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Autore: Luxiwan    05/08/2012    3 recensioni
“ Che cosa faremo ora, Alec?”
Alexander Lightwood non lo sapeva, non sapeva cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati, cosa avrebbero sacrificato pur di riuscire a stare al loro passo - al passo di due amanti senza tempo, senza morte.
Perché Alec non sarebbe mai stato l'unico, non poteva esserlo, non come Magnus lo era per lui.
Perché allo stesso modo Iz non sarebbe mai stata la sola per Simon, forse la prima, ma non l'unica, non l'ultima.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cosa faremo, Alec?
Per Herm, dopo una lunga attesa.




<< Però, Magnus, non me lo hai mai detto.
Non mi hai mai avvertito che sarebbe stato così, che un giorno mi sarei svegliato e mi sarei accorto di stare andando in una direzione che tu non potevi seguire.
Non mi hai ricordato che siamo essenzialmente diversi.
Non c'è “finché morte non vi separi”, per chi non muore mai >>.

Shadowhunters-Città degli Angeli Caduti.




Alexander Lightwood taceva.
Era ormai da più di un'ora che il ragazzo giaceva abbandonato sul letto, il corpo steso stancamente, le palpebre appesantite dalla debolezza, dal silenzio. Fissava assorto il soffitto, lo sguardo che vagava su ogni angolo di esso, perlustrandolo cercava risposte, risposte a domande che ormai da settimane, da mesi gli affollavano la testa.

“ Che cosa faremo ora?”

Alexander Lightwood non sapeva, e non sapeva neanche se, alla fine, potesse davvero essere concepita una risposta adeguata a tale domanda - semplicemente si ritrovava a pensare, a rifletterci sopra per interi pomeriggi, quando il sole bruciava troppo fuori dall'istituto o quando persino i demoni perdevano la voglia di attaccare, di combattere, di uccidere. Aveva smesso di illudersi di aver trovato certezze, di poter intuire una risposta soddisfacente dalle pieghe del sorriso di Magnus, o di poter strappare ai suoi occhi false promesse di amore ed eternità.

“ Che cosa faremo ora, Alec?”

Alexander Lightwood si sarebbe voluto arrendere, alle volte, al destino, alle sciagure, ai dolori, e altrettante volte avrebbe voluto seriamente smettere di impegnarsi e di combattere, perché resistere, in quei casi, diveniva troppo, troppo per il suo fisico, per il suo animo... Per il suo cuore. Poi, puntualmente, Magnus compariva, e pure quell'abbandono diveniva stringente, come se l'amarezza ed il dolore non bastassero più, come se quella controllata disperazione non fosse già abbastanza pesante da sopportare.
Magnus e le sue parole, Magnus ed i suoi gesti, Magnus e la sua vita che non avrebbe mai conosciuto la morte.

“ Che cosa faremo, adesso?”

Per Alexander Lightwood quella questione sussurrata fu una delle domande più spinose e brucianti che sua sorella gli avesse mai posto - avevano perso valore, a confronto, anche quelle relative alla sua omosessualità o al vecchio innamoramento per Jace, che al tempo, anni indietro, nonostante la delicatezza e la dolcezza di Iz, erano state dolorose come coltellate, come ferite e lividi menati ancora da pugni e lame.
Così come allora, il ragazzo, alzando lo sguardo sugli occhi della sorella, aveva perso sia la voce che le parole, ed ogni singola risposta si era dissolta nel silenzio - se mai fossero davvero esistite delle risposte.
Alexander Lightwood non lo sapeva, non sapeva cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati, cosa sarebbero finiti a sacrificare pur di riuscire a stare al loro passo - al passo di due amanti senza tempo, senza morte.
Non sapeva come consolare la sorella quando, accorrendo, gli aveva raccontato di quel bacio, del tanto atteso bacio con Simon, il daylighter - perché doveva essere consolata in quel momento, Isabelle, mentre confessava a suo fratello di essersi finalmente innamorata, innamorata per la prima volta, innamorata di un ragazzo che non avrebbe conosciuto la vecchiaia né la morte, ma solo un'adolescenza senza fine, senza scampo.
E avrebbe dovuto consolarla, Alec, dirle a sua volta che anche lui amava un Nascosto, uno stregone, che erano simili, lei e lui, tremendamente simili. Perché in quanto Shadowhunters non dovevano desiderare l'eternità, non dovevano cercare di sconfiggere il tempo, il destino, perché erano caduti nella stessa trappola, erano animati dalle stesse speranze - “ tanto prima o poi mi renderà immortale ”, dalla stessa brama- l'eternità.
Invece l'aveva solamente assecondata, perché in Iz rivedeva se stesso quando ancora non aveva conosciuto le ombre dell'amore, quando non era ancora consapevole del prezzo da pagare per aver ottenuto una così profonda e sincera felicità, quando ancora riteneva che bastasse unire le mani, stringere i corpi, chiudere gli occhi per scongiurare il pericolo.
Perché nutrire un'amore così devastante, così intenso non avrebbe causato altro che atroci sofferenze, enormi paure, terribili incubi.
Perché prima di lui ce ne erano stati a centinaia, e dopo di lui ce ne sarebbero stati a migliaia.
Perché Alec non sarebbe mai stato l'unico, non poteva esserlo, non come Magnus lo era per lui, il primo... L'unico.
Perché allo stesso modo Iz non sarebbe mai stata la sola per Simon, forse la prima, ma non l'unica, non l'ultima.
E questa consapevolezza diveniva dolore, a poco a poco, giorno dopo giorno. Lentamente.
Ed il dolore, a volte, era troppo.
Troppo.
Per entrambi.


“Quindi, cosa faremo, ora, Alec?”
“Non lo so, Iz. Non lo so.”


Alexander Lightwood rifletteva; erano passate ormai delle ore da quando, varcando la soglia della propria camera, si era rifugiato nel letto, tra le lenzuola, la morbidezza del cuscino ad accudirlo delicatamente. Erano passate delle ore eppure il suo cervello non smetteva di elaborare mille e mille soluzioni, il cuore in subbuglio, l'animo dannato. Sarebbe dovuto andare da Magnus, parlarne con lui, cercare di comprendere, capire quale valore avesse realmente la propria vita tra le mani dello Stregone, avrebbe dovuto abbracciarlo, baciarlo e tentare di marchiare, quanto più possibile, con la propria vita l'esistenza dell'altro, tentare di imprimergli addosso il proprio essere, il proprio amore, e rendere ricordo ogni singolo momento trascorso insieme. Perché l'eternità è lunga, ed immaginarla nella sua totalità impossibile, perché Magnus disponeva dell'eternità e lui non era altro che una manciata di anni in mano allo Stregone.
Come renderli indimenticabili?
Come rendersi indimenticabile?
Non scartare nulla, non sprecare nulla, non trascurare niente. Perché ogni minimo dettaglio sarebbe potuto divenire un appiglio al quale aggrapparsi, una volta morto, una volta svanito, una volta tramutatosi in passato.
Ed era questo a terrorizzarlo: il passato.
Presto o tardi, anche Alec sarebbe divenuto un'immagine della memoria, un frammento da buttarsi alle spalle, di cui dimenticarsi un giorno per continuare a vivere, per proseguire ed avanzare.
Alla fine, Alexander Lightwood lo avrebbe perso.
Avrebbe perso tutto, se stesso e Magnus, inesorabilmente.

Eppure non si mosse.

Continuava a fissare il soffitto con occhi vacui mentre la notte, silenziosamente, calava sull'istituto.
In fondo, lì accanto dormiva Isabelle, ed Alec non desiderava altro che lasciarsi cullare dal respiro regolare e monotono della ragazza.
Andava bene così, per il momento.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare.
Per il momento quello bastava, l'estremo impegno e l'incrollabile speranza con cui entrambi nutrivano quell'amore tanto massacrante eppure così necessario.  
Sorrise, Alexander Lightwood.


“Che cosa faremo tra dieci anni, Alec?”
“Non lo so, Iz. Non lo so.”


Al risveglio avrebbe avuto molto di cui parlare con Magnus Bane.




   
 
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