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Autore: Ruth Spencer    08/08/2012    7 recensioni
Attesi una sua reazione, ma tutto mi aspettavo, tranne che scoppiasse a ridere.
Smisi di torturarmi i riccioli e gli rifilai un'occhiataccia. -Cosa c'é di tanto divertente?- lo apostrofai. Stavo perdendo la pazienza.
Ero nei guai fino al collo. E tutto per una stupida e-mail.
Avrei volentieri sbattuto la testa al muro per la disperazione. Purtroppo per me, la testa mi serviva eccome in quel momento.
-Allora?- lo incalzai.
Finalmente Louis si decise a parlare. –Mi stai dicendo che ti sei innamorato di una corrispondente anonima per e-mail e che solo ora hai scoperto che si tratta della tua più acerrima rivale a lavoro?-.
Lo guardai confuso.-Più o meno- borbottai.
Louis annuì piano e mi diede una pacca su una spalla con aria afflitta. –Condoglianze, amico-.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
 
                                                                                                                                      Carol;
 
 
Il ragazzo nuovo mi stava creando parecchi problemi. Si chiamava Harry Styles ed era un caso perso.
Faceva gli occhi dolci alla direttrice da quando era arrivato, solo per opportunismo e a me non andava giù.
Gli arrivisti mi nauseavano e lui non era da meno.
Purtroppo per me, aveva tutte le carte in regola per soffiarmi il posto:
Punto 1-Era figo.
Punto 2-Aveva il fondoschiena più sodo che avessi mai visto.
Punto 3-Ci sapeva fare con le donne.
Okay, aveva anche stoffa da vendere, ma io meritavo quel lavoro molto più di lui.
A cinque anni trascorrevo i pomeriggi seduta sulla panchina di vernice verde sull’altro lato della strada, proprio di fronte alla redazione del Daily Mirror, sognando il giorno in cui sarei stata nominata direttrice.
Riuscivo già ad immaginarmi nel ruolo, con gli occhiali dalla montatura spessa sul naso, circondata da scartoffie e matite temperate, dietro una scrivania di legno lucido.
A quindici anni avevo pubblicato il mio primo articolo sul giornalino del liceo, che mi era valso il bacio della vita al ragazzo dei miei sogni al ballo della scuola.
Una settimana dopo, mi aveva scaricata per un’altra.
A venticinque anni, Annie Reed “La Cannibale” mi aveva assunta nel suo giornale a seguito del periodo di prova. Proprio allora avevo pensato che il peggio fosse passato. Mi sbagliavo di grosso.
Durante l’anno trascorso, avevo collezionato notti insonni, telefonate a tutte le ore dalla redazione, articoli-lampo e i rimproveri di una direttrice incallita; mi ero spaccata la schiena e rovinato la vista a forza di leggere e scrivere pezzi per il giornale e finalmente avevo ottenuto la sua fiducia.
Mi aveva assegnato una rubrica. Un giorno come un altro, mi aveva chiamata nel suo ufficio e mentre io tremavo al pensiero del ben servito, lei mi aveva annunciato con quel suo tono di sufficienza che era l’ora che entrassi in azione. Dapprima, la mia rubrica era stata un minuscolo ritaglio in alto, poi sempre più centrale ed importante.
Mi ero fatta valere, avevo dimostrato volontà, ambizione e talento ed ero stata ricompensata.
Ora, sul più bello, spuntava un rivale inaspettato.
Avevo capito sin da subito del pericolo che costituiva e sin da subito, l’avevo odiato con tutta me stessa.
I riccioli castani da dipinto del Michelangelo non mi incantavano, né ci riuscivano gli occhi verdi ed ipnotici o quell’espressione da bravo ragazzo che sfoderava ad ogni occasione.
Gli altri non lo capivano, ma io si. Su cosa si basassero le mie brillante intuizioni era un mistero anche per me.
Sapevo solo che era un poco di buono, che dovevo starne alla larga e contrastarlo il più possibile nella sua ascesa all’interno del giornale. Ne valeva la mia di carriera e come dicevano i latini: “Mors tua, vita mea”.
Feci una smorfia. La stampante proprio non ne voleva sapere.
Mi sporsi dalla mia scrivania. –James, la tua Milly funziona?-.
Millyera la sua “adorata” stampante. Si, avete capito bene: aveva dato un nome a quella macchina infernale.
-Si, oggi è in forma- mi disse tutto allegro. Gli sorrisi.
James era pazzo da legare e gay fino al midollo. In ufficio eravamo inseparabili; durante la pausa, chiacchieravamo davanti la macchinetta del caffè e la sera, a fine lavoro, mi accompagnava a casa cantando qualche vecchia canzone bluse.
Da quando era arrivato Styles però, avevamo già discusso un paio di volte. Coincidenze? No, io li chiamavo segni divini.
Anche per questo non davo confidenza al nuovo: per colpa sua, litigavo con gli amici.
Milly sputò l’ultimo foglio, borbottando irritata come una vecchia caffettiera.
Io afferrai le carte e volai da Emily.
-Buongiorno, ecco l’articolo-. Le consegnai i fogli. Emily era una delle redattrici del giornale e il suo compito era quello di occuparsi della correzione dei testi. L’ultima revisione prima della stesura finale invece spettava solo alla Reed.
-Grazie, Carol-. Abbassò la voce.-Oggi è veramente nervosa. Dobbiamo mandare in stampa il giornale e siamo in un disastroso ritardo…-.
-Scommetto che alla riunione, spiegherà di nuovo “di quanto la competizione con il mondo di Internet sia d’obbligo oggi e di come il Daily Mirror debba restare al passo coi tempi”- recitai, mimando le virgolette.
-Già- convenne Emily in tono lugubre. Inserì il mio pezzo in una cartella e gettò una penna difettosa nel cestino lì accanto.
-Emy, ho l’articolo del giorno-. Non ero stata io a parlare.
Scossi la testa rassegnata.
Harry mi affiancò davanti la scrivania della redattrice e sventolò i fogli spillati con aria soddisfatta.
-Non sai cosa mi sono dovuto inventare per terminare l’articolo in tempo-. Le sorrise ammiccante.
Possibile che ci provasse anche con le quarantenni? Mio. Dio.
Alzai gli occhi al cielo. –Risparmiaci la favola di “Pollicino”-.
-Stavo parlando con Emy- mi rimbeccò lui, senza degnarmi di uno sguardo. EmyEmy?!
Iola conoscevo da più di un anno e non l’avevo mai chiamata in quel modo. Come si permetteva lui di prendersi una simile confidenza?
Mi voltai verso Emily, in cerca della sua approvazione. Rimasi sconvolta.
Non pareva affatto dispiaciuta del nomignolo. Non pareva affatto dispiaciuta di Harry.
Boccheggiai, senza parole.
Merda. Anche Emily era caduta vittima di quel…di quel, quel coso!
Non potevo crederci.
Ascoltai inerme la risatina civettuola della povera Emily. –Immagino quanto sia stato difficile. Grazie mille, mi hai salvata dalla Reed-.
Sollevai un sopracciglio.
Aveva le guance arrossate, sudava e balbettava frasi incoerenti.
No. Semplicemente, mi rifiutavo di credere che la dolce e razionale Emily fosse rimasta intrappolata nella rete del ragno-Harry.
Non come James. Non di nuovo.
Feci dietro front e marciai dritta alla mia scrivania. Avevo visto abbastanza.
 
 
 
 
 
 
 
                                                                                                                                                                   
Harry;
                                                                 

 
 La riunione di redazione era cominciata da cinque minuti e già desideravo che si concludesse.
Annie Reed era incazzata nera. E quando lo era, avevo imparato che era meglio filarsela.
Mi grattai la fronte con il pollice e tornai a fissare i miei appunti per il nuovo articolo.
Nulla di importante, era solo una bozza.
La rilessi rapidamente, scarabocchiando alcune correzione ai bordi del foglio, tanto per impiegare il tempo.
Quando non seppi più come distrarmi, mi limitai ad ascoltare i rimbrotti della direttrice.
-…che non si ripeta più un errore così e…- stava sbraitando, puntando l’indice contro James.
Il ragazzo sembrava a dir poco terrorizzato.
Accanto a lui invece, Carol era lo specchio della tranquillità. Giocherellava con la penna tra le mani, fissando Annie Reed senza batter ciglio.
E non era certo uno scherzo reggere il suo sguardo.
La direttrice era sulla trentina, i capelli bruni e gli occhi penetranti.
Indossava solo e soltanto tailleur e stiletti da dodici centimetri. Avrei scommesso che sarebbe morta per colpa di quelle scarpe, con un colpo alla testa e un trauma celebrale per la caduta.
Nonostante tutto però, sapeva il fatto suo. Era spregiudicata, pragmatica e realista abbastanza per capire cosa pubblicare e cosa no.
Finita la sfuriata, discutemmo della nuova uscita.
James ebbe il coraggio di proporre un articolo su “Il rischio di estinzione dei coleotteri crisomelidi”.
Avrei voluto ridere.
Ovviamente l’idea fu liquidata con un “Fanno tutti gli animalisti, ma la verità è che un articolo del genere non lo leggerebbe nessuno”.
Dopo l’intervento di James, furono assegnate tutte le testate e i pezzi del giorno e la riunione si concluse in dieci minuti.
-L’ammonizione se la poteva risparmiare l’arbitro- osservai deluso davanti alla macchinetta del caffè.
La sera prima, la partita di calcio Manchester United contro Chelsea si era conclusa con due goal di svantaggio per la prima e una sconfitta per tutta la mia famiglia che tifava Manchester.
Dave mischiò per bene lo zucchero. Mi sorrise divertito. –Sarà, ma quello era un fallo bello e buono-.
-Ehi Dave, l’hai vista la partita ieri?- ci interruppe una voce femminile.
Carol passò davanti alla macchinetta, tenendo in equilibrio una pila di giornali e una tazza di caffè bollente. Si fermò ad un passo da noi.
-Sicuro- rispose l’altro sorridendole.
-Li abbiamo stracciati!- esultò la ragazza. Poi mi lanciò un’occhiata sprezzante. –Non sembri molto felice-.
-Oh, lui tifa Manchester- si intromise Dave, indicandomi con il pollice.
Carol rise forte. –Non avevo dubbi-.
Ci superò spedita e arrivata all’angolo,quasi si scontrò con James. 
Guardai il ragazzo che l’aiutava con i giornali e prima che potessi fermarla mi salì alle labbra una curiosità.
-Stanno insieme?- chiesi senza un’apparente motivazione. Che domande erano mai queste? Una volta tanto avrei dovuto farmi gli affari miei.
-Chi?- fece Dave distrattamente.
Indicai con un cenno i due che in quel momento ridevano ad una battuta.
-No!- esclamò di getto.
-Perché?-.
Dave fece spallucce. –James è gay-.
Scoppiai a ridere, versandomi buona parte del caffè sul maglione bordeaux.
Ci vollero quasi tutti i fazzoletti del pacchetto iniziato di Dave per rendermi di nuovo presentabile.
Un’ora dopo, venni a sapere da un’Emily molto preoccupata che la Reed mi aspettava nel suo ufficio.
-Stai attento, Harry- fu l’avvertimento funereo di Dave.
Feci una scrollata di spalle e m’incamminai verso la porta che recava la scritta: “Ufficio della direzione”.
Tirai un respiro profondo e bussai forte. Troppo forte.
-Styles, se volevo farmi buttare giù la porta, chiamavo un fabbro, non ti chiedevo certo di venire nel mio ufficio!- mi giunse la battuta sardonica di Annie Reed, il suono attutito dal muro. –Entra!-.
Stavolta, aprii la porta titubante e la richiusi dietro di me.
Quando mi voltai a guardare la stanza, tutto mi sarei aspettato, tranne che di vedere Carol Hatton in piedi, di fronte alla direttrice.
Che volesse licenziarci entrambi?
O forse, darà la liquidazione alla Hatton e assumerà te senza scadenze, mi suggerì una vocetta nella mia testa. Non era per niente male come soluzione.
-Harry, proprio adesso stavo annunciando a Carol la mia decisione-. Ghignai tra me e me.
-Quale decisione?-.
-Di farvi scrivere nella stessa rubrica-. Di farci scrivere nella stessa rubrica….alt! Come prego?
Impossibile effettuare comando selezionato.
Sgranai gli occhi, allibito.
-Cosa?- mi precedette Carol. La vidi irrigidirsi.
-Sei in difficoltà con la rubrica. Hai troppi articoli a cui dedicarti e questa settimana dobbiamo chiudere il bollettino del cinema. Harry invece ha meno esperienza e tu potrai insegnargli i trucchi del mestiere. Siete i più giovani, ma tra i migliori e voglio che vi aiutiate a vicenda-.
Io e Carol non osammo guardarci.
-Allora? Siete ancora qui? Forza, a lavoro! Qui c’è poco da fare- ci riscosse il tono burbero della Reed.
Con la presenza di spirito di un automa, ruotai di centottanta gradi e spalancai la porta.
Feci per uscire, ma la voce della direttrice mi bloccò sull’uscio.
-Stasera c’è la Serata di Beneficenza per il progetto Onlus. Il Daily Mirror si è sempre distinto per la partecipazione attiva a questo tipo di iniziative. Già ne ho parlato con gli altri e conto sulla presenza di ciascuno di voi-.
Con molta difficoltà riuscii ad annuire. La notizia di scrivere insieme a Carol, mi aveva fatto perdere l’uso delle articolazioni del collo.
Una volta fuori dall’ufficio della direzione, Hatton mi scansò con una spallata e raggiunse le scale a passo di carica.
Sbuffai. Non doveva importarmi che le piacesse o no l’idea di lavorare insieme.
D’altronde non faceva impazzire neanche me.
I colleghi mi lanciarono sguardi apprensivi. –Ci dedicheremo alla stessa rubrica- rassicurai Dave.
-Parlale- mi consigliò lui, senza spostare gli occhi dallo schermo del computer.
-Mm- borbottai poco convinto. –Che stai facendo?- aggiunsi dopo qualche istante.
-Gioco online-.
Mi sporsi per vedere meglio. Ridacchiai. –Lo sai che se ti scopre la Reed, sei fottuto?-.
-Oh certo-.
-Tutto a posto allora-.
Mi feci forza e scesi al piano inferiore, per assicurarmi che Carol non avesse deciso di farla finita.
La trovai davanti alla macchinetta del caffè, fumante di rabbia.
Tirò un cazzotto al distributore. –Contento? Mi hai fregato pure i soldi per il caffè!- se la prese.
Nel vederla così, provai quasi tenerezza. Quasi.
Mi feci avanti, inserendo alcuni penny. -Più che di un caffè, avresti bisogno di un tranquillante-.
Lei mi fulminò con lo sguardo, ma non disse niente.
Abbozzai un sorriso e le porsi il caffè.
-I miei soldi?-.
-Te lo offro- tagliai corto.
Carol esitò un attimo. Poi prese il bicchiere di carta, sfiorando le mie dita.
-In fondo me lo devi-. La guardai con aria interrogativa.
Quando notò la mia espressione, le sfuggì una risata. –Dovrò dividere la mia rubrica con te- spiegò come se fosse un’ovvietà.
-Se non te ne fossi accorta, neanche io muoio dalla voglia di lavorare con te- sbottai in tono acido.
-Certo, ora saresti tu lo sventurato da consolare!- ironizzò lei.
Mi pentii subito della piega che aveva preso il discorso. Guardai altrove. -Non dico questo, ma sembra che sia solo tuo il disturbo…- cercai di rimediare. Troppo tardi.
-Lo è infatti!- mi interruppe. –Tu hai ottenuto la tua rubrica importante, io invece? Un novellino rompipalle da istruire-.
Inavvertitamente si rovesciò un po’ del caffè sui vestiti.
-Non è possibile!- gemette, guardandosi la camicetta macchiata.
La coincidenza mi fece sorridere.
Poi mi ricordai di avere ancora in tasca gli ultimi fazzoletti di Dave. Li tirai fuori e glieli offrii.
Li afferrò di malavoglia e iniziò a tamponarli sull’alone scuro.
-Sembra proprio che il tuo nervosismo dipenda da me- la provocai.
Lei mi inchiodò con lo sguardo. –Ti dai troppo importanza, Styles-.
Quando si girò per tornare in ufficio, le feci il verso sottovoce.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
MY SPACE: Ecco qui il  secondo capitolo!!!!!
Finalmente abbiamo fatto chiarezza su molti aspetti della vita dei due protagonisti.
Il prossimo sarà incentrato per lo più sul ricevimento di cui si è parlato già...e chissà u.u
Dunque, pare proprio che Harry e Carol siano costretti a lavorare insieme. La rubrica di Carol (nella storia per ora l'ho solo accennato), riguarda il cinema e le recensioni sui film. Si capirà bene in seguito.
Per chi si chiedesse che fine abbia fatto il resto della band, non temete perchè entreranno in scena molto presto ;)...ed ora vi lascio, perchè ho sonno e questo pc mi sta facendo impazzire!!!
Ringrazio

DirectionerIsMyName

che è stata la prima a recensire questa FF e speriamo non l'unica.
Sappiate che mi fa sempre tanto tanto piacere leggere le vostre opinioni. Perciò, se volete, lasciate una piccola recensione.

Bacissimiiiiii <3

  
   
 
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