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Autore: Lacus Clyne    19/08/2012    1 recensioni
Sono trascorsi sei mesi dalla caccia di Tom Culpeper al branco di Mercy Falls. L'inverno è tornato, e alle porte del Natale, Isabel torna a casa, nel gelido Minnesota. Una voce di lupo totalmente inaspettata e le sue speranze si riaccendono. Sam, Grace, Cole sono tornati? O è solo un miraggio dettato dal desiderio di rivederli?
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio!! Nuovo capitolo, torna a narrare Cole! <3 Non so a voi, ma a me fa un po' strano leggere di Natale ora che è passato Ferragosto... XD Comunque... grazie infinite per il sostegno, ragazze, non immaginate nemmeno quanto sia felice, e dico davvero, che questa fanfiction vi stia appassionando!! Credo che la sfida più difficile per chi scrive fanfiction sia il rispettare i caratteri dei personaggi tanto quanto il riuscire a suscitare emozioni, e sapere di starci riuscendo, mi fa davvero piacere!! Grazie davvero!! Tornando alla storia, stavolta ho pensato di chiarire un altro punto lasciato in sospeso... certo che questi ragazzi hanno tutti dei problemi con i genitori... ò_O Buona lettura!! <3

 

 

 

 

 

COLE

 

 

Era sera inoltrata quando finimmo di cenare. Grace aveva cucinato dei pancake durante il pomeriggio, poi lei e Isabel si erano ritirate nella stanza di Sam e ben presto le avevamo sentite ridere e scherzare come due vecchie amiche che avevano parecchio da raccontarsi. Io avevo parlato a Ringo della cura definitiva, dei punti di forza e di quelli di debolezza dovuti agli eventuali effetti collaterali che avrebbero potuto mostrarsi col tempo. Ciononostante, sembrò volersi fidare di me, ma compresi quanto questo gli stava costando. Poi ci dedicammo al passatempo comune, ovvero suonare e cantare, e da parte mia, trasformare le sue canzoni crucche in qualcosa di meno deprimente. Ma nel complesso, trascorremmo la migliore Vigilia di cui avessi mai avuto memoria. Fino a che non ci ritrovammo seduti sui divani a vivere quel momento di assoluta tranquillità. Grace era appoggiata alla spalla di Sam, che suonava Astro del Ciel alla chitarra, cantando tuttavia la versione tedesca. Isabel, seduta accanto a me, ascoltava la canzone con un’espressione nostalgica.

“Tutto bene?” Domandai.

“Sì. E’ solo che Jack adorava il Natale.”

“Ti rende triste?”

Affilò lo sguardo, poi scosse la testa. “Non proprio. Più che altro mi ero ripromessa di non festeggiarlo più.”

“Non lo stiamo festeggiando. Non c’è nemmeno una decorazione.”

“Non c’è bisogno di decorazioni per festeggiare qualcosa.” Rispose. Logico.

“Anche a me piace il Natale. Quando vivevo a New York cantavo nel coro della chiesa in queste occasioni. Ovviamente mi riferisco a quand’ero bambino.”

Stavolta sbattè le palpebre, poi si mise a ridere.

“Ecco svelato il mistero della tua familiarità coi rosari.”

“Con i rosari?” Domandai, facendole eco.

Isabel annuì. “In camera mia. Una volta, hai preso i grani tra le dita, come se fossi avvezzo a queste cose. Sinceramente quella volta ho pensato che era impossibile immaginarti mentre entravi in una chiesa senza darle fuoco.”

Ghignai. Non potevo nascondere che quelle idee su di me mi lusingavano.

“Cole, perché non canti qualcosa anche tu?” Mi chiese Grace. Non mi ero accorto che aveva ascoltato la nostra conversazione. Ma cantare canti natalizi non faceva per me, non più ormai.

“Passo. Ho già dato.” Agitai la mano in segno contrario. Sam sollevò lo sguardo. Sembrava un cane a pelo lungo con quella frangia orribile che glieli copriva quando aveva il viso volto in basso.

“Non guardarmi così, non canterò mai niente del genere.”

Mai più, volevi dire, vero?” Incalzò Isabel, con un ghigno sul viso.

“Ovviamente.”

“E’ un vero peccato.” Disse Grace. Poi si alzò. “Allora prendo i regali.”

Isabel aggrottò le sopracciglia bionde. “Non voglio regali.”

“Io sì!” Esclamai. “Che mi hai regalato?”

Grace fece cenno a entrambi di aspettare, poi si allontanò, scomparendo nel corridoio.

“Ringo, che mi ha regalato Grace?” Domandai.

“Aspetta e vedrai.” Disse, pacatamente, posando la chitarra.

Tornò dopo qualche minuto, con una busta che posò sul tavolino, di fronte a noi.

“Questo è per te, Cole.” Disse, porgendomi una scatola rossa allungata, decorata con un nastro dorato.

“L’hai fatto tu il fiocco?” Chiesi.

“No, è stato Sam. E’ più bravo di me con i lavori manuali.” Sorrise.

Ringo che impacchettava regali ce lo vedevo tanto quanto lo vedevo a incartare libri al Crooked Shelf.

“Ah.” Spacchettai velocemente guardando Sam, poi mi ritrovai tra le mani una versione A4 del poster promozionale della mia Sinking Ship (Going Down). I NARKOTIKA prima che li uccidessi. “Non mollare il timone.” Mormorai.

Isabel allungò lo sguardo.

“Grace, Ringo… non so che dire.” Biascicai. Ed era la verità. Non sapevo cosa dire se non che quel regalo mi aveva spiazzato.

“Sam ha pensato che ti avrebbe fatto piacere rivederli ogni tanto. E a quanto pare, ha pensato bene.”

Rivolsi un’occhiata a Sam, che contraccambiò. “In realtà volevo trovare delle foto, ma sarebbe stato rischioso. Anche se adesso che ti sei esposto, immagino che non sia un più un problema.”

“No, non lo è, infatti.” Confermai. “Grazie ragazzi. Avete avuto davvero un bel pensiero.” Dissi, sollevando il poster. Grace annuì soddisfatta, poi prese un’altra scatola che porse a Isabel.

“Questo è per te, invece.” Le disse. Isabel la guardò di sottecchi. Non dovevano piacerle particolarmente i regali non richiesti. Poi la raccolse e scartò. Ebbe un fremito impercettibile tra le sopracciglia quando tirò fuori una felpa gialla con su scritto Santa Maria Academy e dallo sguardo di Grace compresi che doveva essere successo qualcosa legato a quella felpa.

“Dal momento che la tua l’ho distrutta trasformandomi…” Esordì Grace. Isabel agitò la mano in aria. “Non dovevi. Ma sei stata gentile.”

“Isabel.” Disse Sam.

“Romolo?”

Sam sorrise. “Non ti ho mai ringraziata per tutto quello che hai fatto per Grace l’anno scorso. E voglio farlo di persona, come anche per ciò che hai fatto per noi. Se non fosse stato per te, a quest’ora non saremmo qui.”

Guardai Isabel, che scoppiò a ridere.

“Romolo, sei più ingenuo di quanto pensassi. Credi che l’abbia fatto per carità? Sinceramente, avevo bisogno di svagare la mente, e questa qui mi è stata d’aiuto. E quanto a quello che è successo… mio padre aveva rotto. Ma niente di tutto questo ha a che vedere con voi. Ho fatto quello che mi andava e l’ho fatto per me stessa.”

Sam la guardò perplesso, cercando con lo sguardo l’aiuto di Grace. Io mi misi a ridere.

“E tu che hai da ridere, Cole?” Domandò.

Ero troppo divertito, ma evitai di sbugiardarla. Mi alzai.

“Sto pensando che questo è davvero il Natale delle confessioni. Gente, mi ritiro.”

“Buonanotte, Cole.” Disse Grace, dolcemente.

“Buonanotte.” La incalzò Sam, con un mezzo sorriso sul viso.

“Anche a voi. E buon Natale, ragazzi.” Guardai Isabel, e la luce soffusa non mi impedii di notare il rossore sulle sue guance. “Ci vediamo dopo.” Le feci l’occhiolino e mi rispose affilando lo sguardo. Poi li lasciai, andando in camera mia. Posai il poster sulla poltrona, poi mi avvicinai alla finestra. Nevicava, e a giudicare dal manto, doveva farlo da un po’. Un anno prima, non avrei mai pensato di trascorrere il Natale in questo modo. Anzi, a essere del tutto sincero, non avrei pensato nemmeno di trascorrerlo. Avevo vissuto una vita molto più impegnativa di quanto i miei coetanei avessero potuto mai vivere. Avevo sfidato la morte, tante e tante volte, ma l’avevo anche corteggiata. Avevo perso tutto, e ottenuto molto più di quanto sperassi. Eppure, c’era ancora una cosa che dovevo fare. Presi il cellulare e rimasi a fissarlo per diversi minuti. Tutto intorno, c’era solo silenzio. Non avevo il numero che cercavo in rubrica, ma lo ricordavo bene. “Non sono stati loro, sei stato tu, tutto il tempo.” Mi ripetei. Poi digitai il numero e lasciai squillare. Una, due, tre volte. A ogni squillo, sentivo il mio cuore pulsare più forte. Scacciai la sensazione di soffocamento, poi rispose una voce maschile.

“Pronto?”

Esitai. Per qualche istante pensai di chiudere. Se non fossi stato ancora pronto?

“Chi parla?” La voce era perplessa.

Mi tornò in mente Sam, e poi Beck. Il loro legame era così forte, nonostante le bugie, nonostante il fatto che non avessero un solo globulo rosso in comune. Boccheggiai.

“… Cole?”

Mi si mozzò il fiato. Anzi, per la prima volta in vita mia, non avevo più fiato in gola. Ero così concentrato che non avevo sentito i passi alle mie spalle. Solo quando sentii le braccia di Isabel cingermi da dietro, mi risvegliai da quello stato. Mi voltai quanto bastava per incontrare il suo sguardo. Non parlò. Era lì, ma quel silenzio diceva più di qualunque parola. Strinsi la sua mano. “Grazie.” Mormorai, poi avvicinai il telefono. “Sì. Sì, sono io, papà.”

Mio padre, il dottor George St. Clair, colui che voleva controllare tutta la mia vita rendendomi la sua migliore creazione, si mise a piangere.

“Cole… Cole, grazie al cielo!”

Isabel mi dette un bacio sulla guancia. La guardai, poi lasciò la presa e si allontanò, uscendo dalla stanza. Era ora di rimarginare una volta per tutte le ferite che erano rimaste aperte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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