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Autore: F13    09/08/2012    2 recensioni
Azraphel, quel giorno, aveva perso le chiavi della nuova macchina di Crowley e tanto bastava per minare le basi del suo spicchio di mondo felice a forma di libreria popolato da piccoli hobby noiosi
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: Partecipa alla Maratona in Piscina organizzata da Piscinadiprompt!
oltreutto sbrodolo amore per Kuruccha che ha lanciato questo magnifico prompt XD
nel caso improbabile che a fine fic qualcuno se lo sia domandato: sì il reverendo Wellington alleva kakapo ma questa è una cosa privata tra me è kiu XD
Prompt: Good Omens, Crowley & Azraphel, Perdere le chiavi della macchina
Beta: Kiu & Dantah
Wordcount: 2637
Rating: G
Avvertimenti: Oneshot,

Azraphel a occhi esterni appare, nemmeno troppo casualmente, come una persona posata, magari un po' ingenua e particolarmente puntigliosa, insomma sicuramente non qualcuno da invitare a una festa scatenata ma nemmeno una persona sgradevole, una definizione nient'affatto fuori luogo per un piccolo e schivo libraio di Londra.
La verità però è che Azraphel, nonostante i millenni passati sulla terra, rimane sempre un angelo e buona parte delle caratteristiche che i comuni mortali possono immaginare guardandolo sono in realtà frutto di una facciata perfezionata con i secoli nell' obbiettivo di mescolarsi al genere umano e riuscire al contempo a rimanerne abbastanza ai margini (escludendo la puntigliosità che invece è una peculiarità intrinseca del nostro angelo, indipendentemente dal suo trovarsi o meno sul piano etereo del esistenza).

Ma anche i migliori attori di tanto in tanto escono dal proprio personaggio, anche quelli che hanno avuto millenni per provare e quasi si dimenticano della propria vera identità indignandosi come veri e autentici esseri umani davanti alla complessità della dichiarazione dei redditi o a un cliente che non rispetta gli orari del negozio.

Uno dei momenti in cui la compostezza e di conseguenza l’interpretazione di Azraphel è stata messa alla prova era sicuramente stato l’acquisto da parte di Crowley della Bentley, non tanto per il fatto in sé, certo il demone andava in giro a vantarsi e pavoneggiarsi della sua auto in maniera rimarchevole, ma non era stato questo a turbare Azraphel.

Anche se, ovviamente, l’auto e il demone avevano avuto un ruolo fondamentale. Azraphel, nel momento citato, li aveva ritenuti entrambi colpevoli di buona parte delle brutture del mondo, e se possiamo affermare che la Bentley era allora e sarà negli eventi futuri sommariamente innocente, lo stesso non possiamo dire per il demone.

Azraphel, quel giorno, aveva perso le chiavi della nuova macchina di Crowley e tanto bastava per minare le basi del suo spicchio di mondo felice a forma di libreria popolato da piccoli hobby noiosi.

Un osservatore casuale che si fosse incautamente trovato a passare in quella mattina davanti alla libreria di Azraphel avrebbe potuto vedere come la consueta immobilità e polverosità libresca, tipicamente osservabile dalla vetrina del negozio, fosse turbata dall’angosciante fervore e moto quasi compulsivo del proprietario che si affannava da uno scaffale all’altro spostando con attenzione i libri da ogni ripiano per poi riporveli( occasionalmente spolverandoli, perché dopotutto Azraphel è un’entità precisa e metodica) senza che, in effetti, il suo agire centrasse in qualche modo con il fare ordine.
In effetti Azraphel faceva raramente ordine sui suoi scaffali in quanto la cosa aiutava i possibili acquirenti a trovare il volume che li interessava.

I pensieri che stavano affliggendo la mente di Azraphel mentre rivoluzionava la sua libreria nella disperata speranza che le diaboliche, è il caso di dirlo, chiavi apparissero dietro un volume come per magia, orbitavano attorno a due principali poli.
Innanzi tutto l’assurdità del fatto che lui, un angelo, si stesse tanto preoccupando per il destino di una cosa di un demone, una mera proprietà materiale oltretutto, qualcosa che per esseri eterei come loro non avrebbe dovuto avere peso. Partendo da questo ragionamento, ciclicamente l’angelo tornava alla seconda parte del suo dilemma, ovvero un subdolo e sibilane senso di colpa che gli sussurrava ripetutamente che sì, Crowley era il nemico, ma nonostante questo era paradossalmente sempre stato abbastanza leale e affidabile per essere un demone, oltretutto, Azraphel doveva ammetterlo, il perdere le chiavi dell’auto della parte avversaria non è che fosse poi questo gran colpo per arginare i piani del maligno.
Per quanto riguarda poi la parte del “mero bene materiale” l’angelo doveva riconoscere che anche lui aveva un rapporto un po’ al di là dell’appropriato distacco con molti dei volumi della sua libreria, di conseguenza non si sentiva nella posizione migliore per apostrofare moralmente qualcun altro, neanche un demone frivolo e spendaccione.

E a Crowley quella macchina piaceva così tanto.

Non che il demone gli avesse in qualche maniera affidato le chiavi della macchina, semplicemente quel giorno era spuntato nella mattinata di Azraphel in maniera rumorosa, sproloquiando sull’importanza di essere mattinieri (nell’offrirgli la colazione) e, appunto, sulle mille infinitesimali caratteristiche e dettagli che rendevano quell’auto diversa dalle altre milioni di auto prodotte dagli umani. Solo che tra l’una e l’altra cosa prima di correre via masticando un imprecazione per un improbabile ritardo ( per che tipo di impegno Azraphel non se lo era voluto chiedere), aveva lasciato le chiavi sul bancone della libreria, lo stesso bancone dove adesso faceva bella mostra di se l’assoluta assenza delle sunnominate chiavi.

La campanella sulla porta suonò, annunciando l’ingresso di un cliente, terrorizzando Azraphel che per un istante temette che fosse invece ritornato il demone. A posteriori è lecito dire che sarebbe quasi stato meglio se fosse entrato Crowley in quel momento.

“Oh! Signor Azraphel sta mettendo in ordine l’archivio! Se non le è di peso già che c’è potrebbe cercarmi quella edizione della Bibbia di cui avevamo parlato il mese scorso?” Breve pausa da parte del proprietario della voce tremendamente petulante che si era appena a aggiunta alle sventure dell’angelo “Rammenta? quella che era in vetrina che poi non ricorda più dove sia stata messa.”

Bisogna ammettere che non è vero che Azraphel sia propriamente scorbutico o scortese con i suoi clienti. Nella gran parte dei casi si garantisce la minima affluenza possibile di acquirenti nel suo negozio. In primo luogo, vendendo prodotti che interessano a pochi (i libri), oltretutto un genere di prodotti ulteriormente di nicchia( testi antichi ed edizioni pregiate) e per coloro che perseverano di solito bastava la sua ferrea incapacità di venire incontro a qualsivoglia esigenza del cliente, nessuna possibilità di acconto, pagamento solo in contanti, nessun ordine (il tutto ovviamente con orari di apertura che rivaleggiano con quelli degli uffici protocollo delle poste centrali: brevi e senza alcuna logica).

Ecco raramente, davvero raramente, qualcuno continua a insistere nel tentativo di voler diventare proprietario di uno dei suoi libri. Eppure qualcuno resiste. Il Reverendo Wellington era uno dei più tenaci estimatori di libri che Azraphel avesse avuto il dispiacere di incontrare nella sua lunga vita e da qualche mese era diventato anche una spina nel fianco dell’angelo, il quale aveva anche accarezzato l’idea di rassegnarsi ad usare una qualche spintarella sovrannaturale per allontanare il religioso dai suoi libri.

Il Reverendo era la metaforica goccia che stava facendo traboccare il vaso della sua pazienza, sì angelica, ma non infinita.

“Hem… salve, signor… scusi reverendo Wellington, il fatto è che non starei propriamente riordinando, ma sarei terribilmente impegnato al momento, se potesse ripassare un'altra volta”

Qualcosa che la dice lunga sulla personalità di Azraphel, è il suo rapporto con i religiosi di qualunque ordine e grado. Non si può dire che lo infastidissero nel pieno senso del termine , ma si sentiva sempre leggermente a disagio a parlare con loro, come un laureato in fisica nucleare costretto a spiegare a dei ragazzini delle medie perché il cielo sia blu e perché sia necessario studiare tanto nella via.

È utile sottolineare una differenza fondamentale che passava tra il rapporto di Azraphel con il genere umano e quello di Crowley. Mentre per Crowley il mondo terreno era essenzialmente un parco giochi inframezzato da qualche impegno lavorativo o lunghi periodi di noia, e per i seguaci della sua fazione il demone ha sempre nutrito più imbarazzo che qualche tipo di senso di colpa, Azraphel sapeva, in coscienza, di essere sulla terra con il vago scopo di fare del bene e di doverlo in linea teorica farlo attivamente.

La cosa un po’ gli pesava, perché, sotto sotto, era consapevole che gestire un piccolo negozio di libri e sporadicamente influenzare qualche decisione umana non rientrava esattamente sotto la voce “ essere attivo per il fronte del bene”. Questo lo portava ad avere relazioni particolarmente conflittuali con gli esseri umani, verso i quali si sentiva sottilmente in debito di qualche buona azione arretrata.

Su questo presupposto si può capire che quanto segue farà sentire Azraphel particolarmente in colpa verso Mr. Wellington in un secondo momento.

“Non sta riordinando? Davvero? Bhe ma non credo le dispiacerà se mentre lei continua a “non riordinare”io rimango qui a guardarmi un po’ in giro, non sia mai che mi capiti sott’occhio la mia Bibbia.”

Probabilmente fu il sottolineare con troppa ironia il fatto che Azraphel pretendesse di non stare riordinando, oppure quel “mia” riferito a un testo che Azraphel non avrebbe mollato facilmente, ma il filo che stava sostenendo la cortesia di Azraphel si spezzò inesorabilmente e qualcosa nella postura e nella voce dell’angelo avrebbe dovuto far notare all’uomo che era giusto il momento di fare qualunque cosa l’altro avesse detto.

“Signor Wellington in realtà sì, la sua presenza qui in questo momento mi disturberebbe non poco, la pregherei di uscire, il negozio sta chiudendo.”

Alcuni però non sono abbastanza percettivi da cogliere al volo certi suggerimenti.

“Mi sta prendendo in giro vero? Lei non vuole vendermi quel libro, lo ammetta! Le hanno offerto di più? Mi dica la cifra!...”

Lo slancio indignato del sacerdote sarebbe potuto andare avanti, magari a lungo, ma quasi senza accorgersene consciamente, Azraphel schioccò le dita e improvvisamente lo spazio davanti a lui non fu più occupato da un piccolo uomo con la faccia rossa per l’indignazione ma da un mucchietto di atomi freschi e nuovi di zecca.

Ovviamente un secondo dopo la coscienza di Azraphel gli bussò metaforicamente alle spalle ricordandogli cosa era giusto e cosa sbagliato, cosa era una buona e cosa una cattiva azione e, soprattutto, che ASSOLUTAMENTE non si teletrasportano umani innocenti lontano solo perché sono insistenti.

Un successivo schiocco di dita richiamò il reverendo Wellington in Inghilterra da dovunque si fosse trovato in quei pochi attimi, naturalmente con la differenza che lo riportò fuori dalla porta del negozio che ora risultava magicamente chiusa a chiave e provvista di cartellino “Chiuso”.

Passiamo un momento invece a come si stava svolgendo invece la giornata di Crowley, che, dopo aver parcheggiato quella mattina davanti al negozio di Azraphel, averlo costretto ad aprire in anticipo il negozio ed a offrirgli una cioccolata calda, si era impegnato a svolgere insondabili e probabilmente oscure commissioni che lo avevo costretto a trascinarsi in qualche vicolo sperduto di Londra, rigorosamente senza auto, fatto che lo aveva seccato notevolmente ma non aveva avuto assolutamente voglia di mettersi in discussione con Hastur.

Ora stava tornando con baldanza verso il suo punto di partenza per recuperare la sua macchina e infastidire la sua parte avversaria.

In effetti tornava sopratutto per recuperare la sua magnifica nuova auto, splendidamente nera, splendidamente nuova e rigorosamente ancora priva di influenze musicali marchiate “Freddy Mercury” e magari ricordare ancora una volta ad Azraphel di quanto fosse nuova, nera, e splendente la sua auto.

E avrebbe seguito tranquillamente le sue intenzioni se non avesse trovato piantato davanti al negozio di Azraphel la figura schiumante e irritata di un sacerdote di mezza età in abito talare, che continuava a picchiare sulla porta del negozio dell’angelo.

“Signor Azraphel!!! Signor Azraphel mi apra!!”

Crowley guardò la scena per qualche secondo, augurandosi come sempre che gli ostacoli si rimuovessero spontaneamente dalla sua strada senza costringerlo a farlo di persona e, dato che sin dall’inizio dei tempi si era sempre fatto meno problemi di Azraphel, verso grossomodo qualunque cosa, schioccò semplicemente le dita spedendo l’ostacolo che gli impediva di entrare in un qualche luogo casuale del pianeta terra.

E sbloccando la serratura entrò leggermente perplesso nel negozio, domandandosi chi fosse il disturbatore in tonaca e soprattutto cosa fosse successo ad Azraphel per chiudere qualcuno fuori dal negozio. L’angelo tendeva a essere sempre eccessivamente buono verso gli esseri umani, lo pensava da sempre.

“Hey, angelo! come va? C’era un tizio che stava cercando di sfondarti la porta, uno dei tuoi fra l’altro. Tranquillo me ne sono già occupato, sicuramente ora è in un posto migliore. Probabilmente.”

A quella frase Crowley vide l’altro girarsi con uno sguardo in bilico tra il colpevole e l’angosciato che un po’ preoccupò il demone, anche se non avrebbe mai ammesso la cosa.

Azraphel che da parte sua stava ancora cercando di elaborare il fatto di aver smaterializzato qualcuno solo per mera irritazione, alle parole di Crowley perse un paio di gradi di colore più per riflesso incondizionato che per reale reazione fisiologica. E un angolino remoto della sua psiche si chiese se fosse per il probabile orribile destino del prete o per quella che sarebbe stata la reazione di Crowley quando sarebbe stato costretto a dirgli di aver perso le chiavi della Bentley.

Probabilmente in quell’angolino remoto della sua psiche Azraphel ci rimase un po’ più a lungo del necessario perché quando tornò in se, Crowley stava agitandogli la mano davanti agli occhi con uno sguardo tra il derisorio e il preoccupato.

“Hey terra chiama angelo! Sei pregato di ritornare quaggiù fra noi peccatori”

Bhe.. certe cose non si potevano rimandare di molto.

“Sì, ecco, Crowley dovrei parlarti un attimo.”

Crowley alzò un sopracciglio in un momento di tremenda perplessità, domandandosi quanto fosse grave la cosa di cui dovevano parlare per non far lamentare Azraphel delle sue prese in giro (e domandandosi anche quanto si sarebbe potuto spingere oltre nell’infastidire l’angelo in quel momento di particolare remissività, era pur sempre un demone).

“D’accordo, se proprio ne va del destino del pianeta ti ascolto, vieni, ho giusto un po’ di tempo, non ho prenotato al Ritz ed è quasi ora di pranzo, potremmo andare a mangiare mentre ne parliamo.”

Detto questo girò sui tacchi e si diresse ad ampie falcate verso la porta del negozio (e di conseguenza verso la sua macchina) senza nemmeno controllare che l’altro lo seguisse. Azraphel in effetti lo seguiva, un po’ pessimista rispetto al prossimo futuro, ma lo seguiva, almeno fino alla macchina dove si inchiodò a un paio di metri di distanza.

“Crowley senti dovrei davvero parlarti di una cosa.”

“Sì , angelo,l’ho capito ma, se permetti, qualunque cosa sia, ne parleremo con calma davanti a un buon vino e qualcosa da mangiare. Dai sali in macchina.”

E prima che Azraphel potesse prendere parola di nuovo per dire qualcosa che sarebbe potuto suonare come un “il punto è proprio la tu macchina, ho perso le tue chiavi” o variazioni sul tema, Crowley schioccò le dita con naturalezza facendo scattare la serratura e spalancando la portiera, prendendo posto sul sedile del guidatore.

Azraphel gelò sul posto dandosi privatamente dello stupido per tutta una serie di ragioni validissime e mentre Crowley si affacciò al finestrino spronandolo a salire, cercò di inventarsi qualcosa di abbastanza ragionevole per spiegare le sue azioni senza chiamare lontanamente in causa le chiavi di quella benedetta auto. Avrebbe pensato in seguito a sentirsi in colpa per la bugia, ed anche a rimproverarsi per lo stesso senso di colpa, in quanto, almeno a suo avviso, mentire a un demone dovrebbe essere depenalizzato alla base nel grande metro della coscienza celeste.

In sostanza delle chiavi della Bentley non se ne seppe più nulla per diversi decenni ( riemersero in effetti durante un raptus di archiviazione dei registri contabili del negozio ma ormai erano diventate un fatto anacronistico). Azraphel sporadicamente sente ancora uno sfocato senso di colpa nei confronti del demone affiorargli la coscienza, ma oramai è diventato un esperto nel guardare dall’altro lato, dopotutto né la Bentley ne Crowley sembrano aver mai accusato la perdita di quel insignificante mazzo di chiavi.

E se a qualcuno può interessare qualcosa del destino del reverendo Wellington dopo essere riapparso misteriosamente in una zona periferica della Nuova Zelanda, decise di mettervi radici e aprire un allevamento di volatili, negli anni sviluppò una strana paranoia relativa alle librerie e agli uomini che indossano occhiali scuri, ma nel complesso il resto della sua vita non è stato poi tanto male.

   
 
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