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Autore: Silentdreamer    10/08/2012    0 recensioni
"Finalmente questi 58esimi Hunger Games stanno per prendere il via. Cosa ci riserveranno quest'anno gli strateghi?" la voce di Caesar Flickerman rimbomba nei teleschermi di tutta Panem "Ma cosa più importante quale spettacolo i tributi di quest'anno ci offriranno? Tristezza? Violenza? Amore? O una patetica rappresentazione da scuola? I sessanta secondi sono partiti, tra poco avremo tutte le risposte che cerchiamo..."
Il cuore di Violet sembrava uscirle dal petto, nessun rumore o voce giungeva dall'esterno dell'Arena, era quella la colonna sonora dei suoi Hunger Games, nessun rumore solo il suo battito che la spingeva ad andare avanti...quel battito che le faceva pensare all'unico modo per tornare a casa: rendere la sua colonna sonora l'unica in tutta l'Arena...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Il mio corpo era immobile, rigido, come se la fredda mano della morte fosse calata ancor prima dell'inizio dei giochi, i Pacificatori furono costretti a prendermi in braccio, mentre il ragazzino trotterellava silenziosamente accanto a loro, senza guardarsi più di tanto attorno.
-Papà...-sussurrai ancora quando un Pacificatore senza troppe cerimonie mi buttò sul divanetto della stanza dove di solito i parenti andavano a dare l'ultimo saluto ai propri cari diretti verso morte certa. Le lacrime continuano a segnare il mio volto, un gigantesco specchio pieno di polvere non fa altro che dimostrare quanto fossi debole in quel momento, quanto il mi corpo non riuscisse a sopportare tutti quegli avvenimenti, fissare la propria immagine nello specchio era un che di molto divertente e serviva per tenere lontane quelle orribili immagini, lo avevano fatto apposta, un segnale...un unico segnale...un ammonimento...una piccola anticipazione su come andranno a finire gli Hunger Games di quest'anno: il Distretto 6 non avrebbe avuto alcun vincitore.
Un rumore metallico mi obbligò a voltarmi, chi poteva venirmi a trovare in un momento così?
Un Pacificatore dall'aria rigida e fredda entrò nella stanza mentre io lo guardavo in maniera sempre più perplessa. Tossì. Il mio respiro iniziò a farsi sempre più affannato, cercavo di capire il perché fosse qui, dal corridoio proveniva un forte trambusto...poi un urlo...un pianto...una morsa mi serrò la gola, subito alle spalle del Pacificatore ne comparve un altro che aveva un'espressione più concentrata, come se avesse a che fare con qualcosa che gli stava sfuggendo dalle mani. Il pianto si fece sempre più vicino e forte, la morsa si spostò dalla gola allo stomaco forse mia madre stava vendendo a dirmi che mio padre stava bene, che sarebbe andato tutto per il meglio, che quella figura nel bagno di sangue non era altro che una persona che gli assomigliava particolarmente!
La morsa si allentò lentamente fino a quando non tornò più forte e possente di prima, la persona con cui stava lottando il Pacificatore era l'altro tributo, il primo non si preoccupò di randellargli il volto e poi di gettarlo con noncuranza nella stanza. Guardai perplessa il primo Pacificatore.
-Cos'è adesso non c'è più rispetto per i momenti da passare con i propri cari? Bisogna condividere anche questo?- dissi con la voce tremante.
-Non ci sono “cari” che verranno a salutarvi- disse freddo il Pacificatore che si era piantato nella mia stanza, il bambino corse verso di me e si aggrappò con tutte le forze al mio vestito, riuscì a strappare persino il colletto dell'abito di mia madre, ma non me ne preoccupai, “Non ci sono cari che verranno a salutarvi” il disprezzo con cui aveva detto la parola “cari, mi aveva allontanata un attimo da ciò che la frase voleva dire realmente.
-Vuole dire...- il secondo Pacificatore non mi lasciò terminare la frase.
-Possa la buona sorte sempre essere sempre a vostro favore- si congedarono così, dicendo questa frase all'unisono, se non ero così scossa avrei perfino giurato di sentirgli sghignazzare. Il piccolo accanto a me intanto continuava a strepitare, a urlare e a calciare di sperando di colpire un qualcosa di immaginario.
-Piantala!- dissi glaciale, allontanandomi da lui, che nel frattempo si era anche totalmente aggrappato al mio colletto, non me ne accorsi e con il fulmineo gesto che feci per alzarmi finii di strappare tutto il resto del colletto, sentii nella mia testa la voce di mia madre: “Sai quanto mi è costato quel vestito? Soprattutto sai quanto lavoro tuo padre ha dovuto subire per potertelo comprare?”, ma lei non era qui con me. Capitol City non le aveva nemmeno permesso di soffrire e sentirsi morire dentro per la prematura scomparsa della figlia negli Hunger Games.
Il tempo passava lentamente, e io ero rimasta tutto il tempo rannicchiata sul divanetto, il piccolo aveva smesso di piangere e ora era immobile al centro della stanza che mi osservava, senza dire nulla allargai le braccia e lui si gettò a capofitto in mezzo, era quello di cui aveva bisogno in quel momento, una figura adulta che riuscisse a confortarlo, ma come ci sarei riuscita? Io stessa avevo bisogno di qualcuno che mi confortasse.
-Quanti anni hai?- chiesi appoggiando il mio mento sopra la sua testa.
-D-Dod-i-ci- disse balbettando e continuando a tirare su con il naso -Violet riuscirò a vedere mamma e papà?- chiese, il fatto che sapesse il mio nome mi colpì, non sapevo nemmeno come si chiamasse!
-I nostri genitori avranno un posto speciale per poter vedere i nostri Hunger Games- dissi lasciando sfuggire una lacrima -il posto migliore di tutto, perfino più bello del trono su cui siede il presidente Snow- dissi continuando a lasciar sfuggire le lacrime dai miei occhi ma non facendo tremare la voce.
-Perché non sono venuti a salutarci?- era così ingenuo che la cosa mi colpì lasciandomi sfuggire un singhiozzo. Non risposi, anche perchè a parte ciò che ci avevano detto i Pacificatori non sapevamo assolutamente nulla dei nostri genitori. La porta si spalancò tutti e due sobbalzammo e sentii il cuore del piccolo battere all'impazzata, altri due Pacificatori vennero a prelevarci e con passo mogio giungemmo alla stazione. Mio padre mi aveva portato spesso sui super treni che progettava e costruiva, arrivavamo al limitare del Distretto 6 e lì io iniziavo a inventare storia su come si dovesse vivere negli altri distretti e mio padre stava ad ascoltare tutte le mie storielle, non si sarebbe mai stancato di starmi ad ascoltare.
La stazione era gremita di gente che continuava a salutarci, come se noi fossimo i veri eroi del Distretto, come se io, una ragazza che non è mai riuscita a mettere un piede fuori dalla soglia di casa e un nanerottolo di dodici anni, uno dei due naturalmente, sarebbe potuto tornare a casa come vincitore, vittorioso e fiero di aver superato gli Hunger Games avrebbe raccontato tutto ai propri genitori...ma quali genitori? Il piccolo aveva dei fratelli, ma fui certa che avevano fatto fuori anche loro. I Pacificatori aiutarono il piccolo a salire i gradini del treno e si misero accanto alla porta per lasciare salire me da sola, ma sempre pronti a intervenire nel caso avessi tentato la fuga, come se fosse possibile!
La gente fuori dal treno continuava ad acclamarci, il piccolo di avvicinò al finestrino e dopo aver appiccicato la sua mano al finestrino completò l'opera appoggiandoci tutto il volto, io con il mio sguardo triste mi misi solo a salutare il mio Distretto...tutte le persone che mi conoscevano, ma di cui non ne conoscevo nemmeno il nome.
Ormai il treno era partito e la stazione non era altro che un ricordo, un ticchettare strano mi riportò alla realtà, la donna che era sul palco si trovava di fronte a me, senza tutta la confusione che faceva da sfondo la sua acconciatura era una cosa orribile da vedere!
-Gil notizie dei nostri genitori?- chiese il piccolo, per fortuna aveva detto il nome della donna, per tanti anni che l'avevo vista sul palco avevo sempre rifiutato l'idea che un essere così potesse avere un nome. La donna deglutì e mi lanciò uno sguardo che mi chiedeva di aiutarla. -Saranno già Capitol- dissi sputando fuori le prime scuse che trovai -te l'ho detto che loro avranno i posti migliori di tutta Capitol!-.
Gil non aggiunse nulla e fece segno di seguirla, la carrozza in cui entrammo era magnifica, mi avvicinai al finestrino, le chiusure erano tutte intarsiate, il lusso regnava in quel treno, mio padre ci aveva lavorato per anni e ogni anno apportava un cambiamento. -Tuo padre ha fatto un lavoro con i fiocchi- disse Gil avvicinandosi, la guardai attentamente e delle rughe solcavano le sue guance, nonostante un poderoso strato di trucco cercava di nasconderle, loro erano lì a indicare che lei si era ribellata alla chirurgia estetica di Capitol City, non aveva tatuaggi, solo quella buffa acconciatura, poggiò una mano sulla mia spalla -Sarebbero fieri di te- disse a bassa voce con un tono insolito.
-Bene!- disse con una voce cristallina, era come se stesse recitando in quel preciso momento -un giorno e saremo a Capitol City, il treno viaggia ad altissima velocità quindi saremo lì molto presto! Ora penso che sia meglio che andiate a rifocillarvi o a riposarvi, intanto vado a vedere come sta la vostra mentore...ultimamente non è in ottima forma- disse abbassando lo sguardo, ma tutti sapevamo che nell'ultimo periodo la dose di morfamina che prendeva era talmente eccessiva da farla crollare con la bava alla bocca e rendere le sue funzioni vitali lentissime.
Il piccolo mi guardò lasciandomi intendere che mi avrebbe seguito perfino in capo al mondo. Gli lanciai uno sguardo perplesso, ma lui non aveva assolutamente voglia di mollarmi.
-Andiamo a vedere le nostre stanze- dissi sbuffando. Le nostra stanze erano vicine e dopo averlo convinto ad entrare nella sua stanza, cercai di entrare nella mia senza farmi prendere dalle convulsioni. Non guardai attorno a me, anche perchè tutto mi avrebbe portato al ricordo di mio padre, tolsi il fermacapelli e lo gettai sul comodino. Volevo buttare via tutta la mia vita, ma l'unica cosa che feci fu quella di buttarmi sul letto e guardare il soffitto come se lui avesse tutte le risposte ai miei perché.
La porta si aprì mentre dei passi titubanti rimbombarono nella mia stanza, una vocina flebile mi chiese se volevo mangiare, guardai fuori dal finestrino era già sera, mi alzai di scatto e il piccolo era lì a guardarsi le punte dei piedi. Annuii e gli porsi la mano, lui la prese subito e silenziosi ci incamminammo verso il vagone dove avremmo potuto mangiare, appena varcata la soglia la scena che ci colpì ci lasciò del tutto sbalorditi, tavolate gigantesche piene di ogni bene. Io non avevo mai patito la fame grazie alla fama di mio padre, ma quello era il banchetto più farcito su cui avessi messo gli occhi.
Gil ci fece segno di avanzare, quella sera avremmo avuto anche l'onore di sedere a tavola con la nostra mentore, la fulminai con lo sguardo, ma lei non faceva altro che contemplare il suo piatto, ogni tanto mi guardava, ma il suo sguardo era vuoto...assente... da quelle poche parole che riuscimmo a scambiare a tavola capii che la mentore si chiamava Kima e il dodicenne Spruce, che significava Abete, aveva tutt'altro che l'aria dell'abete quel bambino, era molto più piccolo degli altri della sua età, a occhio e croce mostrava circa dieci anni.
La cena proseguì lenta e dopo aver rimpinzato per bene la mia pancia decisi che un po' di riposo era quello che mi serviva, salutai tutti e mi infilai a letto senza fiatare.
Piansi...come se in quel momento mi fossi realmente accorta di tutto quello che era successo, che nonostante sembrasse un'eternità invece non era passato neanche un giorno, piansi talmente tanto da aver infradiciato tutto il cuscino, la porta si aprì lentamente cigolando, dei passettini leggeri arrivarono fin davanti al mio letto, alzai la testa, una figurina cercava di salire sul letto.
Era Spruce, mi scostai un po' e lo lasciai scivolare sotto le coperte, lui si rannicchiò contro di me.
-Com'è avere sedici anni?- chiese quasi sussurrando.
-E' un completo schifo- sussurrai appoggiando il mio mento sulla sua testolina.
-Son contento allora di non arrivarci a quell'età- quelle parole provocarono in me una tristezza strana, lui non stava piangendo ma io iniziai a singhiozzare in maniera sonora, lui non fece altro che abbracciarmi e così ci addormentammo.

 

-Coraggio svegliatevi!- la voce di Gil mi perforò un timpano, cercai Spruce accanto a me, ma lui era già a fare colazione mi avvertì prontamente Gil, dopo essermi preparata mentre uscivo dalla mia cabina, mi bloccò per un polso: -Niente legami- disse guardandomi con occhi pieni di pietà -non renderti ancora più difficili questi giochi- lasciò il mio polso e andò via senza dire altro, sul momento non capii cosa volesse dirmi.
Entrai nella zona adibita al pranzo e quando lui trotterellò accanto a me e mi prese dolcemente la mano per portarmi vicino al finestrino capii tutto. Capitol era lì mastodontica e piena di fronzoli, i giochi si stavano avvicinando, avevo dormito anche tutto il pomeriggio a quanto pare, infatti eravamo già in procinto di entrare in stazione. Gil ci spintonò leggermente verso le uscite del treno mentre il treno fischiava e lentamente si stava fermando, fuori c'erano urla e persone che non facevano altro che ripetere il nostro nome, mentre mi passò accanto Gil mi ficcò in bocca una fetta biscottata e mi fece l'occhiolino; Kima aveva il suo sguardo perso nel vuoto, lei era la mentore, colei che ci avrebbe salvato inviandoci gli sponsor! Avevo ragione questi Hunger Games stavano andando di male in peggio.
Eravamo davanti alle porte scorrevoli quando Spruce si voltò e mi regalò uno splendido sorriso, mi prese la mano e iniziò a salutare la folla.
Era tutto sbagliato! Non potevamo esser amici! Lui non poteva fidarsi di me!
Una fitta allo stomaco mi bloccò il respiro.
Ora le parole di Gil acquistarono un senso definitivo. Tra me e Spruce solo uno sarebbe tornato a casa, forse nessuno dei due sarebbe tornato...fatto sta che non potevamo essere amici, nell'Arena non potevano esserci amicizie...
Mollai di colpo la sua mano e appena si aprirono le porte mi fiondai fuori con i Pacificatori coprendo lo spazio che rimaneva tra la stazione e il Centro Addestramento con grandi falcate lasciando dietro Spruce che bloccato sulla porta iniziò ad urlare il mio nome.



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Finalmente son riuscita ad aggiornare...che dire..spero che vi piaccia...
Non sono di molte parole oggi quindi vi auguro solo buona lettura =)
         -Silentdreamer-

   
 
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