E con questo siamo al
penultimo capitolo...
E’
probabile che l’ultimo non arrivi proprio venerdì prossimo. Visto che l’ultimo
capitolo mi servirà come collegamento con il seguito, è probabile che mi prenda
qualche giorno in più per lavorarci sopra ( e va bene, lo ammetto, lo devo
ancora iniziare...), e per essere sicura che sia, come
dire, adeguato.
Nel
frattempo però continuerò a portare avanti le traduzioni...
Buon
fine settimana.
I’ll be home for Christmas
(Missing Moments)
8. Qualcosa di blu.
Distesa
supina sul suo letto di ragazza, le braccia piegate dietro la testa, fissava il
soffitto, incapace di chiudere occhio.
Era
strano, tornare in quella casa, dormire nella sua vecchia stanza, con i suoi genitori a portata d’orecchio, fra lei e loro solo una
semplice parete.
Anche
se da mesi ormai lei e Remus vivevano insieme e
dividevano lo stesso letto, entrambi erano d’accordo sul fatto di rispettare la
tradizione e dormire separati la notte prima del loro matrimonio.
Un
brivido di eccitazione la fece fremere tutta al
pensiero di quello che la aspettava il giorno seguente.
Dopo
la loro riconciliazione, Remus era sempre rimasto con loro, deciso a recuperare
tutto il tempo perso in quei tre anni in cui erano
rimasti separati.
All’inizio
erano impacciati, cauti, tante erano le cose da riparare e da imparare ed
entrambi avevano paura di fare qualche passo falso.
Un
po’ alla volta avevano superato l’imbarazzo e le cose avevano iniziato ad
andare veramente bene, e tutti e tre avevano trovato finalmente un po’ di
serenità e felicità.
Fino
a quella primavera, quando Remus le aveva chiesto di
sposarla.
Non
se lo aspettava così presto, ma del resto quel gesto per loro diventava una
semplice formalità, già vivevano e dormivano insieme.
Ormai
erano una coppia a tutti gli effetti, ma da domani l’avrebbero dichiarato
davanti a tutti, sarebbe stato ufficiale, definitivo.
Per
fare le cose come si deve, si erano divisi, a Remus era rimasto a disposizione
il loro appartamento, mentre Ninfadora e Selene sarebbero
andate dai Tonks.
Ecco
quindi cosa ci faceva a casa dei suoi genitori in
quella caldissima notte estiva, ancora sveglia alle due e mezza del mattino.
Guardò
il suo vestito da sposa, appeso ordinatamente ad un’anta dell’armadio.
Era
agosto, e aveva scelto un abito semplice, senza maniche, con le spalline
sottili ed il corpetto non eccessivamente elaborato.
Sua
madre ci aveva poi messo sopra ogni tipo di incantesimo
antimacchia conosciuto, prima che lei ne combinasse una delle sue, rovinandolo.
Aveva
anche prestato particolare attenzione alla gonna, corredandola di un ulteriore incantesimo, per evitare che inciampasse nelle
balze dell’abito mentre camminava verso l’altare.
Era
terrorizzata dall’idea che qualcosa potesse andare
storto e, anche se da giorni tutte le persone che le erano accanto, soprattutto
Remus, cercavano di tranquillizzarla, lei non riusciva a scacciare l’incalzante
e ricorrente sensazione di essersi dimenticata qualcosa.
Ripercorse mentalmente per qualcosa come la
milionesima volta nelle ultime ventiquattrore l’elenco di cose da fare, dalle
persone che avevano invitato, alla cerimonia, dal cibo alle decorazioni, i
fiori, gli abiti, gli anelli...
Tutto
era sistemato, ogni cosa era al suo posto, eppure...
Era
assolutamente normale, pensò girandosi su un fianco e coprendosi un po’ di più
col lenzuolo, essere nervosi la notte prima di un evento importante, sarebbe stato strano se fosse stato il contrario!
Chiuse
gli occhi, nella speranza di farsi almeno un paio d’ore di sonno.
Passarono
sì e no dieci minuti, quando all’improvviso spalancò gli occhi e si mise a
sedere di scatto, un’espressione allarmata in viso.
“Oh,
no!” gemette. “Cavolocavolocavolocavolo! Lo sapevo che mi ero dimenticata
qualcosa, lo sapevo!”
Scalciando
il lenzuolo lontano accese la luce ed iniziò ad aprire
freneticamente un cassetto dopo l’altro, cercando di rimediare in qualche modo
a quella terribile dimenticanza.
***
L’aria
fresca della notte entrava dalla finestra aperta.
Remus
si mise seduto sul letto ed infilò le ciabatte, andando in cucina a prendere un
bicchiere d’acqua.
La
casa gli sembrava silenziosa e vuota.
Prima,
quando era andato a dormire aveva allungato la mano nel letto cercando il corpo
di Dora, restando per un attimo perplesso quando non
l’aveva trovata, prima di ricordare che quella notte non c’era e perché.
Non
riusciva a dormire.
Era
nervoso, inquieto.
Quella del giorno dopo sarebbe stata solo una formalità, eppure temeva che Tonks gli avesse
trasmesso un po’ della sua preoccupazione, ed ora si trovava a chiedersi se
avessero davvero fatto tutto.
Il
vestito che avrebbe dovuto indossare era appoggiato sulla sedia, insieme alla
camicia e le scarpe ben allineate ai piedi del letto.
Sulla
scrivania la lista delle cose da fare che avevano controllato e ricontrollato decine di volte, ed accanto la scatolina di
velluto rosso che conteneva gli anelli.
Si
disse di darsi una calmata, ed appoggiò il bicchiere sul comodino, aprendo il
libro che stava leggendo, sperando che gli conciliasse il sonno.
Dopo
meno di una decina di righe, alzò lo sguardo dal libro e si batté una mano
sulla fronte.
Forse
qualcosa che avevano dimenticato c’era davvero.
Fissò
pensieroso il soffitto per alcuni minuti, fino a quando
un’espressione trionfante non gli si dipinse in volto.
Si
alzò dal letto ed aprì il primo cassetto della scrivania, estraendone un pezzo
di pergamena e una penna.
***
Quando
Andromeda si affacciò alla porta della vecchia stanza di Tonks per scoprire la
fonte del rumore che l’aveva svegliata, trovò la figlia che saltellava su un
piede solo, tenendosi l’altro fra le mani, il volto contratto in una smorfia di
dolore.
“Cosa ci fai ancora sveglia?” le chiese, facendola sedere sul
letto e sedendosi accanto a lei. “Dovresti dormire, domani sarà una giornata
lunga.”
La
ragazza però si rialzò subito iniziando a camminare avanti e indietro.
“Io
lo sapevo! Lo dicevo che mi ero dimenticata qualcosa,
e adesso è troppo tardi, non riesco a trovare niente che vada bene!”
“Che
vada bene con cosa, Ninfadora?” chiese la madre perplessa
“Qualcosa
di blu!” sbottò la ragazza esasperata, abbassando la voce
quando Selene si mosse nel suo lettino in un angolo della stanza. “La
tradizione vuole che io porti qualcosa di blu, ed io non ho
niente!”
Andromeda
sorrise, credendo che fosse successo chissà cosa.
“Tutto
qui? È solo una sciocca tradizione.” disse.
“Tutto
qui?” si alterò la ragazza. “Mamma, tanto valeva che io me
restassi a casa con Remus e venissi direttamente con lui domani mattina,
allora! Abbiamo deciso di rispettare le tradizioni, e non possiamo fare le cose
a metà!”
“Va
bene, va bene,” si arrese la donna, realizzando che
non si sarebbe potuto tornare a letto fino a che il problema non fosse stato
risolto.
Si
massaggiò la fronte, cercando di pensare a qualcosa di adatto.
La
prima cosa che le venne in mente furono i capelli.
Sarebbe
stato alquanto inusuale presentarsi davanti al
sacerdote con una complicata acconciatura blu elettrico, ma tanto Ninfadora
aveva già programmato di presentarsi in rosa, quindi il passaggio da rosa a blu
non faceva poi tanta differenza.
“Che ne dici di cambiare i capelli?” suggerì, indicando i
riccioli rosa acceso della figlia, risultato di diversi tentativi fatti la sera
prima per trovare la giusta tonalità.
“Non
se ne parla neanche!” si impuntò la ragazza. Il rosa
era il colore preferito di Remus e non lo avrebbe cambiato
per nessuna ragione al mondo.
Andromeda
annuì.
“Biancheria
intima?” tentò.
Tonks
scosse la testa.
“Il
vestito è troppo leggero, si vedrebbe tutto.”
“E
naturalmente, con i capelli rosa, qualsiasi tipo di accessorio
blu stonerebbe terribilmente.”
Tonks
le lanciò uno sguardo molto esplicito, che diceva chiaramente: visto? Te
l’avevo detto io che era una tragedia.
Andromeda
sospirò, rendendosi conto che forse aveva sottovalutato il problema.
***
Remus
guardò il gufetto bruno allontanarsi nella notte e poi, con un largo sorriso
sulle labbra, tornò a letto, addormentandosi poco dopo.
***
L’alba
venne senza che avessero trovato un’adeguata soluzione al problema, o perlomeno
una soluzione che soddisfacesse Tonks.
La
ragazza crollò addormentata sul divano in salotto, sconfitta, rassegnandosi al
fatto che i suoi capelli sarebbero stati blu, e non rosa.
Quando si
era trovata a dover scegliere, alla fine si era piagata davanti alla
tradizione.
Avrebbe
sfoggiato le tonalità che Remus amava tanto in un’altra occasione.
Fu
svegliata dal campanello di casa che suonava insistentemente e da Sely che le si era seduta sulla pancia chiedendole di giocare.
Suo
padre andò ad aprire e poco dopo la chiamò, urlando
che erano arrivati i fiori.
Il
fioraio doveva aver portato il suo bouquet e i fiori
per la sua acconciatura.
“Un
momento, aspetti! Non era così che doveva essere, il mazzo!” replicò Ted.
Sentì
il fioraio scusarsi dicendo che lui aveva solo fatto
quello che gli era stato richiesto.
Tonks
fece scendere Selene e barcollò assonnata fino alla porta per andare a vedere cosa stesse succedendo.
Quando
vide qual era il problema che aveva infastidito il padre, un sorriso le
increspò le labbra.
In
mezzo alle rose bianche che, come da programma, dovevano costituire il suo
bouquet, era annidata una piccola rosellina blu.
Prese il
mazzo e ringraziò il fioraio, chiudendo la porta mentre Ted la guardava
perplesso.
Non
sapeva chi avesse avuto l’idea, ma di certo aveva
avuto un tempismo perfetto.
Quando
lesse il bigliettino che era attaccato allo stelo di una delle rose, sorrise
ancora di più.
“Forse
avevi soltanto dimenticato di includerlo nella tua magica lista,
ma vista la tua ossessione di non ricordare qualcosa, non avendolo visto
scritto là, ho pensato che te lo fossi effettivamente scordato.
Se la mia è
soltanto paranoia, toglila, se invece l’avevi davvero dimenticato, sono felice
che mi sia venuto in mente in tempo.
Come vuole la tradizione: qualcosa di
blu.
Ti amo. Remus”
Non
sapeva come, ma sembrava che Remus sapesse sempre di
cosa lei avesse bisogno e quando. Arricciò una ciocca di capelli rosa attorno
al dito.
Non
avrebbe potuto trovare un uomo più perfetto nemmeno se avesse cercato per tutta
la vita.