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Autore: The Glass Girl    03/08/2012    2 recensioni
"Quando Caesar alza in aria il suo braccio ed urla:-Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme-, il pubblico reagisce sfoderando un applauso caloroso e rumoroso, che si diffonde anche dietro le quinte, completamente ammaliato dalla sua bellezza e da quel calore che viene sprigionato da ogni singolo centimetro del suo corpo.
Il vestito rosso sembra completamente avvolto da lunghe lingue di fuoco che in questo modo si riflettono sul suo corpo, mozzando il fiato di tutti.
Per un attimo, quando è salita sul palco, appena tre minuti fa, ogni singolo spettatore ha trattenuto il fiato, prima di scatenarsi in un applauso senza fine."
Chi sarà il vincitore dei settantaquattresimi Hunger Games?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Star Crossed Lover.*



Capitolo 8: She has no idea the effect she can have.




Mi alzo in piedi a fatica: mi gira la testa e le mie gambe sono anche più deboli di prima, reggono il mio corpo per miracolo.
Il senso di spossatezza che mi ricopre il corpo risulta essere più potente della mia forza di volontà e mi impedisce di muovermi oltre.
L'aria che mi avvolge è tiepida, ma soffocante, tanto che boccheggio. Più respiro e più sembro sul punto di soffocare.
Devo essere da solo nella caverna, perché le mie orecchie non percepiscono alcun rumore intorno a me: né lo scoppiettare del fuoco acceso, né il regolare respiro di una persona.
Mi guardo intorno, massaggiandomi il collo: ho un dolore tremendo alla nuca.
Non vedo praticamente niente, non riesco a distinguere i contorni della caverna, le pareti, le rocce e non riesco nemmeno ad intravederne l'entrata, la luce solare del giorno, i tronchi degli alberi in lontananza.
Con estrema cautela comincio a muovere le gambe, nonostante la ferita e nonostante le fitte lancinanti alla testa.
Piano piano proseguo, senza veramente sapere dove sto andando, senza sapere che cosa mi aspetta, una volta uscito dal nostro nascondiglio.
Quando mi sono svegliato ho sentito il bisogno di uscire, di camminare, di alzarmi e capire dove sono, perché sono da solo.
Annaspo nell'oscurità, dev'essere notte, non ci sono altre spiegazioni.
Le mie pupille si dilatano, cercando di abituarsi piano piano alla fitta oscurità che mi avvolge, ma non è facile: non sono a mio agio al buio.
Ho le mani appoggiate alla parete,perché ho bisogno di sentirmi aggrappato a qualcosa.
La roccia ruvida scorre sotto il mio palmo, lentamente, perché non posso permettermi di andare più veloce.
Faccio fatica anche solo a stare in piedi e per questo sento le gocce di sudore rotolare sulla mia schiena, scivolando giù veloci.
La mia fronte è imperlata da piccole goccioline fredde che mi innervosiscono.
Mi passo il dorso sul viso, raccogliendole in fretta, ma ne arrivano subito altre.
Visto che sono stato privato della vista, cerco di affinare il mio udito e, tastando qua e là proseguo a tentoni.
Il velo umido e viscido di oscurità che prima scivolava sul mio corpo si solleva piano piano e scompare, sostituito da una leggera brezza che mi rinfresca le tempie e mi scompiglia i capelli.
Sento il cuore battere forte nella cassa toracica, come un tamburo scosso ripetutamente; sento che il mio petto potrebbe esplodere e cerco di controllarmi, ma l'ansia cresce ogni momento di più.
Ho un brutto presentimento, un qualcosa che mi ronza in testa e non mi lascia in pace, un peso opprimente che mi porto sulle spalle.
E' una sensazione familiare ... ricordo di aver provato una cosa simile prima di parlare con Katniss sul tetto, ma ciò che provavo allora non è neanche lontanamente paragonabile a questo.
Allora avevo la certezza che lei stava bene, che era al sicuro, solo che adesso non lo so più.
Il mio corpo si irrigidisce quando sento una richiesta disperata d'aiuto.
Credo di essere riuscito ad uscire dalla grotta perché quando alzo gli occhi al cielo posso ammirare un tappeto infinito di stelle scintillanti.
Guardo a destra e a sinistra e non vedo né Rue né lei.
Ne sono sicuro, prima di svenire sono riuscito ad entrare nella caverna in cui le ho lasciate, per cui ... dove sono loro?
Il battito del mio cuore accelera sempre di più mano a mano che procedo, tanto che sono sicuro che potrebbero percepirlo anche le telecamere sparse qui vicino.
Sento ancora delle persone urlare, disperate, in cerca di soccorso.
Procedo sempre dritto, per quanto le mie gambe e la mia testa possano permettermelo e riesco a distinguere due voci femminili, tra cui c'è quella di una bambina.
Finalmente, dopo numerosi sforzi, le parole riescono a comporsi, lineari, nella mia testa: -Aiuto, Peeta aiuto. 
Aiuto, Peeta, aiuto.
A chiunque quelle voci possano appartenere, sanno che io sono qui, che sto arrivando e che io posso aiutarle.
Il mio cuore si riempie di coraggio e per un istante le mie condizioni fisiche mi concedono di fare l'eroe e mettermi a correre.
Sembra che la mia lingua non riesca a muoversi, che le mie labbra siano sigillate e i miei occhi non riescono ancora a distinguere ogni figura,ma riesco a vedere i tronchi degli alberi prima di finirci addosso e questo mi basta.
Finalmente riesco a raggiungere il posto da cui provengono le urla: quando mi guardo attorno con attenzione e osservo ogni particolare mi rendo conto che sono alla partenza.
Sono nel posto in cui tutto questo è cominciato, nel posto in cui ha preso vita questo inferno: i miei piedi sono fissi sul terreno, davanti alla Cornucopia argentata, che brilla ancora di più sotto i raggi della luna.
Mi volto a destra e, nonostante il buio, i miei occhi riescono a catturare tutto ciò che sta succedendo e poi si serrano, disgustati.
Le urla non ci sono più, la bambina e la ragazza non strillano più, perché non possono farlo.
Atterra, con la gola insanguinata e gli occhi spalancati c'è la piccola Rue, la bambina dai lunghi capelli ricci.
La stoffa della maglia si tinge immediatamente di rosso ed il suo sangue scorre fluido, macchiando il prato.
Non c'è nessun altro vicino a lei a parte me. Non sapere chi è stato ad ucciderla mi riempie l'animo di rabbia e paura.
I suoi occhi mi fissano, incolpandomi, come a dire: sei arrivato troppo tardi, perché sei arrivato così tardi?
Mi avvicino al suo corpo e poggio la mia mano sulla sua ferita: il suo sangue caldo e scuro invade il mio palmo ... rabbrividisco a quel contatto e scatto in piedi, la vista annebbiata dalle lacrime.
Quando mi volto a sinistra e riconosco la punta della sua treccia castana mi manca il fiato.
Il mio cuore si ferma, il mio sangue gela: le mie braccia, le mie gambe, la mia testa, non riesco a muovere più nulla.
Tutto intorno a me si ferma, come sempre.
Osservo il suo viso sporco di fango e sangue e le carezzo piano la guancia.
Il buco enorme che ha in mezzo alla pancia trabocca di sangue e davanti a questa immagine non riesco più a trattenere le lacrime.
Piango, pregando che torni da me, piango perché mi sento colpevole, piango perché se non avessi perso tempo in quella dannata caverna a quest'ora avrei potuto salvarle entrambe o, almeno, morire con loro.
In un attimo svanisce tutto quanto: le mie speranze, quelle di Prim, tutte le mie congetture, tutte le mie strategie, le mie tattiche, sono state vane.
La mia mano trema mentre si avvicina alla sua ferita ... sfioro la stoffa della maglietta, ormai impregnata di sangue viscido e scuro e, esattamente come prima, rabbrividisco.
La sua treccia è spettinata, il suo viso pallido e il suo corpo immobile.
E tutto questo per colpa mia.
Ma ancora non riesco ad aprire bocca, forse perché non ci sono scuse, forse perché non so nemmeno io cosa dire o forse perché le parole, in questo caso non servono.
Mi sento come se tutto, intorno a me, potesse crollarmi addosso da un momento all'altro: gli alberi, la Cornucopia, il cielo, tutta quanta Capitol City.
C'è qualcosa nell'aria che mi impedisce di respirare, che riempie i miei polmoni di veleno, uccidendomi lentamente.
L'odore del sangue è così forte che, quando lo respiro, mi sembra di sentire milioni di aghi perforarmi feroci le narici. La nausea mi sale alla gola e mi tappo la bocca, per impedirmi di vomitare, ma non serve a niente.
Anche questo odore si insinua nei polmoni e mi impedisce di respirare.
Mi guardo intorno e vedo che ogni singola piccola cosa gira, risucchiandomi in un vortice veloce, che sbiadisce mano a mano che mi risucchia.
Mi poggio la mano tremante sulla fronte: sono fradicio.
Le gocce di sudore corrono lungo la mia testa, giù fino al mento, ma ho freddo.
Sbarro gli occhi e mi guardo attorno: di fronte a me, a qualche metro dai miei piedi c'è un fuoco caldo, che illumina le pareti rocciose della caverna.
Il calore delle fiamme mi abbraccia lentamente, cullandomi con dolcezza.
Il mio cuore palpita, le mie gambe tremano, ma quando noto la figura piccola e minuta di Rue, sdraiata al mio fianco, mi tranquillizzo.
Mi tiro su a sedere, lasciando perdere il dolore che batte contro le pareti della mia testa, pronto a demolirle, e quando vedo che c'è anche Katniss, qui con noi, in questo nascondiglio, tiro un sospiro di sollievo.
Sta inginocchiata, accanto al fuoco, intenta a scuoiare una delle sue prede di caccia.
Tento di alzarmi in piedi, per andare da lei, ma la testa mi fa troppo male e mi costringe e sedermi di nuovo.
-Devi aver avuto un incubo.-sussurra lei, cercando di non svegliare la piccola che dorme tranquilla.
-Un tremendo incubo.- confermo io, fissando i miei occhi nei suoi.
-Ma adesso è passato ...-aggiungo sorridendole.
-Hai battuto la testa.-dice indicandomi la testa con la lama di un coltello.
La guardo confuso, corrugando la fronte.
-Dove l'hai preso quello?-
-Un regalino dei Favoriti.-risponde alzando le spalle.
Ripenso a quando l'ho vista accasciarsi in acqua, ripenso a quanta paura ho preso.
La sua figura viene illuminata dalla luce delle lingue di fuoco che scoppiettano, separandoci: le sue dita sono leggermente macchiate di sangue.
Osservo gli impacchi che Rue deve averle sistemato sulle punture mentre io aspettavo Cato giù al fiume e non riesco a trattenermi.
-E' stato irresponsabile.-mi lascio sfuggire dalle labbra, mentre esamino il taglio che ho sulla gamba.
La ferita è sporca e il taglio è circondato da un alone giallo scuro che segnala una possibile infezione. 
-Come scusa?-chiede irritata.
-Quello che hai fatto ... Loro potevano ucciderti.-aggiungo alzando la voce.
Ripenso all'incubo di prima e rabbrividisco istintivamente.
-So badare a me stessa, grazie. E poi proprio tu vieni a parlarmi di irresponsabilità?! Tu che credevi di poter affrontare Cato?! Cos'è ti era venuta voglia di fare l'eroe?-chiede sarcastica urlando ed interrompendo il suo lavoro.
Sto per ribattere, quando noto che la piccola Rue si sta muovendo lentamente, stiracchiandosi beatamente.
Interrompiamo la nostra discussione, lasciando cadere il discorso.
Le sue parole sono arrivate sottili e affilate, come la lama di un coltello, alle mie orecchie: un'altra ferita incurabile.
-Cercavo solo di essere d'aiuto.-sibilo tra me.
Tasto con un dito il taglio sulla gamba e sul dito mi si dipinge una smorfia di dolore.
Scuoto la testa e penso: ’Non ha proprio idea, dell’effetto che può fare.’





Angolo Autrice.

Ci ho messo un pò a pubblicare questo capitolo, ma sinceramente mi aspettavo più recensioni al settimo, per cui oh voluto aspettare per vedere se aumentavano. Faceva così schifo??:P
Spero che questo andrà un pochino meglio.
Ringrazio chi "si è affezionato" a questa storia, che recensisce ogni capitolo, riempiendomi di complimenti che sono sicurissima di non meritare. Ringrazio anche chi legge ogni caiptolo e chi ha voluto mettere la storia nelle seguite, nei preferiti, nelle da ricordare, siete più silenziosi, ma vi fate notare lo stesso ;)
Aumentate ogni giorno di più e io ne sono felicissima.
Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere eventuali errori da correggere o incongruenze, mi raccomando! Ci tengo.
Un bacione e ancora grazie a tutti quanti. <3


PS:Chiunque voglia prendere le foto dei capitoli è liberissimo di farlo ;)

-L.
  
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