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Autore: marguerite_murcielago    12/08/2012    3 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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Saying this ain't the day that it ends
Cause there's no white light

(White light, George Michael)

 

Quando giunsero a Pontefract, il padrone del castello li attendeva sull’imponente scalinata d’ingresso.
Era bruno e attraente, ma meno raffinato degli aristocratici che frequentavano la corte.
Elizabeth smontò da cavallo con una piccola smorfia di insofferenza; l’uomo scese i gradini lisi e le baciò la mano.
- Sono anni che Vostra Grazia non mi fa visita – fece notare in tono secco.
Lei sbadigliò, leggermente accigliata da quell’irriverenza: - Sono qui solo perché è necessario.
- Non desidero infatti puntualizzare sulle motivazioni che vi hanno condotta qui.
- Allora tacete, lord Sidney.
Catherine, che stava a sua volta smontando da cavallo, per poco perse la presa.
Elizabeth si tolse il pesante mantello dalle spalle, rivelando un abito rosso e bianco.
- Entriamo – disse, spiccia, spingendo il nobiluomo oltre la porta. Catherine e Harry la seguirono.

 

Quando compresero la disposizione delle stanze e trovarono la Regina e il suo ospite, questi erano già seduti uno di fronte all’altra e chiacchieravano del più e del meno, e in apparenza non un pensiero segnava i lineamenti della Regina. Eppure, quando fece il suo ingresso – Harry era fuggito quando lei aveva aperto la porta – vide i suoi occhi scuri scattare nella sua direzione, ansiosi, prima di posarsi di nuovo sul suo interlocutore.
Andò a sedersi alle spalle della sovrana, muta.
Il signore di Pontefract la osservò con aria indecifrabile per una frazione di secondo, ma poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla Regina: - Come vi invidio, Vostra Grazia!
- Come mai, milord? – Elizabeth sorrideva, sapeva già dove voleva arrivare.
- Tutte queste graziose fanciulle!
- Oh, siete davvero una persona terribile, proprio come… vostro fratello – Catherine alzò la testa: solo lei aveva avvertito quella minuscola esitazione? Quindi registrò le sue parole. Vostro fratello.
Sussultò. – Vostro fratello?
Elizabeth voltò appena il capo nella sua direzione, non abbastanza da guardarla direttamente.
- Sì, il nostro cortese ospite è Joaquin Sidney, signore di Pontefract e fratello di sir Henry.
- Sono onorata di fare la vostra conoscenza – disse a bassa voce, piegandosi in maniera che neppure il suo viso fosse visibile all’uomo; si posò le mani sullo stomaco, nel tentativo di frenare l’onda. Joaquin se ne accorse comunque, facendole desiderare di scomparire.
- State bene, milady?
Cercò di sorridere. – Sì, milord, grazie.
Guardò la nuca di Elizabeth, ma lei non si voltò a sincerarsi che stesse davvero bene.
- Milady… ciò che sto per fare vi addolorerà, vi avviso fin d’ora.
Joaquin sembrava interdetto e ne aveva ben donde. Catherine intuì cosa stava per accadere, così tuffò la mano in una manica, alla ricerca del fazzoletto di batista, incatenata dagli occhi castani dell’uomo.
- Milord, ho commesso l’errore di mandare vostro fratello in Scozia e là, per proteggere il suo comandante, è stato vilmente assassinato da uno scozzese.
Joaquin balzò in piedi, fissandola con occhi di brace, le narici dilatate; non disse nulla.
Poi guardò la dama con aria accusatoria.
Catherine si fece rossa in volto, le labbra lucide tese nella smorfia del pianto e serrò le palpebre, così che le ciglia nere scomparvero nella piega della pelle, ma non un suono uscì dalle sue labbra, eccezion fatta per un sibilo quasi inudibile.
- Henry? Morto?!
- Non rimarrà invendicato – promise Elizabeth, con voce glaciale, ancora seduta.
L’uomo si passò una mano sul viso, stancamente, dopodichè abbandonò la sala.

 

***

 

Aveva lasciato la guarnigione di Berwick qualche ora dopo il corriere che aveva inviato a Pontefract e da allora non si era più fermato: galoppava attraverso le campagne, evitando le città più popolose, il destriero andava molto più veloce di quanto si aspettasse, poiché le strade erano indurite dal gelo.
Perdette del tempo solo per controllare lo stato della sua gamba, i pantaloni fradici di sangue: continuava a provare dolore, ma non aveva ancora la febbre, perciò non doveva preoccuparsi.
Strinse più forte le redini, piegato sul collo dell’animale nonostante la schiena dolorante.
- Ve l’ho promesso, milady, di esservi accanto fino alla fine della vostra vita – sibilò.

 

***

 

- Vostra Maestà, questa è mia moglie: lady Eleanor Bainbridge.
La donna non era una bellezza; indossava un abito modesto, i capelli raccolti sotto una cuffia bianca, e gli occhi verdi che posò sulla Regina erano sciapi e fin troppo mansueti. Mostrò la dovuta deferenza a Elizabeth, poi tornò a sedersi accanto a Joaquin; Catherine vide che teneva la mano sulla sua.
- Oh, milady, questa è una dama di compagnia di Sua Grazia… lady Catherine.
Si sorrisero leggermente, prima di accomodarsi.
Il pranzo fu servito.

 

- Vostra Grazia, è appena arrivato un messaggero; viene da Berwick, dice che può parlare solo a voi!

 

- Perché non posso accompagnarvi?
- Perché io ve lo ordino! Non contradditemi, milady, o la vostra bella testa finirà con il consumarsi su un ponte di Londra! Seguite lady Bainbridge e non azzardatevi ad origliare, per i seni di sant’Agata!
Catherine si fermò in mezzo al passaggio, stringendo le labbra fino a farle sbiancare, mentre Elizabeth perdeva interesse per lei e si avviava a lunghi passi verso la stanzetta in cui era stato fatto accomodare il messo.
- Ma, Vostra Maestà…
La Regina allontanò la mano dalla maniglia della porta, cerea.
- Adesso basta! Smettete di importunarmi, sparite dalla mia vista! – pestò un piede a terra, ma poi dovette posarsi una mano sul petto e respirare a fondo per calmarsi e riprendere un po’ di colore.
Lady Ann Bainbridge l’attendeva in fondo alla galleria, ostentando un pudore quasi verginale.
- Venite, milady.
Senza dire nient’altro la condusse in una stanza riparata, senza finestre, e lì Catherine si sedette.

 

***

 

- Milord di Pembroke ha sostato al castello di Berwick per il tempo necessario a redigere questa lettera e fasciarsi la gamba ferita, prima di far sellare uno dei nostri migliori cavalli, così da poter giungere a sua volta a Pontefract.
- Quanto impiegherà? – domandò Elizabeth, srotolando il messaggio di Arthur.

Fate preparare una stanza ben riscaldata, un letto pulito e i migliori medici che si trovino a poca distanza da Pontefract. Tenete Harry e Catherine con voi.

- Sarà qui in poco meno di tre ore, se maltratterà l’animale come ha fatto fino ad ora.
Elizabeth strinse la lettera nel palmo, al fine di stropicciarla e renderla illeggibile.
Scordò perfino di salutare il messaggero.

 

- Preparate una stanza ben riscaldata, un letto pulito e chiamate il vostro medico.
Joaquin sembrò interdetto, ma non impiegò molto per riprendere il controllo e prometterle che avrebbe fatto quanto richiesto. Lady Eleanor non aprì bocca, ma uscì per chiamare il connestabile del palazzo.
- Mando a chiamare lady Catherine.
- No – la risposta di Elizabeth lo gelò – Lei non dovrà sapere nulla di quanto sta per accadere.
- Come Vostra Maestà desidera.

 

***

 

Bussarono alla porta: colpi veloci e sommessi.
Ann Bainbridge, sorella minore di Eleanor, mise da parte il lavoro di cucito con cui si stava intrattenendo da tempo per andare ad aprire, le guance rosse per l’emozione. Si sistemò i capelli.
- Che ci fate qui, milord?! Vi avevo detto di non venire!
- Non potevo farne a meno, Ann. Dovevo vedervi anche oggi – replicò una voce maschile, ansiosa; Ann si guardò fugacemente alle spalle, per controllare che la sua prigioniera non stesse origliando. Lei fece finta di nulla, gli occhi fissi sulle proprie mani e la propria gonna.
- Siete un pazzo – mormorò allora, allungando una mano nel riquadro scuro della porta.
- Non l’ho mai negato. Non ho mai rimpianto di esserlo.
Un attimo di silenzio, un sospiro affrettato da parte di Ann.
Catherine alzò appena lo sguardo.
- Comunque, cosa ci fate qui?
- Uhm, lord Sidney mi ha incaricato di preparare la camera in fondo al corridoio.
Un singulto sorpreso. – Come mai? – la fanciulla non sembrava preoccupata all’idea di non ottemperare ai suoi doveri di guardiana. Catherine mise da parte il lavoro di cucito e cominciò a spostarsi.
- Non saprei… Ralph del panificio ha detto che deve arrivare un nobiluomo da Nord, uno in fuga. Sciocchezze, a dire il vero, una storia inventata di sana pianta per mettersi in mostra tra la servitù.
Ann non ebbe il tempo di replicare alcunché, poiché Catherine l’afferrò per le spalle e la costrinse a spostarsi, dopodichè schivò l’uomo attonito sulla soglia e, sollevando le gonne, si lanciò in una folle corsa attraverso la galleria.   

   
 
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