UNA PESSIMA MATTINATA
Sabrina
aprì gli occhi e il solleone l’accecò. Si coprì gli occhi con una mano e cercò
la sveglia sul comodino.
-Le nove?!- esclamò balzando in piedi, gli
occhi ancora umidi di lacrime.
Scese giù in cucina, ma già sulle scale la
colpì un forte odore di caffè.
–Molto strano, non è orario. Ci sono
ospiti!- concluse a se stessa.
Corse in cucina, curiosa di conoscere
l’identità del visitatore, ma sulla soglia si fermò di scatto.
Seduto sulla sedia, mentre sorseggiava il
caffè in compagnia dei suoi genitori e di un altro signore
c’era… LUI!
-B… buongiorno.- salutò.
Tutti si voltarono per risponderle, meno che
lui. Sabrina lo fissò e si sorprese che lui la stesse
guardando. Continuò a sostenere il suo sguardo e gli andò incontro con gli
occhi che lanciavano fiamme.
–Potresti almeno
rispondere!- esclamò fredda.
Lui la guardò indifferente –E perché? Ti
conosco forse? Non so neanche il tuo nome! Io non saluto chi non si è prima
presentato.
-Si saluta per buona educazione non perché
una persona si conosce o meno!
La signora Mancini,
notando la discussione che era nata fra i due giovani non potè fare a meno di
intervenire.
–Ma allora vedo che
già vi conoscete!- disse allegramente –Sabrina, lui è Alessandro; Alessandro,
lei è Sabrina. Alessandro sarà nostro ospite per un po’ di tempo. Spero che possiate diventare amici…
Aveva terminato la frase abbassando il tono
della voce piena di perplessità. Non sapeva come i due ragazzi si fossero conosciuti, ma era ben evidente che tra loro non era
scoppiato il classico “colpo di fulmine”. Guardò gli occhi di sua figlia e si
stupì di trovarci tanto odio quanto mai avesse potuto immaginare potesse provare.
Il
campanello squillò quando Sabrina aveva appena terminato la sua colazione.
Corse ad aprire, contenta di uscire da quella stanza divenuta all’improvviso
così asfissiante.
Da quando era scesa in cucina, lei era stata
costretta a restare lì e a sentir parlare sempre e solo di Alessandro.
Aveva così scoperto che lui era originario
di Cagliari e che aveva intrapreso gli studi scientifici, raggiungendo sempre i
massimi voti. Era tuttavia un ragazzo chiuso e taciturno e i genitori avevano
deciso di mandarlo per un po’ di tempo lontano dal suo ambiente, perché si
aprisse di più agli altri. Lo zio, che era un vecchio amico di
università di suo padre, gli aveva quindi chiesto se avrebbe potuto
ospitarlo “finché non fosse diventato più espansivo”. Praticamente
volevano liberarsi di lui per sempre, pensò subito Sabrina.
Il campanello squillò una seconda volta e
Sabrina si offrì di andare ad aprire –Che pessima giornata!- si ritrovò suo malgrado a pensare.
-Cosa ti è successo
Sabrina? Hai l’aria stravolta!- chiese preoccupata Valentina, la sua migliore
amica, quando questi entrò ed ebbe notato il volto
pallido e stanco dell’amica.
Valentina era la sua più cara amica dai
tempi delle medie. Benché avessero scelto indirizzi diversi,
Sabrina il liceo classico, Valentina lo scientifico, la loro amicizia
continuava ad essere forte. D’estate passavano tutto il tempo insieme ai loro
amici della “summer band” –come avevano deciso di chiamarsi benché, in effetti,
si incontrassero sia d’estate sia in tutte le altre
stagioni.
A quella domanda Sabrina non riuscì a resistere e fra le lacrime iniziò a raccontarle
tutto ciò che era accaduto quella mattina, mentre l’amica pensierosa la
lasciava sfogare fra le sue braccia.
Guardò verso la cucina e sorprese Alessandro
che le osservava impassibile.
Valentina gli rispose con uno sguardo
gelido.
–E’ lui?- chiese infine.
-Si - rispose guardando
nella sua direzione –non so cosa fare. Mia madre vorrebbe che lo
presentassi agli altri, ma io non voglio neanche
parlargli.
-Non puoi farci nulla, anzi prima lo fai
prima finirà. Sai che facciamo? Io vado a riunire gli altri per un’assemblea
straordinaria e tu fra un po’ lo porti da noi. Ok? Ci vediamo.- disse e uscì.
Sabrina si asciugò gli occhi e tornò in
cucina, decisa a fare come le aveva suggerito
Valentina.
-Coraggio- si disse –Male che vada mi dirà qualche brutta parolaccia.
-Alessandro
posso parlarti?- gli chiese infine trascinandoselo
dietro senza aspettare la sua risposta.
Arrivarono in soggiorno, nonostante il
ragazzo tentasse in tutti i modi di divincolarsi.
–Insomma cosa vuoi da me?- chiese spazientito quando lei lo lasciò.
-Ascoltami bene- disse
Sabrina. I suoi occhi erano talmente seri che Alessandro non ebbe
il coraggio di interromperla –Tralasciando quello che è successo stamattina, e
non voglio neanche più pensarci, devo comunque dire che sei un ospite, perciò
ho il dovere di essere gentile con te. Ho promesso a tuo zio che ti avrei
aiutato ad ambientarti, quindi ho deciso di… di venirti incontro. L’unico modo
che conosco per farti socializzare qui è di
presentarti gli altri componenti della “summer band”.
-Summer band?
-Siamo un piccolo gruppo di ragazzi e
ragazze, dei quali faccio parte anch’io. Scegliti da solo gli amici, chi ti
sarà più simpatico, chi meno. Questo è tutto quello che posso
– e voglio- fare per te.
-D’accordo - rispose accondiscendente – Ma
sia ben chiaro non voglio che t’intrometta più nelle
mie faccende, ok?
-D’accordo - rispose seria
–Adesso, coraggio, vieni con me.