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Autore: Stateira    26/02/2007    9 recensioni
Dirsi tutto, senza dirsi niente.
Una scommessa con me stessa.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wordless ( tu mi lasci senza parole)

Wordless

 

 Non restava molto da dire di quella giornata, grigiastra come possono essere le striature che compaiono sul pelo degli animali quando si fa stopposo.

Harry aprì le mani.

Tanto lentamente da farle tremare; e lo vide, il segno rosso sul suo palmo. Il segno della violenza. Le nocche violacee e leggermente tumefatte dolevano, ma Harry si concentrò sul particolare del palmo, perché era più intimo, chissà perché, poi. Un pugno dato con le nocche era qualcosa di impersonale, ma un ceffone dato di palmo somigliava molto di più a qualcosa di non detto, ad una carezza gridata con veemenza.

(Se solo toccarti non mi facesse così male)

 

Avevano un po’ esagerato, quella volta. A picchiarsi così, davanti a tutti, con una rabbia feroce, figlia dell’esasperazione, perché gli anni che passano pesano come travi di ferro sulle spalle, quando passano senza che si riesca a trovare in essi un significato al di là di ciò che accade, che si dice, che si fa, che succede. Lo sapevano tutti e due, ma chissà dov’era, Draco; magari era andato a piagnucolare come un moccioso dai suoi amichetti Serpeverde. O magari era stanco anche lui, di piagnucolare.

Harry aprì gli occhi.

Quella volta era stata troppo diversa, era stata come una cesura, una linea di confine tracciata per dividere il passato dal presente, e loro due da tutto il resto. Non era più questione di dispetti e rivalse infantili, non era più questione di farsi le smorfie e insultarsi senza motivo. Era stato uno scontro fra adulti, ed era per questo che le mani dolevano, che doleva lo stomaco colpito, e la testa. Si erano picchiati da ragazzi cresciuti. Ma si erano odiati, da ragazzi cresciuti? Oppure l’astio capriccioso che li strattonava continuamente l’uno contro l’altro se ne stava sempre lì, nascosto dentro di loro, come un mostro degli incubi, come un clown stregato e grottesco, a prendersi gioco di loro?

(Un clown che non fa ridere, ho paura di te)

 

Harry dondolò svogliatamente sull’erba della riva del Lago Nero, facendo forza con i piedi, e assecondando i movimenti del vento, come cercando di distrarsi da qualcosa, di liberarsi da pensieri fitti e sinistri come ragnatele impolverate.

 

*

 

Draco mulinò i piedi sulle foglioline scivolate a terra da qualche albero poco lontano. Prese tempo, prima di sedersi in un posto da dove Harry potesse vederlo, da dove potesse capire che qualcosa di diverso c’era, se dopo una rissa furibonda come quella di poche ore prima, si erano scoperti entrambi alla ricerca di qualcosa, sulle rive del lago.

Si guardò attorno non troppo distrattamente; non era venuto quasi mai su quel lato della riva, quasi sempre aveva preferito fermarsi più ad est, dove il terreno declinava ed offriva un letto regolare e liscio su cui sdraiarsi.

Harry, invece, preferiva la compagnia degli alberi alle sue spalle, come se non ne temesse le ombre, come se le considerasse amiche, come se i loro coni verde scuro potessero assorbire un po’ del peso dei suoi pensieri, e fonderli con il loro buon profumo silvestre e legnoso, inglobarli nelle loro resine pungenti. In qualche modo, poco importa come.

Sedendosi su un mezzo ceppo, dopo averlo ripulito, Draco si schiarì la voce, e rimase lì, immobile, ad aspettare che accadesse qualcosa.

Essere senza parole di fronte a qualcuno che per te ha rappresentato una sorta di piccolo cosmo di significati era in qualche modo disarmante, era una sensazione ben strana. Draco pensò che era come sentirsi le mani vuote, completamente vuote.

(Come essere nudi, e coperti di parole di inchiostro)

 

Harry si accorse di Draco nel momento in cui lui si era portato una mano alla bocca, per schiarirsi educatamente la voce. Come se avesse cercato, voluto, desiderato dire qualcosa. Si chiese se avesse qualcosa da dire lui, a Draco Malfoy, per primo. Una cosa qualsiasi, anzi no, una cosa importante, qualcosa che avesse un senso speciale, che li aiutasse a mettere fine a questo. All’attesa muta.

Valutò che in fondo non sarebbe stato poi tanto difficile fare il primo passo verso di lui, provare a tendere la mano, così, solo per vedere se lui l’avrebbe presa, se sarebbe successo qualcosa, se una qualche tempesta magica si sarebbe scatenata improvvisamente attorno a loro, sollevandoli e facendoli danzare fra le sue scintille di vento violaceo. Se invece sarebbero rimasti lì, così, senza il coraggio di guardarsi negli occhi, con le mani unite appena da un paio di dita intrecciate. Ad aspettare di nuovo che succedesse qualcosa.

La pelle di Draco era chiara, e tinta di un flebile tramonto nuvoloso, e le ombre degli alberi attorno a lui sembravano evitarlo, sembravano scompaginarsi attorno al tronco su cui era seduto come davanti ad una maestà.

Harry si strinse le ginocchia al petto e vi posò sopra la testa. Anche Draco lo stava guardando, direttamente, senza cercare di nascondersi, ricambiando i suoi occhi con la stessa intensità rassegnata, con la stessa curiosità primordiale, con lo stesso bisogno di dire in silenzio qualcosa che un nome non lo aveva.

(Oppure sì)

 

Con gli occhi costruirono dei binari per raggiungersi, cominciarono cento discorsi diversi senza mai finirne uno, provarono timidamente a levare qualche vestito, a mostrare qualche cicatrice, a chiedersi se davvero erano così brutte, così impressionanti, da non poter sperare di essere toccate, guarite da una mano sincera.

(Magari da un bacio)

 

Magari per sbaglio.

 

Draco aprì la bocca, Harry aprì il cuore.

(Prendilo, prendimi, non lo so)

 

Su di loro, su quel loro così incerto e recalcitrante, scese piano una brezza singhiozzante e fredda, che portava ad Harry l’odore di Draco, a Draco l’odore di Harry. Si chiusero entrambi nei propri mantelli, per ripararsi, per riuscire a strappare ancora qualche minuto da passare insieme così lontani, per non doversi arrendere al freddo, non ora che erano vicini con l’anima, non ora che si stavano dicendo tutte quelle cose, senza fiatare.

Gli occhi di Draco erano nulla più che due puntolini, per Harry, due puntini luminosi, chiusi nella cornice di una faccia troppo pallida, prigionieri di una pelle opaca, come Draco era sempre stato prigioniero di sé stesso, e del suo voler essere sé stesso ad ogni costo.

E lo stesso erano per Draco le mani di Harry, due punti chiari sul manto Grifondoro che lo proteggeva, che lo rendeva il profilo indistinto di un ragazzo qualsiasi, che come una lavagna dispettosa rifletteva tutti i dubbi, e i turbamenti, e le domande di una mente.

(Rumore di vetri in frantumi)

 

Il sole scese dietro le colline più lontane, fino a perdersi in un povero alone bluastro e rosso, come un gigantesco livido nel cielo. Harry e Draco non si mossero, nemmeno quando il vento iniziò a far sentire il sapore della notte sui loro volti. Nemmeno quando il buio non permise più loro di vedere gli occhi dell’altro, loro si guardavano, rimasero fermi a guardarsi.

Entrambi seduti sulla stessa riva del lago.

 

(Provare a toccarti le mani)

  
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