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Autore: Momos    07/08/2012    3 recensioni
Fic sui Falling in Reverse
-se vuoi provarci fallo con qualcun'altra, non so se te ne sei accorto, nel caso contrario te lo dico apertamente. Mi stai sulle palle.- disse Guen scandendo bene le parole. Forse nessuna ragazza si era mai rivolta così a Ronnie, per questo si alzò nella stanza un -oooh- generale.
-Mi piacciono le sfide bella roscia- la provocò Ronnie.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Eccoci, è qui- disse Isabel frugando nella borsa per afferrare le chiavi. Salirono su. Tutto era come lo aveva lasciato, lo stesso disordine, le stesse cose abbandonate nel lavandino. Jacky si guardò intorno e sorrise.
-Ti aspetto sul divano, fai con calma- gli disse regalandogli un piccolo bacio sulla fronte. Lei, trascinando i piedi, afferrò qualcosa dall’armadio e si rifugiò in bagno.
Jacky si era fatto spazio tra gli abiti lasciati sul divano e si accese la tv. C’era un posa cenere stracolmo di sigarette. Lo guardò con evidente disappunto e lo tirò su per svuotarlo. Alzandosi si accorse di un diario nascosto tra le pieghe del divano. Lo aprì e iniziò a leggere. Era scritto con una calligrafia quasi invidiabile. L’ultima pagina era datata al giorno dell’incidente.
 
Non puoi immaginare quanto mi manchi Isabel e quel cretino di Ronnie. Sai credo di averlo perdonato. Capita a tutti di sbagliare no? E lo dice una che di sbagli ne ha fatti a dozzine. Probabilmente, anzi, sicuramente io ho esagerato come al solito.E hai visto? Sono scappata di nuovo. Bells me lo dice sempre che la mia soluzione a tutto è scappare ma che posso farci? Forse ho sofferto troppo e scappare mi è sempre sembrata la giusta soluzione. Fuggire è uguale a non soffrire. Credo sia la prima volta che non è proprio così. Fuggire è stato solo uno sbaglio, soffro come quel giorno in cui ho litigato con Ronnie, soffro come quel giorno in cui ho dovuto rinunciare al mio bambino per lasciarlo a lui, soffro come il giorno in cui quell’essere faceva credere a tutti che io fossi pazza, che non fossi in grado di accudire mio figlio. Mi sento bruciare dentro, ogni volta che, anche per sbaglio, il mio pensiero cade su di loro. Ero riuscita a ritrovare una piccola felicità, e ho perso anche quella. Forse per sempre.
 
 
Jacky era confuso, di chi parlava Guen? Iniziò a sfogliare le pagine precedenti, erano scritti tutti con la stessa calligrafia, molte frasi erano cancellate, molte sottolineate come per attirare l’attenzione. Arrivò alla prima pagina. Lì non trovò nessuna frase, niente da leggere tranne una piccola data in alto a destra. La data risaliva a sei anni prima. Su quel foglio c’era una foto, Jacky riconobbe subito la folta chioma rossa di Guen, aveva il volto stanco e molto più paffuto di ora. Era sdraiata su un lettino d’ospedale, proprio come quello su cuoi era ora e tra le sue braccia spuntava un bambino, vestito con un piccolo body azzurro.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di altre foto di quel bambino, ma niente.
-Jacky andiamo?- disse Isabel arrivandogli alle spalle. Il ragazzo consapevole che quello che aveva letto sarebbe dovuto rimanere un segreto sussultò attirando l’attenzione della ragazza bionda.
-Cos’hai in mano?- gli chiese subito. Jacky abbassò repentinamente lo sguardo.
-Ho..ho trovato questo- disse porgendo il diario.
-Avevo detto a Guen che quello non era un buon nascondiglio. Bè, quindi ora sai anche tu- rispose senza un minimo accenno di rabbia.
-Si ma...non dirò niente. Lo prometto- rispose repentino Jacky.
-Io, volevo farlo leggere a Ronnie. Che ne pensi?- chiese Isabel.
-Forse, dovrebbe sapere. Ma se a Guen da fastidio? Insomma, sono cose sue, personali- disse Jacky alzandosi in piedi.
-Bè, Ronnie fa parte della vita di Guen molto più di quanto sembri. Forse è meglio che sappia- poi si voltò e camminò verso l’uscita.
 
 
 
 
Appena arrivati in ospedale Isabel entrò nella stanza di Guen e lasciò a Jacky il compito di consegnare il prezioso diario.
-Ehm..Amico, devo...devo darti una cosa- disse tirando fuori dalla tasca il diario con la copertina nera.
-Cos’è un diario per scriverci che giorni di schifo sto passando qui?- rispose brusco Ronnie
-Bè, non è proprio così. Ci sono i giorni di schifo di qualcun altro- lasciò il diario sulla sedia accanto a lui e se ne andò. Passò qualche minuto prima che Ronnie si decise ad aprire quel diario. A differenza di Jacky iniziò proprio dalla prima pagina. Guardò con sguardo perplesso la stessa foto che prima aveva sconvolto Jacky. Si affrettò a voltare pagina. Le parole che più gli saltavano all’occhio erano: Gravidanza, abbandono, figlio, affidamento, odio, rancore.
Non aveva trovato nessuna pagina, frase o parola che tendesse alla felicità. Solo quando parlava di Isabel riusciva a percepire dalle parole la gioia di averla accanto. Tutto ciò che leggeva lo faceva sentire sempre più riluttante verso quell’uomo.  L’uomo che l’aveva usata e poi abbandonata. Si sentiva in colpa per averla tradita, e solo ora capiva perché aveva reagito così.
-Ti piace la sua vita?- gli chiese Isabel sedendosi al suo fianco
-No, per niente- rispose chiudendo il diario
-Neanche a me e neanche a lei- rispose –c’erano poche cose che la rendevano felice, e la più importante le è stata portata via- continuò lei
-Brian- disse quasi in un sussurro.
-Si, proprio lui- tirò su col naso –era suo figlio. Il suo piccolo Brian-
-Chi era il padre?- chiese rimangiandosi subito le parole. Non voleva sapere chi era quell’essere spregevole che l’aveva ridotta così.
-Tom-  rispose martoriandosi le labbra.
-Quello che l’ha ridotta così ora?- urlò alzandosi in piedi.
-Si, lui. Di nuovo.- rispose Guen. Lo afferrò per la mano –stai calmo-
-Come posso stare calmo se l’uomo che l’ha fatta soffrire è proprio qui vicino? Come posso stare calmo se l’ha ridotti in fin di vita per due volte?- urlò attirando l’attenzione di tutti che si avvicinarono a lui.
-Devi farlo per lei. Lei odia quando le persone di fanno del male. E se hai letto quel diario hai capito anche perché.- rispose lei riuscendo a farlo rimettere seduto.
-No, non ho avuto il coraggio di andare avanti. Mi viene voglia di uccidere tutto ciò che lei odia, vorrei renderla felice dopo tutto quello che ha sofferto- rispose Ronnie afferrando il diario –non voglio leggere questo, questo è il passato io voglio solo il presente, con lei-
-C’è bisogno che tu sappia tutto di lei, ora. Quando si sveglierà non ti racconterà niente, non lo ha mai fatto con nessuno-
-Allora raccontami tu, perché Guen è sempre triste, sempre insicura-implorò Ronnie.
-Guen quando è nata, come ricorderai dalla sua canzone, non ha mai vissuto un infanzia felice, viveva con la madre, il padre e un altro fratello, suo gemello, si chiamava Brian. Quando morì, all’età di 11anni, la madre cadde in depressione e il padre iniziò ad ubbricarsi. Vedevano entrambi in Guen non la loro figlia ma la copia di Brian. La accudivano come se fosse un maschio, ecco perché molto spesso è poco femminile, spesso capitava anche che la chiamassero Brian. Quando era piccola non dava molto peso a questa situazione, non si rendeva conto che la mamma stava impazzendo, continuava a vivere con Guen solo perché vedeva in lei il fantasma di Brian. Quando si accorse che la situazione stava peggiorando, decise che la migliore cosa da fare era andare via. Lasciare i due genitori da soli, consapevole  di arrecargli un dolore ancora più profondo. Noi ci conoscevamo già da parecchi anni, andavamo a scuola insieme ma non ci eravamo mai state molto simpatiche, eravamo completamente diverse. Quando poi siamo diventati un po’ più grandi, abbiamo scoperto di avere una cosa in comune, la passione per la moda. Nonostante questo, lei restava un mistero per me, non capivo il suo modo troppo diverso di vestirsi, di comportarsi, di parlare. Con il tempo mi abituai a lei, alle sue amicizie e alle sue continue fughe. Quando decise di andare via di casa mi chiese se poteva venire da me ma io aveva casa molto piccola così lei si trasferì da Tom. Bastò poco per farli fidanzare- prese un respiro –ricordo benissimo il giorno in cui Guen scoprì di essere incinta. Aveva 18 anni, era il giorno del mio compleanno. Mi chiamò felice, aveva la voce squillante come non mai, era davvero innamorata. Quando arrivai a casa di Tom la scena che mi si presentò non era quella immaginata. Guen era seduta sul divano in lacrime e Tom le urlava contro.-
-Cosa? Perché?- urlò Ronnie
-Non voleva figli, da nessuno, neanche da lei. Continuava a dirle che l’amasse più della sua vita, che voleva una vita intera con lei ma senza figli. Guen gli urlava che non era un vero uomo, che lei non avrebbe abortito e che avrebbe tenuto il bambino, con o senza il suo consenso. Ma Tom è potente, ha tanti soldi, così appena venne a conoscenza che Guen aveva partorito, rintracciò tutti gli avvocati che conosceva e riuscì a far togliere il bambino, chiamato anche lui Brian, a Guen. Da quel giorno, non l’ho vista più sorridere come una volta- finì di raccontare tra le lacrime Isabel. Ronnie aveva la testa tra le mani e continuava a scuotere la testa come a non voler credere a quella storia.

   
 
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