Terza parte
Agrodolce
You'll rescue me right? in the exact same way they never did..
I'll be happy right? when your healing powers kick in
You'll complete me right? then my life can finally begin
I'll be worthy right? only when you realize the gem I am?
[Precious Illusion – Alanis Morissette]
La notte, la quiete.
Un ululato lontano,
forse da quella collina immersa nella nebbia.
Lupi… licantropi?
Poco importa.
Ti sfioro piano il
collo, sentendoti rabbrividire sotto al mio tocco.
Forse è meglio che tu
dorma ancora; in fondo il sole è appena tramontato e non voglio che anche quest’ultimo chiarore rossastro possa nuocere ai tuoi
occhi.
Sei fredda, ma presto diventerai
gelata.
Esattamente come me.
Dicono che il sangue
che scorre nelle vene dei vampiri sia ghiacciato, o addirittura inesistente.
Però… però basta che mi
punga con un ago perché una calda goccia rossa spunti dal mio dito.
Buffo, no?
Però…forse non è sangue.
Forse è soltanto come
un’altra bevanda.
Vino, arancia rossa… fa
poca differenza.
Eppure gli umani tengono così
tanto a quel liquido bordeaux che scorre
nelle loro vene.
Si fanno mille
complessi inutili su di esso.
Pensano addirittura che
le loro doti, se ho davvero il coraggio di chiamare così quelle loro stupide e
banali qualità, e i loro difetti vi siano contenuti.
A volte mi fanno
ridere.
Sono tutte fandonie.
Io ne ho uccisi tanti, di umani, per bere il loro sangue ed eppure…
eppure volete sapere la
verità?
Sono tutti uguali.
Chi ce
l’ha un po’ più forte, chi dal gusto più delicato… ma è sempre e
soltanto sangue.
Probabilmente ho dei
gusti un po’ macabri, ma che volete farci?
Fa parte della mia
natura.
E’ tutto sempre
compreso in quella sorta di circolo formato degli angeli dell’inferno.
Vampiri, demoni,
licantropi.
Soltanto leggende che
si perdono nelle notti dei secoli e con esse lasciano
bruciare anche eterne verità.
Un po’ come qualcosa
che si dava per perso e lo si ritrova incredibilmente
dopo tanto tempo nel posto più impensato.
Un foglio buttato nella
spazzatura perché ritenuto inutile, ma su cui poi ti accorgi di aver scritto il
codice della tua cassaforte.
Numeri apparentemente
senza senso.
Codici criptati magistralmente.
Io sono tutto questo, e
ne vado fiero.
Mi ritrovo spesso a
pensare a queste cose, a riflettere su quante cavolate dicono sul mio conto.
E tra poco…
…tra poco anche su di
te.
Ti vedo riaprire piano
gli occhi chiari, appena infastiditi dalla luce forte del lampadario nella
stanza.
I capelli ti ricadono disordinatamente
sul viso, schermandoti la fronte.
Anche dopo questo, sembri ancora un angelo.
Un angelo del Paradiso,
intendo.
Hai dormito con la
testa appoggiata sul mio petto liscio, o meglio, in quella posizione in cui io
ti ho adagiata delicatamente dopo averti morsa.
Non credo tu abbia
ancora capito bene quello che ti ho fatto, del resto per te è
stato soltanto un incubo.
Un sogno che ti ha
imprigionato in una gabbia mortale e ha poi buttato via la chiave.
Tu ora mi odierai, ma
poco importa in fondo.
Sei stata addirittura
un
buon pasto, forse l’unico diverso dopo tanti anni di caccia.
Il tuo sangue aveva un
sapore soffice, dolce, ma nello stesso tempo pungente ed amaro.
Direi… agrodolce.
Forse… forse è soltanto
perché ho assaggiato il sangue di un angelo.
Ed è esattamente come il
mio: particolare ed intenso.
Contrastante.
Oserei dire bruciante.
Una sorta di lama
incandescente con cui ti ho cambiato per sempre.
Una cicatrice con i
frammenti dell’eternità.
Le tue ali bianche sono
ormai spezzate.
Te le ho tagliate io.
Le ho mutate per sempre, e sono orgoglioso di averlo fatto.
Ora sono nere, come la
pece.
Pensi di no?
Bè, te lo potrei anche
concedere questo sfizio.
Forse sono ancora
grigie… forse c’è ancora una traccia di quell’oceano bianco
di candore, ma svanirà presto.
Fidati.
Sei la mia creatura.
La mia piccola, perfetta… vittima.
Forse più di quanto non
lo siano state tutte gli umani che ucciso.
Ma sai… il punto è sempre
questo, tesoro.
Gli altri non erano
angeli.
Non possedevano quel
tuo sguardo ingenuo, quegli occhi chiari color ghiaccio e quel tuo viso dai
lineamenti sottili.
Non avevano la
profondità del mondo nel cuore.
Non presentavano le tue
stesse ali sottili sulla loro schiena.
Non erano la mia
piccola, ardua sfida.
Ma sono sempre le gare
più dure a dare soddisfazioni; quelle in cui potresti
non vincere, ma dove in fondo non hai nulla da perdere.
Soltanto…
…caldo contro freddo.
Dolce contro amaro.
In un mischiarsi di
sapori.
Agrodolce.
Battaglia fra angeli
immortali.
Mi guardi con aria
interrogativa che diventa sempre più sconvolta man
mano che realizzi cosa ti è appena successo.
Ora mi rivolgi anche
un’espressione quasi disgustata, mentre mi fissi negli
occhi.
Sempre. Ancora.
Pupilla contro pupilla.
Nero contro bianco.
O forse soltanto un
grigio opaco.
-Che cosa mi hai fatto?-
Domanda banale.
Forse volevi chiedermi
perché non riesci più a volare in alto.
Ed io ti rispondo perché
le tue ali devono ancora nascere.
Ma guarda.
Osserva dietro la tua
schiena.
Senti dolore?
Soffuso, lento,
bruciante.
Lo avverti,
lo so.
Allora stanno
spuntando.
Allora presto volerai
ancora.
Allora vedrai di nuovo
il cielo.
Basterà un semplice
gesto per liberarle del tutto.
Semplice.
Occorre soltanto
gettare via quell’insulso scheletro bianco
precedente.
E’ lì. A terra.
Quell’ossatura senza scopo,
debole e fragile.
Ora puoi prenderne una
dai toni più forti.
Nera… o rosso fuoco se
preferisci.
-Che cosa mi hai fatto?-
Ripeti ancora, questa volta
piangendo ed allontanandoti da me.
Ti sei rifugiata in un
angolo della sala,con la testa fra le ginocchia.
Ma tanto non troverai
quel luogo sicuro.
La tana non è più quel
cuscino morbido su cui dormivi la sera.
Ora tutto è cambiato.
E’ adrenalina, astrazione…
… o
forse pazzia dell’ignoto.
Tornerai presto da me,
mia cara.
Probabilmente tra poco mi implorerai perfino di starti vicino.
Ed ora…
Ho sentito bene?
Hai davvero detto che
mi odi?
Allora posso ammettere
che è decisamente tutto normale.
Esattamente come
dovrebbe essere.
Tra poco ricomincerai a
risalire dal pozzo in cui pensi di essere caduta.
Continuo a fissarti con
sguardo assente,
distante.
Sai che non provo nulla
per te, se non tenerezza.
Non mi
importa più di tanto se tu ora stai soffrendo particolarmente.
L’ho provato anch’io…
… e
sono ancora qua.
Ma so di averti fatto un
dono di cui presto mi sarai grata.
Cosa ci guadagno io?
Forse soltanto un’altra
citazione inutile in un libro di favole.
O forse qualcuno che mi
accompagni nella lunghezza dell’eternità.
Qualcuno da
sottomettere, ma non da eliminare.
Il che è diverso, mio cara creatura.
Imparerai a capirlo.
Ora alzi appena lo
sguardo verso di me.
Sei stanca, debole.
I tuoi occhi sono
infossati nelle tempie.
Sonno, per caso?
Oh no, io so che cos’hai per la prima volta, anche se tu non vuoi ammetterlo.
Sete.
Apri appena le labbra,
come per dirmi qualcosa, ma poi le richiudi ermeticamente.
Ma io… io in quel
frangente di tempo li ho già visti.
Bianchi. Affilati.
Perfetti.
Canini.
Mi alzo lentamente dal
divano di pelle per avvicinarmi a te con passo cadenzato.
Non ho fretta, ma forse
tu sì.
Ormai senti lo stimolo.
Quelle ali nere che
premono per uscire con forza dalla tua schiena.
Ora sei anche tu un
angelo.
Un’altra forza del
buio.
Non più solo l’oceano,
ma il mulinello nascosto al suo interno.
Non più la quercia, ma
la roccia.
Oscura, imprevedibile.
Pericolosa.
Pupilla contro pupilla.
Sguardo su sguardo.
Ancora, per l’ultima volta…
…bianco contro nero.
O forse grigio.
Ti porgo la mia mano
fredda, invitandoti ad alzarti.
Occhi di fronti ad
altri occhi.
Mi osservi con sguardo
cupo…
…dubbioso…
…arrendevole.
La prendi.
Ed è fatta mia cara, le
ali sono spuntate del tutto.
Tra poco quel punto non
ti farà più neanche male.
Si rimarginerà presto,
non temere.
Questa sera andremo a
caccia, insieme.
Ti insegnerò a volare
alto, mentre tutti gli altri dormono.
Ti guiderò nel guardare
al buio, oltre la luce oscura del sole.
Semplicemente come il
maestro e l’alunna.
Come due angeli che si
dividono il lavoro.
Poi, quando avremo
calmato la sete, magari ti porterò a mangiare qualcosa.
Giusto per mantenere un
frammento apparentemente umano.
Soltanto per apparire
normali.
Magari… magari andremo
in uno di quei ristoranti del centro.
Passerà il cameriere,
ci darà
il menù ed io…
io chiederò qualcosa di…
…agrodolce.
***
Pubblicata anche la terza parte di questa originale, quella che
forse è stata più sofferta di tutte e che probabilmente non è venuta neanche
come avrei voluto, ma così l’avevo scritta per il
contest e non mi sembra adeguato o giusto modificarla ora.
Manca soltanto l’epilogo, che spero di postare a breve.
Un ringraziamento a chi ha letto fino ad ora e a chi ha recensito;
un grazie particolare a RockGirl & GothicGirl: sono felice che
abbiate apprezzato così tanto la storia e spero che continuiate a darmi il
vostro parere, sia positivo che negativo che sia. Anche le critiche sono sempre ben accette.
Un abbraccio a tutti.
Gloria