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Autore: REAwhereverIgo    20/08/2012    10 recensioni
Riflessioni durante una notte d'estate!
Dal testo
"Non so quanto è passato, ma vedo il sole che nasce dietro alle colline.
Forse dovrei andare a dormire e dimenticare i miei pensieri sciocchi. Infilarmi sotto alle lenzuola e far finta di niente.
Però non posso, non posso più continuare a fingere indifferenza quando vorrei solo urlare contro tutto e contro tutti, farmi sentire da chi non mi ascolta, da chi non mi sente."
Rea
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le stelle brillano sempre, no?

 

Lo sapevo cosa sono le stelle: sono masse gassose che bruciano a miliardi di chilometri da noi (“Il Re Leone” qualcosa mi aveva insegnato). Eppure, quando di notte non riuscivo a dormire, mi mettevo seduta e le guardavo, sperando che capitasse qualcosa.

Il periodo più buio che si possa passare nella vita è quello in ci sentiamo soli.

Non siamo soli, ma ci sentiamo soli: senti di non poter parlare dei tuoi problemi con nessuno, che nessuno può capirli.

In questo momento è così che mi sento: sola al mondo, con una voglia di piangere che ne basterebbe la metà per esplodere.

Mi rigiro nel letto, senza sapere come fare per addormentarmi. Sono stanca, ma tutto sommato non ho sonno.

Mi alzo, vado in camicia da notte in terrazza, e mi siedo a terra. Meno male che di notte la brezza estiva è fresca, non come di pomeriggio, che è così umida da appiccicarsi sulla pelle.

Mi tiro le ginocchia al petto e lascio che le lacrime, finalmente, scorrano sulle mie guance, tirando un sospiro di sollievo. Tenere dentro il pianto mi fa sentire costretta.

 

Ci sono dei momenti in cui vorresti solo scomparire. Venire inghiottita dal pavimento e andartene per sempre. Ormai non riesco a vivere altri momenti che questi.

Devo lavorare per la mia famiglia.

Non ho amici che mi possano aiutare a sfogarmi.

Non riesco ad alzarmi la mattina con il sorriso.

Mi sembra che le lacrime vadano da sole, io non me ne rendo più nemmeno conto.

Vorrei solo che finisse questa sofferenza, vorrei svegliarmi una mattina senza piangere, chiedo troppo?

 

Mi avvicino al cornicione e guardo di sotto, tentata. Se adesso mi buttassi, forse, finirebbe tutto, no?

Mi sento come quelle stelle che si studiano sui libri, quelle piccole e poco luminose che si accartocciano su sé stesse. Continuano a contrarsi finché non scompaiono del tutto, lasciando dietro di sé una nube luminosa.

Potrei farlo anche io?

Lasciare dietro di sé qualcosa, un segno del proprio passaggio… davvero si può? Anche una piccola, inutilità come me riuscirebbe a scaturire tanta luminosità?

No, decisamente non posso. Ci vuole un’energia enorme per esplodere in modo così eclatante, e io non ce l’ho.

Mi allontano e mi siedo a terra, continuando a piangere. Alzo gli occhi al cielo. Da qui sembra così vicino. Allungo una mano e provo a vedere se lo raggiungo, ma è così lontano, e io sono così stanca.

Però non butto giù il braccio, anzi provo ad alzarmi di più, di più, di più. Voglio solo toccare il cielo per una volta, una sola.

Apro le dita a ventaglio e nello spazio tra una falange e un’altra vedo le stelle che brillano. Sembrano così vicine, eppure non si possono toccare mai.

So che esistono quei sistemi in cui due stelle si ruotano intorno a vicenda, aumentando in maniera esponenziale la loro luminosità e facendo in modo di sostenersi a vicenda grazie alla gravità.

Io non ce l’ho un’altra stella che mi ruota intorno, sono sola, e questo mi fa male.

 

Non so quanto è passato, ma vedo il sole che nasce dietro alle colline.

Forse dovrei andare a dormire e dimenticare i miei pensieri sciocchi. Infilarmi sotto alle lenzuola e far finta di niente.

Però non posso, non posso più continuare a fingere indifferenza quando vorrei solo urlare contro tutto e contro tutti, farmi sentire da chi non mi ascolta, da chi non mi sente.

Mi asciugo gli occhi e cerco di smettere di piangere, anche solo per evitarmi le occhiaie la mattina dopo e le occhiatacce di mamma, che tanto capisce sempre tutto.

Se capisse anche quanto sto male…

 

Mi alzo un po’ barcollante e guardo per un’ultima volta il cielo, sperando in un qualche segno di speranza. Uno piccolino.

E forse, per una volta nella vita, c’è davvero un segnale, da lassù. Qualcuno nell’universo forse stanotte mi guardava e si chiedeva come mai io piangessi, e ha deciso di mandarmi un piccolo aiuto luminoso.

Mentre sto per rientrare noto una cosa singolare che mi fa battere il cuore in modo un po’ più forte del solito: il sole ormai è quasi del tutto sopra l’orizzonte e la luce che emana è già splendente, però c’è un piccolissimo puntino luminoso che continua a farsi vedere nonostante tutto. È una stella piccinissima, così lontana che non si vede quasi. Però c’è, e questo mi consola.

Nonostante la lucentezza del sole, continua a rimanere lì e a resistere.

Nonostante sia ormai giorno, non si arrende.

Nonostante tutte le altre stelle siano scomparse, lei è più dura a morire.

Forse lo dovrei fare anche io, no?

Mentre mi mettevo sotto le coperte, mi feci una domanda: volevo essere come tutte le altre stelle? Volevo scomparire così perché qualcuno brillava più di me?

Strinsi il cuscino al petto come quando avevo due anni, e sorrisi.

No, non l’avrei fatto, non volevo farlo, non stavolta, non più. Non mi sarei più arresa, non potevo.

 

Le stelle sono masse gassose che bruciano a miliardi di chilometri da noi.

La leggenda vuole che ogni stella sia associata ad una persona… io non voglio smettere di brillare.

  
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