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Autore: _ L a l a    10/08/2012    4 recensioni
Esattamente a metà strada tra la sua macchina fotografica e Kanda c’era il ragazzo più bello che Lavi avesse mai visto. No, in realtà Lavi aveva visto un sacco di ragazzi sicuramente molto più belli e affascinanti, ma quello, Dio, sembrava un angelo. Vestito da cameriere, però.
OS Laven scritta per il compleanno di quel Coniglio Idiota di Lavi :3 Baka Usagi, anche se la Hoshino sembra averti dimenticato, noi ti amiamo lo stesso! AU!
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Brutte abitudini.

 

Lavi ha la brutta abitudine di portarsi sempre appresso la sua macchina fotografica, la reflex nikon d3000 che si è fatto regalare un Natale, dal Vecchio - sostenendo che, così, non si sarebbe dimenticato sempre tutto come faceva lui.

(oltre alla reflex, quell’anno, il Vecchio gli aveva regalato anche una bella padellata in testa e un sacco di botte.)

Se la tiene sempre appesa al collo, e anche i suoi amici, che all’inizio lo prendevano in giro, dopo un po’ non c’hanno più fatto caso – no, Kanda no. Kanda continua a lanciargli frecciatine  e a dirgli che, al prossimo “Yuu-chan!” gliela spaccherà a katanate.

Parenti e amici vari, ovviamente, s’erano chiesti il perché di questa sua fissazione. L’unica risposta coerente e seria che Lavi sia mai riuscito a dare – in un momento di non-sobrietà, tra l’altro – è stata: è po’ come se fosse l’altro occhio. (perché si, Lavi ha un occhio solo. L’altro lo tiene coperto da una benda che, a dir suo, gli dona un’aria figa. Secondo Kanda è solamente ridicolo)

In qualsiasi caso, non c’era verso che Lavi se la dimenticasse a casa, la sua amatissima reflex, tanto che neanche i professori protestavano più se lo vedevano scattare qualche foto in classe – a patto di non essere nel pieno della lezione.

Quindi, non era troppo sorprendente che anche quel giorno, Lavi, fosse in giro con la reflex puntata sul mondo e i capelli rossi scarmigliati dal vento. E neanche il fatto che Kanda stesse sbraitando contro di lui, era una novità.

L’unica cosa degna di nota era il freddo, che aveva già fatto mimetizzare le orecchie di Lavi tra i suoi capelli e aveva già portato Kanda oltre il suo – esiguo – limite di pazienza.

Adesso, nessuno ha mai capito che cosa Lavi trovi in Kanda né perché continui a trascinarselo in giro; ma Lavi è strano, lo sanno tutti , e nessuno è rimasto troppo sorpreso quando ha eletto Kanda a suo migliore amico senza nemmeno chiedere al diretto interessato. La cosa stupefacente è che Kanda, dopo anni di rincorse, insulti e minacce, botte e davvero poche risate (condivise, s’intende: Lavi ride sempre, non fa altro che ridere), non si sia ancora stancato di sopportarlo e non l’abbia fatto a fette.

Il fatto è che anche Kanda non è mai riuscito a spiegarsi perchè, quindi ha aggirato il problema limitandosi a patire ogni qual volta Lavi gli ronzi intorno – ossia sempre. Kanda andrebbe fatto martire.

Ma se c’è una cosa che Kanda odia davvero dal profondo dal suo cuore, è il freddo – e il caldo. E il vento che gli scompiglia i capelli. E le strade affollate. E lo smog. E la pioggia. E… - quindi, dopo mezz’ora di insulti diretti a chiunque, prese Lavi per l’orribile sciarpa arancione, quella che non si sa bene da dove è spuntata fuori ma da cui Lavi non si separa mai, e lo trascinò con poca grazia dentro il primo bar che trovò.

Il rosso si limitò a seguirlo, trotterellando contento e scattando foto a qualsiasi cosa interessante potesse capitargli sotto l’obbiettivo. Cioè più o meno tutto.

 

Il bar era pieno, e ai tavolini era seduto praticamente mezzo mondo, dalle coppiette in pieno approccio, alle compagnie di amici troppo numerose per lo spazio minimo dei tavoli, passando alle vecchiette tutte prese a parlare del passato, per poi arrivare agli uomini d’affari e alle famiglie.

In questa accozzaglia di persone, Lavi e Kanda si fecero strada fino ad un tavolino libero, nascosto in un angolo, da dove Lavi avrebbe potuto fotografare tutti tranquillamente se solo non avesse saputo che era invasione della privacy altrui.

Non che poi lui ci facesse molto, con le sue foto. Si limitava a scaricarle tutte sul suo portatile, per poi smistarle nelle varie cartelle e rinominarle con il giorno in cui erano state scattate, così da non dimenticarsi niente per davvero. Ogni tanto ne eliminava qualcuna, quelle venute male o che non gli piacevano, ma raramente le rendeva pubbliche. Linalee l’aveva costretto ad aprire un blog, che lui aggiornava solo di tanto in tanto e solo con fotografie che non gli interessavano particolarmente, perché pensare di condividere le sue foto con altri gli faceva strano – altri che non fossero Kanda o Linalee, beninteso. - Le migliori, quelle di cui andava fiero o quelle dove c’erano i suoi amici, le stampava e le appendeva al muro, sopra il suo letto, e prima di dormire le guardava sempre.

Una cameriera dall’aria impacciata e i lunghi capelli castani venne a prendere le loro ordinazioni dopo un quarto d’ora buono, durante il quale Kanda aveva già perso e riacquistato la pazienza più di una volta. Lavi, la macchina fotografica davanti a sé, si era limitato a sorridere come suo solito mentre faceva scorrere le foto fatte in quel pomeriggio di fine novembre senza compiti da fare.

Ordinarono un cappuccino e un thè, e la cameriera se ne andò mormorando duemila e più scuse per averli fatti aspettare così tanto. Lavi alzò uno sguardo ridente su Kanda, sicuramente deciso ad infastidirlo come al solito, ma i suoi occhi si fermarono a metà strada. E lì rimasero.

Esattamente a metà strada tra la sua macchina fotografica e Kanda c’era il ragazzo più bello che Lavi avesse mai visto. No, in realtà Lavi aveva visto un sacco di ragazzi sicuramente molto più belli e affascinanti, ma quello, Dio, sembrava un angelo. Vestito da cameriere, però.

Sicuramente più piccolo di lui di almeno due anni, con gli occhi grandi e azzurri ed un sorriso che avrebbe fatto sciogliere anche un sasso . Certo, quei capelli bianchi erano un po’ disarmanti, ma erano anche la causa principale della sua aria da angelo. Doveva essere albino. O tinto. In qualsiasi caso adorabile, con quel suo faccino gentile e la divisa del bar.

- .. Lavi? – lo chiamò Kanda, sollevando un sopracciglio. Lavi, senza neanche accorgersi che l’altro l’aveva chiamato per nome e non con qualche soprannome-insulto, sospirò, lo sguardo che seguiva i movimenti aggraziati del cameriere-visione.

- Yuu – sospirò ancora, con aria sognante, mentre il cameriere sgusciava dietro il bancone per preparare qualsiasi cosa dovesse preparare. – credo di essermi innamorato. -  e solo l’ultima frase lo salvò dal colpo che Kanda stava per tirargli come punizione per averlo chiamato per nome.

Kanda, congelato sul posto, si decise infine a seguire la traiettoria dello sguardo di Lavi. E per qualche attimo rimase interdetto, siccome al bancone c’era una fila chilometrica di gente e le sue possibilità di individuare l’oggetto dei vaneggiamenti dell’amico erano davvero poche. Poi lo vide e tutti i suoi dubbi svanirono.

- oh, stai scherzando vero? – ringhiò, guardando in cagnesco il ragazzino dietro il bancone che sorrideva gentilmente ad una cliente. – quello è una mammoletta! –

- quello è un angelo, Yuu! – esclamò infervorato Lavi, beccandosi un colpo in testa. Lanciò un’occhiata offesa all’altro, che lo guardò con sufficienza.

- e non chiamarmi Yuu – aggiunse, tanto per non smentirsi. Lavi gli sorrise, ebete. La cameriera arrivò con le loro ordinazioni, rischiando di farle cadere a terra e filando via subito quando Kanda le lanciò un’occhiataccia.

- non spaventare la gente, Yuu – lo ammonì il rosso, beccandosi un’occhiata stizzita. – altrimenti nessuno s’innamorerà mai di te al primo sguardo –

E i suoi occhi tornano a cercare il corpo agile del ragazzino, memorizzandolo in ogni sua movenza. Poi, con un gesto repentino, afferrò la reflex e gli scattò una, due, tre foto per essere sicuri. Kanda tentò di mantenere la calma.

- neanche sai il suo nome, Coniglio Idiota! – gli sibilò inviperito. Lavi alzò le spalle, sorridendogli bonario.

- e quindi? Fotografo un sacco di gente di cui non so il nome, non vedo che differenza faccia. –

Il giapponese alzò gli occhi al cielo e, per quanto fosse contrario ai suoi principi, cercò un discorso qualsiasi per distogliere l’attenzione di Lavi da quel ragazzino. Non che gl’interessasse, comunque. Semplicemente, non sopportava quel tizio a pelle. Sorrideva troppo e sprizzava gentilezza da tutti i pori. Odioso.

Quando, finalmente, uscirono dal bar, dopo un’oretta trascorsa tra le chiacchiere inutili di Lavi e i brontolii di Kanda, il ragazzino dai capelli bianchi era già scomparso. Probabilmente il suo turno era finito, e alla cassa c’era uno strano tizio dal ciuffo bianco che avrebbe fatto concorrenza a Dracula. Lavi fece una foto anche a lui.

 

Lavi passò la settimana successiva a mangiarsi le mani pensando a quel ragazzino. Arrivò a stampare la foto venuta meglio e a tenersela sotto il cuscino. Kanda la passò ad insultarlo, ma non fu tutta questa novità, dopotutto. Linalee, la quasi-forse-ragazza di Kanda nonché amica d’infanzia di Lavi, si divertì a passarla cercando di creare un piano per perfetto per far incontrare Lavi e la mammoletta, come lo chiamava Kanda.

Così, un pomeriggio, Lavi si ritrovò davanti allo stesso identico bar, la sacca dei compiti che pesava sulla spalla destra, il laccio della macchina fotografica attorcigliato alla sciarpa e il giubbotto verde militare che aveva ripescato con gioia dall’armadio due giorni prima, visto che pensava di averlo perso.

Lavi ha la brutta abitudine di pensare troppo quando non deve. Spesso si perde in infiniti giri mentali che non fanno altro che confondere inutilmente situazioni semplicissime. Forse è per questo che, quel pomeriggio, Lavi tentennava davanti all’entrata del locale, passando il peso da un piede all’altro e mordicchiando nervoso il bordo della sciarpa.

Faceva troppo freddo per aspettare Kanda e Linalee lì fuori, certo, ma entrare da solo voleva dire fissare spudoratamente e senza alcuna scusa il ragazzino dai capelli bianchi. Alla fine, dopo un paio di minuti passati in profonde riflessioni, decise che non c’era nulla di male ad entrare e che magari, ad un secondo sguardo, il ragazzino si sarebbe rivelato meno attraente. E poi, sebbene avessero deciso di trovarsi lì con la scusa dei compiti, sapeva che Linalee e Kanda erano ben lungi dall’idea di farli davvero; e lui doveva risolverle, in qualche modo, quelle equazioni. Non che avesse qualche problema a capirle, Lavi era il primo della classe in tutte le materie, anche in quelle inesistenti, ma gli dava fastidio fare gli esercizi di fretta prima dell’entrata del prof.

Così, preso un profondo respiro e armatosi di coraggio neanche stesse andando in guerra, il rosso varcò con aria battagliera la porta del bar, sedendosi ad un tavolino subito sotto le finestre appannate.

Si tolse il giubbotto, e districò con calma la macchina fotografica dalla sciarpa, prima di appoggiare entrambe contro il muro. Infine frugò nella propria cartella fino a trovare gli esercizi di matematica ed una matita.

Stava giusto concludendo con successo la seconda equazione, quando un’ombra si stagliò alle sue spalle.

- pensavo fossi un fotografo. – commentò con interesse una voce argentina, che lo fece sobbalzare. Il rosso si voltò, incontrando infine lo sguardo gentile del cameriere-miraggio.

No, Lavi dovette ammettere che, ad un secondo sguardo, l’altro sembrava ancora più bello dell’ultima volta. E dovette ammettere anche di sentirsi come una ragazzina alla sua prima cotta – ma a Kanda non l’avrebbe mai detto, no. 

- eh? – fu l’unica cosa che il suo cervello riuscì ad articolare. Il ragazzino si spostò leggermente, in modo che Lavi non dovesse più stare girato per guardarlo. Poi accennò alla macchina fotografica con la testa.

- l’altro giorno, quando sei entrato, dico – gli disse, con la naturalezza di chi è abituato ad avere a che fare con un sacco di persone tutti i giorni e ad essere gentile con tutti – con quella macchina fotografica lì e da come la trattavi, sembravi un fotografo professionale. Non uno studente –

- ah. Eh. ah, no. è solo un hobby – balbettò Lavi sconclusionatamente, mentre nel suo cervello delle scimmie facevano festa gridando: “mi ha notato l’altro giorno! Mi ha notato!”

- dev’essere bello – continuò l’albino, picchiettandosi pensosamente la penna per le ordinazioni sulle labbra. Labbra che Lavi fissò spudoratamente sperando che l’altro non lo notasse.  Annuì, tanto per non sembrare completamente idiota.

L’albino sospirò, socchiudendo gli occhi azzurri.

- vabbè. Ordini?- gli chiese, con un sorriso che lo abbagliò completamente. Lavi tentò di collegare il cervello.

- ah. Uh. No, aspetto degli amici –

- va bene – annuì il cameriere, facendo per andarsene. Lavi si rese improvvisamente conto che, con davanti Kanda e Linalee non avrebbe osato parlargli neanche sotto tortura quindi:

- ehi! –  lo richiamò, facendolo voltare. – io mi chiamo Lavi. – gli disse.

Stupido, stupido. Si maledì, trattenendo a stento la voglia di picchiare ripetutamente la fronte sul legno del tavolo.  Tra tutte le frasi ad effetto che potevi dire, proprio quel patetico “io mi chiamo Lavi”, dovevi tirar fuori.

Ma il ragazzino, al posto di scoppiargli a ridere in faccia – come Lavi stesso avrebbe fatto, d’altronde – gli sorrise gentilmente.

- Allen. – disse, senza che Lavi ponesse alcuna domanda. – e mi piacerebbe guardare qualcuna delle tue foto, la prossima volta, Lavi

Lavi rimase a bocca aperta, mentre Allen scivolava via tra i tavoli. Quel ragazzino dall’aria così innocente non poteva aver davvero pronunciato una frase del genere. Non poteva, capite, perché nella testa di Lavi era come se l’altro gli avesse chiesto di fargli vedere la collezione di quelchecaspitaera che si trovava in camera sua, esattamente sul letto. E non poteva aver pronunciato il suo nome in quel modo. No, Lavi si stava sicuramente sbagliando.

Allen scomparve tra i tavoli e Lavi fu costretto a spostare lo sguardo sui propri compiti, pur di non fissare il vuoto come un ebete. Li stava ancora guardando, la matita sollevata a mezz’aria non aveva aggiunto neanche un numero in più, quando Kanda si lanciò con un grugnito infastidito nel posto di fronte al suo. Lavi lo guardò allucinato, mentre anche Linalee si sedeva, con molta più grazia.

- ciao, Lavi – disse, sorridendogli. E Lavi si ritrovò a pensare che era carina, con i capelli lunghi e scuri raccolti nei due codini e gli occhi luminosi. Si ritrovò anche a pensare che Allen fosse decisamente più bello, ma si limitò ad un: - ciao –

- successo qualcosa? – domandò lei, incuriosita dal suo tono probabilmente ancora inebetito. Il rosso sentì il sangue affluirgli prepotentemente alle guancie sotto lo sguardo malizioso di Linalee e quello pungente di Kanda. Aprì bocca per rispondere con qualche verso sconclusionato, ma Allen riapparve, blocchetto e penna in mano.

- ordinate? – chiese con un sorriso leggermente più teso di quelli che aveva riservato a Lavi. Il rosso immaginò che stare dentro quel posto pieno di gente avrebbe irritato chiunque, quindi non ci fece troppo caso. Dietro di loro, la cameriera che li aveva ervsiti l’ultima volta fece volare per terra una tazza di cioccolata. Allen si voltò.

- midispiacemidispiacemidispiace – piagnucolò quella, affrettandosi a ripulire il più velocemente possibile. Allen arricciò il naso con aria rassegnata, poi tornò a guardare loro.

- iiio prenderò un caffè d’orzo, grazie – cinguettò Linalee, rivolgendo al cameriere un sorriso smagliante.  –e per lui un thè al limone -  continuò indicando Kanda.

Allen ricambiò il sorriso, poi spostò lo sguardo su Lavi, che deglutì il suo “avete qualcosa per gli ormoni impazziti?” e articolò un: - cappuccino, grazie –

Allen annotò tutto e se ne andò silenzioso; in qualche modo Lavi rimase deluso: certo, non si conoscevano, ma il modo con cui il ragazzino gli aveva parlato prima gli aveva fatto sperare in un qualcosa di non ben definito e si sarebbe aspettato almeno un sorriso rivolto a lui.

Linalee gli lanciò un’occhiata incuriosita.

- quindi? – domandò, picchiettando le dita sul tavolo. Kanda grugnì qualcosa riguardo il farsi i fatti propri. Lavi lo ignorò e cominciò a parlare.

 

Linalee ha la brutta abitudine di cacciare sempre il naso in quello che non le riguarda. Kanda, con la sua aria che vorrebbe sembrare truce ma che in realtà è preoccupata, le dice sempre di smetterla, perché un giorno finirà nei guai e blablabla. E dire che Kanda di solito si limita ad ignorare tutto e tutti.

E, pur sapendo che Lavi sapeva cavarsela benissimo in situazioni amorose e/o sessuali, s’intromise comunque. Più che altro perché ci teneva a riavere il solito Lavi, che era stato sostituito da quell’essere balbettante e inebetito.

Insomma, Lavi non era così! Lavi passava il suo tempo a flirtare con chiunque gli capitasse a tiro, quando non era troppo impegnato a fotografare qualcosa o a dare fastidio a Kanda. Quindi doveva essere una cosa seria. Quindi Linalee si sentiva in dovere di riportare Lavi sulla retta via, perché era convinta che avrebbe sicuramente fatto colpo semplicemente essendo se stesso.  Quindi, finito di ascoltare Lavi e di consumare quello che avevano ordinato, Linalee trascinò fuori Kanda e lasciò a Lavi l’ingrato compito di andare alla cassa, dove Allen stava amabilmente chiacchierando con il doppione del conte Dracula suo collega.

Con passo baldanzoso (e la fedele reflex al collo) si diresse a pagare, convinto che attaccare bottone e quindi chiedere un appuntamento all’altro sarebbe stato facile – Linalee ha la pessima capacità di far credere agli altri che le cose siano semplici.

La sua baldanza scomparve non appena Allen, senza neanche degnarlo di uno sguardo, gli comunicò in modo lapidario il totale. Il rosso, tentando di non assumere l’aria da cane bastonato che fa quando le cose non girano nel verso che vuole lui, tirò fuori i soldi in silenzio.

Prese il resto e stava per mettere via il suo portafogli e andarsene quando: - carina, la tua ragazza – commentò l’altro con un tono quasi di rammarico, alzando finalmente gli occhi su di lui.

Lavi lo guardò perplesso, cercando di collegare i neuroni: lui non aveva mica la ragaz.. Ah!

- ah! Di.. dici Linalee? – Allen inarcò un sopracciglio e Lavi trattenne a stento la risata. – ma non è la mia ragazza! –

Allen aggrottò le sopracciglia, tentando probabilmente di capire se Lavi stesse dicendo o meno la verità. Lavi tentò di sembrare il più sincero possibile: non voleva certo che l’altro pensasse che lui fosse occupato, anche perché non lo era nemmeno da lontano..

- ah – esalò l’albino, quasi sollevato.

.. ma non voleva neanche che puntasse Linalee!

- t’interessa lei? – domandò il rosso, pregando tutti gli dei, esistenti e non, di essersi sbagliato. - perché, sai, non è che stia proprio con l’altro tizio che c’era al tavolo, però quasi. E lui non è esattamente un tipo amichevole

Allen arrossì fino alla radice dei capelli.

- no che non m’interessa! – esclamò, tutto agitato. – era solo per sapere. –

Lavi gli sorrise con fare ammiccante e quello arrossì ancora di più. Aveva la stessa tonalità delle fragole. A Lavi sarebbe piaciuto fargli una foto.

Il campanile della chiesa che stava ad un isolato di distanza suonò le sei, e Lavi impallidì. il Vecchio l’avrebbe ucciso: gli aveva promesso che avrebbe pulito casa e invece era stato fuori tutto il giorno. E neanche aveva finito i compiti.

- qualcosa non va? – domandò Allen, notando che l’altro si era irrigidito.

- n.. no, niente. Tutto ok. – con la coda dell’occhio notò qualche cliente che si dirigeva alla cassa. – sarà meglio che vada, prima di fermare la fila –

- si – concordò Allen, lanciandogli uno sguardo strano. Lavi era a metà tragitto tra la porta e la cassa quando: - senti! – lo richiamò l’altro. Il rosso cercò di non avere un sorriso da orecchio ad orecchio, quando si girò. – tra mezz’ora finisco il turno e.. se ti va possiamo.. non lo so. Puoi farmi vedere le foto. –

- certo, perché no. – si ritrovò a dire Lavi, passandosi una mano tra i capelli ribelli nel tentativo di scacciare la voglia di urlare come una ragazzina – dove ti aspetto? - 

- c’è una panchina, qui di fronte. Puoi aspettarmi lì, se ti va –

Lavi annuì, poi uscì dal bar. Guardò il cielo grigio e pensò al Vecchio, alla casa da pulire e a tutte le botte che avrebbe ricevuto quella sera. Infine sorrise.

 

Allen ha la brutta abitudine di non avere abbastanza fiducia in sé, quando si tratta di questioni amorose/sentimentali/sociali.

Forse è per questo che non si aspettava davvero che Lavi l’avrebbe aspettato seduto lì, sulla panchina, chino sugli stessi fogli su cui l’aveva visto scribacchiare prima.

Forse è per questo che, quando incominciò a piovere e Lavi si offrì di riaccompagnarlo a casa con quel suo ombrellino verde acido, Allen tentò di declinare l’offerta – ovviamente Lavi l’ebbe vinta; perché quello che l’albino ancora non sapeva era che Lavi, in qualche modo, la spunta sempre.

Così, si ritrovò stretto al rosso, sotto un ombrello chiaramente progettato per una persona sola e rotto, per di più. Lavi era chiaramente contento di questo contatto, e non si dava neanche troppa pena nel tentare di nasconderlo: ciarlò per tutta la durata del tragitto, ininterrottamente, mentre Allen lo ascoltava quasi rapito, interrompendo i suoi monologhi solo con qualche questione, e rispondendo quando Lavi gli poneva una domanda a sua volta. 

Lavi tastò il terreno in tutti i modi possibili, cercando di intuire quali tasti non andassero schiacciati e quali argomenti erano terreno sicuro per entrambi, scoprendosi sempre più attratto da quel ragazzino tutto modi gentili e sorrisi imbarazzati.

Quando infine Allen gli annunciò che erano arrivati, erano già le sette di sera e Lavi udiva chiaramente le urla furiose del Vecchio, anche a kilometri di distanza.

Si trovavano davanti ad un condominio grigio e non esattamente messo bene, circondato da un cortiletto coperto di foglie cadute.

- abito al secondo piano – disse Allen, anticipando la domanda di Lavi, che alzò lo sguardo verso le finestre. – le ultime due a destra – aggiunse quindi l’albino, mentre cercava la chiave del cancello.

- non è ancora arrivato nessuno – commentò Lavi, notando le luci spente.

- abito da solo – spiegò Allen, e Lavi si voltò a guardarlo con aria stupita e.. si, anche un po’ stupida.

- e i tuoi? – domandò, dandosi dell’idiota subito dopo: forse era uno di quei tasti da evitare.

- mio padre è morto quando ero piccolo e il mio tutore è sempre in viaggio: di solito stavo con lui, ma ha deciso che era ora che me la cavassi da solo, così mi ha comprato l’appartamento e trovato il lavoro; poi ha fatto le valige e se n’è andato. – 

Allen aprì il cancello ed entrò nel cortile, tenendo lo sguardo basso mentre parlava.

Lavi sbatté le palpebre, assorbendo più informazioni possibili e notando che non aveva citato la madre. Tasto dolente. magari più avanti, si disse.

- quanti anni hai, scusa? – balbettò.

- 16, perché? –

Lavi lo rimirò affascinato: quel ragazzino aveva solo sedici anni e già viveva da solo. Certo, anche Lavi aveva perso i suoi genitori, ma il Vecchio si era sempre preso di cura di lui.

.. e questo gli ricordava che era in ritardo stratosferico e che il suddetto nonno amorevole gli avrebbe spaccato la testa a padellate non appena avesse varcato la soglia.

Lavi scosse la testa.

- vorrà dire che verrò a farti compagnia – esordì allegro, sorprendendo l’altro, che gli sorrise imbarazzato.

- se ti va – gli disse Allen, armeggiando con il mazzo di chiavi, forse alla ricerca di quella che avrebbe aperto il portone. Lavi sorrise e annuì, salutandolo con un cenno della mano mentre si avviava lungo la strada.

Inutile dire che, il giorno dopo, Lavi arrivò a scuola con un gigantesco bernoccolo in testa.

 

Lavi ha la brutta abitudine di coinvolgere gli altri in qualsiasi cosa lui faccia, volenti o nolenti.

Così, un sabato mattina di metà dicembre, il rosso piombò nell’appartamento di Allen con aria entusiasta.

- ho avuto l’idea del secolo! – strillò, ancora piantato sulla soglia.

Allen, dopo un paio di minuti, aprì finalmente la porta della sua camera da letto, mettendo fuori giusto il naso.

- cazzo vuoi all’alba di sabato mattina? – ringhiò, con voce assonnata, e Lavi pensò solo frequentare Yuu gli fa male, prima di replicare:
- ma sono le 11:30! –

- appunto – annuì Allen, passandosi la mano destra tra i capelli, nel tentativo di districare i nodi.

Lavi sbuffò divertito, incrociando le braccia al petto.

- ma ti ho portato le brioches! – tentò ancora, mostrandogli il sacchetto di plastica della sua pasticceria preferita.

L’urlo che seguì colse Lavi preparato al peggio, ed Allen, con una voce molto simile a quella di Ade signore degli Inferi, ruggì: - ciiiibo –

Il rosso rise, avanzando verso l’altro e sventolandogli il sacchetto sotto il naso. Nelle ultime settimane aveva imparato a conoscere l’altro meglio delle proprie tasche e già aveva rinunciato a capire lo stomaco sempre affamato di Allen, imparando però a sfruttarlo a proprio vantaggio.

- mi ascolti? – chiese allora, ed Allen annuì, lo sguardo fisso sul sacchetto che dopo pochi attimi finì tra le sue mani.

Lavi sorrise soddisfatto, andando a chiudere la porta che aveva lasciato aperta e a spalancare le tende per fare entrare un po’ di luce in quel buco di appartamento che si ritrovava Allen. Non che Lavi, la prima volta che c’era entrato, s’aspettasse chissà che: d’altronde Allen era ancora un ragazzino, che stava fuori tutto il giorno e che viveva da solo; di spazio non gliene serviva molto.

Nonostante questo, il rosso trovava piacevole passare le serate seduto su quel divano verde consunto, davanti alla TV a guardare un film dell’orrore con quel ragazzino. E non gli dispiaceva neanche poter entrare tutte le volte che gli andava: Allen gli aveva fatto una copia della chiave, sostenendo – con un’espressione adorabile, tra l’altro – che gli faceva piacere avere qualcun altro sempre in giro per casa, oltre a Timcampi il canarino (unico ricordo di Cross Marian, tutore legale di Allen).

E Lavi conservava quella chiave come se fosse stata un piccolo tesoro. Insomma, voleva dire che Allen apprezzava la sua compagnia, no? – non come Kanda, che pur di liberarsi di Lavi aveva più volte attentato alla sua vita.

- che volevi dirmi? – domandò Allen dalla cucina, finita la colazione e riacquistando la solita espressione gentile. Ed è per quello che Lavi lo ama; ma è anche per quello che Lavi ha fatto l’enorme cazzata di non saltargli addosso alla prima occasione – e ce n’erano state tante.

Perché, Lavi, non sarebbe mai riuscito a spingersi oltre con Allen: non avrebbe mai potuto pensare di essere rifiutato e quindi di non vedere mai più l’altro. Meglio l’amicizia che niente, s’era detto.

Così si diresse in cucina, appollaiandosi su una sedia e osservando Allen dall’altro capo della tavola.

- che ho avuto l’idea del secolo – spiegò quindi, lasciando che Timcampi, gli beccasse amorevolmente il dito che aveva introdotto nella gabbietta per fargli una carezza.

- è almeno la quinta da quando ti conosco, Lavi – sospirò divertito Allen, guardando con poco interesse la tenacia che il proprio canarino stava mettendo nel beccare il dito dell’amico. 

Lavi rise, allontanando la mano da Timcampi ed allungandosi verso Allen per fargli un buffetto sulla guancia: - ovvio – replicò – è perché sono un genio –

L’albino inarcò un sopracciglio con fare scettico, arrossendo un poco e alzandosi per aprire la credenza alla ricerca del mangime per Timcampi, che aveva preso a cinguettare con insistenza.

- vedrai, ti piacerà – gli assicurò il più grande, sorridendogli convinto.

In effetti, pensò Allen esattamente quindici giorni dopo, mentre spingeva un carrello stracolmo al supermercato, con Lavi tutto preso ad osservare con occhio critico lo scaffale dei salatini, l’idea non è male. Ma non è neanche l’idea del secolo.

Allen non aveva mai festeggiato il Capodanno, a Cross le feste che non poteva passare in compagnia di qualche amante non piacevano, quindi per lui non era nulla di speciale: il giorno prima si era in un anno, il giorno dopo la cifra aumentava di uno. Nulla di chè.

Ma Lavi aveva insistito tanto, era addirittura riuscito a convincere Kanda ad unirsi a loro – Linalee era scontata, tanto che ormai passava una sera sì e una no al telefono con l’albino – e Allen già aveva imparato che Lavi la spunta sempre.

- ma a tuo nonno andrà bene? – aveva domandato il più piccolo, preoccupato, quando Lavi gli aveva fornito tutti i dettagli della sua magnifica idea; ma il rosso aveva alzato le spalle con noncuranza e: - quello non vede l’ora che me ne vada fuori dalle balle, figurati se gli dispiace –

Quindi, la mattina del trentun dicembre si erano dati appuntamento al supermercato subito dietro casa sua, ed ora erano alla ricerca di qualsiasi cosa si potesse ingurgitare senza troppo fastidio fino a mezzanotte. A Linalee e Kanda era toccato l’acquisto delle bibite (alcoliche, ci aveva tenuto a precisare Lavi).

E ad Allen sembrava di aver passato intere ore, in quel posto gigantesco e stracolmo di scaffali.

- prendiamo anche queste, che dici? – chiedeva nel frattempo Lavi, mostrandogli un pacco di patatine dal gusto impossibile. Allen alzò le spalle sorridendo. Alla fine, a lui sarebbe bastato ordinare una cinquantina di pizze prima di cena (cosa che avrebbero fatto comunque).

 

Kanda e Linalee arrivarono alle 19:30.

Il citofono del palazzo di Allen ha la brutta abitudine di non funzionare, e così a Lavi toccò rimanere affacciato alla finestra per un bel po’, mentre Allen finiva di sistemare la casa – Timcampi era già stato chiuso in bagno, dove sarebbe rimasto per il resto della serata.

Il tavolo, che di solito stava in cucina, era stato spostato in salotto, subito a lato del divano, ed era coperto di salatini, ciotole di patatine ed altre schifezze varie. Allen non sapeva dove avrebbero ficcato le bibite, ma se lo sarebbero fatti andare bene.

Lavi aveva tirato indietro il divano per far spazio ad un tavolino in vetro che aveva scovato nella cantina del Vecchio e che si era trasportato fino a lì – o meglio, Kanda aveva scarrozzato lui e il tavolino fino al cancello con la macchina nuova. Allen aveva riso tutto il tempo, guardandolo mentre Lavi cercava di tirarlo fuori dall’ascensore.

La camera da letto di Allen, già piccola di suo, sembrava ancora più stretta del solito a causa dei due materassi e del sacco a pelo verde buttati per terra, dove avrebbero dormito gli ospiti – il divano era troppo scomodo, per questo scopo.   (Lavi fece in modo di occupare il materasso subito sotto il letto di Allen, quello incastrato nell’angolo di fianco al balconcino.)

Kanda s’infossò sul divano non appena potè, la solita espressione truce sul volto e le braccia incrociate, mentre Linalee e Allen chiacchieravano in cucina e Lavi ordinava le pizze al telefono.

- che pizza vuoi, Yuu? – chiese, saltandogli addosso e facendo rimbalzare il telecomando per terra. Ricevette una testata in risposta. Dopo averlo guardato per un paio di secondi con aria sorpresa, riprese a sorridere come un ebete e: - una diavola – disse giulivo (schivando per un pelo un pungo di Kanda) a Bak, il ragazzo della pizzeria, che ormai il conosceva: chiamavano Jerry’s per qualsiasi situazione, e chiunque rispondesse al telefono aveva smesso di sorprendersi nel sentire rumori molesti dall’altro capo - tranne Lou Fa, che ancora pensava che passassero il loro tempo a stuprare Allen.

- si, si. Una diavola, due margherite e una quattro formaggi. Ah-h. Sì, siamo da Allen. Per le 20:30. Perfetto. Va bene. Grazie, eh. Buone Feste anche a te! -

Appese e lanciò con noncuranza il proprio cellulare sul divano, prima di abbrancarsi a Kanda e cominciare a fargli le fusa, ridendo dei suoi tentativi di scollarselo di dosso.

- arrivano per le 20:30? – domandò Linalee, afferrando una manciata di patatine.

- gggià. – annuì Lavi, grattandosi il naso sul collo di Kanda, che emise un grugnito schifato. – giochiamo alla Wii? –

La Wii nera attaccata alla TV di Allen era un regalo che gli altri tre gli avevano fatto per il compleanno e per Natale. Ma siccome l’idea era di Lavi e tutti avevano concordato, nessuno aveva ovviamente pensato di comprare anche un gioco; così erano costretti tutte le volte a noleggiarli. Lavi aveva riso un sacco, quando se n’erano accorti.

- che avete preso? – domandò Allen, sputacchiando patatine da tutte le parti.

- Just Dance 3, Mario Kart e Mario Bros. – lo informò Linalee, frugando nella propria borsa. – ce li abbiamo, i quattro telecomandi, giusto? –

Allen annuì, la bocca piena.

- io non gioco – sbuffò Kanda, per non smentirsi nemmeno a Capodanno.

Alla fine giocò comunque, e vinse anche più partite degli altri messi assieme. Lavi ci tenne a precisare più volte che era colpa delle pizze, che arrivarono puntualissime e che finirono sul tavolino di fronte al divano, distraendoli. (Just Dance fu l’unico gioco in cui Kanda non vinse mai ma, ammettiamolo, non s’impegnò più di tanto) .

Mancavano dieci minuti a mezzanotte quando, birre in mano e TV accesa a tutto volume su uno di quei fastidiosissimi programmi di fine anno, i quattro si trascinarono fino al balcone della camera di Allen, pronti ad osservare i fuochi d’artificio che, di lì a breve, sarebbero stati lanciati dalla piazza principale.

Anche Kanda, che era andato ben oltre le solite due birre, perse la sua aria truce per qualche attimo, osservando il cielo tingersi di colori sgargianti mentre le urla della TV annunciavano l’inizio di un nuovo anno  - senza però raggiungere il livello di Lavi che, ubriaco perso, cantava ininterrottamente Fireworks di Katy Perry da quando erano usciti all’aria gelida. Linalee e Allen si limitavano a ridere, un po’ per l’alcool un po’ per la pessima performance di Lavi.

Quando anche le urla in TV si acquietarono e i fuochi d’artificio divennero solo un ricordo sbiadito, Linalee, con aria sognante, sospirò un: - buon anno, ragazzi – prima di accasciarsi addormentata contro Kanda, che la trascinò sul suo materasso con un mezzo grugnito assonnato, tra le risatine di Lavi e Allen.

Quando, dopo dieci minuti che Kanda sembrava essere stato inghiottito dall’appartamento di Allen, i due si sporsero a guardare all’interno, lo scoprirono addormentato accanto a Linalee.

Lavi rise, andando ad appoggiarsi contro la ringhiera del balcone. Allen, preso da un istinto suicida, tentò di arrampicarcisi e di sporgersi un po’ più in là, per vedere cosa succedeva in fondo alla strada. Lavi lo afferrò per i fianchi: - ahaha Aaa-Ahllen, tu non ha le ali, ahha  -

L’albino rimase attaccato alla ringhiera, il viso volto verso il cielo.

- sai, Lavi – cominciò, con tono assonnato e leggermente malinconico, senza però mollare il metallo della balaustra – sono contento di averti conosciuto –

Lavi ridacchiò, appoggiandosi scompostamente all’altro.

- anche io –

- no, dico sul serio! – s’infervorò Allen, voltandosi verso di lui e guardandolo con gli occhi azzurri leggermente appannati dall’alcool. – se non avessi conosciuto te, probabilmente ora sarei ancora solo come i primi giorni, e neanche mi sarei lamentato se Tyki m’avesse dato il turno del 24 e.. –

- Tyki è stato davvero stronzo a farti lavorare anche la Vigilia – concordò il rosso, strusciando una guancia sulla schiena dell’altro. In quel momento, però, Tyki – il sexy portoghese proprietario del bar, quello che aveva avuto la pessima idea di chiamare il proprio locale Noah’s Ark, attirando così un sacco di preti lazzaroni – era davvero l’ultimo dei suoi pensieri. Anzi, Lavi non pensava proprio. A che cosa serviva pensare, quando eri abbrancato alla schiena di Allen Walker come una cozza allo scoglio?

- .. e forse non avrei festeggiato il mio compleanno, perché a che serve festeggiare quando non hai nessuno?- continuò l’albino, senza dare segno di aver sentito il suo commento - Ecco, se non ci fossi stato tu sarei stato davvero solo. Ma davvero davvero. E, Lavi, se tu te ne andassi adesso, io non riuscirei a tornare a vivere come prima, perché prima ero solo e non avevo nulla da perdere, e adesso ho te, Linalee e anche Kanda, e.. e.. io non saprei davvero cos.. –

Lavi si sporse sempre di più verso di lui, fino ad arrivare a due centimetri dal suo viso. Davvero, cosa serviva pensare? Non gl’interessava neanche se Allen avesse trovato strano il suo comportamento, voleva solo sentire un po’ di più quel calore delizioso che l’albino emanava. O forse era solo l’effetto dell’alcool?

- oh, sta’ zitto – commentò vagamente annoiato, interrompendo il monologo dell’altro. – non me ne vado mica – e, detto questo, annullò completamente la distanza irrisoria tra le sue labbra e quelle di Allen, ammutolendolo con un bacio che ancora sapeva di birra, prima di crollare addormentato sulla sua spalla.

 

- capisci, Lina? – sussurrò concitato qualche giorno dopo Allen, mentre era in pausa dal lavoro, stringendo il telefono come se fosse la sua unica ancora di salvezza. – mi ha baciato. E poi si è addormentato sulla mia spalla! –

- ma è stato un bacio a stampo, si? – fu la risposta di Linalee, troppo impegnata a maledire Lavi in tutte le lingue del mondo per prestare davvero attenzione allo shock di Allen.

- ma chi se ne frega! Linalee, mi ha baciato. Baciato. Hai capito? E non si ricorda niente! Niente! Che cosa dovrei fare, si può sapere? –

- bhe, puoi dirglielo o puoi andare avanti come se niente fosse successo: per quanto Lavi sembri stupido, in realtà nota più cose di tutti quanti messi assieme. Non credere che non si accorgerà che lo stai evitando, perché già stamattina è andato da Kanda chiedendogli che cosa si ricordasse lui dell’altra sera. Lo sa che è successo qualcosa. –

- e che cosa dovrei dirgli?! – esclamò Allen, abbassando subito il tono di voce quando Miranda, la cameriera che aveva servito Lavi e Kanda il primo giorno, gli lanciò un’occhiata incuriosita. – che mi ha baciato? E poi? –

- potresti dirgli che ti è piaciuto – suggerì in tono conciliante Linalee, allontanando il telefono dalla bocca solo per salutare suo fratello che usciva per andare al lavoro.

- ma io non ho detto che mi è piaciuto! – replicò Allen, sentendo le guancie scottare come fuoco. O forse l’aveva detto? Non se lo ricordava, aveva solo digitato il più in fretta possibile il numero dell’amica per poi lasciare che le parole gli scorressero fuori come un fiume in piena.

- ma non è così? – lo stuzzicò Linalee, con un risolino malizioso. – altrimenti non saresti così preoccupato, no? Se non ti fosse piaciuto, non ti saresti messo a pensare a come reagire, perché lo sappiamo tutti che Lavi fa cose strane ogni volta che può, e quindi avresti archiviato la faccenda. –

Allen arrossì ancora di più, stringendo le labbra per non farsi sfuggire qualche verso strano. Cosa voleva significare, quello? Che Lavi gli piaceva? Ma lui era un maschio! E anche Lavi lo era!

- n.. non lo so – balbettò, più confuso che mai. Lanciò un’occhiata all’orologio. Era tardi, avrebbe dovuto aver già finito la pausa dal almeno cinque minuti. E a Tyki i ritardatari non piacevano. – devo andare. Ci sentiamo –

Agganciò senza nemmeno attendere risposta, tornando al lavoro tra borbottii vari.

 

Lavi ha la brutta abitudine di notare tutto, qualsiasi cosa.

Quindi era ovvio che notasse che c’era qualcosa che non andava, in Allen, dopo due giorni che evitava di rispondere alle sue chiamate e che non lo trovava mai a casa.

Il problema era: che cosa era successo? L’ultima cosa che ricordava della notte di Capodanno era .. bhe, a dir la verità non era esattamente certo di ricordarsi qualcosa con precisione. Certo, ricordava che erano usciti sul balcone ma la cosa finiva lì. Il ricordo subito dopo era il terribile mal di testa che aveva la mattina dopo al risveglio e il brontolio sonoro della pancia di Allen. Detestava non riuscire a ricordare nulla, e le poche foto che aveva scattato non erano affatto utili.

Era addirittura andato a casa di Kanda, riversandogli tutti i suoi pensieri addosso.

- ma che cosa ho fatto, secondo te, Yuu? – aveva domandato disperato, mangiucchiandosi le unghie.

- prima di tutto: non chiamarmi Yuu – gli ordinò Kanda, tirandogli una spinta e andando a sistemare qualche libro nella stanza affianco – e poi chi ti dice che sia stato tu a fare qualcosa? –

Non sembra, ma a volte Kanda sa davvero essere un buon amico. E dare ottimi consigli.

- altrimenti Allen non mi eviterebbe! – esclamò il rosso, trotterellandogli dietro. – e poi me lo sento! –

Kanda gli lanciò un’occhiata perplessa, sbuffando contrariato.

In quel momento, il fratello di Kanda, Alma, entrò in casa, gridando ad alta voce qualcosa riguardo una ragazza bionda da sogno e sul freddo porco che faceva fuori. Kanda neanche si degnò di rispondergli.

- dai, Yuu, davvero. Cosa posso aver mai fatto? Ero ubriaco, nessuno fa attenzione alle cose che faccio da ubriaco! –

- forse l’hai baciato – suggerì allegramente Alma, facendo irruzione nella stanza con un sacchetto del McDonald’s in mano: - volete? – chiese poi, sballottando la busta.

Lavi fece un salto di mezzo metro:  - COSA?! – strillò, lanciandosi poi in una nenia di nononononodioNO!

- sta bene? – domandò Alma, avvicinandosi al fratello. – io stavo solo scherzando -

- omiodiohorovinatotuttosonouncretino! – reincarnò Lavi, rannicchiandosi su se stesso.

- ti sembra stia bene? – replicò Kanda, tornando a sistemare il libri con un’alzata di spalle.

 

 Lavi è un tipo abbastanza diretto. Se deve dirti una cosa te la dice, anche se probabilmente prima c’ha pensato sopra mille volte – tornando sempre al punto di partenza, comunque.

E Allen non poteva evitarlo in eterno, capite? Lavi aveva il doppione delle chiavi di casa sua! E sapeva perfettamente i suoi turni al lavoro.

Allen, comunque, sapeva che avrebbero dovuto chiarirsi in qualsiasi caso. O meglio, lui doveva chiarirsi le idee per poi decidere che cosa fare con Lavi. Ma una cosa, ormai, l’aveva capita: Linalee aveva ragione. Il bacio gli era piaciuto, ma non sapeva se per l’alcool o perché era interessato a Lavi. O meglio, lo sapeva, ma aveva troppa paura di ammetterlo perfino a se stesso. Insomma, Lavi poteva anche averlo fatto perché era ubriaco, non per reale interesse nei suoi confronti. E se l’avesse rifiutato?

Si mordicchiò nervosamente l’interno della guancia destra, dove una fiacca aveva già iniziato a crearsi, mentre stringeva nervosamente le chiavi del proprio appartamento. Attaccate ad esse,  c’era il portachiavi a forma di coniglio che Lavi gli aveva regalato senza una scusa ben precisa.  A guardarlo si sentiva ancora più in colpa.

Dobbiamo parlare.  

L’unica cosa scritta nel messaggio che Lavi gli aveva inviato quella mattina, probabilmente durante l’intervallo. E Allen si era irrigidito, perché sapeva che questa volta non sarebbe riuscito a scappare: Lavi faceva sul serio – e la mancanza di faccine idiote ne era la prova.

E ora, davanti alla porta del suo appartamento dove sapeva avrebbe trovato Lavi, avrebbe solo voluto sotterrarsi da qualche parte e non uscire mai più.

Certo, Linalee sarebbe venuta a dissotterrarlo, ma tanto valeva la pena provare.

Deglutì a vuoto, infilando la chiave nella toppa e aprendo la porta. Lavi era lì, seduto sul suo divano a guardare la TV. Il volume era talmente alto che all’inizio Allen pensò che l’altro non l’avesse sentito entrare, ma poi Lavi si voltò verso di lui.

- pensavo saresti rimasto davanti alla porta ancora per un po’ – commentò sarcastico, tornando a guardare la TV. Allen si sentì ancora più in colpa.

Chiuse la porta, tolse la giacca e andò a sedersi accanto a Lavi. Per un po’ rimasero così, lo sguardo incollato allo schermo senza prestare realmente attenzione.

Capitava che Lavi stesse zitto, quando erano insieme. Era raro, certo, ma succedeva. Solo che di solito Lavi gli era sempre addosso, sempre sorridente, sempre pronto a sparare cazzate. Fu forse in quel momento che Allen si rese davvero conto, di quanto Lavi gli fosse mancato. E di quanto gli mancasse tutt’ora.

Timcampi cinguettò dalla cucina.

Lavi tirò un sospiro pesante. Non sapeva se Alma avesse indovinato o meno, ma non ne poteva più di quella situazione; così disse l’ultima cosa che Allen si sarebbe aspettato:
- mi spiace –

L’albino lo guardò stranito.

- come? – balbettò.

- scusa. Probabilmente ho fatto qualcosa di sbagliato, l’altra notte. Mi dispiace davvero, e non voglio che mi eviti per qualcosa che non mi ricordo neppure di aver fatto -

 Allen lo fissò. Lavi ricambiò il suo sguardo, pregando intimamente tutti gli dei, esistenti e non, di aver detto la cosa giusta.

Poi Allen scoppiò a ridergli in faccia. Non riuscì proprio a trattenersi, perché Lavi stava facendo esattamente la faccia del cagnolino bastonato in cerca di affetto e lui non riusciva a stare serio di fronte a quell’espressione – ridicola, a suo parere.

Sempre ridendo gli si buttò al collo, articolando un: - sei un idiota! –

Lavi per qualche attimo fissò il vuoto stranito, cercando di elaborare le braccia di Allen strette attorno al suo collo e il suono della sua risata nell’orecchio, poi mandò a puttane i propri ragionamenti da sfigato innamorato e lo strinse a sua volta, incominciando a ridere, prima piano poi sempre più forte, fino a che non si ritrovarono a rotolare ridendo sul divano come due perfetti idioti.

Lavi non chiese cosa fosse successo a Capodanno, e Allen non tirò fuori l’argomento. Si limitarono a ordinare due pizze e a riguardare per la seicentesima volta lo stesso film, uno dei pochi DVD posseduti da Allen, seduti mezzi abbracciati sul divano.

E, andrà bene così, pensò Lavi, per un po’ andrà bene così.

 

La scuola ricominciò, la vita riprese il solito ritmo frenetico e nessuno parlò più di Capodanno.

Kanda ringraziò il cielo che Lavi non fosse più una checca isterica, Linalee smise di insinuare qualsiasi cosa sul bacio e su loro due – o meglio, smise di fronte ad Allen. Con Kanda ancora continuava a farneticare.

Lavi e Allen continuarono ad essere amici come se nulla fosse.

Tyki Mikk, però, cominciò ad affibbiare ad Allen turni sempre più impossibili, siccome Miranda dovette andare in maternità.

Fu alla fine di uno di quei turni che Allen cominciò a capirci qualcosa sul serio.

Era l’ultimo giorno di gennaio, e nevicava fitto fitto.  Era tardi, le 19:30 di sera, quando Allen uscì finalmente dal bar, il collo del cappotto di lana tirato su fino al naso.

E Lavi era lì, seduto sulla panchina di fronte al locale, la reflex puntata verso il cielo. Allen lo guardò, mentre la porta dietro di lui si chiudeva lasciandolo praticamente al buio e al gelo. C’era un lampione che andava ad intermittenza, proprio lì di fianco.

All’inizio ne fu sorpreso. Quando aveva visto il tempo peggiorare gli aveva mandato un messaggio dicendogli di non passare a prenderlo, che sarebbe andato a casa da solo e che si sarebbero visti un altro giorno.

Poi, guardandolo mentre si accorgeva della sua presenza e alzava un braccio in segno di saluto, con il solito sorriso allegro a dipingergli le labbra, Allen si rese conto di quanto si sarebbe sentito solo, se Lavi non fosse venuto a prenderlo.

Ne fu così felice che l’unica cosa che riuscì a fare fu corrergli in contro, saltargli addosso e stampargli un bacio sulle labbra. Lo fece senza pensare, forse perché negli ultimi tempi aveva già pensato fin troppo alla relazione che c’era tra lui e Lavi e, davvero, che senso aveva cercare di dare un’etichetta a tutto quanto?

Poi si staccò e lo guardò sorridendo, leggermente rosso per il freddo e per l’imbarazzo. Lavi lo fissò come se non lo vedesse davvero, sorpreso, prima di fare un sorriso gigantesco e chinarsi a baciarlo di nuovo, ma stavolta per davvero.

- pensavo non te ne saresti mai accorto – gli sussurrò il rosso qualche minuto dopo, all’orecchio, stringendolo forte. Allen rise, ricambiando la stretta e affondando il viso nella spalla dell’altro.

- mi rendo conto delle cose sempre troppo tardi. – ammise con un sorriso, sistemandosi meglio contro il corpo di Lavi. Nonostante i giubbotti a intralciare i movimenti, e la neve che cadeva sempre più fitta, Allen sentiva di essere esattamente nel posto giusto con la persona giusta. Sospirò, contento: - è una mia brutta abitudine. –

 

 

Nda.

BUON COMPLEANNO LAVI!  

Ebbene si, gente, sono tornata con questa Laven, finita questa mattina all’una e mezza di notte grazie all’aiuto della Lily (lots of love ) , solo per il compleanno del mio amato coniglietto.

E per protestare: insomma, Hoshino! Neanche un capitolo, per il compleanno di Lavi?! e___e

Insomma, ‘sta mattina ne ero molto fiera. Rileggendola adesso, mi sembra un po’ una pastrugnata, ma non posso non postare niente per festeggiare Lavi (anche se in effetti, visto il clima, la fic è decisamente fuori posto. Yeah). E poi è una settimana che sono dietro a scriverla, il minimo che posso fare è postarla u.u

Al solito, commenti, critiche e quant’altro sempre ben accetti ~

Per l’occasione, al posto delle verdure, si lanceranno conigli peluche forniti direttamente dalla Direzione (?)

TANTI AUGURI LAVI!

_ L a l a

   
 
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