii urlare a pochi centimetri dal mio viso. Sobbalzai sgranando gli occhi e mi girai verso l’origine di quella voce che mi stava letteralmente bruciando vivo.
- P-professore…- balbettai, cercando di risvegliarmi. Posai il mio sguardo sul viso adirato del vecchio docente, ma qualcosa non andava.
Lo vedevo opaco, quasi sfocato. Anzi, diciamo che vedevo come dietro un velo bianco.
-Che fai, dormi?!- disse quello.
Io, in tutta risposta, strinsi gli occhi, cercando di capire se stessi diventando cieco o se fosse il sonno che mi giocava brutti scherzi.
-Che diamine stai facendo, eh?- chiese quello nuovamente. Chiusi gli occhi e mi portai una mano alla tempia.
-Posso… posso uscire un attimo?- chiesi cortesemente.
Mi balenò in mente l’idea che non riuscissi neanche ad arrivare alla porta, con quella semi-cecità temporanea.
-No.- rispose il docente. Un brivido mi salì lungo la schiena.
Improvvisamente il sonno era passato.
Sentii come una sorta di dejà-vu. Una sensazione che avevo già provato una qualche altra volta…

Qualcosa sbattè contro la porta con una forza inaudita. L’intera classe sobbalzò, e il vecchio professor Motherwell si voltò di scatto verso la fonte di rumore.

 

Un altro forte botto sulla porta fece sobbalzare nuovamente tutti gli alunni, me compreso.
Il professore non si mosse più di un millimetro, così come non si sentirono più rumori da fuori l’aula.
Mi alzai e, cautamente, mi diressi verso l’entrata.
-Vargas…?- sussurrò il professore, spaventato.
Lo fulminai con lo sguardo, con uno dei miei più perfidi sguardi –aggiungo-, e posai una mano sulla maniglia rovinata della porta.
Abbassai piano la maniglia e aprii la porta quel tanto che bastava per vedere cosa avesse provocato quei rumori. Ciò che mi si parò davanti, però, non era né un ariete –come avevo immaginato- tantomeno un alieno. Era un occhio, color verde-castano, con alcune sfumature azzurrastre, e pareva felice. Come si specchiò nel mio, di un profondo blu, si allontanò un po’ e poi scomparve definitivamente.
Avevo un espressione confusa, e feci per spalancare del tutto la porta per conoscere l’idiota che aveva messo in atto quella stupida messinscena, ma la porta si aprì prima che io muovessi un dito e venni buttato a terra con nonchalance da un ragazzo.
Sbattei la testa sul muro e mi misi ad imprecare parole inesistenti.
-Oh scusa, caro, ti sei fatto male? Beh, si muore una volta sola nella vita, quindi fai con calma.- disse una voce che trovai immediatamente fastidiosa. Alzai lo sguardo, massaggiandomi ancora la testa, e vidi la figura di un giovane sulla ventina, basso –ma sempre più alto di me..- con una zazzera disordinata di capelli biondi, con alcune ciocche più scure verso le punte. Aveva le mani poggiate sui fianchi e una faccia insoddisfatta.
Mi venne una voglia assurda di prenderla a pugni, quella faccina così imbronciata.
Si mosse verso la fila centrale di banchi, a passo deciso e seguito a ruota da un enorme… orso?
No, era una persona. Altissima.
Sarà stato sul metro e novanta se non di più. Aveva i capelli castano-rossicci, un po’ lunghi e disordinati, a coprirgli quasi completamente gli occhi. Una barbetta rada si faceva spazio sul suo viso. Indossava un giaccone che lo rendeva ancora più enorme di quello che –immaginai- doveva essere.
E emanava un aura omicida che mi fece rabbrividire.

Rimasi per terra seduto, ad osservare quello strano duo che squadrava ogni ragazzo con aria disgustata. Anzi, solo il ragazzo più basso squadrava ogni mio compagno di classe con aria di superiorità. Li squadrò uno per uno, ma notai che gli studiava soltanto gli occhi.
Della serie: Gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Quando arrivò a Noah, la mia secchiona compagna di banco “sono-più-intelligente-di-te-e-lo-sai”, si soffermò più a lungo di qualunque altro essere umano in quella stanza.
Fece un verso di stizza con le labbra e voltandomi verso Noah, notai che aveva gli occhi illuminati come mai glieli avevo mai visti.
Chi era quel tipo? E cosa diamine voleva?
“Bah, come se me ne fregasse qualcosa.” Dissi alzandomi in piedi e spolverandomi i jeans.
-Axel, andiamo.- disse il biondo. –Qui non c’è.- Scosse la testa deluso. Vidi l’omaccione che, compresi,si chiamava Axel fare un cenno d’assenso con la testa. Mi accostai alla porta, aspettando che uscissero fuori.

Vidi il professore e gli alunni accatastati quasi tutti verso il fondo della classe, tranne Noah, che sedeva ancora al suo posto e guardava con i suoi occhi violacei il biondo.

Osservai fino alla loro uscita i due estranei, e, quando furono completamente fuori, chiusi la porta. Sbattei le mani per far scivolare via il gesso con fare menefreghista.
Avrei dovuto ringraziarli, mi avevano fatto passare il sonno e quella semi-cecità di chissà quale origine.
Però chissà cosa volevano…
Feci spallucce e allontanai la sedia dal banco per sedermici sopra, quando vidi la porta volare via e andare a sbattere con un fragore assordante contro il muro di fronte.
Con gli occhi sbarrati guardai il biondo di prima passare con grazia tra le macerie del muro e cercare qualcuno nella classe mormorando qualcosa sottovoce.
Quando mi vide, sorrise a trentadue denti e si diresse verso di me.
-Eh, però! Axel, potevi fare anche un po’ meno casino!- disse quello sorridendo e dirigendosi verso di me. Rimasi basito dal loro comportamento e, con gli occhi sgranati e ancora piegato come se mi stessi sedendo, cercai aiuto con lo sguardo alla ragazza accanto a me, che mi ignorò.
-Hai ragione, scusa Nathan.- disse il ragazzo chiamato Axel con una voce più chiara e giovane di quello che mi aspettavo.
Raddrizzai la schiena quando mi si pararono tutt’e due davanti, uno sorridente come non mai e l’altro con uno sguardo annoiato.
-Ma tu sei lo sfigatello che ci ha aperto la porta! Vedi, Axel, forse è lui!- disse Nathan.
Mi si gonfiò un nervo sulla fronte.
“Ah, e quindi io sarei lo sfigatello?” pensai, adirandomi leggermente.
-Calmati, stupido.- disse Nathan. –Posso vedere un attimo il tuo occhio destro?- continuò.

Mi portai d’istinto la mano all’occhio in questione, sapendo perfettamente che il ciuffo di capelli corvini che lo copriva non era messo a caso.
Lo squarcio che c’era sotto non mi piaceva per niente. Era comparso quasi per caso durante un normale giorno di scuola dei miei dieci anni.
Potreste immaginare il trauma.
Da quel giorno non ho visto più nulla da quel dannato occhio. Non so cosa gli sia successo e tantomeno mi interessa, ma penso che la mia perenne rabbia sia iniziata da quel giorno.
Penso sia maledetto.

-Pe…perché?- chiesi, non sapendo a chi indirizzare il mio sguardo, se al giovane biondo con la faccia sadica o l’apatico dietro di lui che emanava un’aura omicida soffocante.
-Solo… una curiosità.- disse, sempre sorridendo, Nathan.
Non mi fidavo molto, no no.
Rimanemmo immobili per i seguenti due minuti, con Nathan di fronte a me che continuava imperterrito ad osservarmi sorridendo sadicamente e Axel, dietro di lui, che giocherellava con la cerniera della felpa che indossava, il resto dei componenti della classe dietro di noi che ci osservava spaventati, molto probabilmente, dall’omaccione dai capelli rossicci.
-Allora?- chiese Nathan sporgendosi verso di me e continuando a sorridere. C’era solo un banco a dividerci, mancava poco che mi prendesse per il collo e mi strozzasse.
Non risposi, continuavo semplicemente ad osservarli con una faccia interrogativa.
Allora il biondo si girò, dandomi le spalle, e disse: -Pensavo di non dover arrivare alle maniere forti, una volta tanto. Ma a quanto pare non è cambiato nulla, eh? Axel.- chiamò. Subito il più grande lasciò la felpa e si diresse verso di me.
Il non poter vedere i suoi occhi mi spaventava.
-C-che cosa volete fare?- chiesi, spaventato.
Se qualcosa fosse andato storto ero anche pronto a tirare fuori il pugnale che avevo nella tasca dietro dei pantaloni.
Nathan si voltò nuovamente verso di me, sfoggiando uno sguardo dannatamente fastidioso e crudele.
-Ti ho solo chiesto un favore. Se non lo vuoi rispettare, allora passiamo alle maniere forti.-
Axel, con un movimento veloce, mi bloccò le braccia dietro la schiena.
-Noah, aiutami!- dissi, la voce spezzata dal dolore temporaneo. La ragazza mi ignorò altamente, continuando ad osservare la scena annoiatamente.
-Ah, lei non può fare niente.- disse Nathan, osservandola con uno sguardo truce.
-Fe… fermi!- disse una voce dietro di me, che riconobbi come quella del vecchio Motherwell. –Io ora c-chiamo la polizia!- disse poco convinto.
Venne ignorato.
-Anche se ormai son quasi sicuro che sei tu, anche se per ora non hai dato segni d’esserci. Chissà, forse dormi?- disse Nathan allungando una mano verso la mia fronte. Il suo tocco era caldo e, con un gesto veloce, mi alzò il ciuffo nero dall’occhio destro.

Quindi qualcosa riuscivo a vederla da quel maledetto occhio.

Angolino dell'Autrice:
WOAH drastico cambiamento! Se qualcuno la stesse leggendo ora, questa storia, avviso che i primi quattro capitoli fanno schifo. Schifo profonfo. xD

Comunque boh, ecco i miei due amori in scena. °3° Spero possa avervi fatto aumentare la curiosità nei confronti di quest'umile urban-fantasy. ewe

Al sesto capitolo! <3

   
 
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