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Autore: Teikci Ni Kare Suh    20/08/2012    2 recensioni
Me ne stavo seduta su quella scomoda panchina con le gambe incrociate e il nasp nel libro.
Poi un imprecazione volò nell'aria e io alzai gli occhi.
Lui era lì, il volto contratto in una smorfia, gli occhiali da sole sui capelli arruffati e gli occhi pieni di disappunto.
Stava osservando qualcosa, ma io avevo occhi solo per lui...Josh Hutcherson.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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I hate vodka

Vi risparmierò quello che accadde nei giorni successivi, le prenotazioni, le infinite ansie di mia madre sui vestiti da mettere in valigia, quelle di mio padre per i ritardi degli aerei, il gran silenzio di mio fratello e la mia indecisione su quale libro portare durante il viaggio.

Di certo non mancarono le ricerche su Josh, sulle varie presentazioni del film e sul tour del cast.
Il giorno prima della partenza ci recammo alla festa di Joy, da cui poi sarei scappata, per recarmi dalla mia migliore amica, Elena, per un ultimo saluto e scambio di pettegolezzi.
Verso le undici eravamo già a casa della festeggiata; indossavo una semplice camicia bianca, le maniche tirate su e rigorosamente fuori dai jeans, leggermente strappati, le Nike e dei polsini porta fortuna, sperando che mi aiutassero a non combinare nessun casino, cosa per cui ci sarebbe voluto un miracolo, che com’era prevedile non avvenne.
Anzi, per poco non mandavo a monte il viaggio.
Come mi aspettavo, appena mi vide, Jody iniziò a criticare il mio orribile abbigliamento, a sommergermi di tutte le sue assurdità sulla moda e a lamentarsi per il comportamento dei suoi ex, così fui letteralmente subissata dalla sua instancabile parlantina.
Dopo…beh, non so esattamente dopo quanto, mi sembrava avesse parlato per ore, cambiò letteralmente argomento.
“Allora, domani partite per gli Stati Uniti”
Non era una domanda, ma un’affermazione.
Mi diressi verso uno dei tanti tavoli vicino alle pareti, pieni di ogni sorta di cibarie e bibite, presi una bottiglia di vetro con dell’acqua e mi versai il contenuto in un bicchiere piuttosto elaborato.
“Si, non vedo l’ora di partire. Sarà una bellissima esperienza” le risposi con una certa soddisfazione e aria di... superiorità nella voce.
 “Già..” disse servendosi anche lei una bibita, dall’aria tutt’altro che innocua.
Guardai la bottiglia che posò sul tavolo.
Non mi ero sbagliata per niente, era un superalcolico.
“Però, non scherzi con l’alcool” le dissi stupita.
Lei guardò prima il mio bicchiere e poi me con fare di sufficienza.
Bevetti qualche sorso e per poco non mi strozzai.
Dio, ma che acqua era?
Aveva un sapore strano, un po’ forte, ma dopo averlo bevuto qualche volta non era male.
Me ne versai qualche altro bicchiere e Jody mi squadrò con uno sguardo in cui il disprezzo e la sorpresa erano una sola cosa.
Che aveva da guardare? Stavo solo bevendo un po’ d’acqua.
Ok, acqua un po’ strana.
Poi m’illuminai.
“Scusa un secondo, Jody. Devo andare a chiedere una cosa a mia fratello”.
Versai ancora un po’ di bevanda nel bicchiere e uscii per andare alla ricerca del troglodita.
Ebbi parecchia fortuna, perché lo trovai in giardino a scolarsi una bottiglia di birra, e non sarei stata capace di proseguire la ricerca, a causa dell’orribile mal di testa che mi stava venendo.
Mi avvicinai a lui, gli ficcai il bicchiere in mano e gli dissi
“Toh, dimmi cos’è”
Lui gli diede un’occhiata veloce, e mi rispose:
“Ma è ovvio”
“Cosa?”
“E’ ovvio che è vodka, scema!”
Mentre io assimilavo la notizia, lui si scolò il bicchiere.
“Non è possibile…”
“Che c’è?”
Seguono improperi che è preferibile non citare.
“Si può sapere che diavolo hai? Sembri quello di Quattro matrimoni e un funerale, quando si alza in ritardo la mattina di un matrimonio.” mi disse guardandomi come se fossi una pazza.
“Me ne sono scolata qualche bicchiere. Ho un mal di testa pazzesco e..oh caz…mi gira tutto!!!”
Mi sedetti a terra e mi appoggiai alla muretto che segnava la fine del giardino, con le mani sulla faccia.
“Non dirmi che non l’avevi capito? Ahaha! Cosa credevi che fosse? Acqua? Ahahaha!”
Lo fulminai con lo sguardo, ma tutto ricominciò a girare, cosi che richiusi gli occhi e appoggiai la testa alle ginocchia.
Dopo qualche minuto però non riuscii più a sopportare quell’umiliazione, e mentre mio fratello si sganasciava, mi sorpresi di non vederlo rotolare per terra, entrai barcollando in casa.
Mi diressi verso il bagno, cercando di mantenere un minimo di equilibrio e dignità, cosa molto difficile, visto che riuscivo a malapena a capire dove mi trovassi.
Gli effetti della sbronza stavano peggiorando, ma arrivai miracolosamente al bagno e successivamente anche alla tazza del water, a cui lasciai un piccolo ricordo.
Riemersi con la faccia dal quel buco puzzolente pieno di bile e tirai lo sciacquone.
Ora andava un po’ meglio, anche se mi sentivo ancora piuttosto inebetita e non credevo che sarei riuscita a fare un qualsiasi discorso con qualche senso.
Sono sicura che chiunque stia venendo a conoscenza di questi fatti, si stia chiedendo come non sia riuscita a distinguere l’acqua dalla vodka, e che io sia un perfetta deficiente.
Ebbene, non posso dare alcun torto a chi la penserà cosi, perché non so neanch’io come o fatto a scolarmi otto bicchieri, ebbene si, otto, di quella stramaledetta bevanda, ma posso giustificarmi nel dire, che non avevo mai bevuto bevande alcoliche in vita mia, a parte una volta, in cui bevvi di nascosto con una cannuccia del vino dalla damigiana di mio padre, quand’ero piccola.
Mi chiedo ancora perché lo feci.
Uscii dal bagno che ancora barcollavo e mi imbattei in Jody, che mi guardò divertita.
“Tuo fratello mi ha detto tutto. Oh, povera cara, non sei abituata all’alcool. Ma stai tranquilla, avrai tutto il tempo che ti serve per abituartici. Soprattutto dopo quando il tuo caro idolo non ti baderà neanche di uno sguardo.”
Poi si mise a ridere di gusto.
Eh no, va bene ridere perché non  reggo l’alcool e tutto il resto, ma insultarmi sul fronte Josh non è assolutamente tollerabile, e mio fratello lo sa, perché divento una bestia.
Quella volta l’alcool aumentò il tutto.
“Senti sfigatella da quattro soldi! Io non saprò reggere l’alcool come fai tu, ma non ti permettere di insultare il mio idolo. Sarà anche irraggiungibile e tutto quello che vuoi, ma almeno io lo amo e mi piace. Io non vado in giro con il primo che mi sbava dietro e non lo lascio quando non mi garba più! Non mi sbronzo ogni sabato sera per tornare a casa alle sei della mattina in condizioni pietose, e non penso in ogni singolo attimo della mia vita alla moda, a differenza di te. Stupida gallina bionda!”
E le mollai un sonoro ceffone, che le fece perdere l’equilibrio.
Guardai gli ospiti che mi osservavano increduli.
Poi vidi mia madre che aveva il viso pieno di sconcerto.
Mi diressi in giardino, scansando chiunque fosse sul mio passaggio; raggiunsi mio fratello che mi chiese
“Che è successo? Ti ho sentito urlare”
“Niente di che. Ho solo espresso a Jody la mia opinione su di lei. Di a ma e pa che vado da Elena a piedi…anzi no, digli che vado a fare una passeggiata nel parchetto qua vicino.”
“Ma sei completamente ubriaca, non puoi andare in giro in queste condizioni!”
“Allora mi accompagni tu da Elena?”
Lui mi guardò spazientito.
“Non è meglio se ti accompagno a casa e le telefoni? Sai non credo che sua madre sarebbe contenta di vederti in questo stato entrare in casa sua.”
In effetti aveva ragione.
“D’accordo. Ma muoviti, prima che i vecchi si accorgano che abbiamo preso la macchina.”
“Oh, tanto se ne accorgeranno comunque e mi toccherà venire a prenderli” disse sogghignando.
Scavalcammo il muretto e corremmo verso la macchina.
Mentre mio fratello avviava il motore, vidi i nostri genitori uscire dalla porta d’ingresso e guardarci scioccati.
Durante il viaggio mi appoggiai al finestrino e osservai le case e i campi che superavamo ad alta velocità.
Ad un certo punto il mio compagno di viaggio mi passò uno strano sacchetto
“Dai, tirati su con questo”.
Guardai il sacchetto con aria sospetta, poi mio fratello, che però era concentrato sulla strada, e aprii cauta il sacchetto.
Un dolce odore usciva dal sacchetto e cauta ne guardai il contenuto.
“Guarda che non ti mangia mica, caso mai il contrario” disse sarcastico.
Feci finta di non averlo sentito e mi concentrai sul sacchetto.
“Ma è…cioccolata!”
“Al latte. Perché, cosa doveva essere, scusa?” mi guardò con aria perplessa.
“Niente. Assolutamente niente.”
Aprii meglio il sacchetto e mi tuffai nella cioccolata.
“Non è che ne avresti di fondente?” gli chiesi mentre affondavo i denti in un blocchetto dall’aria invitante.
Lui mi lanciò un’occhiataccia, che sottintendeva tutto.
“Ok, ok. Chiedevo soltanto”.
Mi voltai dall’altra parte e rimanemmo in silenzio fino a casa, dove mi lasciò.
“Vado a prendere i vecchi. Preparati ciccia, perché sei in guai seri.”
“Lo so. Comunque anche tu non te la passerai bene. Mi hai portato qui. Sei mio complice” e gli faccio una linguaccia.
“Già…” disse rassegnato.
Poi mi salutò col capo e partì veloce.
Presi le chiavi di scorta che tenevamo nel vaso dei garofani e aprii la porta.
In casa faceva fresco, e mi sentii come rinata.
Andai in cucina, con il mal di testa che non accennava a diminuire, presi un bicchiere di latte freddo con cacao, un vasetto di nutella, il telefono di casa e mi diressi in camera, dove mi chiusi a chiave.
Composi il numero di Elena e parlammo a lungo di quello che era successo.
Strano che Thomas ci mettesse così tanto ad arrivare, probabilmente non aveva spinto con  l’acceleratore per darmi qualche minuto in più di tregua, almeno così pensavo.
“Beh, ora sarà meglio che vada. Tra un po’ arriveranno i miei e se mi trovano al telefono mi faranno ancora più storie”.
“Si, hai ragione. Allora buona fortuna, incrocerò le dita per te. E portami un souvenir dagli United States of America!”
“Se mai ci arriverò, Ele. Se mai ci arriverò”.
Lei rise e chiudemmo la chiamata.
Mi stesi sul letto, chiusi gli occhi e cercai di dormire.
La telefonata ad Elena, aveva placato il mal testa, che ora però tornava ad assalirmi.
I giramenti erano finiti, ma il cioccolato non era servito a farmi tornare in forze, perché mi sentivo ancora piuttosto debole.
Stavo quasi per dormire quando sentii un urlo provenire da sotto.
“Non cercare di calmarmi! Adesso la sistemo io!”
Passi leggeri ma decisi salirono le scale e sentii che qualcuno stava cercando di aprire la porta.
“Ersilia Lunetti, apri immediatamente questa porta!”
Mia madre.
Com’era prevedibile venne a sgridarmi lei, mentre mio padre cercava di calmarla e cercare di risolvere il tutto in modo più tranquillo.
Mi avvicinai alla porta, ma non l’aprii.
La furia di mia madre può essere devastante e avevo paura che se avessi girato la chiave e abbassato la maniglia, mi sarebbe saltata letteralmente addosso.
“Preferirei parlare così, finché non abbassi la voce,” le risposi.
“Cara lascia fare a me” le disse mio padre.
Credo che lo fulminò con lo sguardo, perché non lo sentii fiatare.
“Ersilia,” mi disse, anzi per meglio dire mi urlò “ti rendi conto di quello che hai fatto?”
“Ho solo espresso la mia opinione sullo stile di vita della mia cara cuginetta. Tra l’altro, dopo che lei mi aveva insultato. Non sono stata neanche troppo volgare. Mi sembra di essere stata fin troppo gentile, mamma. Di cosa ti lamenti?”
Probabilmente non sapeva che rispondermi, perché passò un po’ di tempo prima che parlasse di nuovo
“I tuoi zii sono rimasti sconvolti. Hai fatto vergognare tutta la tua famiglia. Mia sorella mi odierà”.
“Credo che odierà di più me” non che me ne importasse molto, in fondo.
“Non ci parlerà per mesi.”
Sai che perdita, la zia si faceva sentire solo ogni tanto, ogni volta che c’era un problema.
“Ma, senti. La zia la senti poco, non sarà così drammatico. Vedrai che tutto passerà”.
“No, non passerà affatto. Devi scusarti con tua cugina.”
“Non lo farò mai!”
“Beh, allora credo che domani potrai restare anche qui, visto che non hai neanche la forza di prendere il telefono e chiamare tua cugina.”
Cosa? Restare qui e non vedere Josh? Per nulla al mondo vi avrei rinunciato.
L’orgoglio poteva andare a farsi friggere.
“D’accordo. Lo farò”
“Ho la tua parola?”
“Croce sul cuore” dissi con una smorfia.
Lei sembrò soddisfatta e si allontanò.
Passai il resto della giornata a maledire la stupida gallina bionda.

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  Angolo dello scrittore

Spero mi perdonerete per il vergognoso ritardo della pubblicazione, ma per circa un mese non ho avuto tempo o internet a disposizione.
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia e buona lettura, al prossimo capitolo,
                                                        

                                                                          Vostra Teikci
 

  
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