Bouquet de Nerfs.
Piazza della Vittoria è il fascistissimo slargo di Genova, il luogo delle partenze dei pullman per il Sud o per la Lettonia, l’Estonia, la Romania. Ironia della sorte. E’ il punto di ritrovo per le coppiette di lesbichette adolescenti dell’Artistico o delle scuderie di qualche parrucchiere. Ironia della sorte.
A neanche cento metri dall’Arco di Trionfo in Onore dei Caduti della Prima Guerra Mondiale c’è una scalinata che scende nelle budella bianche di un sexy shop – ironia della sorte, il preferito da Federico per il rifornimento di lubrificanti – quello alla ciliegia, quello autoriscaldante, quello a base acquosa, vaselina, quello siliconico. Il pavimento di pvc azzurrino lavato una volta al giorno con secchiate di acqua e disinfettante assomiglia a quello degli ospedali o degli ambulatori mobili. Bianchi scaffali IKEA accolgono file e file di DVD e di riviste, un sollievo per chi non si è mai fidato dell’e-commerce. I dildo, raggruppati in dei pouf scoperchiati, sono quella categoria che Federico salta a prescindere, ridicoli nei loro colori uniformi neri, marroni, carne europea e carne asiatica o lilla brillantinato, pink cunt, poi i trastulli in vetro per eleganti rappresentanti dell’upper class, seriosi ed inquietanti butt-plugs da una palette degna di una tela di Mondrian.
Federico è abituato ad un autoerotismo manuale e visivo, l’ausilio della collezione di porno gay esposta sfrontatamente nel mobiletto sotto il televisore, la comodità di un divano di pelle, le mani non lo hanno mai tradito e se hanno soffermato su pelle e su membri e su capezzoli altrui è stato solo per sentire qualche brivido di più, solo per parlare una lingua straniera.
Afferra due pacchi di preservativi davanti alla cassiera dai capelli ramati, lei li aggiunge al conto e sistema gli acquisti in due sacchetti bianchi di plastica rigida. Visa, quattro numeri del PIN.
Federico lascia un ultimo sguardo alla sua Genova adultera, alla Scalinata del Milite Ignoto ed il suo accesso ai Giardini Coco, triste altare a battuage e cruising inconcludenti, per addentrarsi nel suo campo di marchette, l’arte a pagamento, la grafica al soldo di negozianti e impiegati comunali.
Un caffè in Via XX, oleoso, pieno di residui e chiaramente la necessità di chiamare dei tecnici per aggiustare la macchina per l’espresso. Federico, piano, lasciando scontrare i sacchetti contro le gambe dei passanti in fermento per la pausa pranzo, sbuffando nella calca di una fermata dell’autobus, percorre il tratto sotto il Ponte Monumentale, ancora qualche centinaio di metri e svolta, svuotando la testa dal rimbombare delle voci altrui, accuse di colpevolezza, di vacuità, di disfattismo, di cinismo.
Via Porta degli Archi e presto, Via Fieschi, alle quattordici la prima contrattazione con i clienti della giornata. Alle quindici la seconda, tempo fino alle diciotto per le bozzette per il giorno successivo.
L’intero weekend sul MAC.
Lavoro, sesso. Nient’altro.
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