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Autore: marguerite_murcielago    08/08/2012    3 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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I was looking for the breath of a life
A little touch of a heavenly life
But all the choirs in my head say no, oh oh

(Breath of life, Florence And The Machine)

 

- Portare il cardo a Londra dimostrerà quanto ho asserito a Capodanno, cioè che la Scozia è fragile e violabile quanto la sua Regina – così Elizabeth congedò Arthur ed i suoi uomini, e Catherine riuscì a malapena a non tradire l’angoscia che quel noncurante egocentrismo le causava.
Per la Regina, quell’incursione, quell’azione da guerriglia era un fine per chiarire la sua predominanza su Mary, non si curava molto di chi avrebbe dovuto compiere quel gesto. Henry, nel frattempo, si chinò a baciare la bianca mano della sovrana e, ben interpretando il gesto nervoso che Catherine le rivolse, la raggiunse.
- Milady! – esclamò, gradevolmente sorpreso.
- Sono uscita solo per darvi questo… nella speranza che gradiate avere con voi qualcosa che vi ricordi… che dovete tornare – balbettò lei, ficcandogli nel palmo della mano un anello d’argento smaltato.
- Spero che nessuna bellezza dai capelli rossi vi rapisca, lassù – aggiunse con un sorriso.
- Non riesco a credere di incontrare qualcuno che possa affascinarmi, in Scozia.
- Io mi fido di voi – affermò Catherine, candidamente.
Henry raggiunse i compagni, già a cavallo; non si voltò a salutarla.

 

***

 

Lady Margaret rideva.
- Non fingete! A palazzo non si fa che parlare di voi; lady Mildred è furiosa, mentre lady Amy è precipitata in un mutismo disperato. Siete una delle gentildonne più chiacchierate di corte.
- Scherzate, vero? – Catherine sospirò.
- Potete chiederlo a lady Amy di persona – replicò Margaret, indicando la giovane, che si nascose dietro i lunghi capelli biondo cenere e si allontanò, con passo sconsolato.
- Credete che sir Henry sia semplicemente infatuato?
- Quello che penso, è che voi lo conosciate meglio di me. Io non gli interesso e lui non interessa a me, di questo potete esserne certa – fece una smorfia. Catherine aprì il libro che aveva in grembo, aggrondata.

 

La camera della Regina era piccola e affollata, mancava l’aria.
Elizabeth era inquieta, torturava un fazzoletto sbiadito, ogni tanto colpiva una delle dame con uno schiaffo, oppure rimproverava aspramente i consiglieri che avevano l’ardire di varcare la soglia.
Solo William Cecil era indenne da questi scoppi d’ira: era stato lui a raccontare che la Regina aveva di nuovo la febbre, in modo da scoraggiare eventuali approcci e convincere la cugina scozzese che non aveva né la forza, né la possibilità di ardire complotti e trame contro di lei.
Invece lei rimaneva rinserrata nei suoi appartamenti, torturata dall’ansia, circondata dalle dame e da una cospicua guardia armata.
Era ovvio che, in quest’atmosfera, i cattivi pensieri potessero germogliare come gemme a primavera.
- Lady Catherine, perché non parlate?
- Lady Catherine, è vero che lord Sidney vi ha giurato eterno amore?
- Milady, perché siete così pallida?
- State bene? Siete per caso…
Impazziva, pensando anche ai pericoli che correvano Arthur ed Henry, a Nord.
Passò quasi una settimana, prima che arrivasse un messaggero.

 

***

 

- Lord Arthur Cecil mi manda a dirvi che hanno raggiunto la guarnigione di Berwick e che non potrà mandarvi altri messaggi finché non oltrepasserà nuovamente il confine inglese. Vi dice anche di non preoccuparvi, perché non esiste “un solo dannatissimo scozzese che possa impedirmi di andarmene a gozzovigliare in un pub di Londra”, sue precise parole.
- Non si smentisce mai. Grazie, milord… qualcuno lo accompagni e gli dia cibo e bevande!
Elizabeth abbandonò la stanza, prontamente seguita da Catherine, che sapeva di doverla seguire.
- Sembrate angustiata, eppure lord Pembroke è assolutamente convinto di potervi compiacere senza che accada nulla di irreparabile… - tentò di rassicurarla posandole una mano sull’avambraccio, ma lei la fece scostare con uno schiaffo. Era la prima volta che la trattava in maniera tanto sgarbata, capì che, forse per la prima volta, era davvero sconvolta e preoccupata.
- Cosa posso fare per rendervi meno amara quest’inezia? – la domanda era retorica.
- In cucina lavora uno scozzese che ha nome Harry… lo rammentate? Ha partecipato… - perse la voce, lo sguardo smarrito che vagava oltre il vetro della finestra, per appuntarsi sul cielo nuvoloso.
- L’ho conosciuto, Vostra Grazia – disse Catherine, nella speranza di farla tornare alla questione.
- Davvero? Comunque sia, andate da lui e ditegli di far preparare tre cavalli: il mio e altri due tra i più giovani e freschi per voi e per lui. Ditegli anche di prendere con sé delle armi, sarà la mia unica scorta.
Catherine era incredula: ciò che le stava dicendo la Regina era pericoloso e irragionevole.
- Ma Vostra Maestà… perché dovrà far sellare i cavalli?
- Dovremo andare incontro ad Arthur… ci sposteremo a Pontefract, in gran segreto.
- Qualcuno potrebbe scoprire che viaggiate con un solo uomo a proteggervi, e allora…
Elizabeth sospirò, irritata. – Il castello di Pontefract è governato da un uomo di incrollabile lealtà – disse a denti stretti; la ragazza capì di essersi spinta troppo oltre. Scusandosi, si inchinò e si apprestò a raggiungere Harry, per riferirgli il penoso messaggio.

 

***

 

In cielo si addensavano nuvole opache e pesanti, che gettavano la galleria che stava percorrendo in una deprimente penombra. Catherine camminava velocemente, la fronte aggrottata: un'altra piccola scala e sarebbe arrivata alle cucine.
Un primo lampo si riflesse sul pavimento in legno, cogliendola di sorpresa.
Si fermò un attimo, tendendo l’orecchio per sentire il tuono, invece dall’esterno arrivarono voci alte e concitate, tra cui risaltava quella acuta e stentorea del Marchese di Pembroke. Il cuore cominciò a batterle forte e dovette appoggiarsi ad una bassa credenza, prima che le gambe cedessero; erano già tornati!
Con il cuore in gola si avventò sul chiavistello della porta più vicina, la spalancò e corse nel cortile polveroso; ebbe appena il tempo di notare che non c’era nessun cavallo, nessun Marchese, che il lampo le entrò negli occhi, riflettendosi nelle iridi cristalline, per farle guardare un altro cielo cupo e pregno di pioggia.
Lontano, a Nord. In Scozia.

 

***

 

Il tuono riecheggiò nelle orecchie di Catherine, che scoprì di essere carponi, assistita da lady Margaret e lady Kat Ashley, madida di sudore e pioggia. Le due donne le avevano coperto le spalle con uno scialle.
- Cos’avete visto? – Kat la scosse, facendole ondeggiare la testa avanti e indietro.
- Hanno… hanno il cardo… Arthur è ferito, ma ce la faranno – rispose, serrando gli occhi.
La pioggia le scorreva lungo le tempie, ma pur consapevole che raccontare cos’aveva visto l’avrebbe liberata dall’incubo della visione non disse nulla: ad Elizabeth sarebbe importato solo di Arthur.
- Ne siete sicura? Non vi condurrò dalla Regina finché non ne sarete certa! – gridò Kat, mentre le sue labbra tremavano.
Cercò l’appoggio di lady Margaret, ma gli occhi marroni della donna erano freddi: - Ha ragione.
Come poteva spiegare loro che non sapeva nemmeno cosa temeva di più, se l’innegabile sofferenza fisica di ricercare una visione o la consapevolezza che quello che avrebbe visto…
- No, io non posso – gemette, ma le due donne la fissarono prive di pietà.
Lady Margaret le asciugò il naso con un fazzoletto: - Provateci, milady. È il vostro compito.
Catherine alzò la testa, fissando il vuoto ad occhi sbarrati; come una fiammella nella notte, cercava qualcosa che forse non avrebbe mai visto, mentre il dolore nella sua testa aumentava, diventava nausea e debolezza e febbre.
Uno schiocco nelle orecchie.
Una luce negli occhi.

Fili d’erba contro un lato del volto, il cielo blu e giallastro… le ciglia si avvicinano, s’intrecciano.
Inspirò pesantemente, inarcando la schiena; le mani tremavano come quelle di un vecchio.
- Cosa sta succedendo?
Era la voce di Harry, che la studiava da sopra le spalle di lady Kat.
Lo guardò, stolidamente stupita dalla sua aria preoccupata.
- Cos’avete visto? Stanno davvero tornando a casa?
- Henry è morto.

 

***

 

Elizabeth spostò lo sguardo dalla sua vecchia governante a lady Margaret a Harry, che sosteneva Catherine in modo da non farla crollare al suolo. Lei non riuscì a ricambiare lo sguardo, assomigliava ad un piccolo cumulo di indumenti fradici, sotto cui solo per caso era finita una ragazza. Piangeva.
- Cos’è successo? – domandò in tono ragionevole, rivolta a lei.
A parlare, però, fu lady Margaret.
- Lady Catherine non è in grado di rispondervi, Vostra Grazia; l’abbiamo costretta a forzare…
- Cos’ha visto? – la interruppe la sovrana. Ci fu un attimo di penoso silenzio.
- Lady Catherine ha detto di aver visto lord Pembroke e gli altri che fuggivano attraverso i monti scozzesi… ma sono stati raggiunti da un certo William…
- Wallace – la corresse Elizabeth, piccata.
- Wallace. Ha visto che Arthur è stato ferito ad una gamba, altri uomini uccisi dagli scozzesi, e stava per essere assassinato anche lui, quando gli altri soldati sono intervenuti per proteggerlo. Sono riusciti a farlo salire su un cavallo, però… - lanciò un’occhiata indecisa a Catherine, che si afflosciò ancora di più contro il fianco di Harry. Sospirò, come per darsi la forza di continuare: - Dice che lord Sidney è stato ucciso nel confronto.
Elizabeth sgranò gli occhi e proprio allora Catherine emise un lungo gemito, coprendosi il volto con le mani, e si afflosciò tra le braccia dello scozzese, che riuscì a reggerla senza grandi difficoltà.
- Che Dio abbia pietà delle loro anime – sussurrò la sovrana e si fece il segno della croce. Poi si rivolse a lady Margaret: - Conducete Harry alla stanza di lady Catherine, così che possa riposare. Solo il Signore sa quanto ne abbia bisogno, ora.

 

Harry stese la damigella sul letto, ancora vestita e fradicia.
- Credete che risentirà di tutto questo? – domandò. Lady Margaret faticò a nascondere il nervosismo.
- Nessuno è così forte da sopportare un patimento del genere senza vacillare nemmeno un attimo.
- Mi dispiace così tanto per lei.
Lady Margaret le stese sopra una coperta, dopo averle tolto almeno le scarpe e le calze.
- Potete passarmi quella salvietta, per favore? – le asciugò il viso e la fronte.
Harry rimase in piedi accanto al letto per qualche minuto, prima di ricordare che aveva molti compiti da assolvere. Si congedò e lasciò sole le due donne: - Se n’è andato?
- Siete già sveglia? – Catherine socchiuse le palpebre.
- Non riuscirò a dormire a lungo, temo – sorrise debolmente.
- Posso fare qualcosa per alleviare la vostra sofferenza?
La dama chiuse di nuovo gli occhi. – Infusi di melissa e lavanda. Mi aiutano a combattere l’insonnia.
Lady Margaret le accarezzò la fronte: - Potreste aver sbagliato, o visto qualcosa di incompleto.
- Mi piacerebbe così tanto aver sbagliato.

 

***

 

Il forte di Berwick apparve all’orizzonte, lucido sotto il pallido sole.
Arthur poteva vedere già gli uomini che si affaccendavano sulle mura; sentì un sorriso nascergli sul viso, nonostante i muscoli induriti dalla fatica e dal dolore; il ginocchio mandava fitte violente ad ogni sobbalzo del cavallo, ma non aveva intenzione di fermarsi.
Sperò che Elizabeth avesse deciso di muoversi verso Pontefract: il messaggio in codice doveva essere arrivato già da qualche giorno. Si guardò alle spalle per assicurarsi di non essere seguito da alcuno; solo i suoi uomini lo tallonavano, i loro cavalli non erano prestanti quanto il suo.
- Mi spiace, Hermes – ne accarezzò il collo caldo e sudaticcio e lui scosse il muso coperto di bava, poi affondò le caviglie nei suoi fianchi, costringendolo a galoppare a rotta di collo lungo il pendio erboso.
- Ha! Ha! – anche gli altri cavalieri seguirono il suo esempio, diretti al confine inglese.

 

***

 

Wallace colpì il muro con la mano, trattenendo a stento le lacrime.
- Maledizione! Maledizione! Perfino nel morire riuscite a trascinarmi nel vostro fango.
- Cosa vai dicendo? – Mary gli accarezzò le guance umide di pianto. Wallace scosse il capo.
- Sono riusciti a portarsi via il mio cardo più bello… non sono riuscito a far altro che uccidere un soldato, sono venuto meno al mio giuramento e adesso dovrò andare a Londra per affrontare mio cugino in duello! Come farò? Sono stato uno stupido, mi sono lasciato trascinare dalla soddisfazione.
Mary lo strinse a sé, lasciando che le inzuppasse il colletto dell’abito con la sua disperazione.
- Non andrete… starete qui con me – promise, passando le dita tra i suoi capelli sanguigni.
Wallace negò. – Cose tremende usciranno dal ventre della terra e pioveranno dal cielo se non manterrò la mia promessa; orribili calamità colpiranno la Scozia, è dunque mio compito impedirlo!
- Ma… potresti morire!
Le sorrise, accucciato sulle sue ginocchia come un bambino: - Non sarà un inglese a uccidermi.

 

***

 

Catherine era scivolata in un oblio lilla e giallo, deliziosamente sereno, quando sentì un tocco leggero, di piuma, sullo zigomo. Aprì gli occhi e vide che si trattava di Harry, vestito con un mantello di feltro.
- Perdonatemi, milady, ma Sua Grazia mi ha incaricato di svegliarvi e condurvi alle scuderie. Ci muoviamo per Pontefract e non ha intenzione di ritardare la partenza per consentirvi di assimilare la brutta notizia. Davvero, mi spiace.
Ancora intontita Catherine gettò da parte le coperte, tuffandosi nello spogliatoio; indossò un abito grigio tortora, robusto e comodo, confezionato apposta per eventuali viaggi invernali. Uscì.
Lo scozzese continuava a guardarla con aria preoccupata.
- Non temete, Harry – lo rassicurò, montando in sella – sto e starò bene fino a Pontefract.
Elizabeth l’attendeva in sella al suo castrato bianco, la bocca ridotta ad una cicatrice sottile.
- Oh, finalmente – si mise il cappuccio.
I tre, vestiti come semplici viandanti, oltrepassarono i cancelli di Richmond, i cavalli al passo.
Prima di sparire dalla vista delle sentinelle passarono al trotto, inoltrandosi nelle strade di campagna; qualche miglio dopo spronarono i cavalli al galoppo, con Elizabeth che conduceva il gruppo, il volto bianco come una maschera rivolto alla strada fangosa che scorreva sotto gli zoccoli del cavallo.

   
 
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