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Autore: PiccolaEl    03/08/2012    2 recensioni
"Ci sono un giorno quattro ragazze che alla modica età di sei anni e mezzo si incontrano, senza lasciarsi più. Poi crescono. E il loro rapporto cambia, diventano forti, insieme. C’è Abigail Hill, Abbie, non molto alta, piccola di statura, magrolina, capelli molto lunghi e marrone, - una montagna di pelo, li definisce scherzosamente Eleonor –, occhi ghiaccio e tre tonalità più scure di fondotinta. Dopo c’è Ashley White, diciassette anni racchiusi in un mostro di ragazza. Alta, magra, capelli abbastanza lunghi ricci e biondo cenere, occhi color miele. Uno schianto, si definirebbe lei. E dopo questa si può anche definire modesta. E poi c’è Sam. Samantha Bolton, Sam per il mondo. Non è slanciata, ma asciutta. E’ giusta, bella. Capelli lisci e di un biondo platino, occhi verde muschio, un cuore grande. A volte è troppo saggia, parla di cose che non conosce, giudica. Ma Samantha rimarrà per sempre la vita per Eleonor, dopo Matt. Sempre. E alla fine del gruppo, c’è Eleonor. Eleonor Wood, fisico perfetto e formoso, quattro sport diversi, occhi marroni troppo scuri, capelli lunghi e ricci, anch’essi troppo scuri, labbra perfette e mani piccole. Queste sono le Girls. Quindi immaginatevi un giorno che ci sono queste quattro ragazze che affrontano tutto con il sorriso e con Matt. E poi immaginatevi che una piccola Foglia un giorno parte e le lascia li, senza più niente. E ancora, immaginatevi che le buffe Girls partono e vanno a riprendersi la loro Foglia, per un’estate intera. Ecco. Agli occhi esterni sono solo quattro scappate di casa, ma viste da vicino sono le migliori amiche del mondo."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 "Pretty, pretty please,
don't you ever ever fell like you're less than fuckin perfect.
Pretty, pretty please,
if you ever ever fell like you're nothing:
you're fuckin perfect, to me."




“Dlin dlin dlin dlin dlin dlin!” è lo squillo della video chiamata di Oovoo che riscuote Ashley dai suoi pensieri. Mittente: nome in codice per Ashley White. Ridicolo, pensa Ash. Risponde e lo schermo si tinge di nero.
“Niall, leva le mani dal mio portatile! ….No, ragazzi smettetela voi non vedrete nessuno! E’ mio il computer, usate i vostri!” si sente urlare e Ashley scoppia a ridere.
Poi un viso familiare compare e tutto torna normale. Un sospiro di sollievo.
“Ciao.” esclama allora Harry, un paio di Ray Ban quadrati e neri indosso, il petto nudo e i ricci scompigliati, il viso un po’ pallido. Sorride, in quel modo perfetto che nessun altro al mondo sa fare e Ashley rimane per un momento incantata.
“Harry!” esclama allora Eleonor per salvare in calcio d’angolo l’amica, intontita.
“Ciao Eleonor!” saluta Harry, visibilmente sorpreso dalla reazione di Ashley.
“Hey levati quella è la mia ragazza, spostati spostati!” si sente urlare e una testa bionda con un drink in mano saluta felice.
“Ciao piccola, come stai? Mi manchi un sacco!” urla ancora per sovrastare le altre voci che nel frattempo si sono fatte più forti.
“Ciao Angelo, tutto bene e voi? Anche tu mi manchi un sacco, torna presto! E per quanto riguarda il tuo ultimo messaggio… beh, sappi che ci rivediamo appena torni.” ride sommessamente, gli altri fischiano.
“Si ma, scusate, questa è la nostra videochiamata e i nostri portatili. Io mi sposto.” proclama Ashley leggermente alterata.
“Anche io.” la segue Harry. Ash si alza in piedi e Harry non riesce a non notare il suo fisico scolpito, i suoi capelli biondi e boccolosi che ricadono fin sotto il seno, il costume sbrilluccicoso che mette in risalto le sue forme, già ben pronunciate: Ashley è cosi dannatamente bella quanto cosi dannatamente stronza quanto cosi dannatamente sveglia. La ragazza muove qualche passo, poi si sistema davanti il portatile, posato su una sedia sdraio qualunque, sistemando anche i suoi occhi miele proprio nella videocamera, e per un momento Harry rimane pietrificato.
“Allora, dicevamo… ciao.” ripete, un po’ imbarazzata.
“Ciao.” risponde lui sorridendo, in quel modo che ad Ashley piace tanto.
“come stai?”
“bene, tu?”
“Adesso bene.” allude probabilmente alla chiamata. Ash sente qualcosa all’altezza dello stomaco, che la fa sorridere inaspettatamente, in quel modo che a Harry piace tanto.
“Mi manchi” e la realtà piomba su di loro come un macigno.
“Anche tu, Harry.” sussurra Ashley per non farsi sentire. Sa esattamente che le amiche stanno origliando e non vuole mostrarsi cosi… debole, sdolcinata, spontanea.
“Devo andare adesso, ma sappi che ti penso sempre, non riesco a dormire perché penso a te e mi manchi e tanto, e stop ho esaurito i minuti e mi stanno aspettando.” dice frettoloso Harry, sorridendo un poco.
“Va bene, a presto.” replica Ashley. Poi ci ripensa.
“Harry?” lo richiama un ultima volta.
“Si?”
“Volevo dirti che anche io ti penso un poco” e ride ma è una risata liberatoria. E’ il verde dei suoi occhi, che non può essere paragonato a niente. Quello strega, incanta, costringe. Solo Ashley non riesce a piegare. E anche attraverso un paio di occhiali quegli occhi si sentono addosso. Staccano la chiamata e Ashley sospira.
“Heilà, donzella! Qualcuno si sta facendo più distante di quanto già non sia, non è vero?” Matt. Scuote un poco i capelli, sorride mettendo in mostra le fossette. E’ un sorriso rigido. Compassionevole.
“Smettila, sto bene.”
“No, non è vero.” sospira, accomodandosi accanto a lei. “Io non ti giudicherò mai. Ma Ashley…”
“No, basta cosi. Non ho voglia di parlarne. Non con te.” e la White esce di scena.
 
Ashley entra in camera sua sbattendo la porta. Basta. Basta con le bugie, con boiate, con lo stress. Basta con le pressioni. Non se ne può più. Lei è bella, brillante, affascinante. Riesce a stregare con i suoi occhi nocciola ma potrebbe anche cadere da un momento all’altro. In una parola: figa. E’ figa, attrae il sesso maschile come poche ed oltre ad essere figa è anche spigliata. Indossa un vestito aderente con le pailette grigio, immancabili tacco quindici Louboutine rosse e pochette dello stesso colore. Vamos.
 
La musica è assordante, i colori non troppo nitidi, le bevande sempre di più. C’è gente ovunque e Ash a tentoni si presenta al bancone.
“Che ti porto?” un ragazzo sulla ventina, alto e biondo, le fa l’occhiolino, a più di te sedie distante da lei.
“La Sambuca più forte che hai.” replica fredda, squadrando il ragazzo ancora un poco e osservando sciattamente il suo cocktail in fase di preparazione.
“Ecco a te.” glielo porge e Ash tentenna un poco. Dannazione, basta con i ripensamenti, pensa, o la va o la spacca. “Ma attenta a quel ragazzo laggiù, dopo averti scopata non si ricorderà neanche di che sesso sarai.” ancora il barista. Alza un poco lo sguardo e lo scorge là, davanti a lei, seduto che la fissa, con quel suo bicchierone in mano e la musica assordante e un tizio che le fa il filo.
“Peggio per lui.” e in tre sorsi netti butta giù tutto quanto.
 
“La tua roba è quella.” sussurra accalorato, stringendola e baciandole la spalla nuda.
“Grazie.” bofonchia un poco Ashley alzandosi e recuperando velocemente i vestiti.
“Senti… Ashley, giusto? Beh, non vorrei dirtelo ma non credo che siamo fatti per stare insieme.” annuncia un po’ scocciato il biondo, accendendosi una sigaretta e aspirando il fumo avidamente “non fraintendermi, sei una bomba a letto ma… sono uno spirito libero. Sai cosa intendo?” e un’altra boccata di fumo arriva in gola. Ashley si aggiusta un poco la biancheria intima appena indossata e spalanca gli occhi. Nonostante sia di spalle il ragazzo avverte la tensione.
“Scusa, ho detto qualcosa che non va?” chiede, cauto. E proprio li, in quel momento, in quella stanza, in quelle fottute circostanze Ashley avverte quel qualcosa. Quel qualcosa che ti butta giù, che ti sbatte di qua e di la senza una meta e che proprio per questo ti rende vulnerabile e fragile: il senso di colpa. E Ash, proprio li, in quell'istante, lo avverte, forte, come un tuono a ciel sereno, come un tornado in una giornata piatta e senza vento. Lo avverte forte, come un vulcano capace di prendere e smorzare qualunque altro rumore che in quel momento ha luogo. Si volta, infilandosi il vestito.
“Senti, John, non mi interessa quello che hai da dire su di me.” e si infila anche le scarpe.
“E cortesemente, non fissarmi con quello sguardo da morto di figa, non mi avrai.” e adesso è pronta e lo squadra con quel suo sguardo magnetico e indecifrabile.
“Mi chiamo Jack, io.” borbotta arrabbiato il ragazzo, ciccando la sigaretta giunta al termine “e per la cronaca, ti ho già avuta.” aggiunge, facendole un occhiolino.
“Se per te avere significa farlo mentre si pensa ad un’altra persona… mmmmh, okay.” sbotta inorridita prendendo la borsa e andandosene. Ma quella verità, cosi amara, quanto terribilmente vera, le brucia come una ferita aperta.
 
La frittata è fatta. Uno di quei detti che non si capiscono, sembra. Frittata. Che avete contro le frittate? Sono buone. Essere contro le frittate vuol dire essere razzisti. La verità è che le frittate non vanno bene. Non nella vita vera, quando questo significa perdere tutto, combinare guai, non potere tornare indietro. Come le lacrime. Buttarle giù si può, ma non di certo ricacciarle dentro agl’occhi.



  
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