Quanti
sono i libri di Harry Potter? Sette! Quanti mesi son passati
dall’ultimo aggiornamento? Sette xD Ok, chiedo scusa, ma
purtroppo ho avuto dei mesi davvero difficili. Marzo fu un mese terribile,
aprile lo passai in tirocinio, a maggio iniziai a scrivere, giugno e luglio li
passai a studiare per l’esame di anatomia che ho passato con un bel 22 :D
Per
non parlare di ciò che successe a giugno. Una mia cara amica mi comunicò che Father Be With Me Tonight era stata plagiata. E non in qualche idea, ma
totalmente. Sono stati usati i miei personaggi senza il mio consenso ed è stato
fatto il copia e incolla di interi pezzi di miei
capitoli. Appena l’ho scoperto, l’ho subito comunicato a Erika che ha preso
provvedimenti. La cosa positiva di questa storia? M’ha
fatto venir voglia di tornare a scrivere di Alistair.
Il
prossimo capitolo credo lo avrete per fine settembreinizi di ottobre. Cercherò
d’aggiornare più regolarmente, prometto.
Ed ora… ecco a voi
questo capitolo, il più atteso, credo.
E’
un capitolo dolceamaro, si può dire.
Lascio
giudicare a voi com’è venuto.
E se vi interessa leggere la mia prima ff a rating rosso con dentro anche dello slash sulla NG, ecco a voi il link al primo capitolo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1111818
Invece,
se volete seguire aggiornamenti su ciò che scrivo, su ciò che faccio, etc etc, ecco il link alla mia
pagina di FB: http://www.facebook.com/pages/Lila/109004682455829
Buona
lettura a tutti!
Chapter XXXVI:
I’m here, I love you and I will always
love you
“So kiss me and smile for me.
Tell me that you’ll wait for me.
Hold me like you’ll never let me go.”
-Leaving on a jet plane, Chantal Kreviazuk-
Alistair
afferrò una maglia e la infilò nello zaino già pieno di altri indumenti. Fece
un respiro profondo e lo osservò: là dentro c’erano i suoi abiti, quelli che avrebbe messo per l’ultima volta come Alistair Snape. Una
volta tornato a Hogwarts non sarebbe più stato lui o forse si,
ma non ne era così sicuro. Certo, il Marchio Nero non lo avrebbe trasformato in
un'altra persona, ma sapeva benissimo che ogni cosa sarebbe stata diversa.
Sospirò
pensieroso, per poi sollevare il capo quando la porta si aprì e vedere il suo
migliore amico fare il suo ingresso nella stanza.
“Sei
pronto?” Domandò il biondo con un sorriso pieno d’affetto.
Pronto?
Come poteva esserlo? No, non lo era, per niente. Come poteva essere pronto a
rinunciare a tutta la sua vita?
“Si, prontissimo.” Rispose annuendo, per poi sorridergli.
“Salazar,
amico…” Sussurrò Eric avvicinandoglisi, posando le mani sulle sue spalle. “Diventi Mangiamorte. Non sei fottutamente
eccitato?”
“Un
po’.” Borbottò senza sbilanciarsi. No, eccitato non
era la parola giusta.
“Eddai, cosa potresti desiderare di più dalla vita? Stanotte
ti scopi la Sangue Sporco e quando tornerai l’incubo
sarà finito.” Ghignò malignamente. “Poi voglio i dettagli, ok?”
“Eric…”
Roteò gli occhi al cielo e dovette lottare con se stesso per non prenderlo a
pugni e fargli rimangiare tutto quello che aveva detto. Odiava sentirlo parlare
così della ragazza che amava.
“Lo
so, lo so.”
Alistair
sospirò e mise in spalla lo zaino, poi si voltò a guardarlo.
“E
così… il tuo viaggio sta per iniziare.” Disse con tono solenne.
“A
quanto pare.” Borbottò il moro infilando le mani in tasca.
“Oh, al
diavolo! Vieni qua.” Scosse il capo e subito abbracciò l’amico. “Sono fiero di
te, Al. Sono orgoglioso come un papà. Non oso immaginare tuo padre, dev’essere
felicissimo.”
“Sai
com’è fatto.” Si strinse appena nelle spalle. “Non si sbilancia molto.”
“Oh
no, il tuo vecchio è di ghiaccio.” Scoppiò a ridere e lo liberò dall’abbraccio.
“Va’ e falli neri. Va’ e
scopati la Sangue Sporco. Va’ e diventa Mangiamorte.”
Il
Caposcuola annuì e accennò un sorriso. Gli fece un cenno, poi uscì dalla
stanza. Scese le scale, attraversò la Sala Comune e varcò la soglia
ritrovandosi nei sotterranei, per poi incamminarsi verso il Salone d’Ingresso.
Sarebbe
stato tanto diverso, una volta tornato? Cosa sarebbe
cambiato? A parte quel Marchio, sarebbe rimasto uguale, almeno esternamente. Ma il suo cuore, la sua mente? Il suo cuore sarebbe stato
spezzato e i suoi sogni infranti. Avrebbe percorso quei corridoi e tutto
sarebbe cambiato.
Sospirò
e sollevò lo sguardo ammirando i quadri e le pareti, imprimendosi nella mente
quelle immagini come se temesse che anche loro potessero cambiare.
Finalmente
raggiunse l’aula di Antiche Rune. Si fermò fuori dalla porta e s’appoggiò alla parete, pensieroso, quando udì il suono
della campanella.
Pochi
attimi dopo, Hermione uscì e subito lo abbracciò andando a posare le labbra
sulle sue in un dolce bacio.
“Ciao.”
Sussurrò la riccia sulle sue labbra sorridendo felice.
“Ciao.”
La salutò lui a occhi chiusi facendo tesoro di quei baci. Quegli ultimi baci,
gli ricordò la sua mente. Scosse appena il capo, poi le scostò una ciocca di
capelli dal viso. “Sei pronta?”
“Si. Prontissima.” Rispose lei separandosi controvoglia.
Sistemò la divisa, poi lo prese per mano. “Andiamo?”
Il
ragazzo annuì e insieme i due s’incamminarono chiacchierando del più e del
meno, raccontandosi la loro giornata, scambiandosi ogni tanto qualche bacio.
Una volta raggiunto il gargoyle, Alistair pronunciò
la parola d’ordine e raggiunsero l’ufficio del Preside.
“Alistair,
Hermione.” Li accolse Silente seduto all’antica scrivania.
“Signor
Preside.” Lo salutò con rispetto Hermione.
Alistair,
invece, rimase zitto senza guardarlo. Se avesse posato lo sguardo su di lui,
probabilmente avrebbe rivelato tutta la sua rabbia e non poteva farlo, non se
Hermione era al suo fianco.
“State
bene?” Chiese l’anziano.
“Si, signore.” Rispose educatamente Hermione lanciando
un’occhiata ad Alistair che ancora non aveva risposto a nessun delle domande
poste dal preside.
“La
cosa mi rende felice.” Guardò l’orologio e sorrise. “Alistair, Hermione:
afferrate la teiera.” Continuò indicando l’oggetto davanti a lui. “E’ una passaporta.”
I due
annuirono e si avvicinarono, posando poi le mani sulla passaporta.
Hermione chiuse gli occhi mentre Alistair li fissò sull’uomo quasi come a
volerlo sfidare, a ricordargli che era colpa sua il diventare mangiamorte e perdere ogni cosa. Scosse il capo facendo una
smorfia e, all’improvviso,
sentì come un uncino afferrarlo allo stomaco e risucchiarlo, tipica sensazione
della smaterializzazione e delle passaporte.
Quando
riaprì gli occhi, si ritrovò al centro di un salotto ben arredato con oggetti
solamente babbani, alle pareti diverse foto che ritraevano Hermione nelle diverse fasce d’età e alcuni quadri di tipici paesaggi
inglesi.
Gemette
e passò la mano tra i capelli cercando di scacciare la nausea, per poi tendere
la mano a Hermione che era finita a terra. Le sorrise dolcemente e l’aiutò a rialzarsi piegando appena il capo di lato,
perdendosi a guardarla. Non poteva farne a meno, voleva imprimere il suo viso
nella memoria, voleva vederla anche se teneva gli
occhi chiusi. Presto non ne avrebbe più avuto occasione,
avrebbe dovuto fingere d’odiarla quando tutto ciò che provava per lei era puro
e semplice amore.
“Stai
bene?” Le chiese con dolcezza.
“Si.” Rispose. “Semplicemente non ci sono molto abituata.”
“Nemmeno
io.” Ammise. “Né a queste cose, né a smaterializzarmi. Vomito
ogni volta.”
“Fortunatamente
non ho ancora provato l’ebbrezza.” Disse con un sorriso.
“Oh,
evitala più che puoi.”
Hermione
sorrise e posò una mano sul suo petto, per poi alzarsi in punta di piedi e
sfiorare appena le sue labbra con le proprie. Fece per allontanarsi, ma
Alistair glielo impedì. Portò la mano alla sua nuca e l’attirò
a sé tornando a occuparsi di quelle labbra che tanto adorava. La sentì
stringersi a lui e ricambiare il suo bacio cercando la sua lingua. Sorrise per
quell’iniziativa e subito le diede accesso alla propria bocca.
“Ehm ehm…”
I due
si bloccarono in quella posizione con la terribile paura d’essere stati
sorpresi dalla Umbridge a baciarsi. Ci volle qualche
istante perché si ricordassero che non erano a
Hogwarts. Alistair spalancò gli occhi e il terrore s’impossessò di lui. S’allontanò bruscamente da Hermione e si ricompose tenendo
lo sguardo basso.
“Scusate
l’interruzione, ma vi abbiamo sentiti arrivare e… beh,
volevamo salutarvi.” Disse imbarazzata la mamma di Hermione.
“Mamma,
papà!” Esclamò la riccia correndo da loro. “Oh, come sono felice di vedervi.”
Aggiunse abbracciandoli entrambi.
Il
ragazzo si fece da parte e infilò le mani in tasca sentendosi maledettamente
fuori luogo. Che ci faceva lì? Oh, era stata una pessima idea. Li stava
illudendo tutti. Stava mentendo. No, non ancora. Le menzogne sarebbero arrivate
entro pochi giorni. Al momento no, non lo stava facendo: stava
semplicemente vivendo i suoi ultimi attimi come se stesso.
“Ali?”
Lo chiamò Hermione facendolo tornare alla realtà.
Deglutì
a fatica e, dopo aver preso coraggio, si fece avanti.
“Salve.”
Disse accennando un sorriso stringendo prima la mano della donna. “Alistair
Piton.”
“Megan
Granger.” La donna lo guardò attentamente, come se da un’occhiata potesse
capire interamente la sua personalità. “Piacere di conoscerti.”
“Piacere
mio, signora.” Borbottò nervosamente, per poi lasciare la sua mano e andare a
stringere quella dell’uomo.
“Mark
Granger.” Si presentò stritolandogli la mano. “Stai bene attento a come ti comporti, ragazzo.” Sibilò nel suo orecchio. “O te la dovrai
vedere con me e con i miei attrezzi da dentista.”
Alistair
si irrigidì e serrò la mascella per poi fare un passo
indietro, guardandolo con aria di sfida.
“Signor
Granger, io amo sua figlia e non è mia intenzione ferirla. Le sue minacce sono inutili e solo uno spreco di tempo.” Ribatté.
I due
si guardarono qualche istante, poi l’uomo scoppiò a ridere.
“Mi
piaci, ragazzo!” Esclamò dandogli una pacca sulla spalla.
Hermione
tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò al fidanzato,
posando un leggero bacio sulla sua guancia.
“Alistair
ti piace l’arrosto con le patate?
E le verdure saltate? O preferiresti del pesce?” Chiese
Megan.
“Quello
che ha preparato va benissimo.” Rispose borbottando.
“Sicuro?
Se preferisci altro te lo preparo. Ovviamente cose
salutari, mica voglio rovinare la vostra salute.”
“Oh,
Megan, lascia in pace il ragazzo. Non lo vedi che è timido?”
Mark gli fece l’occhiolino, poi sorrise alla figlia. “Piccola, perché
non gli mostri la casa? Così può lasciare le sue cose nella stanza degli
ospiti.”
“Certo.”
Annuì la ragazza. “Andiamo?” Aggiunse rivolgendosi al moro.
“Si, ok.” Sorrise e fece un cenno ai genitori
di lei.
Hermione
lo prese per mano e uscì dal salotto. Salirono le
scale e giunsero al piano superiore.
“Allora,
la porta là in fondo al corridoio è la stanza dei miei. Quella subito sulla destra è
il bagno.” Iniziò a spiegare. “Quella…” Indicò la porta accanto a quella del
bagno. “… è la mia stanza.” Sorrise dolcemente e s’incamminò. “Questa sarà la
tua, invece.” Aprì la porta ed entrò in una stanzetta.
Alistair
la seguì e si ritrovò in una camera piccolina con un semplice letto, una
libreria, una scrivania e un armadio. Le pareti erano adornate con quadri di
paesaggi inglesi. Appoggiò lo zaino sulla sedia e sorrise, per poi venire trascinato dalla ragazza in un’altra stanza, la sua.
Chiuse la porta e accennò un sorriso.
“Questa
è la mia.”
La
testiera del letto a una piazza e mezzo era poggiata al centro del muro. Su una
parete c’era una libreria in legno bianco interamente
occupata da libri su libri, sia magici che babbani. L’altra parete ospitava un
grande armadio bianco e proprio di fronte al letto si trovava una scrivania.
Accanto ad essa si trovava una vetrinetta con un’infinità di peluche.
“E
questi?” Domandò sorridendo dolcemente.
“Quelli? Quelli sono i miei peluche.”
Rispose arrossendo. “Tutti quelli che mi hanno regalato da quando son piccola.”
“Oh,
che dolce.” La schernì con un ghigno. “Quindi non sei
sempre stata insieme ai libri?”
“Alistair!”
Esclamò portando le mani ai fianchi fingendosi offesa.
“Ssssssssssssi?” Domandò con fare angelico avvicinandosi a
lei.
“Come
osi?” Ribatté lottando con se stessa per non scoppiare a ridere.
“A far
cosa?” Sbatté le palpebre facendo gli occhioni dolci.
“Alistair
Piton: non vale.”
“Oh,
ma io non sto facendo niente.” Passò la lingua sulle labbra,
poi, rapido, iniziò a farle il solletico.
“No,
Ali, no!” Lo supplicò cercando di fermarlo, ridendo. “Lasciami, Ali, lo sai che
non respiro!”
In
pochi attimi si ritrovarono sul letto, l’uno stretto all’altra, le labbra unite
in un bacio pieno di passione, di desiderio. Alistair chiuse gli occhi e subito
andò a cercare la lingua di Hermione mentre posò la mano sul suo fianco. La
fece scivolare, per poi risalire e infilare sotto la maglietta andando ad
accarezzare la sua pelle nuda. Hermione si lasciò sfuggire un
piccolo gemito godurioso mentre la voglia di lui aumentava in continuazione. Lo
desiderava, lo amava, voleva che la facesse sua. Mai aveva provato ciò che in
quel momento provava.
Interruppe
il bacio, afferrò la sua maglia e gliela fece togliere, per poi tornare ad
assalire le sue labbra. Le mani accarezzavano lentamente e con dolcezza il suo
petto in contrasto con i movimenti delle labbra, pieni di passione, le lingue
che continuamente si rincorrevano.
Entrambi
avevano gli occhi chiusi per godersi appieno quei momenti.
Alistair
portò una mano ai suoi capelli e glieli accarezzò lentamente sospirando nella
sua bocca, premendosi poi a lei, sentendo la propria voglia schiacciata contro
i jeans, stessa voglia che sembrava urlare <
LIBERAMI >. Per quanto lo desiderasse, non era giusto. Non era assolutamente
giusto, non poteva farlo. Desiderava con ogni fibra del suo essere fare l’amore
con lei, ma gli sembrava di tradirla. Le avrebbe fatto ancora più male, in
questo modo. Una volta finita la cerimonia, avrebbe dovuto lasciarla. Al solo
pensiero, un brivido attraversò il suo corpo. Posò la mano sulla sua guancia e
fece per dire qualcosa per interrompere il tutto, ma senza che se ne fosse
accorto, lei aveva slacciato la zip dei suoi jeans e
infilato la mano nei suoi boxer.
“He-Hermione…”
Sussurrò eccitato, posando poi le labbra sul suo collo.
“Si?”
Domandò lei piegando il capo di lato per dargli maggior accesso.
Aprì
gli occhi e li posò sul suo viso: Salazar, era così bella… ed era sua. Già, ma
per quanto ancora? Per quanto lo riguardava, lui
sarebbe sempre stato suo. L’amava e l’avrebbe sempre
amata, anche nel momento in cui sarebbero stati divisi. Nessuna donna era lei e
mai lo sarebbe stata, ne era sicuro.
“Ti
amo.” Sussurrò con voce rotta chiudendo gli occhi.
“Anche io.” Ribatté lei, premendosi contro di lui. “E ora
perché non la smetti di parlare e torni a baciarmi?”
Sorrise
e annuì eseguendo l’ordine impartitogli.
“Ragazzi!”
La
porta si spalancò e in quel momento fece irruzione la signora Granger, che si
lasciò sfuggire un mezzo urlo. Subito diede le spalle
ai due mentre le guance di Hermione diventavano dello stesso colore di un peperone e Alistair desiderava sparire. Si staccò
dalla ragazza e subito tirò su la zip dei jeans,
rischiando così di farsi anche male a causa della sua voglia che per poco non
rimase incastrata.
“Io…
io… ecco, volevosolodirvichelacenasaràprontaperlesette,baciadopo.” Disse velocemente la signora Granger.
I due
non fecero in tempo a dir niente che la donna sparì chiudendosi la porta alle
spalle.
Il moro
sospirò, poi si alzò, maledicendosi per aver perso il controllo. Aprì nuovamente
la zip dei jeans e li abbassò un poco, andando a
sistemare i boxer.
“Ci
penso io.” Disse dolcemente Hermione.
Lo
raggiunse e fissando gli occhi nei suoi tirò su i suoi boxer, per poi alzargli
anche i jeans.
“Amore…”
Sospirò chiudendo gli occhi. “Così non lo aiuti certo,
sai? Anzi, a dire il vero peggiori le cose.” Borbottò posando la fronte alla
sua.
“Ah
si?” Chiese sorridendo passando lentamente la mano sul rigonfiamento.
“Hermione,
per favore.” Protestò afferrandola per i polsi allontanandole le mani, lottando
anche con se stesso per non lasciarla fare. “Se continui così,
rischio di perdere il controllo.”
“Ma Ali è esattamente ciò che voglio.” Ribatté lei andando a
mordicchiargli piano il collo, arrossendo per quel gesto azzardato.
“Non
c’è tempo.” Trattenne il respiro mentre mentalmente iniziò a contare fino a
dieci.
“Abbiamo
due ore…”
“Amore,
per quello che ho in mente due ore non ci bastano.”
Disse con un ghigno malizioso. “Due ore sono troppo poche.
Non bastano.”
Hermione
sbuffò e scosse appena il capo, arrendendosi.
“Come
vuoi, come vuoi.” Borbottò sollevando le mani in segno
di resa, per poi dargli le spalle.
Alistair
tirò un sospiro di sollievo, per poi spalancare gli occhi
nel momento in cui lei gli diede le spalle e tolse la maglia.
“Cosa
mi metto?” Domandò aprendo l’armadio.
“Oh,
al diavolo.” Borbottò Alistair.
La
raggiunse e in pochi attimi iniziò a baciarla, per poi trascinarla sul letto,
attaccando le sue labbra e portando subito la mano al bordo dei suoi pantaloni.
Hermione sorrise e subito si strinse a lui esplorando il suo corpo con le
proprie mani.
Quasi
un’ora dopo, i due scesero in cucina. Hermione fischiettava allegramente,
felice, mentre Alistair aveva un’espressione soddisfatta sul viso.
“Oh. Eccovi qua.” Li accolse la
signora Granger arrossendo.
Il
moro subito abbassò il capo imbarazzato per essere stato sorpreso in certi
atteggiamenti con la ragazza. Si sarebbe aspettato una
scenata ma…
“Ragazzi,
non è che andreste a prendere il pane?” Domandò
gentilmente la donna.
“Certo,
mamma.” Rispose la riccia.
Afferrò
i soldi che la madre le porgeva, prese per mano Alistair e in pochi attimi
furono fuori, diretti verso il panettiere. Parlarono per tutto il tragitto,
scambiandosi qualche rapido bacio come solo gli innamorati sanno fare.
Una
volta tornati a casa, subito si misero a tavola per la cena. I genitori di
Hermione fecero domande su suo padre e lui ne parlò. Nonostante tutto quello
che stava succedendo, gli era impossibile parlar male di lui. Era l’uomo che
l’aveva cresciuto, colui che gli aveva insegnato tutto
ciò che sapeva, ad affrontare la vita, che se facevi uno sbaglio dovevi fare il
possibile per rimediare. Evitò accuratamente di parlare di sua madre. Per anni
aveva saputo poco e niente di lei e ora sapeva tutto: com’era realmente morta,
che si era risposata, che gli aveva dato un fratello. Parlarono di molte cose,
confrontando i loro mondi, quello babbano e quello magico. Per quanto Hermione
conoscesse bene entrambi, per i genitori di lei avere
qualcuno che era cresciuto solo con la magia era come una manna dal cielo così
lo tempestarono di domande a cui rispose con incredibile gentilezza.
Una
volta finita la cena, si spostarono in salotto dove
continuarono a chiacchierare, ridendo e scherzando. Fu a quel punto che
comunicò che l’indomani sarebbe partito molto presto poiché doveva svolgere
alcune commissioni col padre. Hermione celò la delusione e si strinse a lui,
accarezzandogli delicatamente il dorso della mano.
Finalmente
decisero di andare a letto. Alistair salutò con un casto bacio Hermione, per
poi infilarsi nella propria stanza. Si appoggiò alla porta con la schiena e
chiuse gli occhi, tremando. Stava succedendo davvero? Era reale? Perché non
poteva essere solo un maledettissimo incubo? Perché doveva succedere proprio a
lui?
Scosse
il capo e sbuffò, per poi staccarsi dalla porta. Andò in bagno, si lavò e
indossò il pigiama. Spense la luce e si stese portando le mani sotto la nuca,
lo sguardo fisso sul soffitto. Poche ore e sarebbe diventato un Mangiamorte.
Poche ore e la sua vita, così come la conosceva, sarebbe
finita. Come si poteva desiderare un cambiamento così drastico?
No, forse solo per lui era un cambiamento totale. Per Eric non lo sarebbe mai
stato: non avrebbe rinnegato il suo io, lo avrebbe espresso appieno. Lui invece
avrebbe ucciso una parte di sé, la più importante. Sarebbe ancora stato se
stesso, una volta effettuata la cerimonia? E se il Signore
Oscuro gli avesse ordinato di uccidere qualcuno? No, non lo avrebbe mai fatto,
non sarebbe mai arrivato a tanto.
Sospirò
e si grattò la guancia, quando sentì uno scricchiolio. Si voltò verso la porta
e vide Hermione entrare. Sbatté le palpebre e si appoggiò al materasso coi gomiti. La riccia sorrise
nervosamente, una mano sulla semplice camicia da notte che indossava, poi fece
scattare la serratura.
“Hermione?”
Domandò deglutendo a fatica. “Che… che cosa stai facendo?”
“Ecco,
Ali… io… io ti amo.
Io ti amo tantissimo e… beh… ecco…” Iniziò balbettando.
Alistair
sorrise dolcemente. Scostò le coperte, si alzò e la raggiunse.
“Calmati,
amore.” Sussurrò prendendole il viso tra le mani.
“No,
non mi calmo.” Esclamò decisa, guardandolo negli occhi. “Io ti amo e…”
Prima
che potesse aggiungere altro, posò delicato le labbra sulle sue, gli occhi
chiusi. Si soffermò su di esse qualche istante, per poi appoggiare la fronte
alla sua.
“Torna
in camera, Hermione.” Bisbigliò sentendo una fitta al cuore. Quanto avrebbe
desiderato passare la notte con lei, tenerla tra le braccia e addormentarsi
insieme, ma sapeva che se fosse successo non sarebbe stato in grado di
andarsene. “Sono stanco.” Mentì con gli occhi ancora chiusi. “Non possiamo
stare insieme. Ci sono i tuoi genitori e… e sono stanco.”
“Ho
chiuso a chiave. Non entreranno.” Protestò guardandolo posando le mani sui suoi
fianchi. “Alistair, è quello che voglio. Voglio fare
l’amore con te.”
“Ti
prego…”
“Io
ti amo.
Voglio fare l’amore con te.” Ripeté.
“Non…
non possiamo.” Ribadì lottando contro se stesso.
“Non vuoi
fare l’amore con te?” Chiese rompendo il silenzio ch’era
calato tra loro.
“No!”
Scosse il capo. “Cioè, sì. Io voglio fare l’amore con
te.”
“Ali,
io sono pronta.
Voglio che sia tu il mio primo ragazzo. Voglio tu sia il primo e l’ultimo. Voglio che sia sempre tu.” Sussurrò.
Alistair
serrò la mascella e le diede le spalle. Chiuse le mani a pugno e strizzò gli
occhi, lottando per non piangere. Maledetto, maledetto,
maledetto! Perché anche il pianto doveva assillarlo? Non poteva cedere, doveva
lottare anche contro di lui. Non era forse abbastanza dover lottare contro la
vita? Contro quel futuro di cui tanto aveva paura,
così buio e oscuro? Così lontano da lei?
Hermione,
silenziosa, si avvicinò a lui e lo abbracciò, intrecciando le dita,
accarezzandogli l’addome da sopra la maglia, posando la fronte tra le sue
scapole.
“Io ti
amo.” Sussurrò semplicemente.
In
quel momento il cuore di Alistair si fermò. Sentì un dolore al petto, il
respiro gli venne meno e le lacrime, quelle infami, sfuggirono al suo controllo.
Come poteva sopportare tanto dolore? Come lo avrebbe celato? Come… come… come?
Quante domande affollavano la sua testa e per nessuna aveva risposta.
Si
voltò e prese il suo viso tra le mani, fissando gli occhi lucidi in quelli di
lei.
“Hermione…
ti amo.” Sussurrò con la voce rotta.
“Perché
piangi?” Domandò asciugandogli le guance col pollice, delicata.
“Ti
amo più della mia stessa vita, Hermione. Sei tutto.” Rispose portando una mano
ai suoi capelli, andando ad accarezzarle lentamente i ricci, pieno
d’amore. “Ho bisogno che mi prometti una cosa.”
“Che
cosa?”
“Dovrai
ricordare in ogni istante che ti amo. Anche nei momenti più brutti, quando tutto
sembra faccia schifo e non ci sia speranza che lo ricorderai, ricorderai che ti amo. Me lo prometti?”
Chiese.
Lo
guardò negli occhi, poi annuì.
“Si. Te lo prometto, Alistair.” E
con un bacio suggellò la promessa. “Lo ricorderò, ma non ce ne sarà bisogno
perché sarai tu a ricordarmelo, stando al mio fianco.”
Il
moro accennò un sorriso e la baciò dolcemente, tenendola stretta a sé. Chiuse
gli occhi e le accarezzò la schiena, lentamente, come se avessero tutto il
tempo del mondo. Hermione sorrise e posò una mano sul suo petto, all’altezza
del suo cuore. Passò la lingua sulle labbra, poi gli baciò il collo con infinito
amore. Dopo qualche istante si liberò dal suo abbraccio. Fece un passo indietro
e lo guardò negli occhi. Si mordicchiò piano il labbro inferiore, afferrò la
camicia da notte e la lasciò cadere a terra, mostrando così il proprio corpo
nudo.
“Devi…
devi aiutarmi, perché io non so cosa fare.” Sussurrò
arrossendo.
Alistair
non poté fare a meno di abbassare lo sguardo e percorrere tutto il suo corpo. Deglutì a fatica incapace di
proferir parola mentre sentiva l’effetto che lei gli faceva. Era semplicemente
meravigliosa e resisterle era impossibile.
Chiuse
le mani a pugno e si morse la lingua, maledicendosi e insultandosi. Sospirò,
poi le prese il viso tra le mani e la baciò a lungo.
“Non preoccuparti, amore.” Sussurrò facendo scivolare le mani
lungo il suo collo, disegnando poi il profilo dei suoi seni andando a
soffermarsi sui suoi fianchi. “Penserò a tutto io.”
Le
mordicchiò il lobo dell’orecchio e l’attirò a sé facendole
sentire la reazione che aveva scatenato in lui. Tornò sulle sue labbra e cercò
la sua lingua iniziando a rincorrerla, a giocarci, intrecciandola alla propria.
La fece stendere e il lungo bacio venne interrotto
solo nel momento in cui lei lo privò della maglia che finì a terra. Dopo pochi
istanti, anche i boxer finirono sul pavimento.
I loro
cuori battevano all’unisono in una danza frenetica dettata dal loro amore
mentre le mani esploravano i rispettivi corpi regalandosi piacere, preparandosi
per quello che presto li avrebbe sommersi. Hermione tremava per l’emozione, non
riusciva a parlare ma a che servivano le parole, in quel momento?
Alistair
si prese cura di lei preparandola con dolcezza, preoccupandosi solo di farla
star bene.
“Sei…
sei sicura?” Chiese guardandola negli occhi, la mano destra che le carezzava
delicatamente il fianco mentre con l’altra, posata al materasso, si sorreggeva.
Hermione
annuì rabbrividendo per quelle delicate carezze. Circondò il suo collo con le
braccia e fissò gli occhi nei suoi, per poi attirarlo a sé e baciarlo.
Alistair
inspirò profondamente e la fece sua. Si fermò subito preoccupato d’averle fatto
male. Rimase immobile in quella posizione respirando rapidamente, emozionato,
le labbra dischiuse. Posò la fronte alla sua e la tenne stretta a sé, per poi
iniziare a muoversi piano.
Hermione,
per la prima volta in tutta la sua vita, non riusciva nemmeno a descrivere come
stava. In quel momento non riusciva nemmeno a ragionare o a pensare, tutta la
sua razionalità sembrava essersi dissolta.
Il
piacere crebbe rendendoli incapaci di fare qualsiasi cosa se non amarsi. Si
guardarono negli occhi per tutto il tempo accarezzandosi, muovendosi
all’unisono e quando le guance di Hermione si tinsero di rosso e si strinse a
lui, Alistair Piton fu l’uomo più felice dell’intero mondo, sia magico che babbano. Ogni cosa scomparve, ogni pensiero, persino il
fatto che di lì a poche ore sarebbe diventato un Mangiamorte. In quel momento,
in quella stanza, in quella casa, in tutto il pianeta, in tutto l’universo
c’erano solo loro, insieme.
Le
sorrise dolcemente e sfiorò appena le sue labbra, per poi stendersi accanto a
lei.
“Aspetta
un attimo.” Sussurrò.
Si
allungò e afferrò i fazzoletti di carta posati sul comodino. Ne prese uno e
andò a pulire con delicatezza il ventre della ragazza mentre le rubava un lungo
bacio. Hermione posò la mano sulla sua e sorrise.
“Ti
amo.” Sussurrò emozionata.
“Anche io.” Disse, poi si alzò e andò a buttare il
fazzoletto.
Tornò
da lei e l’abbracciò forte, chiudendo gli occhi.
“E’
stato meraviglioso.” Sussurrò Hermione.
“Tu lo
sei.” Le sfiorò la guancia con la punta delle dita e osservò il suo volto.
Aveva i capelli in disordine e le guance erano ancora rosse: era stupenda.
No,
non voleva diventare Mangiamorte. Non voleva rinunciare a lei, non voleva ferirla. Per un lungo minuto pensò che avrebbero potuto scappare, che avrebbe potuto mandare tutto
all’aria e godersi la sua adolescenza. Alla fine lui non aveva mai desiderato
lottare, non aveva mai voluto diventare una pedina
essenziale in quella stramaledetta guerra. Era stato il fato a decidere per
lui. Già, il fato che poteva anche essere chiamato Albus Silente, colui che aveva deciso per tutti: per lui, per suo padre ed
era sicuro che avesse in serbo qualcosa anche per Harry, suo fratello. Salazar,
ancora doveva abituarsi a chiamarlo in quel modo. Avevano la stessa madre che aveva
dato la vita per difendere il piccolo Harry ed era
sicuro che l’avrebbe fatto anche con lui. Si era sacrificata per permettere a
Harry di vivere e ora, in un certo senso, la sua vita dipendeva da lui. Se si
fosse ritirato, se fosse scappato, il Signore Oscuro
si sarebbe rifatto su suo padre, l’Ordine della Fenice avrebbe perso la sua
spia più fedele e i piani sarebbero saltati. Non poteva lasciare che accadesse,
che il sacrificio di sua madre risultasse vano.
Sospirò
e strinse più forte Hermione mentre il suo corpo iniziava a tremare per la
paura. Strizzò gli occhi e posò le labbra sulle sue, rendendosi conto che non
sarebbe mai scappato. Quella era l’unica volta in cui si sarebbero amati totalmente
e senza freni. Una volta tornati a Hogwarts, tutto sarebbe stato diverso.
“Ali…”
Lo chiamò Hermione posando la mano sulla sua guancia. “Perché piangi?”
Disegnò
il profilo delle sue labbra con la punta dell’indice e lo guardò negli occhi
sentendo il cuore mancare un battito mentre la consapevolezza che qualcosa
sarebbe cambiato si faceva strada in lei.
“Perché
sono felice.” Mentì, almeno in parte. Si, era felice,
ma le lacrime erano dovute a quel futuro incerto che l’avrebbe privato di lei.
“Non ti preoccupare, amore.”
Alistair
l’attirò a sé e le fece appoggiare il capo al proprio
petto, all’altezza del cuore. Hermione si raggomitolò contro di lui
intrecciando le gambe alle sue. Se qualcuno le avesse domandato come stava,
avrebbe faticato a trovare gli aggettivi giusti. Era felice, stanca, piena di
gioia e d’amore: no, un’unica parola non poteva descrivere come stava.
Nonostante tutta quella felicità, però, una parte di lei
tremava impaurita. Alistair non si era mai comportato in quel modo, mai. Che
cosa stava succedendo? Le aveva detto di non preoccuparsi, ma non sapeva se credergli o no.
“Ali…”
Sussurrò.
“Dimmi.”
Le baciò la fronte, senza dire altro.
Attese
risposta, ma quando abbassò lo sguardo vide che si era
addormentata tra le sue braccia. Sorrise dolcemente e la baciò ancora, per poi
lanciare un’occhiata alla sveglia sul comodino: segnava le 2.00 di notte. Chiuse
gli occhi e li coprì con l’avambraccio facendo profondi respiri. Il tempo
scorreva troppo velocemente, per i suoi gusti. Perché quella notte non poteva
essere infinita? Ah, quanto avrebbe desiderato avere una giratempo
per poter rivivere all’infinito quei momenti. Così,
senza nemmeno rendersene conto, scivolò in un sonno agitato e dominato dalla
consapevolezza che tutto era ormai giunto al termine.
Quando
i primi raggi del sole filtrarono attraverso la finestra, Alistair aprì gli
occhi. Sbadigliò rumorosamente e fece per stiracchiarsi bloccandosi
immediatamente quando si rese conto che Hermione gli era ancora addosso. Passò
la lingua sulle labbra, poi le scostò i capelli dal visò e la baciò con
dolcezza. Sospirò, infine la liberò dall’abbraccio e andò a sedersi sul bordo
del letto, ancora nudo. Chiuse gli occhi e iniziò a
massaggiarsi il collo cercando di rilassarsi. Gli esercizi di Occlumanzia, in
questo, l’avevano aiutato molto ed era perfettamente in grado di liberare la
mente, cosa di cui aveva assolutamente bisogno.
“Ali…”
Mugugnò addormentata Hermione allungando il braccio, andando a sfiorare la
schiena del ragazzo.
Alistair
si voltò e piegò il capo di lato.
“Ciao…”
Lo salutò.
“Ciao.”
Ripeté lui, per poi piegarsi e sfiorare le sue labbra con le proprie.
“Devi
proprio andartene?” Domandò sospirando.
“Si, amore. Devo.” Rispose accennando un sorriso. “Purtroppo devo. Ti assicuro che
preferirei star qua.”
“Lo
so.”
Le
diede un altro bacio, poi si stiracchiò. Si alzò, prese dei boxer puliti dallo
zaino e li indossò.
“Ti
godi lo spettacolo?” Chiese guardandola mentre allacciava i jeans.
“In effetti si.” Ammise Hermione con una mezza risatina. “Ma dal momento che sei vestito, è meglio che mi vesta anche
io.”
Sospirò,
per poi abbandonare controvoglia il letto. Infilò la camicia da notte, aprì
l’armadio e prese una vestaglia che subito mise.
Alistair
raccolse i propri oggetti e li buttò nello zaino.
Hermione
sbadigliò, poi lo prese per mano.
“Pronto?”
Domandò ancora addormentata.
Il
moro annuì, incapace di dire qualsiasi cosa mentre il momento dell’addio s’avvicinava.
Uscirono
dalla stanza, poi scesero le scale.
“Vuoi
fare colazione?”
“No.”
Scosse il capo. “No, grazie. Preferisco andare. Mio padre mi sta aspettando.” Borbottò rabbuiandosi.
“Ok.”
Hermione ravvivò i capelli con una mano, per poi accompagnarlo alla porta.
“Non
c’è bisogno che io esca.” Disse sorridendo celando la tristezza che lo stava
assalendo.
“Oh.
Giusto.” Ridacchiò. “L’abitudine babbana, sai.”
“Perdonata.”
Scosse il capo, poi l’abbracciò chiudendo gli occhi
drogandosi del suo profumo. “Salutami i tuoi genitori.”
“Lo
farò.” Accarezzò delicata il suo petto godendosi quell’abbraccio. “E’ stato perfetto, Ali. Meraviglioso e stupendo. E non
credo esistano aggettivi che descrivano appropriatamente ciò che è stato. Ti amo.”
Le
prese il viso tra le mani e la baciò. Un bacio lungo, uno di quelli desiderati
e ambiti, uno di quelli che mai vorresti s’interrompessero.
“E’
meglio che vada, prima che cambi idea.” Mormorò sulle sue labbra.
“Guarda
che non sei mica costretto ad andartene, sai?” Sorrise mentre gli circondava il
collo con le braccia. “Puoi anche restare. Anzi, ti dirò: se resti mi rendi
solamente felice.”
“Invece
devo. Sono
obbligato.” Disse con un sorriso amaro stampato sulle labbra, senza guardarla.
“Lo
sapevo che avresti risposto così.”
Hermione
lo baciò teneramente, poi si sciolse dall’abbraccio.
“Ti amo, Alistair Snape.”
“E io amo te, Hermione Granger.” Le carezzò la guancia e le
rubò un ultimo bacio, fugace.
Fece
un passo indietro e chiuse gli occhi smaterializzandosi direttamente nel
salotto della propria casa, crollando a terra. Se solo l’avesse guardata un
istante di più non sarebbe stato in grado di
andarsene. Se l’avesse baciata più a lungo non si
sarebbe mai allontanato.
Strizzò
gli occhi e a fatica si rimise in piedi. Barcollando salì le scale e raggiunse
la propria stanza. Si buttò sul letto e si lasciò andare al pianto. Ogni
singola lacrima era la testimonianza del suo dolore, del suo amore perduto,
della sua vita passata, di un futuro che non voleva, di azioni che mai avrebbe voluto compiere.
Severus
Piton vide il figlio smaterializzarsi davanti ai propri occhi, in salotto.
Abbassò il giornale e lo osservò uscire. Trasse un profondo respiro, poi si
fece forza e salì le scale, il cuore sempre più pesante nel petto. Si fermò
sulla soglia della stanza e osservò per qualche secondo il figlio sentendo il
suo dolore come proprio.
“Mi
dispiace, Alistair.” Sussurrò per poi andarsene, incapace di fare da spettatore
a quel triste spettacolo.
Alistair
si raggomitolò su se stesso e abbracciò il cuscino.
La sua
vita, così come la conosceva, era finita.