Saying this
ain't the day that it ends
Cause there's no white light
(White
light, George Michael)
Quando
giunsero a Pontefract, il padrone del
castello li attendeva sull’imponente scalinata
d’ingresso.
Era bruno e attraente, ma meno raffinato degli
aristocratici che frequentavano la corte.
Elizabeth smontò da cavallo con una piccola smorfia
di insofferenza; l’uomo scese i gradini lisi e le
baciò la mano.
- Sono anni che Vostra Grazia non mi fa visita –
fece notare in tono secco.
Lei sbadigliò, leggermente accigliata da
quell’irriverenza: - Sono qui solo perché
è necessario.
- Non desidero infatti puntualizzare sulle
motivazioni che vi hanno condotta qui.
- Allora tacete, lord Sidney.
Catherine, che stava a sua volta smontando da
cavallo, per poco perse la presa.
Elizabeth si tolse il pesante mantello dalle spalle,
rivelando un abito rosso e bianco.
- Entriamo – disse, spiccia, spingendo il nobiluomo
oltre la porta. Catherine e Harry la seguirono.
Quando
compresero la disposizione delle stanze e
trovarono la Regina e il suo ospite, questi erano già seduti
uno di fronte
all’altra e chiacchieravano del più e del meno, e
in apparenza non un pensiero
segnava i lineamenti della Regina. Eppure, quando fece il suo ingresso
– Harry
era fuggito quando lei aveva aperto la porta – vide i suoi
occhi scuri scattare
nella sua direzione, ansiosi, prima di posarsi di nuovo sul suo
interlocutore.
Andò a sedersi alle spalle della sovrana, muta.
Il signore di Pontefract la osservò con aria
indecifrabile per una frazione di secondo, ma poi rivolse nuovamente la
sua
attenzione alla Regina: - Come vi invidio, Vostra Grazia!
- Come mai, milord? – Elizabeth sorrideva, sapeva
già dove voleva arrivare.
- Tutte queste graziose fanciulle!
- Oh, siete davvero una persona terribile, proprio
come… vostro fratello – Catherine alzò
la testa: solo lei aveva avvertito quella
minuscola esitazione? Quindi registrò le sue parole. Vostro fratello.
Sussultò. – Vostro fratello?
Elizabeth voltò appena il capo nella sua direzione,
non abbastanza da guardarla direttamente.
- Sì, il nostro cortese ospite è Joaquin Sidney,
signore di Pontefract e fratello di sir Henry.
- Sono onorata di fare la vostra conoscenza – disse
a bassa voce, piegandosi in maniera che neppure il suo viso fosse
visibile
all’uomo; si posò le mani sullo stomaco, nel
tentativo di frenare l’onda.
Joaquin se ne accorse comunque, facendole desiderare di scomparire.
- State bene, milady?
Cercò di sorridere. – Sì, milord,
grazie.
Guardò la nuca di Elizabeth, ma lei non si voltò
a
sincerarsi che stesse davvero bene.
- Milady… ciò che sto per fare vi
addolorerà, vi
avviso fin d’ora.
Joaquin sembrava interdetto e ne aveva ben donde.
Catherine intuì cosa stava per accadere, così
tuffò la mano in una manica, alla
ricerca del fazzoletto di batista, incatenata dagli occhi castani
dell’uomo.
- Milord, ho commesso l’errore di mandare vostro
fratello in Scozia e là, per proteggere il suo comandante,
è stato vilmente
assassinato da uno scozzese.
Joaquin balzò in piedi, fissandola con occhi di
brace, le narici dilatate; non disse nulla.
Poi guardò la dama con aria accusatoria.
Catherine si fece rossa in volto, le labbra lucide
tese nella smorfia del pianto e serrò le palpebre,
così che le ciglia nere
scomparvero nella piega della pelle, ma non un suono uscì
dalle sue labbra,
eccezion fatta per un sibilo quasi inudibile.
- Henry? Morto?!
- Non rimarrà invendicato – promise Elizabeth, con
voce glaciale, ancora seduta.
L’uomo si passò una mano sul viso, stancamente,
dopodichè abbandonò la sala.
***
Aveva
lasciato la guarnigione di Berwick qualche ora
dopo il corriere che aveva inviato a Pontefract e da allora non si era
più
fermato: galoppava attraverso le campagne, evitando le città
più popolose, il
destriero andava molto più veloce di quanto si aspettasse,
poiché le strade
erano indurite dal gelo.
Perdette del tempo solo per controllare lo stato
della sua gamba, i pantaloni fradici di sangue: continuava a provare
dolore, ma
non aveva ancora la febbre, perciò non doveva preoccuparsi.
Strinse più forte le redini, piegato sul collo
dell’animale nonostante la schiena dolorante.
- Ve l’ho promesso, milady, di esservi accanto fino
alla fine della vostra vita – sibilò.
***
- Vostra
Maestà, questa è mia moglie: lady Eleanor
Bainbridge.
La donna non era una bellezza; indossava un abito
modesto, i capelli raccolti sotto una cuffia bianca, e gli occhi verdi
che posò
sulla Regina erano sciapi e fin troppo mansueti. Mostrò la
dovuta deferenza a
Elizabeth, poi tornò a sedersi accanto a Joaquin; Catherine
vide che teneva la
mano sulla sua.
- Oh, milady, questa è una dama di compagnia di Sua
Grazia… lady Catherine.
Si sorrisero leggermente, prima di accomodarsi.
Il pranzo fu servito.
- Vostra
Grazia, è appena arrivato un messaggero;
viene da Berwick, dice che può parlare solo a voi!
-
Perché non posso accompagnarvi?
- Perché io ve lo ordino! Non contradditemi, milady,
o la vostra bella testa finirà con il consumarsi su un ponte
di Londra! Seguite
lady Bainbridge e non azzardatevi ad origliare, per i seni di
sant’Agata!
Catherine si fermò in mezzo al passaggio, stringendo
le labbra fino a farle sbiancare, mentre Elizabeth perdeva interesse
per lei e si
avviava a lunghi passi verso la stanzetta in cui era stato fatto
accomodare il
messo.
- Ma, Vostra Maestà…
La Regina allontanò la mano dalla maniglia della
porta, cerea.
- Adesso basta! Smettete di importunarmi, sparite
dalla mia vista! – pestò un piede a terra, ma poi
dovette posarsi una mano sul
petto e respirare a fondo per calmarsi e riprendere un po’ di
colore.
Lady Ann Bainbridge l’attendeva in fondo alla
galleria, ostentando un pudore quasi verginale.
- Venite, milady.
Senza dire nient’altro la condusse in una stanza
riparata, senza finestre, e lì Catherine si sedette.
***
- Milord di
Pembroke ha sostato al castello di
Berwick per il tempo necessario a redigere questa lettera e fasciarsi
la gamba
ferita, prima di far sellare uno dei nostri migliori cavalli,
così da poter
giungere a sua volta a Pontefract.
- Quanto impiegherà? – domandò
Elizabeth, srotolando
il messaggio di Arthur.
Fate preparare
una stanza ben riscaldata, un letto pulito e i migliori medici che si
trovino a
poca distanza da Pontefract. Tenete Harry e Catherine con voi.
-
Sarà qui in poco meno di tre ore, se maltratterà
l’animale
come ha fatto fino ad ora.
Elizabeth strinse la lettera nel palmo, al fine di
stropicciarla e renderla illeggibile.
Scordò perfino di salutare il messaggero.
- Preparate
una stanza ben riscaldata, un letto
pulito e chiamate il vostro medico.
Joaquin sembrò interdetto, ma non impiegò molto
per
riprendere il controllo e prometterle che avrebbe fatto quanto
richiesto. Lady Eleanor
non aprì bocca, ma uscì per chiamare il
connestabile del palazzo.
- Mando a chiamare lady Catherine.
- No – la risposta di Elizabeth lo gelò
– Lei non
dovrà sapere nulla di quanto sta per accadere.
- Come Vostra Maestà desidera.
***
Bussarono
alla porta: colpi veloci e sommessi.
Ann Bainbridge, sorella minore di Eleanor, mise da
parte il lavoro di cucito con cui si stava intrattenendo da tempo per
andare ad
aprire, le guance rosse per l’emozione. Si sistemò
i capelli.
- Che ci fate qui, milord?! Vi avevo detto di non
venire!
- Non potevo farne a meno, Ann. Dovevo vedervi anche
oggi – replicò una voce maschile, ansiosa; Ann si
guardò fugacemente alle
spalle, per controllare che la sua prigioniera non stesse origliando.
Lei fece
finta di nulla, gli occhi fissi sulle proprie mani e la propria gonna.
- Siete un pazzo – mormorò allora, allungando una
mano nel riquadro scuro della porta.
- Non l’ho mai negato. Non ho mai rimpianto di
esserlo.
Un attimo di silenzio, un sospiro affrettato da
parte di Ann.
Catherine alzò appena lo sguardo.
- Comunque, cosa ci fate qui?
- Uhm, lord Sidney mi ha incaricato di preparare la
camera in fondo al corridoio.
Un singulto sorpreso. – Come mai? – la fanciulla
non
sembrava preoccupata all’idea di non ottemperare ai suoi
doveri di guardiana. Catherine
mise da parte il lavoro di cucito e cominciò a spostarsi.
- Non saprei… Ralph del panificio ha detto che deve
arrivare un nobiluomo da Nord, uno in fuga. Sciocchezze, a dire il
vero, una
storia inventata di sana pianta per mettersi in mostra tra la
servitù.
Ann non ebbe il tempo di replicare alcunché,
poiché
Catherine l’afferrò per le spalle e la costrinse a
spostarsi, dopodichè schivò
l’uomo attonito sulla soglia e, sollevando le gonne, si
lanciò in una folle
corsa attraverso la galleria.