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Autore: herestous    17/08/2012    1 recensioni
You should let me love you, let me be the one to give you everything you want and need.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cory Monteith, Lea Michele, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sera gente! Mi sono data alla pazza gioia in questi giorni e ho scritto un bel pò di capitoli, a mio parere riusciti abbastanza bene dai :D Spero vi piacciano! :3
Un bacione enorme a tutti, Marty (:



Il sole filtrava appena dalla finestra quando Cory aprì gli occhi e si svegliò. L’orologio segnava le 6:02, e si meravigliò di essersi alzato ben ventotto minuti prima che la sua sveglia suonasse. Si rigirò nel letto, indeciso sul da farsi, mentre nella sua testa la prima immagine che si creò fu quella del viso della dolce ragazza con cui aveva trascorso la serata precedente. Aveva raccolto ogni minimo particolare, dal modo in cui si toccava i capelli quando era imbarazzata alla sua voce soave che lo aveva incantato sin dal primo istante. Gli piaceva il colore dei suoi occhi, la forma delle sue mani, il suo essere così semplice. Ma paradossalmente odiava sentirsi così malleabile, così… vulnerabile. La suoneria del suo cellulare lo distolse dai pensieri, e il ragazzo sobbalzò, afferrandolo.
 
Cory ciao, sono Lea. Ho dimenticato il giacchetto nella tua auto, ieri sera. Me lo porteresti oggi agli Studios? Grazie.
 
Sorrise, non appena i suoi occhi lessero “Lea”. Prima di rispondere decise di salvare il numero della ragazza, ringraziando il cielo di aver avuto quella brillante idea di darle il suo numero e dirle di mandargli un sms in caso avesse avuto bisogno di qualcosa, la sera prima. Poi guardò nuovamente l’ora, le 6:08.
 
“Certo! Ti andrebbe di vederci per fare colazione insieme, così di sicuro mi ricordo di portarti il giacchetto? C.”
 
Attese con ansia la risposta, mentre sceglieva velocemente un jeans e una maglia bianca da indossare. Sembrava fosse una donna in preda al panico e non riusciva più a spiegare quel suo comportamento. La desiderava, ovviamente, ma non nel modo in cui desiderava le altre. Desiderava averla senza spezzarle il cuore. Sembrava quasi amore a prima vista. Quasi.
 
Va bene! Fra 30 minuti davanti gli Studios. L.
 
Fece una doccia brevissima, giusto il tempo di insaponare e sciacquare corpo e capelli. Uscì avvolgendosi in un asciugamano che lo copriva solo dalla vita in giù. Si meravigliò della velocità con cui infilo boxer, jeans e maglia, lasciando i capelli inumiditi, sapendo che si sarebbero asciugati dopo poco. Infilò ai piedi un paio di trainer nere, afferrò lo stresso indispensabile e scese velocemente le scale che dal suo appartamento lo portavano nel garage. Raggiunse la sua macchina che erano le 6:28, e si rese conto che la sveglia sul suo iPhone stava per suonare e lui era già in piedi, vestito e pronto per andare a lavoro. In perfetto orario, anzi, persino in anticipo, forse per la prima volta in tutta la sua vita. Entrò nell’abitacolo e notò un giacchetto sul sedile accanto al suo. Lo afferrò e riuscì a sentire ancora l’odore di Lea che lo aveva accompagnato per tutta la serata. Poi mise in moto, fece un respiro profondo e raggiunse gli Studios.

 ---
 

Di certo Lea Michele non poteva dire che Cory Monteith fosse un brutto ragazzo. Né che lui non l’avesse almeno un minimo colpita. Alto, castano, occhi color nocciola, fossette sulla guancia quando sorrideva, occhi che divenivano quasi due fessure se sfoderava uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Aveva memorizzato ogni dettaglio, la sera prima, e non poteva di certo negare che quell’invito l’avesse colta di sorpresa, anzi e aveva fatto fin troppo piacere. A New York era diverso. Conosceva i suoi polli. Aveva un ragazzo, aveva un gruppo, frequentava determinati locali. In qualche modo la sua vita era quadrata, senza vie di fuga, senza permissioni. Conosceva chi aveva accanto e non aveva mai cercato di meglio. Non che volesse farlo. Ma ora, davanti allo specchio, nel semibuio della sua camera, alle 6:08 del mattino, per la seconda volta consecutiva, si ritrovava a pensare perché Cory le avesse chiesto di uscire per ben due volte di seguito. Di sicuro non significava niente, erano due colleghi che stavano imparando a conoscersi e andavano a fare colazione insieme. Però lei era lì, davanti a quello specchio, di nuovo, a chiedersi se aveva scelto l’abbigliamento adatto. Aveva optato per un paio di pantaloncini a vita alta neri, con sopra una camicia blu di tessuto velato con maniche a tre quarti, scollo a V, mostrando quel poco di decolté che poteva possedere. Aveva deciso di abbinare un paio di scarpe alte, sempre nere, per non sembrare davvero troppo bassa davanti a quel ragazzo che le appariva come un gigante.
Al rientro, la sera prima, si era resa conto di aver dimenticato qualcosa, ma non aveva avuto il coraggio di utilizzare subito il suo numero e mandargli un sms. Quella mattina, agitata per i troppi pensieri, si era svegliata mezz’ora prima del solito e aveva inviato quel messaggio, sicura del fatto che lui stesse dormendo. Eppure Cory l’aveva sorpresa, rispondendole subito e proponendogli la colazione.
Si guardò ancora una volta allo specchio, e dopo aver afferrato chiavi, iPhone e tutto ciò che le occorreva, uscì dalla camera in punta di piedi per non svegliare la sua coinquilina. Non aveva voglia di dare spiegazioni, anche se non c’era nulla da spiegare. E poi Victoria sapeva essere fin troppo invadente. Inoltre, la conosceva fin troppo bene e una presunta conversazione non avrebbe portato a nulla di buono. Davanti alla porta principale, si rese conto di un foglietto volante poggiato sul mobiletto in soggiorno.
 
Theo ti ha chiamata. Era abbastanza nervoso, dice che non l’hai più richiamato. Fatti sentire.
 
Per un attimo ebbe l’istinto di salire in camera, infilarsi una tuta e mandare un messaggio a Cory per disdire tutto. Ma erano le 6:28 e sapeva che Cory era già uscito, e non aveva intenzione di farlo aspettare per mezz’ora agli Studios da solo. Tanto lei sarebbe comunque dovuta andare a lavorare. Afferrò il foglietto di carta, lo mise in borsa con noncuranza, si sistemò per l’ultima volta e corse verso la macchina, per andare a fare colazione con Cory Monteith.
 

---

 
“Ecco il tuo giacchetto, prima che mi scordi di nuovo.” Il canadese le porse ciò che era suo e Lea lo ringraziò, sorridendogli. “Ordiniamo, ti va?” Si diressero verso il bancone senza dire nulla, stranamente in imbarazzo, forse ancora troppo assonnati.
 
“Scusami, ti avrò buttato giù dal letto inviandoti quel sms a quell’ora, ma avevo paura di dimenticarmene.”
 
“Ma figurati! Stranamente oggi sono mattutino, arriverò al lavoro abbastanza in orario e questo sorprenderà tutti.” Cory fece l’occhiolino, e Lea scoppiò in una calorosa risata. Era anche un ritardatario. Sorseggiò un goccio del suo cappuccino caldo, sporcandosi le labbra con un po’ di schiuma. “Umh, sei sporca qui.” Il ragazzo le indicò il punto sulla bocca in cui era sporca, per poi afferrare un fazzolettino e sfiorarle il labbro superiore, pulendolo dolcemente.
 
“Grazie.” Il rosso che aveva colorato le guance di Lea era visibile, ma Cory fece finta di niente e cambiò discorso.
 
“Cosa farai quando ci daranno qualche giorno di relax, fra un po’ di tempo?”
 
“Mhh, non so, credo che inviterò i miei per qualche giorno, non hanno mai visto Los Angeles e mi piacerebbe fargliela visitare.” Sorrise, bevendo l’ultimo sorso della sua bevanda, mentre Cory la fissava, il suo caffè finito da tempo. “Beh, magari chiamo te come guida” esordì alla fine sorridendo. Il ragazzo ricambiò il sorriso e fece per pagare. “Alt! Oggi tocca a me.”
Lea tirò fuori 5 dollari dal suo portafogli e pagò la colazione, lasciando il resto come mancia. Si stavano avviando verso l’uscita quando una chioma bionda si accorse della loro presenza e li chiamò.
 
“Cory, Lea!” Dianna fece cenno di raggiungerla, guardandoli con un’espressione curiosa. In effetti era davvero curiosa di sapere perché i due fossero insieme. Non ci fu bisogno di parole per capire quale fosse la domanda che Dianna stava per fare.
 
“Colazione. Insieme.” Tagliò corto Cory. Conosceva la bionda, era la sua migliore amica. Sapeva che non si sarebbe accontentata di quella semplice spiegazione ma allo stesso tempo era meglio darle il minor numero di informazioni possibile.
 
“Non sei mai così mattutino.”
 
“Oggi mi girava così.” Lanciò un’occhiataccia a Dianna, per intimarle di smetterla e continuare quella conversazione in privato. “Noi andiamo, per una volta che arrivo puntuale…” Fece un sorriso forzato alla sua migliore amica per poi spostare lo sguardo su Lea.
 
“Si, io aspetto Josh.” Josh era un componente della crew, lui e Dianna avevano lavorato insieme anche per un altro film e da qualche mese uscivano insieme. A Cory non era particolarmente simpatico, ma non lo aveva mai esplicitamente dimostrato. “Ci vediamo dopo.” La bionda lanciò al ragazzo uno sguardo accigliato, mentre i due si allontavano dalla caffetteria per dirigersi all’interno degli Studios.
 
“C’è qualcosa che non va?” chiese Lea mentre percorrevano lentamente i corridoi in silenzio.
 
“Nono, è solo che… Niente, a volte Dianna diventa insopportabile. Sembra debba sempre controllarmi.”
 
“Ci tiene a te, si vede.” Lea sorrise, e Cory passò nervosamente una mano tra i capelli.
 
“Già.”
 
“Se hai bisogno di qualcosa, io sono qui.” Erano fermi in mezzo ad un corridoio vuoto. Da lontano arrivavano vocii di gente che arrivava e si fermava perché era presto e poteva permetterselo. La brunetta lo guardò, e per un attimo il ragazzo ebbe voglia di stringere il suo fragile corpo in un abbraccio. Incontrarono l’uno lo sguardo dell’altra per quella che parve un’eternità, quando il telefono di Lea iniziò a squillare. Prese in mano il suo iPhone, quasi noncurante di chi fosse, quando lesse il nome sul display. Guardò Cory, poi nuovamente il telefono. Tempismo perfetto. Theo la stava chiamando.

  
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