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Autore: Dira_    19/08/2012    9 recensioni
L'ultimo anno della tua vita scolastica è campale, e Violet Parkinson-Goyle lo sa bene. Fuori dalle mura protettive di Beaux-Batons la attendono le aspettative di sua madre e desideri contro cui non sa e soprattutto, non vuole combattere. Lo sa bene Dominique Weasley che ha deciso di candidarsi per il Torneo Tremaghi ma non sa che dovrà combattere anche fuori da un'arena.
Il Settimo anno di Violet e Dominique. Perchè se calchi il suolo di Hogwarts è ovvio e comprovato, pioveranno casini da tutte le parti.
[Spin-off che segue la linea temporale di Ab Umbra Lumen]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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And through a fractal on that breaking wall, I see you, my friend, and touch your face again.
Miracles will happen as we trip, but we're never gonna survive, unless we get a little crazy.
(Crazy, Alanis Morrisette)
 
 
1 Settembre 2023
Provenza, Accademia di Magia Beaux Batons
Salotto dei Prefetti.
 
I soffitti stuccati di Beaux-Batons erano famosi in tutta la Francia magica. Gli archi giganteschi si aprivano su un trionfo marittimo di onde e sirene, quest’ultime più simili all’immaginario babbano che alla realtà magica. Violet le aveva trovate sempre trovate infantili, ma belle.
La saletta in cui si riunivano i Préfets ad ogni inizio dell’anno per decidere la scaletta scolastica aveva quel tipo di affreschi e in più, grandi finestre luminose che davano sul lago opposto alla foresta incantata. Essendo stata la prima ad arrivare si sedette su una delle poltroncine, anch’esse d’oro e bianco laccato – i colori primari della scuola oltre l’azzurro – e aspettò.
Non aveva più sentito Dominique e davvero, stavolta andava bene così; non poteva dire di non aver provato a seguire il suo cuore ma, come diceva sempre sua madre, seguirlo non le aveva portato che seccature.
Dispiaceri. Grane. Rabbia.
Serrò appena le labbra, lisciandosi la gonna dell’uniforme e trovando conforto nella seta che la vestiva; Dominique era adatta ad una relazione quanto un cavallo a sedere ad un tavolo durante un brunch.
Stupida io a pensare che avrebbe potuto funzionare…
Ad ogni buon conto, la scuola era iniziata da una manciata di ore e non l’aveva ancora vista. Non era difficile evitarla, se voleva. Facilissimo in realtà. Non era la prima volta che la cancellava dalla sua vita, ma sarebbe stata l’ultima.
Tra meno di un anno finiremo la scuola, e chi la rivedrà più? Se ne andrà in Romania ad accudire i suoi mostri alati.
Sentì la porta aprire e chiudersi e alzò lo sguardo, ricomponendosi. Fu una buona pensata perché si trattava di Mael Delacour, che si guardò attorno prima di individuarla e lanciarle un’occhiata cauta.
“Oh, Violet, buongiorno.” Non si addentrò nei convenevoli, e lo apprezzò. Non che fossero amici. “Ci siamo solo noi?”   
“A te, Delacour. È presto, alcuni saranno staranno ancora disfacendo i propri bagagli.” Replicò prima di fingere che la sua entrata fosse stata del tutto ininfluente e riportare la sua attenzione oltre le finestre, sul lago.
Mael si sedette di fronte a lei, togliendo una pergamena e la propria piuma dalla borsa. Lo sentì poi schiarirsi la voce nel tentativo di stabilire un contatto visivo: voleva parlarle? Lo ignorò. Una cosa erano i convenevoli, un’altra una vera conversazione.
Scoprì che era meno facile del previsto; i due cugini dall’eredità Veela erano distanti come il giorno e la notte, in quanto ad atteggiamento e obbiettivi futuri, ma si somigliavano nel portamento e in certe espressioni.
Faceva male.
“Cosa vuoi?” Lo apostrofò. Mael scrollò le spalle. Sembrava la stesse studiando, l’idiota.
“Nulla in particolare.”
“Sei un pessimo bugiardo, Delacour.” Ribatté infastidita. “Non mi stupirei se ci fossi tu dietro il ritardo degli altri.” Alla sua espressione sconcertata, inarcò le sopracciglia. “Siamo sicuri che l’ora dell’appuntamento fosse questa? Perché chi me l’è venuta a riferire era uno dei tuoi amichetti. Non era Leroux? Sebastien?”
Mael arrossì, colto, come si soleva dire, con la mano sulla bacchetta. “Io… oh, va bene!” Sbuffò. “Sai di che si tratta!”
“No, illuminami.” Si appoggiò meglio alla sedia, anche se una morsa le stringeva lo stomaco. I due cugini erano molto vicini, per quanto sembrasse assurdo che un tipo schizzinoso come Mael si accompagnasse ad una scalmanata come la Weasley. Non era passato neppure un mese dalla loro rottura, e c’era una parte di lei che sperava che quel tipetto lezioso si fosse impicciato dei loro affari.

Così saprò come sta. Non che mi importi. Affatto. Solo per sapere se glien’è importato qualcosa.
“Si tratta di Dom.” Un piccolo moto di soddisfazione le scorse quietamente dentro. “Voi … Insomma, cosa…?” Balbettò, aggrottando le sopracciglia. Quindi non sapeva. Era una fortuna che Dominique avesse tenuto il segreto, ma al tempo stesso Violet se ne dispiacque.
Sei stupida? È molto meglio che il vostro flirt sia nato e morto senza nessun testimone.
Hai idea di cosa succederebbe se uno come Mael sapesse che ti piacciono le ragazze? Sua cugina poi?
“Perché non lo chiedi a lei? Tra poco dovrebbe esser qui.” Lo stuzzicò sapendo di fare un gioco pericoloso. Sentiva uno strano scontento dentro da quando aveva abbandonato la casa degli Weasley.
Neppure indossare di nuovo l’uniforme e rivedere le amiche lo aveva scacciato. Era un inquietudine sottile, che le scorreva sottopelle senza tregua e ogni tanto esplodeva, facendole prendere decisioni discutibili come alludere a qualcosa che avrebbe in realtà dovuto nascondere.
“Si è ritirata dalla carica.” La sorprese. “Con il fatto che vuole concorrere al Tremaghi non avrà tempo per occuparsi di altre faccende, specie se se ne andrà via per tutto l’anno scolastico.”
Violet cercò di dominare la mortificazione. Anche quella volta, aveva saputo delle intenzioni della Weasley solo a decisioni prese.

Però stavolta ha tutto il diritto di non mettertene a parte. Non siete più niente.
“E tu? Pensavo fossi nella rosa dei candidati. Ti sei già arreso?”  
“Tengo aperte le mie possibilità. Non punto su un solo cavallo.” Replicò con una lieve smorfia. “E non posso rinunciare ad una carica come questa. Non ho certezze che verrò scelto. Dom invece…”
Rimasero in silenzio, perché non c’era bisogno di dire altro.

Dominique si è messa a giocare alla roulette rossa con il suo futuro. L’idiota.
Ma era proprio quello a renderla tanto affascinante.
“Cos’è successo tra te e lei?” Il ragazzo si fermò, quasi ripensandoci. “Cosa succede tra te e lei da sette anni? È chiaro che ci sia qualcosa.”
“Ed è chiaro che non siano affari tuoi.” Rimbeccò incrociando le braccia al petto.

Stupida, stupida. Si accorgerà che ti stai mettendo sulla difensiva.
Mael si morse l’angolo di un labbro. “No, è vero.” Ammise stupendola. “Ma Dominique è mia cugina, e mi sono sempre preoccupato per lei. Non è che abbia molta coscienza di sé, e di solito va bene, ma …” Indurì improvvisamente lo sguardo, in un’espressione che non gli aveva mai visto addosso. Sembrava quasi un maschio. “Se le hai fatto qualcosa…”
Io? Io le ho fatto qualcosa?

Violet rimase in silenzio, ingoiando il grumo di rabbia che le bruciava in gola: quando vivevi fin dall’infanzia con bene in mente che non era appropriato esprimere emozioni, imparavi a farlo sul serio.
“Weasley mi sembra il genere di persona in grado di badare a se stessa, a tua differenza.” Ritorse salace. “A che tacca della cintura sei arrivato? Dovresti chiedere una medaglia al Ministero per la costanza con cui cambi letto senza mai aver contratto qualcosa di spiacevole tra le lenzuola.”
Mael avvampò di rabbia e fece per ribattere, ma entrarono gli altri Prefetti a rompere l’idillio.
Violet li salutò meccanicamente; se Delacour aveva intuito qualcosa, non era grazie a Dominique. Dubitava che quella sciroccata si fosse lamentata con il cugino una sola volta in vita sua, specialmente su una ragazza. L’altro doveva aver fatto due più due, rendendosi conto che faceva quattro.
La vostra improvvisa amicizia, il fatto che sei stata invitata alla festa di sua sorella e che poi l’hai abbandonata in tutta fretta…
Avrebbe dovuto essere terrorizzata all’idea che Delacour sapesse, ma non lo era. Lo sarebbe stata, forse, quando avrebbe finito di sentirsi il cuore a pezzi.
La dimenticherai. Il mondo è pieno di ragazze che ti capiranno alla perfezione e con cui avrai un rapporto splendido, sereno e al sicuro dagli occhi e dal giudizio di chicchessia.
Ragazze che, come te, sanno apprezzare il valore della discrezione e della muta compagnia. Non bifolche che ti considerano materiale buono solo per sfogare qualche istinto confuso.
Perché era chiaro che la Weasley fosse consapevole del proprio orientamento sessuale come un Troll era consapevole che la Francia magica era governata da un presidenzialismo.  
Era un pensiero che aveva fatto spesso in quel periodo. Avrebbe dovuto tirarla su di morale e invece aveva ottenuto l’effetto contrario. Così aveva smesso di pensarci e si era immersa a piene mani nei compiti che ci si aspettavano da lei; figlia devota, studentessa diligente, amica pettegola e stronza di rara levatura.
Eppure …
Eppure aveva la sensazione di essere costretta, come un piede dolorante in una scarpa non della sua taglia.
Dominique ti ha fatto camminare a piedi nudi. Sembrava scomodo, ma ora è peggio, vero?
Ascoltò a malapena la riunione. Sapeva che sarebbe dovuta intervenire per evitare colpi di testa troppo Babbanofili, specialmente nella scelta del tema di Natale. Sapeva che doveva infilarsi in una fastidiosissima diatriba con Delacour e un’agguerrita minoranza che avrebbe sostenuto che era arrivato il momento di aggiornarsi.
Non fece nessuna di quelle cose, e poté percepire le occhiate piene di stupore da parte degli altri.
Non le interessava. Pensava piuttosto all’ultima conversazione avuta con sua madre prima che partisse.
 
“Hai scritto a Scorpius?”
“… Sto aspettando la sua risposta.” Non era vero, e si era segnata mentalmente di scrivergli quella sera stessa. Del resto aveva avuto ben altro da fare in quei giorni. Come piangere tutte le sue lacrime sulla rottura della storia più sbagliata del mondo magico e, aveva idea, pure di quello babbano.
“Ho avuto modo di sentirmi con sua nonna, Lady Narcissa. Mi ha detto che al momento non è promesso a nessuna. Ti ho già dato la sua foto?”
“Sì, mamma.”
“È davvero un bel ragazzo, e i suoi genitori sono miei amici di lunga data. Una bella famiglia, solida, la più antica della nobiltà magica britannica. Secoli di storia e di sangue puro, Violet. Scorpius, poi, è l’unico erede. Sarei felice se diventaste intimi nei prossimi mesi.”
“Mamma…” Non aveva potuto metterla più chiara, almeno in termini Purosangue.

Persino sua madre si era resa conto di essersi spinta troppo in là con le allusioni, perché le aveva sorriso. “Non sto dicendo nulla, tesoro. Solo che dopo la delusione che abbiamo avuto con Allard quello che ti ci vuole è un corteggiatore che te lo faccia dimenticare. Un po’ di civetteria fa’ sempre sentire meglio una ragazza, no?”
 
Non va affatto bene…
Aveva spedito quella lettera ma non le importava nulla di ricevere la risposta. Era certa che dall’altra parte c’era un ragazzo altrettanto risentito, costretto dai propri parenti a comporre complimenti affettati e domande sterili.
Le dava la nausea.
Si riscosse di colpo quando sentì la porta aprirsi e il familiare rumore di tacchi schioccanti irrompere nella saletta. Si alzarono tutti all’entrare della Preside.
“Seduti ragazzi.” Si sedette a capo del tavolo mentre uno dei ragazzi le scostava la sedia, alta quasi il doppio di lui. “Il verbale della riunione?”
“Eccolo Madame.” Rispose sollecito Mael, allungandoglielo: in quanto segretario spettava a lui il compito di portare su pergamena le loro decisioni.
La strega inforcò gli occhiali e lessò con attenzione ogni singolo intervento e proposta. Violet la ammirava per l’impegno indefesso con cui non delegava mai, ma agiva sempre in prima persona. Quella sarebbe stato la prima volta in decenni in cui avrebbe lasciato l’Accademia nelle mani dei docenti e si vociferava che stesse lavorando dall’anno prima perché nulla fosse lasciato al caso durante la sua assenza.
“Bene, non ho nulla da obbiettare.” Disse infine. “Leggerò con più attenzione e vi farò avere una nota per la prossima riunione.” Soggiunse, ridando la pergamena a Mael. “Adesso, una questione di ordine pratico. Come sapete, quest’anno parteciperemo al Torneo Tremaghi.” Quietò con un immediato cenno il levarsi di mormorii eccitati. “Per quanto riguarda la selezione interna dei Campioni, la scelta è già stata presa e vi verrà comunicata questa sera in refettorio.”
Si sono candidate solo la Weasley e quella lagna dell’Azoulay, più qualche idiota accecato dalla fama e poco realista sulle sue possibilità. Non c’è neppure, una competizione.

“Per la scelta degli accompagnatori invece…” E qui lasciò correre uno sguardo complessivo su tutti loro, la rosa degli studenti meritevoli. Poco importava che metà di loro avessero aspirato alla carica solo per poter indossare la spilla dorata e farsene bello agli occhi degli altri. “ Vorrei che consideraste seriamente alla possibilità di far parte della delegazione. Siete gli studenti migliori della scuola, ed è questa l’immagine che vogliamo portare ad Hogwarts.”
Tutti si dissero d’accordo ma alcuni, dagli sguardi che si lanciarono tra di loro, erano ben poco felici di esser messi di fronte ad una scelta che, se declinata con un sì avrebbe portato a mesi lontano dalla Francia.
Sì, davvero difficile scegliere tra la comodità dell’Accademia e l’ignoto di una gelida scuola scozzese. Chissà se usano pellicce e clave per agghindarsi…   
“Conti già il mio assenso, Madame.” Esordì Mael, presto seguito da un paio d’altri Prefetti. Ma Violet non si sbagliava, la preside guardava soprattutto nella sua direzione.
Comprensibile, pensò compiaciuta, sono il vessillo di Beaux-Batons, in quanto ad eleganza, portamento ed eloquio …
Poi si rese conto che si stava incensando da sola come avrebbe fatto precisamente Dominique. Fece una smorfia e sospirò. “Madame, alcuni di noi devono consultarsi con i propri genitori prima di prendere decisioni del genere.” Ci furono un paio di vigorosi assensi da parte del lato Purosangue del tavolo. “Può darci un paio di giorni per attendere le loro risposte?”
“Non più tardi di domani.” Fu la replica netta. “La nostra delegazione partirà la mattina del tre.”
Due giorni. Perché i Campioni del Torneo possono avere mesi per decidere e noi solo quarantotto ore?

Poi capì: il poco tempo era dovuto al fatto che nessuno, oltre agli aspiranti Campioni, si era proposto di partire.
E chi avrebbe voglia, ripeto, di lasciare la meravigliosa Francia per l’inospitale, arretrata, Scozia?
Per far da bella statutina, poi.
In ogni caso anche se aveva ottenuto un giorno per rifletterci, da parte sua la decisione era già presa. Non le sarebbe servivo scrivere a sua madre per sapere la sua opinione – o meglio, per sapere come si doveva agire in merito.
Ad Hogwarts c’era Scorpius Hyperion Malfoy.
 
****
 
“La carrozza è una figata atomica, Domi!”
Qualsiasi cosa Louis volesse dire con figata atomica, rendeva bene l’idea. Dominique alzò lo sguardo verso la carrozza gigante a forma di casa o la casa a forma di carrozza gigante, era indecisa tra le due terminologie. Con quella avrebbero viaggiato fino alla Scozia e in quella avrebbero dormito per tutta la durata del Tremaghi.
Un po’ le dispiaceva, perché a sentire Victoire, Hogwarts era un posto da paura in cui vivere e aggirarsi.
“Sì Lu, proprio una roba del genere.” Convenne arruffando i capelli al fratellino venuto a salutarla.

C’era una gran eccitazione di bauli, Famigli, amici e saluti commossi fuori dal cancello, dove la carrozza era stata parcheggiata. Dominique doveva ancora sistemare il suo baule – viaggiava leggera lei – ma non se ne preoccupava. Si stava godendo il suo addio speciale a Beaux Batons, che avrebbe rivisto solo per la cerimonia del Diploma.
Addio ai monti, alle valli, alla foresta, agli unicorni, ai raid in cucina, a quella volta che ho distrutto una balaustra di marmo giocando Quidditch Indoor, mai capito che volesse dire…
“Domi!” La riscosse sua sorella. Victoire, la bella Victoire aveva finalmente trovato la sua vocazione. Ovvero assistente della professoressa di Incantesimi. Ne erano rimasti tutti stupiti, ma lei no. In questo lei e La Perfettissima si somigliavano: aveva bisogno di qualcosa di concreto tra le mani per star bene.
E meno male che alla fine se n’è accorta.
“Eh.” La apostrofò con uno sbuffo. Sapeva che stava per arrivare la ramanzina. Quella per lettera se l’era già sorbita la sera prima da sua madre.
Victoire le aggiustò la giacca dell’uniforme, lisciandone una piega con aria critica. “Mi raccomando…”
Dominique si tappò le orecchie con le mani e le sorrise allegramente. “No-o. Andiamo sorella, già calata nella parte della professorina?” Domandò, beandosi dell’aria contratta dell’altra, che era ovvio stesse trattenendo una risata, nel tentativo di sembrare responsabile.
Sì, tu. Quando sei tornata dall’Inghilterra, dopo aver scoperto che Teddy adesso va ad ometti hai passato una settimana a Parigi, e dubito, dalle foto che ho scovato sotto il tuo letto, che ti si possa definire responsabile, sorellina…
Ma non lo disse, perché le voleva bene. “Sta’ tranquilla.” Disse invece. “Terrò alto l’onore degli Weasley francesi.”
“Vorrei ben dire.” Sospirò, lanciando uno sguardo alle sue spalle. Sembrò riconoscere qualcuno, stupirsene e poi far di tutto per non farglielo notare. Si spostò pure per oscurarle la visuale.
Uh?
“Domi, lo sai che … Insomma, che in delegazione c’è anche Violet?” Disse infine, forse rendendosi conto che tanto l’avrebbe scoperto da sola.
“Sì, lo so.” Replicò tranquilla. “Me l’ha detto Mael. È stata una delle poche Sangu-pur a proporsi.”
“Ah.” Le lanciò un’occhiata bizzarra. “E a te … sta bene?”
“Può fare quello che vuole, è un paese libero.” Replicò perplessa. “Certo, lo trovo strano dato che ha sempre detto che l’Inghilterra le fa schifo, ma avrà i suoi motivi. Oppure ha preso una botta in testa.”
Victoire fece un lungo sospiro. Sembrava delusa dalla sua risposta, anche se non capiva il perché.

Piggie può fare ciò che vuole. Voglio dire, non è perché ci siamo mollate che dobbiamo stare a chilometri l’una dall’altra o non frequentare gli stessi posti.
Normalmente la gente fa così?
Sentì il pollice infilarlesi in bocca e ne morse l’unghia, strappando l’ennesima, povera e innocente, cuticola. Sarebbe ricresciuta. “Vì, è okay.” Le assicurò. “Non ne facciamo un romanzo in tre atti. Non è che tutti si rinchiudono in camera ad ascoltare Je ne Regrette Rien a volume altissimo per un mese di fila. Tipo te.”
Sua sorella avvampò, lanciandole un’occhiataccia. “Mi sto preoccupando per te, testa matta.”
Dominique la abbracciò di slancio, anche per evitare che continuasse a tentare di metterle a posto l’uniforme. “Ed io ti dico che non ce n’è bisogno. Ho ben altre cose a cui pensare.” Ed era vero. Il Torneo sembrava averli raggiunti già lì. Sentiva l’aria elettrica, percorsa da scariche di eccitazione ed adrenalina. Era una sensazione forte, buona. Le piaceva.
Victoire ricambiò brevemente l’abbraccio, prima di tirarsi indietro per darle un’occhiata complessiva. Sorrise. “Sei una forza, Domi. Distruttrice, a volte, ma se c’è qualcuno che può vincere il Tremaghi, quella sei tu.” Dichiarò.
“Naturale che sarò io.” Le strizzò l’occhio, perché commuoversi per l’ovvio era sciocco. Venne poi placcata dall’altra piccola forza in miniatura della famiglia.
“Domi, non te ne andare!” Esclamò Louis con gli occhioni pieni di lacrime. Era un attore consumato, Poil de Carotte. “Mi annoierò a morte senza di te!”
Si chinò alla sua altezza e scrollandolo un po’ per le spalle. “Non dire cavolate.” Ghignò. “In mia assenza dovrai esser tu quello Weasley e matto.”

“Anche no.” Si inserì Victoire aggrottando le sopracciglia. “Louis, non osare darle retta.”
Il dodicenne fece un lieve sorriso incrinato, guadagnandosi un’occhiata commossa della sorella maggiore. “Sarò troppo triste per combinare guai…”
Piccolo, stupendo, grandioso bugiardo – pensò con affetto arruffandogli quei capelli impossibili, ben diversi dal fenotipo Delacour. Rossi, spessi e anglosassoni al cento per cento. Glieli invidiava un po’. “Vedi di riprenderti invece, con un Weasley in Accademia non esiste che non esploda qualcosa entro la fine del mese, chiaro?”

“Sissignore!”
“Dominique!”
Rise, imitata dall’altro, che stava già pensando come tener fede alla promessa dall’espressione monella che aveva dipinto in viso. La abbracciò poi, stritolandola come si conveniva tra fratelli e sorelle. “Scrivimi tutti i giorni.” Le ordinò. “Se non lo fai giuro che mi comporto bene!”
“Ci proverò, sai che non son tipa da Gufo.” Gli diede una pacchetta sulla schiena. “Qualche messaggio da portare ai cugini?”

“Mh.” Considerò grattandosi il mento. “Rosie è diventata piuttosto carina dall’ultima volta che l’ho vista, ma Lily è proprio uno schianto. Le chiedi se è fidanzata?”
“Louis…” Sospirò Victoire, ormai rassegnata al fatto di avere fratelli che andavano oltre la possibilità di esser recuperati. “Mi raccomando, Domi, cerca di non metterti nei guai.”
“È proprio quello che non ho intenzione di fare.” Le rispose, lasciandola interdetta su cosa avesse o meno promesso. Vide poi Louis – pure lui! – guardare oltre le sue spalle e fare il suo Comprovato Sorriso da Conquistatore.

“Violet!” Esclamò liberandosi dal suo abbracciò e superandola. “Ciao! Sei venuta a salutare Dominique?”
Se c’era un Dio delle Gaffe, in quel momento si stava accarezzando la barba compiaciuto, a giudicare dall’espressione di profondo imbarazzo dipinta sul viso di Piggie.  A dirla tutta, neanche lei si sentiva troppo a suo agio.
Uh? Cos’è questa sensazione spiacevole? Orrore!
Inaspettatamente, Violet non eluse il discorso ignorando suo fratello o peggio, rispondendogli con acredine. Invece fece un piccolo sorriso conciliante. “Ciao Louis.” Quindi si conoscevano? Forse alla festa. Louis aveva il pallino di voler conoscere chiunque entrasse nel suo campo visivo. “No, parto anche io. Sono nella delegazione.”
“Eh?” Il dodicenne fece una comica smorfia addolorata. “Non anche tu! Quest’anno sarà orribile! Dai, l’Inghilterra è brutta, resta qui! Non possono andarsene tutte le belle ragazze!”
Violet rise – eh? – e scosse la testa. “Mi dispiace.” Fece poi un mezzo sorriso impacciato, e Dominique ricordò in un flash come fosse lo stesso che le rivolgeva dopo essersi baciate, quando non era arrabbiata con lei per qualcosa.
“Domi, quelle unghie, ti stanno sanguinando…” Mormorò con riprovazione sua sorella, prima di fare la faccia di chi aveva capito. Le guardò e poi tacque fissandola con aria dispiaciuta.
Dispiaciuta di cosa?  
“Uffa!” Sbuffò il dodicenne. “Beh, almeno sono più tranquillo … Se ci sei tu che badi a mia sorella, dico.”
 
 
Sembrava una di quelle irritanti pieces teatrali dove i dialoghi sembravano puntare verso la commedia degli inganni. O un unico, imbarazzante, sottointeso.
Sì, ma noi ci siamo lasciate.
Non che potesse rispondere così, naturalmente. Louis neppure sapeva che lei e sua sorella avevano avuto una storia. Nessuno lo sapeva.
A parte Victoire Weasley, che la guardava come se volesse darla in pasto ad una Manticora. Era quasi tranquillizzante però.
Perlomeno ne ha parlato con qualcuno …
Stava tentando in tutti i modi di non guardare verso Dominique, ma non era facile dato che la dannata sembrava volerle fare un dipinto a memoria. Finì per lanciarle un’occhiata. I loro sguardi si incrociarono, ma non riuscì a sostenerlo per più di qualche secondo.
È tutta colpa tua. Io ci ho provato … Non hai neanche realizzato che stessimo assieme, vero?
Per te era tutto un gioco. Non hai mosso un dito quando me ne sono andata.
È evidente, non ti importava.
Quella serie di pensieri ebbero il potere di deprimerla, aggiungendosi al già poco lieto stato d’animo con cui si accomiatava da quella che era stata la sua casa per sette lunghi anni.
“Devo andare. Ho ancora il mio baule da far caricare, e delle persone da salutare.” Sorrise al ragazzino. “Buon anno scolastico.”
Louis ricambiò l’augurio con un mezzo sorriso perplesso. Non capiva forse perché fosse sceso quel gelo improvviso. Lei sì, fin troppo bene.

Violet voltò le spalle ai tre fratelli e tornò in mezzo alla calca. Fece in modo che il suo baule fosse caricato con tutte le attenzioni, e si fece dare il numero della sua stanza. La carrozza era infatti talmente grande da poter esser divisa in piccole stanze da due, massimo tre persone. Arrivò alla sua che scoprì con scorno essere tripla.
Altre due persone con cui passare mesi nello spazio vitale che ne farebbe star comoda al massimo una.
Meraviglioso.
Si sarebbe pentita della sua scelta se in realtà ne avesse fatta una: non appena sua madre aveva saputo dell’intera faccenda le aveva scritto immediatamente, sostenendo che non vi era occasione migliore per conoscere il figlio dei Malfoy.
‘Così non dovremo aspettare un loro invito per tornare in Inghilterra. È destino tesoro, me lo sento’
Meraviglioso. Davvero meraviglioso.
Si sedette sul letto, godendosi la momentanea assenza di altre forme di vita. Da quel momento in poi avrebbe contato quei momenti sulle dita di una mano. Finì poi per stendercisi – era una brandina, a dirla tutta – e premere il viso sul cuscino fresco di bucato. Almeno aveva lo stesso odore di fiori che c’era a scuola.
In realtà il disagio peggiore sarebbe stato avere a che fare con la Weasley. La loro delegazione infatti, a detta della Madame, si sarebbe mossa come un solo uomo per la maggior parte del tempo.
Chiuse gli occhi, sentendo le ciglia umide. Poteva far finta che fosse una rottura come ce n’era tante, e lo era, ma non si sentiva come quando aveva lasciato Louise in Costa Azzurra. Aveva provato tristezza, aveva pianto, ma tenendo a mente che era una storia destinata a durare lo spazio di un’estate.
(Senza contare che razza di stronza si fosse poi rivelata la sua Prima Volta.)
Con Dominique era diverso.
Non ho mai pensato avessimo una data di scadenza. Avrei dovuto forse, ma…
Sentì dei passi pesanti fuori dalla porta, e scattò sul letto, lanciando un veloce Incantesimo Decongestionante agli occhi. Era diventata bravissima con quella particolare magia. Quando la porta si aprì  era già voltata di spalle, presa ad osservare gli ultimi commiati e la Preside che intimava a tutti di salire.
 
Piggie?
 
Violet si voltò a rallentatore e, come in una commedia scritta da uno scrittore mediocre, Dominique si stagliava, alta e stupenda come sempre, sullo stipite della porta.
“Ma dormi qui anche tu?”
 
Pessima. Davvero una pessima svolta di trama.
 
****
 
Dominique non era mai stata ad Hogwarts, ma adesso capiva perché, a distanza di anni, sua sorella la rimpiangesse tanto.
Era un posto magico. E descriverlo così non era esser banali, era un mero dato di fatto. Le imponenti mura del castello sembravano traspirare la forza quieta di centinaia di anni, in cui ogni singola pietra aveva contribuito a formare la gioventù magica britannica.
Ovviamente Dominique sapeva poco o nulla di tutto quello, si limitava a fissare con un vago sorriso eccitato le merlature e le infinite finestrelle che si aprivano sulla foresta sterminata alle loro spalle e l’altrettanto sterminato lago, scuro e limaccioso al punto giusto.
Wow. Peccato non esser rimasti nella vecchia, cara Inghilterra. 
Mael accanto a lei sospirò, stringendosi nella leggera giacca dell’uniforme, inadatta a quel tempo umido e in odore di pioggia.
“Morgana, che freddo!” Sibilò stringendosi le braccia al petto. “Quando pensano di farci entrare?”
“Si stanno preparando per il nostro arrivo, ninfetto, datti pace.” Replicò pratica, chiedendosi se sarebbe stato possibile fare un giro della foresta quella sera stessa. Sapeva che c’era un guardiacaccia, ma il vero cicerone che avrebbe voluto era Rubeus Hagrid, mezzo gigante che si diceva conoscesse quell’intrico di alberi come le tasche del suo pastrano.
Perlomeno così mi ha detto Hugo quest’estate.
I lamenti di Mael non erano però i soli. Tutti si lamentavano in vari gradi di insofferenza, tranne ovviamente la Preside che era sparita all’interno del castello una ventina di minuti prima.
“Ma quanto ci mette?” Si lamentò ancora suo cugino, stavolta approvato da gesti e sguardi.
Dominique lanciò un’occhiata verso Violet. Stringeva le braccia al petto e aveva una linea sottile e seccata al posto delle labbra, ma era l’unica a non aver espresso verbo. Guardava il castello con la tipica aria di chi stava rimuginando troppo.
Ah, vero, i suoi genitori sono inglesi, sono andati qui … Chissà se ci conosce qualcuno.
Sicuro avrà meno problemi con la lingua di molti di noi.
Era un pensiero noioso, e lo abbandonò subito, non appena vide la Preside tornare in compagnia di un omone nerboruto e vestito di quelle che sembravano pellicce di volpe cucite assieme.
Hagrid!
Fece un mezzo sogghigno quando raggiungendoli, l’ex-guardiacaccia la notò e sorrise di rimando dopo aver salutato l’intirizzita delegazione. “Ah, ci abbiamo una Weasley, anche. Domi, la sorella di Vicky, vero?” La apostrofò.
“In persona.” Convenne. “La mia fama mi precede?”
“Uno Weasley si riconosce a naso, anche se non ci ha i capelli rossi!” Rise l’uomo. “Ci piace la nostra scuola?”
“La adoro.”  
“Hagrìd, credo sia il momonto di farli entrare, n’est pas?” Lo apostrofò la Preside, con l’aria paziente di chi conosceva da anni la persona che aveva di fronte a sé.
“Sicuro! Venite ragazzi, da questa parte … Ah, restate sulla strada sterrata, che ci ha piovuto di questi giorni e vi inzaccherate tutti sennò!”
Dominique rise delle espressioni smarrite dei compagni. Era chiaro che tra l’accento e il parlare sgrammaticato avessero capito poco o niente.

Mael la squadrò devastato. “Se qui parlano tutti così siamo fregati. Ma che lingua è?” Pigolò.
“Tranquillo, Hagrid è un’eccezione, più o meno capirai tutti.” Lo rassicurò e inevitabilmente finì per incrociare lo sguardo con Violet, che invece doveva aver capito alla perfezione.

Vide l’angolo di un sorriso bagnarle le labbra, ma poi distolse subito lo sguardo e lo piantò verso il castello, convenendo in francese ad una rimostranza di una vicina.
La Preside tolse tutti di impaccio e tradusse diligentemente. Poi, fu tempo di muoversi.

 
 
La Sala Grande di Hogwarts era completamente diversa dalla loro e Dominique l’amò all’istante. Ricordava i racconti della sorella, ma rendevano solo un quinto di ciò che era veramente. Gli stendardi delle quattro Case della scuola che beccheggiavano coloratissimi ad un vento di fattura magica, i tavoli di legno scuro e lustro ospitavano un brulicare di teste rosse, scure e bionde vestite di splendide, comode uniformi monocolore diverse solo nei cravattini, usati sia per i maschi che per le femmine. Con quelle, pensò, andare nella foresta doveva essere una passeggiata. Per finire, ben quattro lugubri fantasmi aleggiavano nel tripudio di candele, unica illuminazione.
Grande!
Dominique, incasellata in fila con gli altri, con la schiena dritta e al braccio dell’unico maschio più alto di lei, si sentiva un po’ a casa.
“Guarda il soffitto, Domi!” Esclamò Mael a bassa voce, tenendo le labbra strette per non rischiar di romper l’armonia della loro entrata.
“È incantato per riflettere il tempo atmosferico che c’è fuori. Forte, eh?” Lo apostrofò di rimando, senza preoccuparsi di esser troppo discreta. Si sentì infatti strattonare dal suo cavaliere. “Rifallo e ti spezzo il gomito.” Lo avvertì gentilmente, vedendolo poi impallidire.
La gente non sa apprezzare chi notifica con sincerità.
Era una fila estremamente azzurra, lo sapeva, molto compatta e leziosa. Al loro entrare vide negli occhi degli hogwartsiani stupore, ammirazione e rimbecillimento nel caso dei maschi. Represse un suono esasperato.
Morgana, se odio queste smancerie!
Si tirò un po’ su di morale quando individuò i cugini nella marea di britanni; Rose dai capelli color castagna, la faccia buffa – faceva delle smorfie esilaranti e inconsapevoli – e il fulvo Hugo dall’intelligenza da asso e la goffaggine da anatroccolo. Poi arrivarono i fratelli Potter, la cui unica somiglianza era non somigliarsi affatto. C’era Lils, la più piccola, l’anomalia del Clan, bassina, gran tette, senza una singola lentiggine e con i capelli rossi come le scaglie di un Petardo Cinese. C’era Sissy il Serpeverde-oh-Merlino-sul-serio?con l’aria perenne della principessa in pericolo. C’era però un motivo se era finito dov’era finito, considerando che nessuno cugino sano di mente lo aveva mai maltrattato, non senza incappare in qualche strambo e macabro incidente.
Infine Jamie il maggiore, dai capelli arruffati, l’aria spavalda e una voglia di far casino che poteva solo spingerla a stringergli la mano ad ogni festa comandata. Ora quella voglia s’era un po’ spenta da quando aveva scoperto che era il motivo per cui Teddy aveva deciso di passare ufficialmente agli uomini, ma non poteva neppure fargliene una colpa.
Comunque, non dovrebbe già essersi diplomato?
Forse era venuto lì per Ted. Lo salutò con un cenno della testa, e l’antico quasi-cognato ricambiò con un sorriso alzando la mano in risposta. Aveva i capelli di nuovo multicolor. Sembrava felice.
Buon per te, Teddy.
Vide poi le cugine guardare nella sua direzione, stupirsi – di cosa poi? – e ridacchiare per una battuta di Lily. Ricambiò con un occhiolino e per poco il suo cavaliere non la trascinò via di peso.
Gli sorrise, premendo le dita sui bicipiti e facendogli ingoiare un gemito dolorante. “Lo vuoi proprio perdere questo gomito, Coso?” Ma non l’avrebbe fatto sul serio: la Preside vigilava costantemente sul suo comportamento. Durante il viaggio aveva passato più tempo a correggerle modi di dire e di fare che a tutti gli altri messi assieme.
Evvabbeh che vuoi fare bella figura … ma c’è bisogno di rompere tanto? So come ci si comporta!
Più o meno.

Si sedettero finalmente ad uno dei tavoli, quello della Casa di sua sorella, la riconobbe dai colori.
Dominique tirò un sospiro di sollievo, sperando che l’altra delegazione arrivasse in fretta, che aveva una gran voglia di tornare alla carrozza e liberarsi di quell’orrendo cappellino che la Preside l’aveva obbligata a portare. C’erano volute una trentina di forcine e tanta magia per farglielo rimanere in testa.
Che poi, da quando è una colpa amare i capelli corti? Sono comodi!
Quando anche Durmstrang si fu seduta, e i tipi del Ministero finirono di ciarlare, Dominique si permise di guardare verso la Coppa. Il fuoco che vi balugginava all’interno era quasi ipnotizzante. Lo fissò finché non le fecero male agli occhi, poi prese a mangiare di buon gusto. Il cappello le dava il prurito.
Fallo per la gloria. Fallo per la gloria.
Nella foga di tagliare una costoletta diede bruscamente una gomitata alla sua vicina, una tizia inglese.
“Scusa.” Borbottò distratta.
“Sei la sorella di Victoire Weasley, Dominique?” Le chiese la corvonero senza dar segno di essersela presa. Dominique alzò lo sguardo perplessa, prima di ricordarsi che dovevano esserci tipe della sua età che dovevano aver visto La Perfettissima calcare quei pietrosi corridoi.
“In persona.” Confermò alla tipa che la guardava con tranquilla curiosità, invece che con il timore reverenziale di cui la omaggiavano i suoi vicini, maschi.
Dev’essere per i miei capelli … ah, no. Ho il fottuto cappello.
“Io sono Morag.” Le tese la mano. “Mi ricordo di Victoire, parlava spesso di una sorella che amava i draghi.” Vedendo che non recepiva, parve rendersi conto di aver tralasciato qualcosa. Roteò gli occhi al cielo. “Scusami, … Morag MacFusty.” Si presentò nuovamente.
A Dominique si accese un Lumos in testa. Gliela strinse immediatamente “Dei MacFusty delle Ebridi?”

La ragazza sorrise. “Gli unici pazzi a tenere in piedi una riserva in uno sputo di isole, già.” Aveva una fila di denti dritti da copertina di StregaOggi e lineamenti altrettanto indicati, ma a ben guardarla anche il viso abbronzato e segni di vecchie scottature sulle mani. I sintomi del Guardiano c’erano tutti. La stretta poi, forte e salda, era quello più evidente.
Si voltò completamente verso la scozzese, dando le spalle ad un offesissimo Mael a giudicare dal suono indignato che si sentì esclamare dietro. Forse era perché le stava parlando?
“Non sapevo ci fossero tipe della mia età nella vostra riserva. L’ho visitata a Marzo di due anni fa con mio zio Charlie, ma non ti ho vista.”
“Beh, è normale, sai com’è.” Indicò con un cenno della testa lo stendardo sopra di loro. “La scuola. E poi metà della mio clan abita nella Skye¹, vicino a Portree. Solo mio zio Aodhàn e i miei cugini vivono nella riserva. Io ci vado quando posso, soprattutto d’estate. È loro che hai visto ?” Dominique annuì. “Comunque ho conosciuto Charlie. Che tipo…” Fece un sorrisetto. “… tosto Per stare in Romania devi esserlo, credo.” Sembrava una chiacchierona e aveva un accento così marcato che se non avesse avuto parenti inglesi non avrebbe capito neanche una parola di quei suoni pastosi e contratti, ma non le dava o fastidio. Dopotutto, erano i concetti ad essere importanti, e quelli li capiva.
“Che t’ha detto di me?”
Morag inarcò le sopracciglia sorpresa, poi ridacchiò. “Sì, è vero … mi ha parlato tanto di te. Cose buone.” Aggiunse subito. “È un peccato che non ci siamo viste quando sei venuta. Mi ha detto che saremo andate d’accordo.” Proclamò tranquilla. “Penso che potrebbe aver ragione.”
Dominique non aveva mai ricevuto una richiesta di amicizia così schietta. Scoprì che le piacque, perché il nero su bianco era una cosa che la metteva immediatamente di buon’umore.
Niente doppi sensi, strani silenzi e occhiate incazzate.
Sorrise di rimando. “Penso anch’io.”  
 
Violet aveva visto finalmente il famigerato Scorpius Hyperion.
Se in foto aveva l’aria del perfetto principino Purosangue che ricordava, dal vivo era un personaggio ben più esuberante. L’aveva visto confabulare animatamente al tavolo dei Grifondoro – le pareva si chiamassero.

Sembrava un tipo piuttosto anonimo con quei capelli troppo chiari e il volto spigoloso. Certo, era abbastanza alto da essere annoverato tra la gioventù ‘prestante’, ma rispetto ad Allard era bruttino. E quando parlava gesticolava troppo: aveva rischiato più volte di cavare un occhio al moretto senza uniforme con cui stava chiacchierando.
Così sarà lui che dovrò circuire con le mie esperte arti femminili.
Nascose una smorfia sarcastica e si sedette al tavolo che corrispondeva allo stendardo bronzo-blu. Pecoranera, forse? No, vi era dipinta un aquila. Non se lo ricordava.
Tra di lei e la Weasley c’era l’intera delegazione, ma sfortunatamente era ancora a tiro d’occhio. La vide contemplare per un noiosissimo tempo infinito la Coppa – le sue intenzioni erano talmente cristalline da essere imbarazzanti – e poi gettarsi sull’unto cibo britannico come la selvaggia che era. Nella foga tirò persino una gomitata ad una delle studentesse di QualunqueFosseQuellaCasa. Quella invece di prendersela squadernò un gran sorriso e prese a ciarlare a raffica.
Gli inglesi sono tutti così espansivi?
Ne dubitava. Dominique sembrò però gradire quel fiume di chiacchiere, da come diede le spalle alla loro delegazione per rispondere. Si conoscevano, forse?
Ha amici in qualsiasi parte del globo e di qualsiasi razza, etnia, estrazione sociale e magica… Può essere.
Si strinsero la mano. No, se si stavano presentando era ovvio non si conoscessero. La ragazza sembrava piuttosto carina con quei capelli castani, mossi e i lineamenti delicati. Belle labbra. Anche un bel fisico da quel che ne poteva dedurre con un tavolo a nasconderle metà del corpo. Sportivo.
Violet allontanò con un gesto brusco il proprio piatto ancora vuoto. Le venne lanciata qualche occhiata ma nessuno parve stupirsi del suo gesto.
Lo sapevano tutti che a Violet Parkinson-Goyle rodeva sempre per qualcosa.
 
****
 
4 Settembre 2023
Scozia, Hogwarts, Sala Grande.
 
Stare ad Hogwarts non era poi così diverso che stare in Francia. Le lezioni, scoprì Dominique dopo una mattina passata a bearsi dei suoni della lingua inglese, non erano diverse, né i professori sembravano più inflessibili. L’unica discrepanza percepibile era il clima, umidiccio e piovoso persino ad estate appena finita. Gli altri ne avevano risentito molto, ma non lei, abituata al clima impietoso delle alture rumene. Aveva infatti passato tutto il pomeriggio del giorno prima con Hagrid, negli infiniti viottoli e sentieri della meravigliosa Foresta Proibita – con un nome così, doveva essere favolosa per forza.
Hogwarts le piaceva un casino.
L’unica pecca era forse il cibo, dato che pesante e condito com’era risultava indigesto alla maggior parte di loro, lei compresa. Ma il suo stomaco conservava una buona memoria delle cene alla Tana e riusciva a scansare la maggior parte della roba indigeribile in favore di zuppe di legumi e arrosto.
“Detesto il cibo inglese… è così grasso²!” Sibilò Mael, seduto accanto a lei, con uno sguardo così affranto che un paio di Corvonero femmine trattennero il fiato, commosse. “E fa un freddo micidiale. Perché non ci hanno detto che faceva così freddo? La Scozia è orribile.”
“Se non la pianti di piagnucolare qualche inglesina vorrà farti da balia scatenando un incidente diplomatico… Tieni a freno i tuoi poteri, ninfetto. 
“Sei solo invidiosa perché sono più Veela di te!”
“Sei anche più femminile di me, ma evito di fartelo notare.”
Dominique rise dell’espressione infuriata di Mael che, per quanto fosse una ragazzina, detestava gli venisse detto in faccia. Non fece però in tempo ad attaccare la sua cena che si trovò sua cugina Rose impalata davanti.
“Hai un minuto?”
Sapeva che doveva rifuggire la marea di beghe che l’altra portava scritto in fronte, ma non ci fu modo. Fu così tirata via dal tavolo e praticamente spinta nell’angolo più solitario della sala.
Evvabbeh.
Rose era la cugina che più gli era simpatica, a dirla tutta. Aveva il cervello fino, ma soprattutto un gran cuore dietro tutte quelle smorfie e occhi roteanti dall’esasperazione. Un po’ maestrina, ma in gamba.
Le ricordava Violet.
“Mi devi dire se conosci una persona… una certa Violet.”
Nominavi il Troll, e spuntava la clava. Dominique drizzò le orecchie, sentendo uno strano fastidio attraversarla come una scossa elettrica.
Come fa a conoscerla?
Piggie in quei due giorni aveva rifuggito le lezioni condivise con gli hogwartsiani, preferendo rimanere in carrozza con lo sparuto gruppo di studio individuale che la Preside aveva dovuto concedere in cambio di una delegazione corposa. Non ce la vedeva proprio a stringere amicizia con una come sua cugina.
“Pare che sia una specie di probabile moglie combinata per Scorpius. Sai, approvata dall’intera Casata dei Malfoy…”
Scorpius? Il SimpaticoMalfoy?
Era la fiamma di Rose e questo spiegava l’aria lugubre che si portava dietro come una sposa novella avrebbe fatto con il proprio velo.
Il che spiegherebbe finalmente la presenza di Piggie qui. È venuta a caccia di rampolli.
La scossa elettrica si ripresentò facendole fare una smorfia. Naturalmente non erano più fatti suoi cosa Violet decideva di fare della sua vita.
Non che lo fossero manco prima. M’aveva fatto capire chiaro e tondo che si sarebbe comunque sposata con qualcuno sponsorizzato da sua madre.
Poi si accorse che l’altra aspettava una risposta. “Beh… Non è il genere di persona con cui mi accompagno a scuola, ma è a posto, credo.” Era il massimo che poteva dirle, date le contingenze.  
“Definiscimi a posto.”
Dominique sbuffò; Rose era come un Crup quando ci si metteva. Non avrebbe mollato la presa finché non le avrebbe dato le risposte che cercava. “Non so, non la conosco bene…” Cominciò riluttante. Poi finì per dire più di quanto avrebbe dovuto. “So che è Purosangue, che i suoi genitori sono inglesi e che si sono trasferiti in Francia quando lei non era ancora nata. Pare che giri la voce che abbiano avuto problemi con il Ministero all’epoca di Voldemort. È nel club di Florigrafia.”   
Ah.” Rose sembrava aver perso ogni spinta loquace. Non era la sola. Aveva una gran voglia di riprendere a farsi i fatti propri. Come aveva sempre fatto. I fatti propri erano una gran cosa.
“E com’è fatta? È carina?”
“Che ne so! Non guardo le ragazze!” Sbottò brusca. Che non era manco vero, e si stupì di quella sua uscita idiota. Ma Rose non sembrò avvedersene, forse troppo presa nelle sue paturnie.

Voglio andare a cena, mangiare, scrivere il mio nome in un dannato pezzo di pergamena e buttarlo dentro il Calice. Lasciami andare!
Vedendo che l’altra non si muoveva di un millimetro le indicò dove si trovava.  
“Quella lì. Capelli neri, treccia lunga.”
Osservò Rose impallidire, neanche si fosse trovata a dover competere con una Veela. Piggie, con i suoi chiletti di troppo, il naso a patata e il carattere terrificante non lo era, e lo sosteneva a ragion veduta.  
A lei però era sempre piaciuta un sacco.  
E mi piace ancora.
L’idea che si fosse trovata un altro spasimante, o che ne cercasse uno la riempiva di un malessere collerico. Non le piaceva l’idea di vederla con uno come Malfoy, un tipo ganzo, non un coglione come Allard. L’aveva conosciuto e le era piaciuto a pelle. Non poteva avercela con Malfoy perché sì. Era frustrante.
Victoire aveva detto che sarebbe andata meglio. Vero, non si sentiva più come se qualcuno le avesse tirato una Pluffa in faccia, c’erano momenti in cui le sembrava assurdo aver avuto una storia, la sua prima storia, con Violet Parkinson-Goyle.
E c’erano momenti come quello, dove si ricordava perché.  
Vide Rose scappare senza una parola. “Rosie!” La richiamò indietro, più per posa che per reale voglia.
La troverà Sissy o qualcun altro… Io proprio con queste cose non ci so fare. S’è visto, no?
Tornò al tavolo, guardando il foglietto con schizzato sopra il suo nome. L’avrebbe messo nel Calice e da lì sarebbero ufficialmente partite le danze.
Semplice. Lineare. Alla grande.
Mael le lanciò un’occhiata, rinunciando ad una sicura lamentela che gli si stava formando sulle labbra. “Domi, che hai?” Le chiese. “Hai parlato con tua cugina ed hai cambiato espressione.”
“Nulla?” Sapeva di esasperare tutti con quella sua indifferenza. Ma che altro avrebbe dovuto fare? Lamentarsi e piangere non avrebbe riportato le cose a posto. Per quanto ne sapeva, certe cose si rompeva e basta.
Mael scosse la testa. “Non è nulla. C’entra Violet?” La guardò in faccia e sgranò gli occhi. “Oh, Morgana … c’entra Violet.” Aggrottò le sopracciglia. “È perché si dice in giro che voglia trovarsi un marito inglese?”
Ah, lo sa. Beh, cosa Mael non sa di chiunque?
Dominique sospirò. Non capiva perché la gente avesse sempre tutta quella smania di commentare i sentimenti altrui. Si rigirò il foglio di carta tra le dita, stropicciandolo, tastandone la grana.

“Avete … cioè, c’è stato qualcosa tra di voi? Perché con l’anno scorso e quella brutta storia con Allard…”
Fu costretta a parlare anche se non voleva. “Se ti azzardi a dire un’altra parola con l’intenzione di dirlo a chiunque, giuro che ti rendo una ninfetta.”
Non era per lei, naturalmente. Era per Piggie. E si sentiva doppiamente stupida per quello.

Ma vuoi proteggerla, no?
Mael si fece serio. “Se me lo chiedi tu, non aprirò bocca neanche sotto maledizione.”
Era vero. Mael poteva essere il gazzettino della scuola, ma era anche una delle poche persone della cui fedeltà era certa. Suo padre era schizzato via alla velocità della luce non appena, alla sua nascita, sua zia Gabrielle gli aveva confessato il loro essere magici. Poteva sembrare frivolo ed eccessivo nelle sue esternazioni, ma non avrebbe mai tradito l’unica famiglia che aveva, i Delacour.
“Bene, te lo sto chiedendo.” Fece una pausa. “Ti serve una confessione scritta?”
Mael inspirò. “Però … non state più…?”
“No.”

Suo cugino le prese la mano e gliela strinse, con sua sorpresa. Non avevano mai avuto quel tipo di gestualità con lei, forse intuendo che sarebbe stata mal riposta. “A te non è passata, te lo leggo in faccia.” Decretò. “Ne eri…” Fece una pausa poi abbassò la voce ad un sussurro. E meno male che aveva le orecchie buone. “Ne sei innamorata?”
Dominique non aveva tanta esperienza nei rapporti interpersonali, Mael e sua sorella sì. Era così pronta a giurare che quei due biondi ne capissero più di lei. Non che ci volesse tanto, pensò anche.

Si poteva non capirci un accidente, ma si poteva comunque provare. E lei, provava.
“Se è normale faccia ancora un male del diavolo dopo quasi un mese, sì.”
Mael ebbe l’insolito tatto di non aprire bocca e dire la solita sequela di banalità che sciorinava a chiunque, del loro gruppo di amici, venisse mollato. Si limitò a stringerle ancora la mano e forse pregare che non gliela stringesse di rimando, dato che la sua presa non era così mollacciona.
“Domi, ma cos’è successo esattame…”
Cazzo, adesso basta!

Si liberò e si diresse verso il Calice. Vi gettò il foglio di carta e si godette gli applausi dei presenti quando la fiamma azzurra ebbe un guizzo e lo inglobò senza problemi. Era quello il motivo per cui era lì. Punto.
Altri pensieri non erano proprio ammessi. Erano stupidi, l’avrebbero deconcentrata e non era ammissibile che perdesse colpi e rischiasse di perdere quel maledetto Torneo.
Doveva proprio mettersi a cercar marito?
Tornata al tavolo, si trovò di fronte Morag. La riconobbe al volo, anche se non aveva una gran memoria per le facce. Però, di fronte alla marea di persone che le si era presentata e che le era stata presentata dai cugini, quella corvonero spiccava.
I futuri Guardiani si riconoscono a naso.
“Messo il biglietto?” La apostrofò facendole spazio sulla panca. Dominique pensò che poteva anche lasciare la sua roba in consegna a Mael. Non aveva voglia di tornare da lui e affrontare la conversazione di prima. Affatto. “L’ho messo anche io.” Soggiunse. “Anche se non so quante possibilità posso avere contro Malfoy, la piccola Chang e McLaggen … Merlino, magari su quest’ultimo sì!” Sbuffò divertita.
“Malfoy ha messo il suo nome nel Calice?” Fantastico, era anche un Campione. La Vedova Nera – così l’aveva battezzata e non c’era stato uno che non le avesse dato ragione -  doveva essere in sollucchero all’idea che Piggie proponesse le sue grazie ad un tipo del genere.
Ma che mi importa…
Morag la scrutò. “Non ti  è simpatico?” Chiese neutra.
“No, è un tipo a posto.” Si sentì in dovere di chiarire. Non voleva essere segnata nella schiera dei detrattori di un tipo a cui avrebbe offerto una vagonata di Burrobirre, questo solo perché Piggie lo voleva come marito. “È che …” Sbuffò. “Senti, niente in contrario a fare due chiacchiere. Ma possiamo parlar d’altro? Qualunque cosa.”
Morag battè le palpebre, poi annuì. “Nessun problema.” Schiettezza femminile. Dunque esisteva. “So che ogni estate vai in Romania.” Fece un gran sorriso. “Voglio sapere tutto.”
Dominique sorrise di rimando.
 
****
 
Alla fine la Weasley era stata scelta come Campionessa.
Non era stato esattamente sorprendente. Del resto era la migliore, almeno in quanto a prestanza fisica, e aveva la testa nella Coppa, a differenza di tutti loro che si barcamenavano tra la pessima cucina e il freddo abbacinante di quelle terre inospitali.
Violet si gettò uno scialle di mussola sulle spalle, guardando dal piccolo ovale che fungeva da finestra. Dalla carrozza si potevano vedere il Lago Nero e una grossa porzione del Castello: la torre di Grifondoro gli era stata detta fosse quella che si ergeva più alta e illuminata di tutte.  
Sentì alle sue spalle la sua compagna di stanza lamentarsi dei nodi che l’umidità le causava ai capelli, mentre si spazzolava alla ristrettissima toeletta che era stata loro concessa.  
Dov’è finita quella stupida?
Dopo il banchetto in Sala Grande e la scelta del Calice, Dominique era sparita per la Pesa delle Bacchette – rito necessario per controllare che le bacchette dei Campioni fossero adeguate per le prove che avrebbero dovuto affrontare.
Sarebbe dovuta tornare in carrozza, ma non l’aveva fatto. O meglio, vi era tornata subito dopo, ma il tempo di un paio di brindisi con loro ed era scappata con Delacour, spiegando che doveva festeggiare anche con i cugini.
Quelle due notti trascorse in viaggio erano state insopportabilmente tranquille. Dominique si era messa a letto, aveva augurato a lei e alla loro compagna la buonanotte e poi era crollata come un sasso in fondo ad un pozzo asciutto.
L’unica che ha passato la notte con gli occhi sbarrati nel vuoto sono io.
“Tra poco spengo la luce.” La informò l’altra, posando pettine e forcine nel suo beauty. “Pensi che la Weasley tornerà o rimarrà a dormir fuori?”
“Perché dovrebbe rimanere?”  

“I suoi cugini sono quasi tutti di quel Grifondoro … Dicono siano i casinisti della scuola. Forse ha festeggiato troppo.” Fece un mezzo sorrisetto. “Di certo non sarebbe la prima volta, no? Lei, Delacour sono famosi per questo.”
Violet non rispose, preferendo serrare le braccia al petto e contemplare l’oscurità plumbea del lago. Sembrava una tavola d’ossidiana. Non era un brutto spettacolo, a dirla tutta. C’era una certa grazia selvaggia in quei luoghi, ben diversa dall’ordine morbido in cui era immersa l’Accademia.
Comprensibile che le piaccia tanto questo posto. Accento a parte, sembra nata qui.
Chiuse gli occhi, facendo un breve sospiro. “Sì, chiudi pure la luce.” Sospirò. “Vengo a letto anch’io.”
Mentre la compagna scivolava agevolmente nel Regno di Orfeo, Violet non riusciva a distogliere lo sguardo dalla finestrella che, dal suo letto, puntava direttamente sulla luna, meno di un quarto, ma non per questo meno luminosa. Era una luna violenta, ben diversa dall’ambrata falce che vedeva a Beaux-Batons.
Sentì un tramestio improvviso, e capì che la Weasley era rientrata. La sentì togliersi le scarpe e il rumore del cuoio del suo giubbotto lanciato a terra: serrò gli occhi, mentre il respiro accelerava di pari passo con il cuore.
Aveva cercato in tutti i modi di spiegare alla Preside che non voleva condividere la stanza con quella bifolca casinista, ma non c’era stato verso di modificare quella sistemazione.
Anzi, aveva scoperto che a metterle assieme non era stato il caso, ma la donna stessa.
 
“Non siete amiche, forse?”
“Decisamente no Madame. Mi creda, è un disagio per me stare in sua compagnia.”
“Di questo mi dispiace. Devo dunque chiedertelo come un favore.”
“… In che senso?”

“Dominique è una ragazza molto …” E qui aveva fatto una pausa densa di sottointesi, virando poi verso un eufemismo. “… vivace. È una delle papabili Campionesse, quella con più possibilità. Non vederlo sarebbe miope da parte mia.”
“Ma?” C’era sempre quella dannata particella sospesa, in quel genere di discorsi.

Ma è un individualista e spesso prende decisioni egoiste, d’impulso. Quello che dobbiamo evitare, sia io che te, come Prefetto, è che metta la scuola in cattiva luce.”
Aveva sentito un piccolo moto di insofferenza. Dominique era sì un’irresponsabile, ma non in modo stupido. Non avrebbe mai remato contro l’Accademia. Poteva detestare le uniformi, il galateo e le buone maniere che tentavano di inculcarle da sette anni, ma
amava la loro scuola quanto l’amava lei.

“Pensa che potrebbe farlo?”
“Penso che non se ne renderebbe conto. Tu hai influenza su di lei, Violet.”
“Mi rincresce deluderla
Madame, ma…”
“Lei si fida di te.” L’aveva interrotta con lo sguardo di chi era assolutamente certo di qualcosa. Violet non aveva potuto ribattere. “Ha bisogno di qualcuno accanto che non sia completamente abbagliata dalla sua personalità tanto da non vederne i difetti.”

Li vedo eccome i suoi difetti, ma non è questo il punto.

Si finse addormentata quando la sentì avvicinarsi al letto. I movimenti erano lenti, estremamente attenti, troppo.
Ha bevuto. Tanto.
Non aprì gli occhi. L’ultima cosa che voleva era avere una conversazione, dopo settimane, quando l’altra era ubriaca.
Dominique sorpassò la sua brandina e si fermò poco distante. Violet la vide guardare lo stesso panorama che aveva contemplato lei poco prima. Aveva un’espressione assorta, riflessiva, non da lei eppure capace di renderla ancora più bella.
“Piggie, guarda che so che sei sveglia.” La sorprese, parlando a bassa voce. Non erano le sole là dentro. “Il ritmo del respiro è diverso quando si dorme.”
Dannazione.

Spalancò gli occhi, tirandosi a sedere. “Hai bevuto.” La accusò non trovando altro modo per dar sfogo al grumo di sentimenti che si portava dietro dalla festa di Victoire Weasley. “Se ti avesse beccato la Madame …”
“Mi avrebbe fatto il culo, lo so.” Ammise placidamente, infilandosi i pollici nei passanti dei suoi amati jeans logori. “Il decoro dell’Accademia e blablabla.”
“Non prendere sottogamba cose del genere, stupida! Siamo in una scuola straniera e rappresentiamo chi è rimasto a casa, pensi che il tuo atteggiamento sarà scusato?” Sbottò prima di fare un enorme sospiro all’evidenza che non avrebbe istillato nell’altra il minimo senso di colpa. “Hai bisogno di qualcosa?”
L’altra scrollò le spalle, tornando nella contemplazione dell’esterno. Violet sentì che le stava montando un gran malditesta addizionato al voler sbattere la testa contro il muro. “Allora perché mi hai svegliato?”
“Non stavi dormendo.”
“Dove sei stata?” Le uscì contro la sua volontà, ma perfettamente in linea con i suoi pensieri.

“A festeggiare con i miei cugini e altra gente.” Si passò una mano trai capelli. Stavano tornando di una lunghezza femminile e presto dunque sarebbero stati impietosamente tagliati.
“Altra gente come i Corvonero?”
Come quella spilungona con le labbra da Incantatrice?
Dominique non sembrò aver recepito il sottointeso. “Sai, la fratellanza con gli studenti di altre scuole è un po’ il motivo per cui siamo qui. Sto fraternizzando, a differenza della maggior parte di noi.” Fece una pausa. “Ma tu lo sai bene.”  
Violet si sentì arrossire. Che sapesse di Malfoy e delle sue intenzioni in merito? Le pareva assurdo che fosse andata a cercare pettegolezzi su di lei. Ma non impossibile.“Non so di cosa tu stia parlando.” Replicò. “E comunque non sono affari tuoi.”
Qualcosa di molto simile, troppo simile ad un’espressione ferita esplose sul viso dell’altra.
… Non azzardarti. Non…
“Non fa una piega. Buonanotte.” Fece per ribattere ma Dominique uscì come un terremoto dalla stanza, tirandosi la porta dietro e quasi svegliando la loro dormiente compagna. 
 
Mael fu svegliato da qualcosa di pesante che gli piombò nel letto quasi vi fosse stato scaricato. Fece per difendersi quando riconobbe i capelli argentati e l’odore familiare di sapone e cuoio di sua cugina.
“Domi?”
“Fammi dormire da te.” Disse senza mezzi termini. Aveva il respiro che sapeva di succo di zucca e vino elfico. Normale: l’aveva vista bere in modo consistente alla festa organizzata dai Potter Weasley per festeggiare sia lei che Malfoy. Non si era preoccupato però, visto che erano brindisi allegri, in compagnia dei cugini e di un paio di tipe di Corvonero.

“Hai perso la strada per camera tua?”
“No, Violet.”
Mael si scostò senza una parola, preparandosi ad una serie di lunghe, lunghe notti in cui avrebbe dormito sul ciglio del letto.
 
****
 
 
 
Note:
 
Come avrete notato, sto seguendo pedissequamente le vicende di AUL. Solo, diciamo, da un punto di vista diverso. ;)
La canzone è questa qui. L’ho riascoltata dopo tanto tempo. È favolosa.
 
1. Skye, isola: fa parte dell’arcipelago delle Ebridi Interne. Amministrativamente è compresa nella regione scozzese delle Highlands. I principali centri urbani sono Portree e Sconser. Gli abitanti sono famosi per l’alta incidenza con cui parlano lo scozzese gaelico, quasi una seconda lingua. La presenza di esseri umani nell’intera area delle Ebridi è minima e vi sono grandi aree in cui la natura prospera selvaggia e indisturbata. Qui per maggiori informazioni.
Una nota a proposito del clan McFusty: viene riportato ne ‘Animali fantastici: come trovarli’. I suoi appartenenti si occupano da generazioni dei draghi nativi di quelle regioni, ovvero i Neri delle Ebridi. Qui per info.
2. Il dialogo dell’intera scena è riportato, con pochissime differenze, dal capitolo XIII di Ab Umbra Lumen.
  
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