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Autore: april88    17/08/2012    1 recensioni
La guerra di Marine Ford si è conclusa. Tutti sono tornati alle proprie case... per riabbracciare i propri cari.
Le ciurme di pirati, hanno ripreso il loro viaggio... tranne una.
Rufy e i suoi compagni, dovranno aspettare prima di potersi riabbracciare.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao, ragazzi e ragazze, finalmente sono riuscita a completare un nuovo capitolo
Buona lettura a tutti.

Mugiwara's thoughts
ROBIN

Se penso che a Impel Down i prigionieri siano trattati peggio di qui, ringrazio la testardaggine di Rufy: se non era per lui e per gli altri, a quest’ora, starei in un’orribile cella incatenata con l’agalmatolite, oppure sarei già all’altro mondo.
Certo, non che qui la situazione sia rosea.
In questo posto, neanche potessi definirla isola perché sono su di un ponte, gli abiti che indosso sono troppo leggeri per la temperatura di qui. Se non fossi stata soccorsa forse ora, sarei un ghiacciolo.
Mi è stato offerto anche un riparo in una delle tante case di questa cittadina.

I primi giorni, sono stata sempre nascosta nella soffitta e, stando attenta a non farmi scorgere, osservavo le persone per strada. C’erano dei soldati ma non si trattava di uomini della Marina; questi avevano delle divise rosse e avevano sempre i fucili in mano puntati contro altre persone che, così come le donne che vivono in questa casa, sono vestite di tute da lavoro con un codice numerico stampato. Dentro di me, mi ero già fatta un’idea che fossero prigionieri, ma non capivo come potevano esserci donne e bambini; non erano possessori di frutti del diavolo e non avevano l’aria di essere criminali. Inoltre, ognuna di queste persone, esce da casa pulita e torna ore dopo con gli abiti e il viso sporchi.
Anche la piccola che tanto gentilmente mi ha aiutata va e viene da casa a fuori… è lei a dirmi che va a lavorare. Avrà appena dieci anni e lavora tra gli adulti; curiosa le ho chiesto che lavoro le faceva e, inorridita, ho saputo in che razza di posto sono capitata. Stanno costruendo un ponte e il cantiere va avanti da settecento anni… e peggio, quelli che lavorano qui sono abitanti di paesi che si sono rifiutati di allearsi con il governo mondiale e tra loro ci sono anche dei ricercati. Mai avrei pensato che questa gente stesse ai lavori forzati. La bambina, Soran si chiama, dice che è contenta di star costruendo questo ponte perché collegherà dei paesi così un giorno, avrebbe potuto lasciare quel posto orribile.

Con il sorriso sulle labbra, le dico che sarà così, ma chissà se ho fatto bene a illuderla, perché sospetto che se questo cantiere dura già da settecento anni e non si vede ancora un’isola cui collegarlo, in realtà sia solo una scusa per illudere e far ammazzare di lavoro povera gente. È terribile ciò che fanno qui e mi dispiace non poter fare niente e assistere impotente a questi soprusi, ma non posso farmi scoprire; appena starò meglio dovrò andarmene e tornare dai miei compagni; mi ripetevo queste parole ogni sera ma ahimè, non ho potuto star nascosta al lungo perché qualcuno mi ha denunciato alle guardie. Ho dovuto farmi catturare perché altrimenti, ci sarebbe andata di mezzo la bambina e le altre donne che avevano fatto tanto per cercare di tenermi nascosta… e questo non potevo permetterlo. Erano finiti i tempi bui in cui usavo le persone come scudo per salvarmi.
È stato l’incontro con un ragazzino immaturo ma con un grande cuore a cambiarmi. Ha saputo ridarmi la gioia di vivere. Mi ha fatto tornare il sorriso è stato grazie a lui se sono tornata a fidarmi delle altre persone.

Sono stata portata in una torre per essere interrogata. Le guardie non sapevano chi fossi ma il loro capo mi ha riconosciuto subito senza margine di errore, perché ora, ho una bella fotografia aggiornata sul mio avviso di taglia.
La prima cosa che hanno voluto sapere era il perché mi trovavo lì e dove erano i miei compagni: quanto avrei voluto saperlo anch’io! Non ce la facevo più: volevo tornare dai miei amici e sentire le loro allegre risate! Volevo tornare a Sabaody e partire con loro per il Nuovo Mondo, ma come potevo fare per scappare se l’agalmatolite blocca i miei poteri? Mi hanno picchiata ma non ho aperto bocca… in fondo era vero che non sapevo niente. Anzi, avrei dato un braccio per sapere, dove erano i miei compagni e per quale motivo di tutte le isole fossi finita proprio li.
Mi hanno trattata come una bestia… con catene di agalmatolite ai polsi. Non potevo difendermi.
Dopo ore d’interrogatorio, sono stata obbligata a indossare una delle divise che hanno gli altri prigionieri, ma non mi hanno messo ai lavori forzati; invece, mi hanno sbattuta con poca grazia dentro una cella umida e fredda.

I giorni trascorrono lenti quando non si ha nulla da fare… quando si è da soli come me adesso e quando sento più forte il peso della solitudine, prendo in mano la vivre card che sono riuscita a nascondere alle guardie quando mi hanno perquisita... e la stringo forte... e mi sembra che i miei compagni siano qui vicino a me. Nella cella accanto alla mia vi è rinchiuso un uomo anziano, è un tipo tranquillo; mi chiedo come faccia a esserlo con quello che succede in questo posto. Mi dice che l’hanno rinchiuso perché gli anziani sono inutili.
Mi dispiace per lui… è vero gli altri prigionieri sono costretti a turni di lavoro massacrante mentre io e lui siamo chiusi tra quattro mura e non facciamo niente tutto il giorno, ma se avessi potuto scegliere, avrei preferito screpolarmi le mani lavorando che stare qui dentro e poi, avrei avuto qualche possibilità di fuga.
Rinchiusa qui dentro, l’unica soluzione che mi viene in mente, è tagliarmi le braccia; lo dico pure ad alta voce, ma solo il vecchio mi ha sentita e ride. Cosa ci sarà di divertente in quello che ho detto? Sono seria: sarei disposta a rinunciare alle mie mani pur di togliere queste pesanti manette. Il vecchio parla ancora distogliendomi da questo pensiero: “Ragazza, non avere così fretta! Ascolta attentamente. Non senti qualcosa?”
Effettivamente, ora che me l’ha fatto notare, sento qualche rumore provenire da fuori: prima avverto un’esplosione e poi altri rumori più lievi. Forse degli spari. La fuori sta sicuramente succedendo qualcosa, e forse le guardie hanno lasciato l’ingresso della prigione, poiché la piccola Soran è riuscita ad arrivare fin qui… prima ho sentito la sua voce provenire fuori della prigione, poi era lì davanti a me, dietro le sbarre della mia cella.

Dietro di lei, c’era uno dei soldati che in realtà, si rivela uno dell’Armata Rivoluzionaria travestito.
Libera il vecchio accanto alla mia cella e comincio a capire il perché delle sue parole di prima: si era infiltrato come prigioniero e un suo sottoposto come guardia.
Liberano anche me e ci dirigiamo alla porta. Ho ancora le manette di agalmatolite e la piccola con il mazzo delle chiavi in mano le prova una a una sulla serratura… intanto quegli uomini aprono le porte e ci troviamo la strada sbarrata dalle guardie che ci puntano contro i fucili. Capisco subito che questi signori non hanno i poteri dei frutti del mare. Bisogna fare in fretta, ma non voglio mettere sotto pressione Soran che è già abbastanza spaventata. Finalmente tiriamo entrambe un sospiro di sollievo per aver trovato la chiave giusta. Senza perdere tempo uso il mio potere.
Faccio fiorire le mie braccia sulle loro spalle e con un movimento gli spezzo il collo. Uno a uno cadono a terra inermi; sono giorni che desidero farlo: restituire a queste guardie tutto il male che hanno fatto a me a Soran e a tutte le altre persone che sono prigioniere, mi ha trasmesso una gioia intensa, mista a soddisfazione.

Non mi sono fermata alle guardie davanti alla prigione: mi sono unita ai rivoluzionari e ho continuato a combattere contro ogni uomo. Dopo una lunga serie di combattimenti, ora sono tutti liberi coperti da pesanti coperte e con tazze di cioccolata fumante in mano, tutto offerto dai rivoluzionari. Uno di loro che non ho avuto il piacere di conoscere, si avvicina e mi offre una giacca per ripararmi dal freddo.
Mi chiama per nome… non avevo dubbi sul fatto che mi conoscesse: sarebbe stato strano il contrario! Quest’uomo, mi offre l’opportunità di unirmi alla loro causa; rifiuto senza nemmeno pensarci.
Tempo fa, avevo deciso che sarei stata insieme ai miei compagni per sempre, e niente e nessuno mi avrebbe mai fatto cambiare idea. Chiesi solo un passaggio fino all’Arcipelago Sabaody; avevo una voglia matta di tornare da loro… mi mancano tutti, soprattutto Rufy; mi mancava la sua allegria, la sua voglia di vivere e speravo che niente fosse cambiato nonostante la brutta esperienza di qualche giorno prima, ma molto probabilmente, mi sbagliavo. Ai miei occhi, lui è sempre parso un bambino... un bambino i cui occhi, non avevano ancora visto gli orrori di questo mondo… occhi che non avevano mai visto la guerra, già perché tutte le battaglie affrontate fin’ora, non sono niente in confronto alla guerra tra la Marina ed i pirati di Barbabianca.

Soprattutto, però, i suoi occhi non avevano mai visto la scomparsa di una persona cara. Doveva volergli molto bene se si era spinto da solo, fin la per riuscire a salvarlo. Mi dispiace che non ci sia riuscito, ma purtroppo, questa è la realtà della vita e non ci si può fare niente… bisogna accettarla ed andare avanti.
Bisogna continuare a vivere per le persone cui si vuole bene. Fino a poco tempo fa, io non avevo nessuno per cui continuare a vivere… avevo perso tutto: la mia mamma e il mio unico migliore amico… non avevo più nessuno eppure sono andata avanti… ho vissuto, ma io la consideravo un vegetare sulla terra fino alla vera fine della mia vita.
Eppure incontrare i miei compagni, mi ha restituito la voglia di vivere che avevo perso.
Rufy… per questo, per ringraziarti, io farò quello che tu hai fatto per me, ti starò vicino, ora che ne hai più bisogno; devi solo avere pazienza e sarò da te. Salgo sulla carrozza accompagnata da tre uomini, diretta alla nave che mi avrebbe riportato a Sabaody.
Nessuno di loro dice una parola per tutto il tragitto… sono tutti chini a pensare ai fatti loro… trovando più interessante il paesaggio la fuori, mi volto verso il finestrino.
A mano a mano che procediamo, attraversiamo cantieri sempre più vecchi… sempre più in rovina. Solo notando il mio interesse per quello che c’è la fuori, uno dei signori mi rivolge la parola, parlandomi della storia della realizzazione di questo inutile ponte… inutile perché non avrebbe mai portato da nessuna parte. Sono fiera che i miei compagni ed io, abbiamo dato una lezione a due pancioni impettiti boriosi Draghi Celesti.

Stavamo percorrendo il ponte da diversi giorni, quando arriva un giornale, che subito mi consegnano.
La foto del mio capitano spiccava in prima pagina; mi basta osservarla per capire che i piani del mio capitano sono cambiati. La sua, è sì una richiesta di aiuto, ma non di raggiungerlo presto… è tutt’altro quello che ci chiede: posticipare il nostro incontro. Non ci vuole un genio per capirne il motivo… e sono sicura che anche gli altri, appoggino la sua decisione. Devo fare anch’io la mia parte. Informo gli uomini che mi scortano della mia decisione. Raggiungere Baltigo e incontrare Dragon, il loro capo. Questo pensiero, mi fa quasi sentire in colpa, infondo che diritto ho di incontrare un padre che Rufy non ha mai conosciuto… però, non c’è niente di male ad ascoltare quello che ha da dirmi… infondo sono anni che questi signori mi cercavano. Ora sono finalmente arrivata sulla nave che mi condurrà dall’uomo ricercato in tutto il mondo.

“Rufy, se mi schiero al suo fianco, forse posso diventare più forte. Non ho mai desiderato diventare più forte per qualcuno… non l’avevo mai pensato, ma lo farò per te”.



NOTE DELL'AUTORE:
Spero di essere riuscita a fare un buon lavoro con questo capitolo
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!

Ringrazio:
tre 88
per aver commentato il capitolo precedente.Mi raccomando, fammi sapere cosa ne pensi di questo!

  
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