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Autore: elyl    15/08/2012    8 recensioni
"Tu mi chiedi perché dovresti essere diversa, perché non sei una < schifosa Mezzosangue >.” Deglutì, alla ricerca delle giuste parole. “Tu sei diversa da qualsiasi maga abbia mai conosciuto, Mezzosangue o Puro Sangue. Non mi importano le tue origini, mi importi tu.” Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo per quanto aveva appena detto.“Sei diversa da tutte perché io ti amo.” "
Lily Evans e Severus Piton stanno finalmente insieme e subito dopo la fine del loro settimo anno vanno a vivere insieme. Dopo 9 mesi nasce loro figlio, Alistair. Sono felici, ma la loro felicità non è destinata a durare. Infatti Severus decide di unirsi ai Mangiamorte e Lily si sente costretta a lasciarlo. Così Severus si ritrova solo con suo figlio e a lavorare per il Signore Oscuro, Lord Voldemort. Una sera è al Testa di Porco e assiste all'enunciazione della Profezia di Sibilla Cooman. Subito riferisce a Lord Voldemort ciò che ha sentito e questi crede che il bambino sia Harry Potter ed è deciso ad uccidere chiunque si metta contro di lui. Severus allora si rivolge ad Albus Silente e lo prega di salvare la madre di suo figlio, l'unica donna che ama, l'unica donna che abbia mai amato. Silente accetta, ma i suoi sforzi non valgono a nulla, poichè quando Harry ha solo un anno Lord Voldemort ucciderà i suoi genitori. Questa è la storia di Harry Potter e il suo fratellastro, Alistair Piton.
Quinto anno per Harry, Hermione e Ron, settimo per Alistair Piton. Il Signore Oscuro è tornato, ma nessuno crede a Harry. Severus è alle prese con il suo doppiogioco e deve proteggere il proprio figlio e quello di Lily Evans e James Potter. Cosa farà quando il Signore Oscuro gli chiederà di Alistair? Come reagirà Alistair quando scoprirà la verità?
Ormai il destino del giovane Piton è segnato. Cosa succederà?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Quanti sono i libri di Harry Potter? Sette! Quanti mesi son passati dall’ultimo aggiornamento? Sette xD Ok, chiedo scusa, ma purtroppo ho avuto dei mesi davvero difficili. Marzo fu un mese terribile, aprile lo passai in tirocinio, a maggio iniziai a scrivere, giugno e luglio li passai a studiare per l’esame di anatomia che ho passato con un bel 22 :D

Per non parlare di ciò che successe a giugno. Una mia cara amica mi comunicò che Father Be With Me Tonight era stata plagiata. E non in qualche idea, ma totalmente. Sono stati usati i miei personaggi senza il mio consenso ed è stato fatto il copia e incolla di interi pezzi di miei capitoli. Appena l’ho scoperto, l’ho subito comunicato a Erika che ha preso provvedimenti. La cosa positiva di questa storia? M’ha fatto venir voglia di tornare a scrivere di Alistair.

Il prossimo capitolo credo lo avrete per fine settembreinizi di ottobre. Cercherò d’aggiornare più regolarmente, prometto.

Ed ora… ecco a voi questo capitolo, il più atteso, credo.

E’ un capitolo dolceamaro, si può dire.

Lascio giudicare a voi com’è venuto.

E se vi interessa leggere la mia prima ff a rating rosso con dentro anche dello slash sulla NG, ecco a voi il link al primo capitolo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1111818

Invece, se volete seguire aggiornamenti su ciò che scrivo, su ciò che faccio, etc etc, ecco il link alla mia pagina di FB: http://www.facebook.com/pages/Lila/109004682455829

Buona lettura a tutti!

 

Chapter XXXVI:

I’m here, I love you and I will always love you

 

“So kiss me and smile for me.
Tell me that you’ll wait for me.
Hold me like you’ll never let me go.”
-Leaving on a jet plane, Chantal Kreviazuk-

 

Alistair afferrò una maglia e la infilò nello zaino già pieno di altri indumenti. Fece un respiro profondo e lo osservò: là dentro c’erano i suoi abiti, quelli che avrebbe messo per l’ultima volta come Alistair Snape. Una volta tornato a Hogwarts non sarebbe più stato lui o forse si, ma non ne era così sicuro. Certo, il Marchio Nero non lo avrebbe trasformato in un'altra persona, ma sapeva benissimo che ogni cosa sarebbe stata diversa.

Sospirò pensieroso, per poi sollevare il capo quando la porta si aprì e vedere il suo migliore amico fare il suo ingresso nella stanza.

“Sei pronto?” Domandò il biondo con un sorriso pieno d’affetto.

Pronto? Come poteva esserlo? No, non lo era, per niente. Come poteva essere pronto a rinunciare a tutta la sua vita?

Si, prontissimo.” Rispose annuendo, per poi sorridergli.

“Salazar, amico…” Sussurrò Eric avvicinandoglisi, posando le mani sulle sue spalle. “Diventi Mangiamorte. Non sei fottutamente eccitato?”

“Un po’.” Borbottò senza sbilanciarsi. No, eccitato non era la parola giusta.

Eddai, cosa potresti desiderare di più dalla vita? Stanotte ti scopi la Sangue Sporco e quando tornerai l’incubo sarà finito.” Ghignò malignamente. “Poi voglio i dettagli, ok?”

“Eric…” Roteò gli occhi al cielo e dovette lottare con se stesso per non prenderlo a pugni e fargli rimangiare tutto quello che aveva detto. Odiava sentirlo parlare così della ragazza che amava.

“Lo so, lo so.”

Alistair sospirò e mise in spalla lo zaino, poi si voltò a guardarlo.

“E così… il tuo viaggio sta per iniziare.” Disse con tono solenne.

“A quanto pare.” Borbottò il moro infilando le mani in tasca.

“Oh, al diavolo! Vieni qua.” Scosse il capo e subito abbracciò l’amico. “Sono fiero di te, Al. Sono orgoglioso come un papà. Non oso immaginare tuo padre, dev’essere felicissimo.

“Sai com’è fatto.” Si strinse appena nelle spalle. “Non si sbilancia molto.”

“Oh no, il tuo vecchio è di ghiaccio.” Scoppiò a ridere e lo liberò dall’abbraccio. “Va’ e falli neri. Va’ e scopati la Sangue Sporco. Va’ e diventa Mangiamorte.”

Il Caposcuola annuì e accennò un sorriso. Gli fece un cenno, poi uscì dalla stanza. Scese le scale, attraversò la Sala Comune e varcò la soglia ritrovandosi nei sotterranei, per poi incamminarsi verso il Salone d’Ingresso.

Sarebbe stato tanto diverso, una volta tornato? Cosa sarebbe cambiato? A parte quel Marchio, sarebbe rimasto uguale, almeno esternamente. Ma il suo cuore, la sua mente? Il suo cuore sarebbe stato spezzato e i suoi sogni infranti. Avrebbe percorso quei corridoi e tutto sarebbe cambiato.

Sospirò e sollevò lo sguardo ammirando i quadri e le pareti, imprimendosi nella mente quelle immagini come se temesse che anche loro potessero cambiare.

Finalmente raggiunse l’aula di Antiche Rune. Si fermò fuori dalla porta e s’appoggiò alla parete, pensieroso, quando udì il suono della campanella.

Pochi attimi dopo, Hermione uscì e subito lo abbracciò andando a posare le labbra sulle sue in un dolce bacio.

“Ciao.” Sussurrò la riccia sulle sue labbra sorridendo felice.

“Ciao.” La salutò lui a occhi chiusi facendo tesoro di quei baci. Quegli ultimi baci, gli ricordò la sua mente. Scosse appena il capo, poi le scostò una ciocca di capelli dal viso. “Sei pronta?”

Si. Prontissima.” Rispose lei separandosi controvoglia. Sistemò la divisa, poi lo prese per mano. “Andiamo?”

Il ragazzo annuì e insieme i due s’incamminarono chiacchierando del più e del meno, raccontandosi la loro giornata, scambiandosi ogni tanto qualche bacio. Una volta raggiunto il gargoyle, Alistair pronunciò la parola d’ordine e raggiunsero l’ufficio del Preside.

“Alistair, Hermione.” Li accolse Silente seduto all’antica scrivania.

“Signor Preside.” Lo salutò con rispetto Hermione.

Alistair, invece, rimase zitto senza guardarlo. Se avesse posato lo sguardo su di lui, probabilmente avrebbe rivelato tutta la sua rabbia e non poteva farlo, non se Hermione era al suo fianco.

“State bene?” Chiese l’anziano.

Si, signore.” Rispose educatamente Hermione lanciando un’occhiata ad Alistair che ancora non aveva risposto a nessun delle domande poste dal preside.

“La cosa mi rende felice.” Guardò l’orologio e sorrise. “Alistair, Hermione: afferrate la teiera.” Continuò indicando l’oggetto davanti a lui. “E’ una passaporta.”

I due annuirono e si avvicinarono, posando poi le mani sulla passaporta. Hermione chiuse gli occhi mentre Alistair li fissò sull’uomo quasi come a volerlo sfidare, a ricordargli che era colpa sua il diventare mangiamorte e perdere ogni cosa. Scosse il capo facendo una smorfia e,  all’improvviso, sentì come un uncino afferrarlo allo stomaco e risucchiarlo, tipica sensazione della smaterializzazione e delle passaporte.

Quando riaprì gli occhi, si ritrovò al centro di un salotto ben arredato con oggetti solamente babbani, alle pareti diverse foto che ritraevano Hermione nelle diverse fasce d’età e alcuni quadri di tipici paesaggi inglesi.

Gemette e passò la mano tra i capelli cercando di scacciare la nausea, per poi tendere la mano a Hermione che era finita a terra. Le sorrise dolcemente e l’aiutò a rialzarsi piegando appena il capo di lato, perdendosi a guardarla. Non poteva farne a meno, voleva imprimere il suo viso nella memoria, voleva vederla anche se teneva gli occhi chiusi. Presto non ne avrebbe più avuto occasione, avrebbe dovuto fingere d’odiarla quando tutto ciò che provava per lei era puro e semplice amore.

“Stai bene?” Le chiese con dolcezza.

Si.” Rispose. “Semplicemente non ci sono molto abituata.”

“Nemmeno io.” Ammise. “Né a queste cose, né a smaterializzarmi. Vomito ogni volta.”

“Fortunatamente non ho ancora provato l’ebbrezza.” Disse con un sorriso.

“Oh, evitala più che puoi.”

Hermione sorrise e posò una mano sul suo petto, per poi alzarsi in punta di piedi e sfiorare appena le sue labbra con le proprie. Fece per allontanarsi, ma Alistair glielo impedì. Portò la mano alla sua nuca e l’attirò a sé tornando a occuparsi di quelle labbra che tanto adorava. La sentì stringersi a lui e ricambiare il suo bacio cercando la sua lingua. Sorrise per quell’iniziativa e subito le diede accesso alla propria bocca.

“Ehm ehm…”

I due si bloccarono in quella posizione con la terribile paura d’essere stati sorpresi dalla Umbridge a baciarsi. Ci volle qualche istante perché si ricordassero che non erano a Hogwarts. Alistair spalancò gli occhi e il terrore s’impossessò di lui. S’allontanò bruscamente da Hermione e si ricompose tenendo lo sguardo basso.

“Scusate l’interruzione, ma vi abbiamo sentiti arrivare e… beh, volevamo salutarvi.” Disse imbarazzata la mamma di Hermione.

“Mamma, papà!” Esclamò la riccia correndo da loro. “Oh, come sono felice di vedervi.” Aggiunse abbracciandoli entrambi.

Il ragazzo si fece da parte e infilò le mani in tasca sentendosi maledettamente fuori luogo. Che ci faceva lì? Oh, era stata una pessima idea. Li stava illudendo tutti. Stava mentendo. No, non ancora. Le menzogne sarebbero arrivate entro pochi giorni. Al momento no, non lo stava facendo: stava semplicemente vivendo i suoi ultimi attimi come se stesso.

“Ali?” Lo chiamò Hermione facendolo tornare alla realtà.

Deglutì a fatica e, dopo aver preso coraggio, si fece avanti.

“Salve.” Disse accennando un sorriso stringendo prima la mano della donna. “Alistair Piton.”

“Megan Granger.” La donna lo guardò attentamente, come se da un’occhiata potesse capire interamente la sua personalità. “Piacere di conoscerti.”

“Piacere mio, signora.” Borbottò nervosamente, per poi lasciare la sua mano e andare a stringere quella dell’uomo.

“Mark Granger.” Si presentò stritolandogli la mano. “Stai bene attento a come ti comporti, ragazzo.” Sibilò nel suo orecchio. “O te la dovrai vedere con me e con i miei attrezzi da dentista.”

Alistair si irrigidì e serrò la mascella per poi fare un passo indietro, guardandolo con aria di sfida.

“Signor Granger, io amo sua figlia e non è mia intenzione ferirla. Le sue minacce sono inutili e solo uno spreco di tempo.” Ribatté.

I due si guardarono qualche istante, poi l’uomo scoppiò a ridere.

“Mi piaci, ragazzo!” Esclamò dandogli una pacca sulla spalla.

Hermione tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò al fidanzato, posando un leggero bacio sulla sua guancia.

“Alistair ti piace l’arrosto con le patate? E le verdure saltate? O preferiresti del pesce?” Chiese Megan.

“Quello che ha preparato va benissimo.” Rispose borbottando.

“Sicuro? Se preferisci altro te lo preparo. Ovviamente cose salutari, mica voglio rovinare la vostra salute.”

“Oh, Megan, lascia in pace il ragazzo. Non lo vedi che è timido?” Mark gli fece l’occhiolino, poi sorrise alla figlia. “Piccola, perché non gli mostri la casa? Così può lasciare le sue cose nella stanza degli ospiti.

“Certo.” Annuì la ragazza. “Andiamo?” Aggiunse rivolgendosi al moro.

Si, ok.” Sorrise e fece un cenno ai genitori di lei.

Hermione lo prese per mano e uscì dal salotto. Salirono le scale e giunsero al piano superiore.

“Allora, la porta là in fondo al corridoio è la stanza dei miei. Quella subito sulla destra è il bagno.” Iniziò a spiegare. “Quella…” Indicò la porta accanto a quella del bagno. “… è la mia stanza.” Sorrise dolcemente e s’incamminò. “Questa sarà la tua, invece.” Aprì la porta ed entrò in una stanzetta.

Alistair la seguì e si ritrovò in una camera piccolina con un semplice letto, una libreria, una scrivania e un armadio. Le pareti erano adornate con quadri di paesaggi inglesi. Appoggiò lo zaino sulla sedia e sorrise, per poi venire trascinato dalla ragazza in un’altra stanza, la sua. Chiuse la porta e accennò un sorriso.

“Questa è la mia.”

La testiera del letto a una piazza e mezzo era poggiata al centro del muro. Su una parete c’era una libreria in legno bianco interamente occupata da libri su libri, sia magici che babbani. L’altra parete ospitava un grande armadio bianco e proprio di fronte al letto si trovava una scrivania. Accanto ad essa si trovava una vetrinetta con un’infinità di peluche.

“E questi?” Domandò sorridendo dolcemente.

“Quelli? Quelli sono i miei peluche.” Rispose arrossendo. “Tutti quelli che mi hanno regalato da quando son piccola.”

“Oh, che dolce.” La schernì con un ghigno. “Quindi non sei sempre stata insieme ai libri?”

“Alistair!” Esclamò portando le mani ai fianchi fingendosi offesa.

Ssssssssssssi?” Domandò con fare angelico avvicinandosi a lei.

“Come osi?” Ribatté lottando con se stessa per non scoppiare a ridere.

“A far cosa?” Sbatté le palpebre facendo gli occhioni dolci.

“Alistair Piton: non vale.”

“Oh, ma io non sto facendo niente.” Passò la lingua sulle labbra, poi, rapido, iniziò a farle il solletico.

“No, Ali, no!” Lo supplicò cercando di fermarlo, ridendo. “Lasciami, Ali, lo sai che non respiro!”

In pochi attimi si ritrovarono sul letto, l’uno stretto all’altra, le labbra unite in un bacio pieno di passione, di desiderio. Alistair chiuse gli occhi e subito andò a cercare la lingua di Hermione mentre posò la mano sul suo fianco. La fece scivolare, per poi risalire e infilare sotto la maglietta andando ad accarezzare la sua pelle nuda. Hermione si lasciò sfuggire un piccolo gemito godurioso mentre la voglia di lui aumentava in continuazione. Lo desiderava, lo amava, voleva che la facesse sua. Mai aveva provato ciò che in quel momento provava.

Interruppe il bacio, afferrò la sua maglia e gliela fece togliere, per poi tornare ad assalire le sue labbra. Le mani accarezzavano lentamente e con dolcezza il suo petto in contrasto con i movimenti delle labbra, pieni di passione, le lingue che continuamente si rincorrevano.

Entrambi avevano gli occhi chiusi per godersi appieno quei momenti.

Alistair portò una mano ai suoi capelli e glieli accarezzò lentamente sospirando nella sua bocca, premendosi poi a lei, sentendo la propria voglia schiacciata contro i jeans, stessa voglia che sembrava urlare < LIBERAMI >. Per quanto lo desiderasse, non era giusto. Non era assolutamente giusto, non poteva farlo. Desiderava con ogni fibra del suo essere fare l’amore con lei, ma gli sembrava di tradirla. Le avrebbe fatto ancora più male, in questo modo. Una volta finita la cerimonia, avrebbe dovuto lasciarla. Al solo pensiero, un brivido attraversò il suo corpo. Posò la mano sulla sua guancia e fece per dire qualcosa per interrompere il tutto, ma senza che se ne fosse accorto, lei aveva slacciato la zip dei suoi jeans e infilato la mano nei suoi boxer.

“He-Hermione…” Sussurrò eccitato, posando poi le labbra sul suo collo.

“Si?” Domandò lei piegando il capo di lato per dargli maggior accesso.

Aprì gli occhi e li posò sul suo viso: Salazar, era così bella… ed era sua. Già, ma per quanto ancora? Per quanto lo riguardava, lui sarebbe sempre stato suo. L’amava e l’avrebbe sempre amata, anche nel momento in cui sarebbero stati divisi. Nessuna donna era lei e mai lo sarebbe stata, ne era sicuro.

“Ti amo.” Sussurrò con voce rotta chiudendo gli occhi.

Anche io.” Ribatté lei, premendosi contro di lui. “E ora perché non la smetti di parlare e torni a baciarmi?”

Sorrise e annuì eseguendo l’ordine impartitogli.

“Ragazzi!”

La porta si spalancò e in quel momento fece irruzione la signora Granger, che si lasciò sfuggire un mezzo urlo. Subito diede le spalle ai due mentre le guance di Hermione diventavano dello stesso colore di un peperone e Alistair desiderava sparire. Si staccò dalla ragazza e subito tirò su la zip dei jeans, rischiando così di farsi anche male a causa della sua voglia che per poco non rimase incastrata.

“Io… io… ecco, volevosolodirvichelacenasaràprontaperlesette,baciadopo.” Disse velocemente la signora Granger.

I due non fecero in tempo a dir niente che la donna sparì chiudendosi la porta alle spalle.

Il moro sospirò, poi si alzò, maledicendosi per aver perso il controllo. Aprì nuovamente la zip dei jeans e li abbassò un poco, andando a sistemare i boxer.

“Ci penso io.” Disse dolcemente Hermione.

Lo raggiunse e fissando gli occhi nei suoi tirò su i suoi boxer, per poi alzargli anche i jeans.

“Amore…” Sospirò chiudendo gli occhi. “Così non lo aiuti certo, sai? Anzi, a dire il vero peggiori le cose.” Borbottò posando la fronte alla sua.

“Ah si?” Chiese sorridendo passando lentamente la mano sul rigonfiamento.

“Hermione, per favore.” Protestò afferrandola per i polsi allontanandole le mani, lottando anche con se stesso per non lasciarla fare. “Se continui così, rischio di perdere il controllo.”

Ma Ali è esattamente ciò che voglio.” Ribatté lei andando a mordicchiargli piano il collo, arrossendo per quel gesto azzardato.

“Non c’è tempo.” Trattenne il respiro mentre mentalmente iniziò a contare fino a dieci.

“Abbiamo due ore…”

“Amore, per quello che ho in mente due ore non ci bastano.” Disse con un ghigno malizioso. “Due ore sono troppo poche. Non bastano.”

Hermione sbuffò e scosse appena il capo, arrendendosi.

“Come vuoi, come vuoi.” Borbottò sollevando le mani in segno di resa, per poi dargli le spalle.

Alistair tirò un sospiro di sollievo, per poi spalancare gli occhi nel momento in cui lei gli diede le spalle e tolse la maglia.

“Cosa mi metto?” Domandò aprendo l’armadio.

“Oh, al diavolo.” Borbottò Alistair.

La raggiunse e in pochi attimi iniziò a baciarla, per poi trascinarla sul letto, attaccando le sue labbra e portando subito la mano al bordo dei suoi pantaloni. Hermione sorrise e subito si strinse a lui esplorando il suo corpo con le proprie mani.

 

Quasi un’ora dopo, i due scesero in cucina. Hermione fischiettava allegramente, felice, mentre Alistair aveva un’espressione soddisfatta sul viso.

“Oh. Eccovi qua.” Li accolse la signora Granger arrossendo.

Il moro subito abbassò il capo imbarazzato per essere stato sorpreso in certi atteggiamenti con la ragazza. Si sarebbe aspettato una scenata ma…

“Ragazzi, non è che andreste a prendere il pane?” Domandò gentilmente la donna.

“Certo, mamma.” Rispose la riccia.

Afferrò i soldi che la madre le porgeva, prese per mano Alistair e in pochi attimi furono fuori, diretti verso il panettiere. Parlarono per tutto il tragitto, scambiandosi qualche rapido bacio come solo gli innamorati sanno fare.

Una volta tornati a casa, subito si misero a tavola per la cena. I genitori di Hermione fecero domande su suo padre e lui ne parlò. Nonostante tutto quello che stava succedendo, gli era impossibile parlar male di lui. Era l’uomo che l’aveva cresciuto, colui che gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva, ad affrontare la vita, che se facevi uno sbaglio dovevi fare il possibile per rimediare. Evitò accuratamente di parlare di sua madre. Per anni aveva saputo poco e niente di lei e ora sapeva tutto: com’era realmente morta, che si era risposata, che gli aveva dato un fratello. Parlarono di molte cose, confrontando i loro mondi, quello babbano e quello magico. Per quanto Hermione conoscesse bene entrambi, per i genitori di lei avere qualcuno che era cresciuto solo con la magia era come una manna dal cielo così lo tempestarono di domande a cui rispose con incredibile gentilezza.

Una volta finita la cena, si spostarono in salotto dove continuarono a chiacchierare, ridendo e scherzando. Fu a quel punto che comunicò che l’indomani sarebbe partito molto presto poiché doveva svolgere alcune commissioni col padre. Hermione celò la delusione e si strinse a lui, accarezzandogli delicatamente il dorso della mano.

Finalmente decisero di andare a letto. Alistair salutò con un casto bacio Hermione, per poi infilarsi nella propria stanza. Si appoggiò alla porta con la schiena e chiuse gli occhi, tremando. Stava succedendo davvero? Era reale? Perché non poteva essere solo un maledettissimo incubo? Perché doveva succedere proprio a lui?

Scosse il capo e sbuffò, per poi staccarsi dalla porta. Andò in bagno, si lavò e indossò il pigiama. Spense la luce e si stese portando le mani sotto la nuca, lo sguardo fisso sul soffitto. Poche ore e sarebbe diventato un Mangiamorte. Poche ore e la sua vita, così come la conosceva, sarebbe finita. Come si poteva desiderare un cambiamento così drastico? No, forse solo per lui era un cambiamento totale. Per Eric non lo sarebbe mai stato: non avrebbe rinnegato il suo io, lo avrebbe espresso appieno. Lui invece avrebbe ucciso una parte di sé, la più importante. Sarebbe ancora stato se stesso, una volta effettuata la cerimonia? E se il Signore Oscuro gli avesse ordinato di uccidere qualcuno? No, non lo avrebbe mai fatto, non sarebbe mai arrivato a tanto.

Sospirò e si grattò la guancia, quando sentì uno scricchiolio. Si voltò verso la porta e vide Hermione entrare. Sbatté le palpebre e si appoggiò al materasso coi gomiti. La riccia sorrise nervosamente, una mano sulla semplice camicia da notte che indossava, poi fece scattare la serratura.

“Hermione?” Domandò deglutendo a fatica. “Che… che cosa stai facendo?”

“Ecco, Ali… io… io ti amo. Io ti amo tantissimo e… beh… ecco…” Iniziò balbettando.

Alistair sorrise dolcemente. Scostò le coperte, si alzò e la raggiunse.

“Calmati, amore.” Sussurrò prendendole il viso tra le mani.

“No, non mi calmo.” Esclamò decisa, guardandolo negli occhi. “Io ti amo e…”

Prima che potesse aggiungere altro, posò delicato le labbra sulle sue, gli occhi chiusi. Si soffermò su di esse qualche istante, per poi appoggiare la fronte alla sua.

“Torna in camera, Hermione.” Bisbigliò sentendo una fitta al cuore. Quanto avrebbe desiderato passare la notte con lei, tenerla tra le braccia e addormentarsi insieme, ma sapeva che se fosse successo non sarebbe stato in grado di andarsene. “Sono stanco.” Mentì con gli occhi ancora chiusi. “Non possiamo stare insieme. Ci sono i tuoi genitori e… e sono stanco.

“Ho chiuso a chiave. Non entreranno.” Protestò guardandolo posando le mani sui suoi fianchi. “Alistair, è quello che voglio. Voglio fare l’amore con te.”

“Ti prego…”

“Io ti amo. Voglio fare l’amore con te.” Ripeté.

“Non… non possiamo.” Ribadì lottando contro se stesso.

“Non vuoi fare l’amore con te?” Chiese rompendo il silenzio ch’era calato tra loro.

“No!” Scosse il capo. “Cioè, sì. Io voglio fare l’amore con te.”

“Ali, io sono pronta. Voglio che sia tu il mio primo ragazzo. Voglio tu sia il primo e l’ultimo. Voglio che sia sempre tu.” Sussurrò.

Alistair serrò la mascella e le diede le spalle. Chiuse le mani a pugno e strizzò gli occhi, lottando per non piangere. Maledetto, maledetto, maledetto! Perché anche il pianto doveva assillarlo? Non poteva cedere, doveva lottare anche contro di lui. Non era forse abbastanza dover lottare contro la vita? Contro quel futuro di cui tanto aveva paura, così buio e oscuro? Così lontano da lei?

Hermione, silenziosa, si avvicinò a lui e lo abbracciò, intrecciando le dita, accarezzandogli l’addome da sopra la maglia, posando la fronte tra le sue scapole.

“Io ti amo.” Sussurrò semplicemente.

In quel momento il cuore di Alistair si fermò. Sentì un dolore al petto, il respiro gli venne meno e le lacrime, quelle infami, sfuggirono al suo controllo. Come poteva sopportare tanto dolore? Come lo avrebbe celato? Come… come… come? Quante domande affollavano la sua testa e per nessuna aveva risposta.

Si voltò e prese il suo viso tra le mani, fissando gli occhi lucidi in quelli di lei.

“Hermione… ti amo.” Sussurrò con la voce rotta.

“Perché piangi?” Domandò asciugandogli le guance col pollice, delicata.

“Ti amo più della mia stessa vita, Hermione. Sei tutto.” Rispose portando una mano ai suoi capelli, andando ad accarezzarle lentamente i ricci, pieno d’amore. “Ho bisogno che mi prometti una cosa.”

“Che cosa?”

“Dovrai ricordare in ogni istante che ti amo. Anche nei momenti più brutti, quando tutto sembra faccia schifo e non ci sia speranza che lo ricorderai, ricorderai che ti amo. Me lo prometti?” Chiese.

Lo guardò negli occhi, poi annuì.

Si. Te lo prometto, Alistair.” E con un bacio suggellò la promessa. “Lo ricorderò, ma non ce ne sarà bisogno perché sarai tu a ricordarmelo, stando al mio fianco.”

Il moro accennò un sorriso e la baciò dolcemente, tenendola stretta a sé. Chiuse gli occhi e le accarezzò la schiena, lentamente, come se avessero tutto il tempo del mondo. Hermione sorrise e posò una mano sul suo petto, all’altezza del suo cuore. Passò la lingua sulle labbra, poi gli baciò il collo con infinito amore. Dopo qualche istante si liberò dal suo abbraccio. Fece un passo indietro e lo guardò negli occhi. Si mordicchiò piano il labbro inferiore, afferrò la camicia da notte e la lasciò cadere a terra, mostrando così il proprio corpo nudo.

“Devi… devi aiutarmi, perché io non so cosa fare.” Sussurrò arrossendo.

Alistair non poté fare a meno di abbassare lo sguardo e percorrere tutto il suo corpo. Deglutì a fatica incapace di proferir parola mentre sentiva l’effetto che lei gli faceva. Era semplicemente meravigliosa e resisterle era impossibile.

Chiuse le mani a pugno e si morse la lingua, maledicendosi e insultandosi. Sospirò, poi le prese il viso tra le mani e la baciò a lungo.

“Non preoccuparti, amore.” Sussurrò facendo scivolare le mani lungo il suo collo, disegnando poi il profilo dei suoi seni andando a soffermarsi sui suoi fianchi. “Penserò a tutto io.”

Le mordicchiò il lobo dell’orecchio e l’attirò a sé facendole sentire la reazione che aveva scatenato in lui. Tornò sulle sue labbra e cercò la sua lingua iniziando a rincorrerla, a giocarci, intrecciandola alla propria. La fece stendere e il lungo bacio venne interrotto solo nel momento in cui lei lo privò della maglia che finì a terra. Dopo pochi istanti, anche i boxer finirono sul pavimento.

I loro cuori battevano all’unisono in una danza frenetica dettata dal loro amore mentre le mani esploravano i rispettivi corpi regalandosi piacere, preparandosi per quello che presto li avrebbe sommersi. Hermione tremava per l’emozione, non riusciva a parlare ma a che servivano le parole, in quel momento?

Alistair si prese cura di lei preparandola con dolcezza, preoccupandosi solo di farla star bene.

“Sei… sei sicura?” Chiese guardandola negli occhi, la mano destra che le carezzava delicatamente il fianco mentre con l’altra, posata al materasso, si sorreggeva.

Hermione annuì rabbrividendo per quelle delicate carezze. Circondò il suo collo con le braccia e fissò gli occhi nei suoi, per poi attirarlo a sé e baciarlo.

Alistair inspirò profondamente e la fece sua. Si fermò subito preoccupato d’averle fatto male. Rimase immobile in quella posizione respirando rapidamente, emozionato, le labbra dischiuse. Posò la fronte alla sua e la tenne stretta a sé, per poi iniziare a muoversi piano.

Hermione, per la prima volta in tutta la sua vita, non riusciva nemmeno a descrivere come stava. In quel momento non riusciva nemmeno a ragionare o a pensare, tutta la sua razionalità sembrava essersi dissolta.

Il piacere crebbe rendendoli incapaci di fare qualsiasi cosa se non amarsi. Si guardarono negli occhi per tutto il tempo accarezzandosi, muovendosi all’unisono e quando le guance di Hermione si tinsero di rosso e si strinse a lui, Alistair Piton fu l’uomo più felice dell’intero mondo, sia magico che babbano. Ogni cosa scomparve, ogni pensiero, persino il fatto che di lì a poche ore sarebbe diventato un Mangiamorte. In quel momento, in quella stanza, in quella casa, in tutto il pianeta, in tutto l’universo c’erano solo loro, insieme.

Le sorrise dolcemente e sfiorò appena le sue labbra, per poi stendersi accanto a lei.

“Aspetta un attimo.” Sussurrò.

Si allungò e afferrò i fazzoletti di carta posati sul comodino. Ne prese uno e andò a pulire con delicatezza il ventre della ragazza mentre le rubava un lungo bacio. Hermione posò la mano sulla sua e sorrise.

“Ti amo.” Sussurrò emozionata.

Anche io.” Disse, poi si alzò e andò a buttare il fazzoletto.

Tornò da lei e l’abbracciò forte, chiudendo gli occhi.

“E’ stato meraviglioso.” Sussurrò Hermione.

“Tu lo sei.” Le sfiorò la guancia con la punta delle dita e osservò il suo volto. Aveva i capelli in disordine e le guance erano ancora rosse: era stupenda.

No, non voleva diventare Mangiamorte. Non voleva rinunciare a lei, non voleva ferirla. Per un lungo minuto pensò che avrebbero potuto scappare, che avrebbe potuto mandare tutto all’aria e godersi la sua adolescenza. Alla fine lui non aveva mai desiderato lottare, non aveva mai voluto diventare una pedina essenziale in quella stramaledetta guerra. Era stato il fato a decidere per lui. Già, il fato che poteva anche essere chiamato Albus Silente, colui che aveva deciso per tutti: per lui, per suo padre ed era sicuro che avesse in serbo qualcosa anche per Harry, suo fratello. Salazar, ancora doveva abituarsi a chiamarlo in quel modo. Avevano la stessa madre che aveva dato la vita per difendere il piccolo Harry ed era sicuro che l’avrebbe fatto anche con lui. Si era sacrificata per permettere a Harry di vivere e ora, in un certo senso, la sua vita dipendeva da lui. Se si fosse ritirato, se fosse scappato, il Signore Oscuro si sarebbe rifatto su suo padre, l’Ordine della Fenice avrebbe perso la sua spia più fedele e i piani sarebbero saltati. Non poteva lasciare che accadesse, che il sacrificio di sua madre risultasse vano.

Sospirò e strinse più forte Hermione mentre il suo corpo iniziava a tremare per la paura. Strizzò gli occhi e posò le labbra sulle sue, rendendosi conto che non sarebbe mai scappato. Quella era l’unica volta in cui si sarebbero amati totalmente e senza freni. Una volta tornati a Hogwarts, tutto sarebbe stato diverso.

“Ali…” Lo chiamò Hermione posando la mano sulla sua guancia. “Perché piangi?”

Disegnò il profilo delle sue labbra con la punta dell’indice e lo guardò negli occhi sentendo il cuore mancare un battito mentre la consapevolezza che qualcosa sarebbe cambiato si faceva strada in lei.

“Perché sono felice.” Mentì, almeno in parte. Si, era felice, ma le lacrime erano dovute a quel futuro incerto che l’avrebbe privato di lei. “Non ti preoccupare, amore.”

Alistair l’attirò a sé e le fece appoggiare il capo al proprio petto, all’altezza del cuore. Hermione si raggomitolò contro di lui intrecciando le gambe alle sue. Se qualcuno le avesse domandato come stava, avrebbe faticato a trovare gli aggettivi giusti. Era felice, stanca, piena di gioia e d’amore: no, un’unica parola non poteva descrivere come stava. Nonostante tutta quella felicità, però, una parte di lei tremava impaurita. Alistair non si era mai comportato in quel modo, mai. Che cosa stava succedendo? Le aveva detto di non preoccuparsi, ma non sapeva se credergli o no.

“Ali…” Sussurrò.

“Dimmi.” Le baciò la fronte, senza dire altro.

Attese risposta, ma quando abbassò lo sguardo vide che si era addormentata tra le sue braccia. Sorrise dolcemente e la baciò ancora, per poi lanciare un’occhiata alla sveglia sul comodino: segnava le 2.00 di notte. Chiuse gli occhi e li coprì con l’avambraccio facendo profondi respiri. Il tempo scorreva troppo velocemente, per i suoi gusti. Perché quella notte non poteva essere infinita? Ah, quanto avrebbe desiderato avere una giratempo per poter rivivere all’infinito quei momenti. Così, senza nemmeno rendersene conto, scivolò in un sonno agitato e dominato dalla consapevolezza che tutto era ormai giunto al termine.

Quando i primi raggi del sole filtrarono attraverso la finestra, Alistair aprì gli occhi. Sbadigliò rumorosamente e fece per stiracchiarsi bloccandosi immediatamente quando si rese conto che Hermione gli era ancora addosso. Passò la lingua sulle labbra, poi le scostò i capelli dal visò e la baciò con dolcezza. Sospirò, infine la liberò dall’abbraccio e andò a sedersi sul bordo del letto, ancora nudo. Chiuse gli occhi e iniziò a massaggiarsi il collo cercando di rilassarsi. Gli esercizi di Occlumanzia, in questo, l’avevano aiutato molto ed era perfettamente in grado di liberare la mente, cosa di cui aveva assolutamente bisogno.

“Ali…” Mugugnò addormentata Hermione allungando il braccio, andando a sfiorare la schiena del ragazzo.

Alistair si voltò e piegò il capo di lato.

“Ciao…” Lo salutò.

“Ciao.” Ripeté lui, per poi piegarsi e sfiorare le sue labbra con le proprie.

“Devi proprio andartene?” Domandò sospirando.

Si, amore. Devo.” Rispose accennando un sorriso. “Purtroppo devo. Ti assicuro che preferirei star qua.”

“Lo so.”

Le diede un altro bacio, poi si stiracchiò. Si alzò, prese dei boxer puliti dallo zaino e li indossò.

“Ti godi lo spettacolo?” Chiese guardandola mentre allacciava i jeans.

In effetti si.” Ammise Hermione con una mezza risatina. “Ma dal momento che sei vestito, è meglio che mi vesta anche io.”

Sospirò, per poi abbandonare controvoglia il letto. Infilò la camicia da notte, aprì l’armadio e prese una vestaglia che subito mise.

Alistair raccolse i propri oggetti e li buttò nello zaino.

Hermione sbadigliò, poi lo prese per mano.

“Pronto?” Domandò ancora addormentata.

Il moro annuì, incapace di dire qualsiasi cosa mentre il momento dell’addio s’avvicinava.

Uscirono dalla stanza, poi scesero le scale.

“Vuoi fare colazione?”

“No.” Scosse il capo. “No, grazie. Preferisco andare. Mio padre mi sta aspettando.” Borbottò rabbuiandosi.

“Ok.” Hermione ravvivò i capelli con una mano, per poi accompagnarlo alla porta.

“Non c’è bisogno che io esca.” Disse sorridendo celando la tristezza che lo stava assalendo.

“Oh. Giusto.” Ridacchiò. “L’abitudine babbana, sai.”

“Perdonata.” Scosse il capo, poi l’abbracciò chiudendo gli occhi drogandosi del suo profumo. “Salutami i tuoi genitori.”

“Lo farò.” Accarezzò delicata il suo petto godendosi quell’abbraccio. “E’ stato perfetto, Ali. Meraviglioso e stupendo. E non credo esistano aggettivi che descrivano appropriatamente ciò che è stato. Ti amo.”

Le prese il viso tra le mani e la baciò. Un bacio lungo, uno di quelli desiderati e ambiti, uno di quelli che mai vorresti s’interrompessero.

“E’ meglio che vada, prima che cambi idea.” Mormorò sulle sue labbra.

“Guarda che non sei mica costretto ad andartene, sai?” Sorrise mentre gli circondava il collo con le braccia. “Puoi anche restare. Anzi, ti dirò: se resti mi rendi solamente felice.

“Invece devo. Sono obbligato.” Disse con un sorriso amaro stampato sulle labbra, senza guardarla.

“Lo sapevo che avresti risposto così.”

Hermione lo baciò teneramente, poi si sciolse dall’abbraccio.

“Ti amo, Alistair Snape.”

E io amo te, Hermione Granger.” Le carezzò la guancia e le rubò un ultimo bacio, fugace.

Fece un passo indietro e chiuse gli occhi smaterializzandosi direttamente nel salotto della propria casa, crollando a terra. Se solo l’avesse guardata un istante di più non sarebbe stato in grado di andarsene. Se l’avesse baciata più a lungo non si sarebbe mai allontanato.

Strizzò gli occhi e a fatica si rimise in piedi. Barcollando salì le scale e raggiunse la propria stanza. Si buttò sul letto e si lasciò andare al pianto. Ogni singola lacrima era la testimonianza del suo dolore, del suo amore perduto, della sua vita passata, di un futuro che non voleva, di azioni che mai avrebbe voluto compiere.

Severus Piton vide il figlio smaterializzarsi davanti ai propri occhi, in salotto. Abbassò il giornale e lo osservò uscire. Trasse un profondo respiro, poi si fece forza e salì le scale, il cuore sempre più pesante nel petto. Si fermò sulla soglia della stanza e osservò per qualche secondo il figlio sentendo il suo dolore come proprio.

“Mi dispiace, Alistair.” Sussurrò per poi andarsene, incapace di fare da spettatore a quel triste spettacolo.

Alistair si raggomitolò su se stesso e abbracciò il cuscino.

La sua vita, così come la conosceva, era finita.

 

   
 
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