Crossover
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Autore: Registe    11/08/2012    3 recensioni
Seconda storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone". Sono passati tre anni dagli avvenimenti narrati ne "Il Castello dell'Oblio", e i membri dell'Organizzazione hanno perduto gran parte dei loro poteri e sono ridotti a vagare per il loro mondo primitivo come vagabondi o ladruncoli qualunque. Auron e Mu invece si sono uniti alla Resistenza contro il Grande Satana, anche se Auron non e' ancora riuscito a dimenticare la breve storia d'amore vissuta con Zachar tre anni prima. Nella Galassia Mistobaan, ancora sotto l'influsso del condizionamento, e' diventato il fedele braccio destro dell'Imperatore. Ma il Grande Satana non intende rimanere a guardare, e tentera' con ogni mezzo in suo potere di riprendersi il suo servitore...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 9 - Allarme Kaspar


Baan Balace

Il Baan Palace




Visto dal basso, il Baan Palace sembrava ancora più immenso di quanto ricordasse. Lo aveva osservato da lontano durante alcune campagne, ed una delle regole non scritte di ogni compagnia di ventura era quella di non avvicinarsi mai al palazzo volante. I demoni vedevano di cattivo occhio qualsiasi umano armato, ed in un momento di stizza il Grande Satana avrebbe potuto mandare qualcuno dei suoi diavoli scalmanati a distruggerli.
La sola ombra copriva il lago Belaren, il più grande di tutto il regno di Telan; in quel momento era immobile a centinaia di metri sopra le loro teste, ma Auron sapeva che il palazzo volante poteva spostarsi senza emettere alcun rumore. In compenso la valle risuonava delle urla di una ventina di creature volanti, che gracchiavano e stridevano intorno alle ampie decorazioni del Baan Palace che fungevano loro da nido ed atterraggio.
Un paio di loro scesero in picchiata, ed il mercenario spinse con forza la testa di Mu dietro un cespuglio, sperando che i colori sgargianti dei capelli dei due sacerdoti non avessero attirato l’attenzione di quelle bestie. L’ultima volta che si era trovato davanti una viverna affamata aveva rischiato di perdere anche l’occhio buono.
Per loro fortuna le creature avevano puntato un cinghiale nero che si era avvicinato al lago per abbeverarsi, e vide Mu coprirsi gli occhi quando il sangue e le viscere della bestia si sparsero per tutta la riva, mentre un altro mostro volante scese dal Baan Palace e si unì al banchetto. Shaka, il sacerdote che avevano recuperato nel bosco, sembrava assente, inginocchiato su un tappeto di muschio ed immerso nella sua meditazione.
“E va bene, adesso come entriamo?”
Mu scosse la testa e si allontanò dal suo punto di osservazione “Il Baan Palace non scende mai a terra?”
“Non che io sappia. Se fosse accaduto credi che la principessa Leona non avrebbe tentato una sortita? Uno dei grandi problemi della Resistenza è proprio raggiungere la roccaforte del Grande Satana” sputò, osservando la fortezza “O ci facciamo crescere le ali o iniziamo a prenderlo a sassate finché qualche suo meccanismo magico si inceppa …”
“Non c’è bisogno di sovvertire la natura. Se gli dèi avessero voluto che gli uomini volassero avrebbero donato loro le ali” Shaka si sollevò, venendo verso di loro. Erano due giorni che viaggiava in sua compagnia, ma ancora non si era abituato del tutto a quello strano sacerdote; il fatto che avesse sempre gli occhi chiusi … lo inquietava. Molto. E a differenza di Mu o Camus si teneva sempre in disparte, pregando per la maggior parte del tempo e rivolgendo solo qualche parola di sfuggita al suo confratello. Una volta gli si era avvicinato per chiedergli di confessare i suoi peccati, ed Auron aveva fatto appello il tutto il suo autocontrollo per non rispondergli che uno dei suoi passatempi preferiti era bestemmiare, e si riteneva un grande esperto in materia. “Gli dèi hanno già disegnato il percorso davanti ai nostri occhi; seguirne il tracciato, quello è difficile per molti”.
E gli dèi hanno disegnato per me tre viverne furiose ed il Baan Palace fluttuante? Dèi ladri, porci ed infami! Scendete dal Nirvana, che ho voglia di dirvene quattro …
“Shaka, dove stai andando?” chiese Mu. Il suo confratello diede loro le spalle, alzandosi in piedi e superando il sottobosco, rendendosi visibile. Auron corse verso di lui, brutto deficiente, ma quello scansò la sua presa e si ritrovò a piedi scalzi sul greto che costeggiava il lago, con la tunica da viaggio che lambiva l’acqua.
“Mu, non mi avevi detto che il vostro Santuario era un raduno di pazzi! Io lo dico sempre che la religione fa male!”
“Auron, smettila con queste cattiverie” dopo lo spavento iniziale, il suo amico fissò il biondo sulle rive del lago e si fece uno strano segno sul petto, poi un altro sulla fronte. Non aveva mai visto una simile ammirazione nei suoi occhi, e dal nulla estrasse il suo rosario “Forse oggi crederai anche tu, Auron. Shaka è l’uomo più vicino agli dèi, non hai idea dei miracoli che può compiere?”
“Credere? Io? Mu, se tu non mi hai convertito in tutti questi anni, allora …”
“Guarda e prega, amico mio. Shaka è ad un livello ben più grande del mio”
“Di stupidità? Non ne dubito …”
Una prima viverna, la più grande del gruppo, si accorse subito della presenza del sacerdote; gli occhi rossi erano puntati su di lui, e mandò un verso lungo e gracchiante dal fondo della gola. Le sue compagne abbandonarono il pasto e spiegarono le ali, incuriosite. Auron sfoderò per riflesso la Masamune, deciso ad intervenire se le cose si fossero messe male.
Shaka mormorò qualcosa di incomprensibile, almeno da quella distanza, ed avanzò con fare deciso verso di loro, tendendo un braccio ed immergendosi nell’acqua del lago fino alle caviglie. Il suo tono di voce era lento, calmo, anche se il soldato ebbe l’impressione che un ronzio debole si annidasse nella sua testa. La creatura maggiore mosse i primi passi verso il sacerdote, alternando i suoni lunghi con fischi deboli, lasciando le ali lievemente socchiuse ma non in posa aggressiva; Shaka aumentò il tono della voce, e per la prima volta Auron ebbe l’impressione che la viverna stesse … conversando … con lui.
Mu aveva un’espressione tutta beata dipinta nei grandi occhi verdi.
L’animale si avvicinò ancora di più e lui scivolò dietro gli alberi, cercando di arrivare lungo il suo fianco senza farsi percepire, sapendo che se la bestia avesse allungato il collo con un scatto improvviso il braccio destro di Shaka sarebbe stato portato via di netto. Ora che era più vicino alla scena il ronzio aumentò, ma l’animale non aveva alcun interesse nel puntare l’avversario, aspettando gli attimi di silenzio del biondo per poi rispondergli con una valanga di versi incomprensibili. Il suo occhio rosso sembrava capire.
Non avrebbe mai detto che dei mostri demoniaci potessero coesistere con un essere umano senza sbranarlo; ma del resto aveva visto molti maghi e sacerdoti nella sua vita, ma nessuno era mai riuscito a comunicare con un animale semplice o evoluto, o almeno così sapeva. Davanti ai suoi occhi increduli la viverna si accucciò sulle zampe posteriori, spiegò per bene le ali e lasciò che Shaka gli accarezzasse il muso.
Narratore: Avete presente San Francesco? Ecco, stiamo a quei livelli, le Registe non sapevano più che cosa copiare!
Le altre due creature sembravano aver perso ogni interesse, e tornarono a quello che restava del cinghiale.
“Visto?” Mu sbucò a sorpresa alle sue spalle, facendogli rischiare un colpo al cuore “Te l’avevo detto, Shaka è l’uomo più vicino agli dèi. Adesso credi?”
“Mm, gli darò una possibilità quando moltiplicherà il pane e le salsicce. Anche se devo dire che questo potere non è male. Se funzionasse con i demoni avremmo risolto i nostri problemi!” ma, chissà perché, aveva il sospetto che niente potesse permettere loro di ragionare con i demoni; erano testardi, arroganti, superbi, il carattere animalesco di una viverna non era nulla davanti alla natura irremovibile di quelle creature millenarie. Shaka si rivolse verso di loro “Gli dèi non ci hanno creati come esseri singoli; la natura del nostro mondo è il delicato equilibrio che esiste tra noi, ed il raggiungimento di questa conoscenza ci permette di rivolgerci agli altri esseri di questo mondo con umiltà. E loro ci risponderanno. L’armonia in noi è l’armonia oltre noi; non possiamo …”
“Ok, ok, lasciamo da parte le lezioni di teologia. Piuttosto … ci darà un passaggio fino al Baan Palace?”.
“Certo, a patto che non disturbiamo la sua nidiata”.
“Il piano andiamo-sfondiamo-spacchiamo-e-ci-riprendiamo-Camus non era comunque sulla mia lista, o almeno non con soli due sacerdoti al mio fianco. Una volta lassù dovremo muoverci silenziosamente, non reggeremo un istante contro un drappello di demoni o anche contro uno solo dei suoi generali”. Si chiese se non fosse stato più saggio aspettare qualche giorno e chiedere aiuto alla Resistenza: un commando del genere era comunque un suicidio, ma forse con l’aiuto di qualche mago professionista e con i poteri del giovane Dai avrebbero raggiunto qualche risultato. Ma avevano optato per una missione silenziosa, ed il passaggio di una viverna non si otteneva tutti i giorni. Shaka si avvicinò al dorso ricoperto di squame e vi salì.
“Auron …?” fece Mu, stavolta dubbioso “… tu sai che io odio volare … tanto …”
“Se proprio devi vomitare, fallo lontano dalla mia tunica. Stringiti sempre a me, amico mio. E ovviamente non guardare giù …”
La creatura si sollevò con grazia, come se portare tre esseri umani ed uno spadone non le pesasse nulla; un primo giro lungo la superficie del lago, poi un secondo, ed al terzo prese quota. Sentì Mu serrargli le braccia intorno al torace, mentre Shaka rimaneva imperturbabile a gambe incrociate, sfiorando la base del collo della creatura ed intonando una nuova cantilena.
Auron trattenne il respiro, poi guardò giù, rendendosi conto che era la prima volta che volava. In una manciata di secondi il lago diventò piccolo come il palmo della sua mano, e dalle foreste color smeraldo poteva vedere decine di villaggi; a dorso di cavallo erano distanti vari giorni, ma in groppa alla viverna sembravano vicinissimi. Entrarono nell’ombra del Baan Palace, passando in mezzo ad altri mostri volanti che Auron aveva visto solo in alcune missioni, alcune in ricognizione ed altre intente a costruire delle strane celle che avevano tutta l’impressione di essere dei nidi. Ma anche vicino al covo del nemico il mondo assumeva una prospettiva più dolce, piccola, bella.
A Zachar piacerebbe una simile visione.
E poi il boato proprio sopra le loro teste.


KABOOOOM.
Zaboera levitò di corsa ed evitò che una delle schegge di vetro della provetta s’infilasse nel suo occhio destro. L’estratto linfatico del nuovo corpo biologico superstregonesco era totalmente, invariabilmente, estremamente instabile; il contatto con la temperatura esterna dava vita ad un rialzo termico così immediato che portava a rottura ogni sua provetta. Il miglioramento nella massa muscolare del suo prodotto era notevole, ma sarebbe bastata la minima ferita per esporre la linfa e generare un’esplosione o la corrosione del corpo. Schioccò le dita e la provetta tornò intera.
“Ih ih ih! Non solo sei un demone da quattro soldi, ma anche uno scienziato penoso!”
Ma non l’avevo addormentata?
La ragazza umana, quella che controllava i fulmini, gli fece una linguaccia dal tavolino dove l’aveva legata. Aveva lanciato su di lei un incantesimo di sonno nemmeno un’ora prima ed eccola ancora lì, con i suoi occhi irriverenti che lo fissavano “Vedi che il mio sangue è troppo forte per il tuo corpo biologico? Sei così stupido che non sai nemmeno usarlo a dovere”.
E’ un’umana pazza. La cosa migliore da fare è ignorarla.
“Ma guarda, il demone alto due mele e poco più! Cosa sei, lo gnomo da giardino del Grande Satana?”
L’unica consolazione era che almeno il suo compagno era sedato. Il Membro dell’Organizzazione dai capelli rossi non aveva emesso nemmeno una parola da quando lo aveva rinchiuso in un cilindro con dell’acqua fino alle spalle. Era pallido e gonfio, con gli occhi cerchiati di viola. Il suo elemento aveva dimostrato una profonda debolezza all’uso di incantesimi di acqua o di gelo, per questo aveva scartato l’ipotesi di usare il suo sangue e parte dei tessuti per la realizzazione di un corpo biologico superstregonesco attivo su ogni campo di battaglia. I maghi della Resistenza avrebbero potuto accidentalmente colpirlo con una magia dell’elemento opposto e si sarebbero rivelati uno svantaggio. Avrebbe potuto innestare alcuni frammenti di quel corpo in alcuni suoi assistenti dello Yomashidan, quelli che si occupavano della gestione del suo laboratorio dentro la camera magmatica del vulcano Pamoa, ma la priorità era realizzare strutture da battaglia. La ragazza si era dimostrata invece un soggetto migliore.
“E quello sarebbe un bisturi? Sei sicuro che non sia la mia limetta per le unghie?” il campo di forze che la teneva incollata al lettino avrebbe resistito ad una magia di Mistobaan, ed impediva alla ragazza di evocare le sue saette. Ma non di parlare, purtroppo. “Ehi, gnometto, perché non mi liberi? Sono sicuro che muori dalla voglia di sapere come si usa una vera lama”.
E’ un’umana incredibilmente pazza. Più della media della loro razza, poco ma sicuro …
“Ma è vero che avete due cuori? Devo assolutamente squartarvi e vederlo, perché non ci credo tanto … anche se nel tuo caso credo che dovrei faticare un bel po’, non so se mi andrà, detesto sforzare la vista per cercare due noccioline!”
La ragazza cercò di liberarsi, ma per fortuna il campo di isolamento funzionò, e le saette che originavano dalle sue dita si dispersero nei legacci; per adesso si era dimostrata un ottimo soggetto, ma la sua collaborazione era davvero minima.
“Perché non mi liberi? Dai, fammi squartare la bella bambolina!”
In questo caso il soggetto degli istinti omicidi dell’elementale del fulmine non era più lui, ma la ragazza umana che Killvearn aveva prelevato quando si era recato a prendere Mistobaan in un mondo umano lontano dal loro. Era una nemica, una di quelli che stavano sfruttando il Braccio Destro, ed il Grande Satana l’avrebbe giustiziata immediatamente se non fosse stato per il suo potenziale magico; Zaboera aveva diverse migliaia di anni, e poche volte aveva incontrato degli umani con un livello di magia degno di nota, men che mai di persone che fossero al livello di un demone minore. Alcuni militavano con la Resistenza, ma quella ragazza aveva un’aura magica che li superava, surclassava quelle dei Membri dell’Organizzazione e arrivava anche oltre il suo livello, quello di un arcivescovo stregone della famiglia demoniaca. L’aveva fatta trascinare nel suo laboratorio ed i risultati dagli estratti del suo sangue erano notevoli, e pur trattandosi di energia grezza aveva deciso di tenerla in osservazione. La maga dai capelli rossi piagnucolava ogni tanto, ma la sua vista aveva fatto scattare l’umana bionda, che minacciava sempre di farla a pezzi.
Ignorò la voce di sottofondo e si mise a sfogliare un libro, poco convinto dei risultati ottenuti.
“Pipu, pipu, pipu!”
L’Occhio sulla sua scrivania si illuminò, e quando il cristallino fu messo a fuoco vide l’immagine del Grande Satana con un’espressione che annunciava solo guai.
“Un commando nemico si è infiltrato sul Baan Palace, Zaboera. Riesco a percepire un’aura magica incredibile per gli esseri umani, anche se non corrisponde ad alcun profilo dei principali stregoni della Resistenza”.
“Ma non dovrebbero essere a Bengana? Insomma, Grande Satana, proprio in questo momento quasi tutte le nostre forze si trovano lì, dove sono state trovate tracce delle Resistenza e della Principessa Leona! Non potevano sapere del nostro attacco, abbiamo sfruttato l’effetto sorpresa, non può essere che avessero …”
Il suo sovrano vuotò con stizza un bicchiere di limonata demoniaca “Non mi interessa questo aspetto del problema. Non ora, almeno. Hadler, Crocodyne e Hyunkel sono ancora a Bengana e continueranno l’attacco alla base come su progetto originale, ma il Generale Baran sta venendo di persona ad occuparsi del problema. Killvearn è in ricognizione nei mondi dell’Impero Galattico, e per questa missione gli ho affidato la Pietra Dimensionale; non ha risposto alla mia chiamata, quindi per il momento voglio il tuo Yomashidan in prima fila per affrontare l’avversario”.
Zaboera non era mai stato un tipo d’azione. Aveva sempre prediletto la magia e la scienza a qualsiasi scontro diretto, e forse era per quel motivo che era sopravvissuto a tante catastrofi che avevano strappato via demoni ben più degni e valorosi di lui. Lo Yomashidan, il suo corpo d’armata, era composto per lo più da creature magiche di poco livello nei duelli fisici, e l’arcivescovo stregone sapeva che se il Grande Satana aveva richiesto il suo intervento era perché non aveva proprio nulla di meglio da mandare loro contro. Non avrebbe rischiato la vita dei suoi sudditi.
“Ma non tu, Zabo” fece il demone anziano, facendo correre le dita attraverso la barba bianca “Manda le tue creature a stanare e tenere occupati gli avversari fino all’arrivo di Baran, poi vieni con me nel salone Kisshu. Se il loro obiettivo fosse il nucleo incantato del Baan Palace dobbiamo essere pronti, e voglio che tu unisca la tua magia alla mia per tenere in piedi la fortezza ed organizzare una cerchia difensiva per tutti i demoni minori. E se invece il loro obiettivo fosse la mia vita … li attenderò lì”.
Grato del compito, il piccolo demone si congedò dal suo signore con un inchino: il Grande Satana non lo avrebbe mai assegnato ad un compito lontano dalle sue capacità a meno che la situazione non fosse davvero disperata. Ma con il Cavaliere del Drago in arrivo non vi era nulla di disperato. Prima di allontanarsi verso i suoi nuovi doveri si assicurò che i suoi tre prigionieri fossero ben immobilizzati ed uscì dal laboratorio.
Evocò su di sé una bolla di distruzione del suono solo per non sentire i continui insulti dell’umana bionda.


Zexion sentì la Palla di Fuoco arrivare. Tra i mille odori di quel luogo, quello degli incantesimi che sorreggevano la fortezza volante e quello grave, sovrumano, aggressivo del Grande Satana riuscì comunque a distinguere l’attacco diretto nella sua direzione. Il demone gridò qualcosa nella sua lingua incomprensibile e la sfera di fiamme partì verso di lui. Zexion sentì il calore sfiorargli la guancia e portarsi via parte del ciuffo mentre rotolava sul lato destro.
Ad uno schiocco di dita della mutaforma, Kaspar evocò una cascata di fulmini che attraversò il globo difensivo del loro aggressore e lo ridusse in un corpo fumante.
“Con il tuo fiuto non avresti potuto evitare del tutto quell’incantesimo?” fece la donna, lanciando uno sguardo soddisfatto a Kaspar che le obbediva a bacchetta, tenuto a bada dal lavaggio del cervello imperiale.
“Poter sapere qualche secondo prima che cosa accadrà non mi permette sempre di evitarlo, mia signora”
Crede davvero che sia così semplice? Che tutti siano come lei?
Aveva passato settimane intere in visita a Carida, il pianeta imperiale con la più prestigiosa accademia militare, per poter apprendere le basi di combattimento “minime”, come definivano molti dei suoi superiori: essere parte dei servizi segreti imperiali aveva un prezzo, ed il ragazzo non si era mai mostrato gioioso di pagarlo. Odiava quelle missioni.
Odiava trovarsi stretto tra la famiglia demoniaca ed i migliori guerrieri dell’Impero Galattico.
“Piuttosto …” fece lei, avvicinandosi al corpo del nemico “… questo demone avrebbe potuto assalirci a sorpresa ed avremmo avuto qualche difficoltà in più. Abbiamo attraversato questo corridoio per quasi cinque minuti senza problemi, e sarebbe potuto sbucare da uno qualsiasi di questi passaggi laterali e prenderci alle spalle. O era il peggior soldato che io abbia mai visto oppure era un’esca e noi ci stiamo dirigendo in una trappola”.
“Nessuna delle due, mia signora. Era un demone. Ed i demoni non colpiscono mai alle spalle. Per loro è una questione d’onore”.
“Un nemico onorevole, eh?” si rialzò, camuffando quello che rimaneva del corpo abbattuto dietro ad un mobile arabescato di cui nessuno dei due avrebbe saputo identificarne l’uso; l’odore di Kaspar, ormai ridotto ad un flebile profumo, giocava un enorme contrasto con quello della donna, sempre irrequieto e pronto a scoppiare. Ma ciò che sentì in un quell’attimo era qualcosa di totalmente diverso “Non è facile trovarne di questi tempi. E credo che dovremmo ricambiare la cortesia …”
Mentre parlavano si allontanarono dal punto in cui la guardia li aveva sorpresi. Una volta fiutato l’odore del Baan Palace avevano usato le Pietre della Sapienza per teleportarsi nel suo raggio d’azione, una regione boscosa con un grande lago che Zexion aveva visitato tempo addietro. Erano rimasti nell’ombra mentre la cacciatrice di taglie si mimetizzava con le creature volanti che circondavano la fortezza, per poi teleportarli a bordo del Baan Palace nel punto che le era sembrato meno difeso e lontano dai turni di ronda delle guardie. L’istinto della donna non si era sbagliato, ed avevano attraversato un gigantesco cortile senza incontrare resistenza, ma appena erano scesi nei tunnel seguendo l’odore di Mistobaan erano incappati in quel soldato. E, se l’esperienza non lo ingannava, i demoni si sarebbero subito accorti di quella magia non autorizzata ed avrebbero mandato rinforzi.
Il corridoio era libero, ma Zexion riusciva a sentire l’odore di creature in avvicinamento. Mostri, animali, esseri di cui non sapeva quasi nulla. Quando fece notare alla donna che si stavano avvicinando e che erano a solo un piano di distanza da loro, lei si fermò, guardandosi intorno come se stesse cercando di dipingere nella sua mente una mappa di quel luogo immenso.
“Dov’è Mistobaan?”
“Quattro o cinque piani più sotto” rispose.
“Bene, abbiamo un cambio di programma. Kaspar?”
Quello si girò, con il suo occhio color ghiaccio totalmente vuoto; l’altra orbita, vuota, era nascosta dietro la chioma chiarissima anche nel folto delle battaglie. Nonostante la presa dell’Impero fosse forte ed avesse distrutto quasi del tutto la sua mente, Zexion continuava ad averne paura, e sapeva che molti soldati condividevano le sue sensazioni. Gli uomini dell’Impero galattico non erano abituati alla magia, e la guardavano con enorme sospetto, specie se la fonte era quel mago pazzo, traditore e avido di potere.
“Ho un compito che ti calza a pennello. Spacca tutto”
Dèi ladri.
“Se è vero quello che dice il nostro agente segreto riescono a percepire ogni forma di magia. Sono sicura che non avranno difficoltà a trovare la tua. Fai tanto rumore, fai esplodere quello che ti pare, ma cerca di limitare i morti. Dobbiamo riprenderci Mistobaan, non combattere una guerra … ed in fondo la ragione è dalla loro parte …”
“Questo all’Imperatore non piacerà, mia signora” borbottò Zexion “A lui farebbe solo piacere vedere morto qualche soldato del Grande Satana in più”.
Lei gli rivolse un sorriso crudele “Ma sono certa che tu non glielo andrai a dire, dico bene?”
“Ovviamente no” … fossi matto …
Percepì il flusso di incantesimi di Kaspar entrare in azione, ed assumere la forma di una gigantesca sfera rocciosa che venne sollevata contro il soffitto. Il boato fu assordante, e frammenti di Baan Palace, roccia ed ornamenti schizzarono come schegge intorno al mago, e prima che potesse ammirare un secondo incantesimo la mano della cacciatrice di taglie gli strinse il polso e lo trascinò contro un piccolo terrazzo che si affacciava nel vuoto, su cui erano installati alcuni globi di cui il ragazzo non conosceva la funzione. Da quell’altezza il vento era tagliente, e la tunica dell’Organizzazione si agitò come le ali di un corvo. E fu lì che li sentì.
Prima venne l’odore inconfondibile di Larxen, il suo profumo simile ad un’albicocca, fresco, vivo ed irruente, come Zexion non lo percepiva da tre anni: sentiva la sua furia, ed in quello stesso istante capì che era prigioniera da qualche parte, più in alto, ma era lì. Intrecciato al suo, più flebile, arrivò anche l’odore di Axel, debole e con una coscienza che era sul punto di spegnersi. Il pensiero che quei due fossero nel Baan Palace, prigionieri ma potenzialmente in grado di incontrarlo, gli mise dei brividi che nulla avevano da spartire con quelli del vento.
E poi l’ultimo, il più familiare.
Il n. IV era ad un livello ancora più elevato, su uno dei pinnacoli, ma l’aria che vorticava intorno alla fortezza gli portò anche il suo profumo simile a quello della vaniglia, e dopo tanti anni d’assenza assaggiò di nuovo l’insoddisfazione, il disprezzo e la paura di quell’uomo che con i suoi Nuclei Neri lo aveva quasi condannato a morte e costretto a chiedere rifugio presso l’Impero.
Improvvisamente si ricordò della fiala di veleno che lo scienziato gli aveva consegnato cinque anni prima, ed il sentirla contro il suo petto, avvolta nelle pieghe della tunica, gli diede una strana sensazione. Piacevole o meno, non avrebbe saputo dirlo.
Poi il suo olfatto lo riporto di nuovo alla realtà , perché adesso l’orda di creature magiche era in arrivo, poteva sentire i loro ronzii mentre si avvicinavano a Kaspar abbattendosi lungo le scale e le porte come una gigantesca ondata furiosa.
“Kaspar li terrà a bada. Hai detto che dobbiamo scendere, giusto?”
“Ehm …” deglutì, accorgendosi che da quel balcone il mondo sembrava davvero piccolo, con il lago Belaren non più grande di un foglio di carta “Non parlavo di scendere in … questo modo”.
“Le scale ormai sono tutte occupate. E poi così faremo molto prima. Certo, se hai paura puoi sempre rimanere qui in attesa dell’esercito del Grande Satana!”
Dèi ladri. Ladrissimi.
  
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