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Autore: Firelight_    21/08/2012    14 recensioni
Due popoli e una sanguinaria lotta per il potere che sembra non avere mai fine; quando i loro occhi s'incrociano, Niall e Zayn capiscono all'istante che c'è fra loro qualcosa che è impossibile ignorare, ma che è altrettanto impossibile realizzare.
Potrà un infimo raggio di sole abbattere secoli di astio radicato nei loro animi?
[Zayn/Niall, alternative universe; mini-long]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Atto terzo.

 
 



Ah la tua voce misteriosa che l’amore colora e piega
nell’imbrunire risonante e morente!
Così nelle ore profonde sopra i campi
vidi piegarsi le spighe nella bocca del vento.

 
 
 





Zayn era in attesa, lo sguardo fisso sulle schegge di ghiaccio che, portate dal vento nordico, ticchettavano contro la finestra, andando in frantumi.
Non era certo di star facendo la cosa giusta: era suo dovere di generale dell’esercito di Fiender richiamare a sé il prigioniero per interrogarlo e, se reso necessario dalle circostanze, ricorrere alle maniere forti. Ma come avrebbe potuto fare del male a Niall? E, soprattutto, come sarebbe riuscito a resistere all’unico che fosse mai riuscito a far battere più forte il suo cuore incatenato?
Qualcuno bussò alla porta e, con un sobbalzo, il giovane si raddrizzò la giubba e avanzò per schiudere l’uscio, dietro al quale trovò due guardie corpulente che trattenevano Niall.
Non appena incrociò quegli occhi azzurri, nobili e alteri esattamente come li ricordava, Zayn perse ogni sicurezza, ma come sempre celò le proprie debolezze dietro a una facciata impassibile.
“Lasciate qui il prigioniero” concesse, il tono gelido.
Il biondo venne spinto bruscamente all’interno della stanza, le mani legate dietro la schiena da una corda e i polsi arrossati; nonostante i capelli spettinati e le evidenti privazioni di intere settimane trascorse nelle carceri, Malik non riusciva a non trovarlo bello da star male.
Non appena la porta si richiuse con un tonfo cupo, il cuore di Niall eseguì una notevole impennata nel suo petto: avrebbe voluto mostrarsi sicuro di sé, ma in verità era terrorizzato.
Terrorizzato perché quel che provava per Zayn, il suo mortale nemico, si rafforzava ogni giorno di più, e lui non poteva far nulla per fermare quel lento processo di dolcissima autodistruzione.
“Dunque, Horan” esordì il più grande, schiarendosi la voce, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia “Spero che la prigionia vi abbia sciolto un po’ la lingua”.
Niall la fece schioccare contro il palato, lo sguardo fermo.
“Potresti verificarlo tu stesso” ribatté, tagliente e provocatorio, lieto di vedere le guance dell’altro colorarsi di rosso a quell’allusione.
Zayn sembrava essere determinato a ignorare quel che era accaduto fra loro, nonostante l’uragano che lo uccideva da dentro, ma Niall era altrettanto ostinato nel non permetterglielo.
“Non esagerare” lo ammonì il moro, il sangue che pulsava più forte “La mia pazienza ha un limite”.
“Ah, davvero?” sbottò quello “Di preciso quale, Zayn? Il limite di settimane chiuso in quel maledetto sotterraneo, dopo esser stato cacciato via da te come se fossi solo un banale errore?”
“Taci!”
Il generale si sentiva esplodere, era come se le sensazioni stessero risalendo in superficie e premessero per uscir fuori e travolgere ogni cosa.
Si voltò di scatto a guardare Niall, e il cuore gli s’incrinò, per poi spezzarsi del tutto e andare in infinitesimali frammenti.
Questi aveva una posa aggressiva, un’aria furente e tenace dipinta sul viso pallido e il respiro accelerato, ma ciò che non poteva ignorare erano le lacrime lucenti addensate nei suoi occhi celesti, che gli bagnavano le ciglia chiare.
“Niall…”
Zayn gli si avvicinò di qualche passo, sentendo due forze opposte che lo strattonavano in direzioni differenti.
“No!” soffiò questi, feroce “Non voglio la tua pietà”.
“Ti prego”.
Improvvisamente il tenente si scagliò contro di lui, come ad assalirlo: tuttavia, tutto quel che Zayn riuscì a percepire furono le loro labbra schiacciate goffamente l’una contro l’altra per un breve secondo, poi Niall si accasciò fra le sue braccia e – il viso premuto sulla sua gola – cominciò a piangere in silenzio, minuscole gocce d’acqua salata che gli scorrevano sulle gote smunte.
Il moro sentiva un groppo in gola, ma riuscì comunque a stringerlo forte a sé, baciandogli dolcemente i capelli in disordine, tenendo insieme quel fragile corpo singhiozzante che racchiudeva l’anima di un grande uomo.
“Oh, Dio, mi sei mancato talmente tanto” sussurrò Niall, le parole che sibilavano nell’aria e si attorcigliavano ai loro pensieri.
Zayn, senza pensarci su due volte, estrasse il coltellino dal fodero e tagliò la fune che gli bloccava le mani, e subito il ragazzo ricambiò la stretta disperata, portandogli debolmente le braccia al collo.
“Anche tu” bisbigliò “anche tu”.
Niall annuì piano, non accennando a staccarsi da lui, il pianto condiviso sulla loro pelle, la bocca che teneramente cominciava a sfiorargli il collo e lo faceva sospirare.
Infine sollevò lo sguardo, immergendosi nelle sue iridi di miele e cenere.
“Perché?” mormorò, socchiudendo le palpebre “Che giustizia c’è in questo? Perché sono destinato a star lontano dal solo che potrei mai amare?”
Zayn sussultò, sentendosi inesperto di fronte a quell’intensità di sentimenti che – perché negarlo persino con se stesso? – anche lui si ritrovava a provare.
“E se anch’io ti amassi?”
Piccole grandi parole che sfuggono senza permesso, piccole grandi verità che aleggiano nella brezza e ci colpiscono di sghimbescio, volando e danzando sempre più in alto.
Cos’era, per loro, la vita?
Niall fece una risata bassa e incredula, le lacrime che avevano smesso di scorrere e due nuovi pomelli rosati sulle guance.
“Non mi importerebbe di altro” affermò con sincerità, posando una mano candida sul volto dell’altro e accarezzandolo con delicatezza.
Zayn assentì quasi fra sé e sé, non riuscendo ad allontanare gli occhi da quei pozzi immensi di lande innevate che erano quelli di Niall, i quali lo catturavano, drogandolo con il veleno più delizioso che avesse mai avvertito nelle vene.
E poi lo baciò. Lo baciò perché non avrebbe potuto fare altrimenti, lo baciò perché era l’unica cosa che volesse davvero, lo baciò perché Zayn Jawaad Malik era nato per amare Niall James Horan con tutti gli anneriti brani della sua anima tormentata che, su quelle labbra rosse, rinasceva.
E ora non aveva più senso rifiutare di amarsi, perché era impossibile, perché era imprescindibile dalle loro anime, un destino che non potevano né volevano contrastare.
Cosa sarebbero stati l’uno senza l’altro, se non ombre prive di qualsiasi segno di vita?
Zayn tracciò il contorno delle sue labbra con la lingua, facendogliele aprire e insinuandogli la lingua in bocca, provocandogli un sorriso leggero e un brivido lungo la schiena.
E li faceva star così bene che non avrebbero mai smesso; le lingue che si cercavano e si ritrovavano gioiose, il fiato caldo che si fondeva insieme e s’affannava sempre più, dita che esploravano un corpo e gemiti soffocati in bocca all’altro, fremiti sulla pelle e voglia nella carne: ogni cosa era tanto perfetta da accecare.
Non importava se di tanto in tanto mancava il respiro, perché bastava separarsi per un momento e ricongiungersi l’attimo dopo, vicini e indivisibili per paura di essere un giorno costretti a dividersi.
Quando Niall sentì Zayn cominciare a lambirgli il collo con la lingua calda, si abbandonò completamente al suo abbraccio, beandosi di quel che gli sembrava un assaggio di Eden terreno. Si ritrovò, nella foga dei loro movimenti appassionati, a venire sospinto contro uno dei mobili pregiati, e in un secondo vi si sedette sopra, avvolgendo i fianchi dell’amante con le gambe e riprendendo a baciarlo con avidità.
“Non è possibile che tu mi faccia perdere la testa in questo modo” borbottò Zayn, divertito e un poco contrariato, ma soprattutto desideroso di saggiare quel corpo che teneva stretto.
Niall sorrise, arrossendo appena per l’inaspettato affanno nella voce dell’altro, ogni pensiero cancellato dal contatto dei loro bacini che si scontravano leggermente a ogni sfioramento.
Riusciva solamente a realizzare quanto fosse meraviglioso mordicchiare il labbro del moro, che ogni volta emetteva un roco lamento di approvazione, e infilargli le mani sotto la camicia per scoprire la sua pelle liscia e bollente.
“Sto per mandare al diavolo il mio autocontrollo” lo avvertì Zayn, che gli stava lasciando piccoli baci umidi lungo il mento.
“Approvo pienamente” mugugnò soltanto, facendosi sfuggire un gemito quando l’altro prese a succhiargli e leccargli la pelle fino a marchiarlo con un segno rosso ed evidente.
Da quel momento in poi, tutto ciò che risuonò per le pareti della stanza – dopo che Zayn ebbe sapientemente fatto girare il chiavistello per due volte – furono respiri veloci che si disperdevano nelle pieghe della pelle accaldata, baci troppo innamorati per sembrare reali e sospiri appagati a ogni tocco.
Fu solo quando Niall, capendo che il generale di Fiender doveva avere certamente meno esperienza di lui con gli uomini, si tolse la camicia di foggia tipica delle sue terre, che Zayn si lasciò andare a se stesso.
Aveva avuto paura che il biondo non volesse spingersi così oltre, ma gli eventi che si affollavano attorno a loro li opprimevano e mettevano addosso una fretta smaniosa.
“Voglio fare l’amore con te” gli disse Niall sottovoce, guardandolo dritto negli occhi senza traccia di timore o timidezza, sicuro di sé come mai era stato semplicemente perché quel che provava non lasciava spazio a dubbi.
E allora Zayn sorrise – un sorriso da ragazzino che non aveva mai avuto il coraggio di mostrare a nessuno, il sorriso raggiante di chi non vede altro che luce e si compiace del Sole che lo illumina, il sorriso di chi ama e fa dell’amore il proprio eterno scudo nei confronti della vita.
Continuarono a baciarsi con una tenerezza che entrambi usavano per la prima volta anche mentre, le mani che tremavano emozionate e si inceppavano su bottoni e cerniere, i loro vestiti cadevano a terra, facendoli sentire terribilmente giovani, maldestri e felici.
E Niall aveva un po’ paura perché gli sembrava di imparare tutto daccapo, e Zayn aveva un po’ paura perché mai gli era successo di sentire sotto le dita ciò che di più importante aveva al mondo, ma non aveva importanza.
Nudi fra le lenzuola bianche e fruscianti, illuminati dalla luce fioca delle candele e da quella di una fetta di luna oltre le torri, si guardarono brevemente negli occhi, cercando di esprimere quel tutto che li animava profondamente.
Niall sentiva la lingua dell’altro ovunque sul proprio corpo e, dopo avergli baciato le labbra con affettuosa premura, Zayn affondò dentro di lui, prendendolo con voluttà rispettosa, violando quell’antro ardente e immergendosi in una distesa di oblio.
Fecero l’amore dolcemente, senza fretta, impegnandosi a scoprire ogni cosa l’uno dell’altro e beandosi delle grida gutturali soffocate mordendosi forte le labbra per far silenzio.
Zayn credette di vedere la luna brillare sulle goccioline di sudore che imperlavano la pelle diafana del biondo, fremente di piacere sotto di lui, e il pensiero di essersi innamorato del proprio universo gli attraversò irrazionale la mente. Niall in lui vedeva la notte che morbida lo avvolgeva, un’oscurità che non gli incuteva più timore ma che si intrufolava in ogni suo angolo e lo trasformava in una persona nuova.
Fecero l’amore più e più volte durante ore che parevano troppo brevi per tutto ciò che desideravano, donandosi accurate attenzioni a vicenda, amandosi e conoscendosi in ogni sospiro, in ogni morbida e affannosa spinta che li rendeva un unico corpo.
E fu l’alba quando, sfiniti e tremanti per le troppe emozioni che li facevano traboccare, si nascosero sotto un rifugio di coperte, accoccolandosi l’uno contro l’altro.
Sussurrarono e si baciarono all’infinito, facendo unire le loro labbra umide che si cercavano in ogni momento, finché non caddero nel sonno e – dietro i monti innevati – il sole si risvegliò.
 
 

Quando Zayn aprì gli occhi, sorrise.
L’irragionevolezza passionale della sera prima era scemata, ma il sentimento che lo pervadeva dalle radici persisteva, riempiendolo di calore. Cercò di pensare in modo razionale, accarezzando piano il corpo bianco che teneva fra le braccia, osservando i respiri che gli gonfiavano impercettibilmente il petto, lo sguardo che scivolava su ogni centimetro di quella pelle cerea.
Era consapevole di non aver scusanti per ciò che aveva fatto la notte precedente – l’amore non sarebbe mai stato considerato una giustificazione – tuttavia non riusciva a considerarlo come un errore.
Il fatto che il tenente di Naimhde fosse comunemente definito un nemico, per lui non aveva più alcun valore; era semplicemente l’uomo che – in modo del tutto inaspettato – amava, e sapeva che ciò non sarebbe cambiato.
Niall biascicò qualcosa nel sonno, si girò su un fianco e gli si posizionò meglio addosso, raggomitolato su se stesso, il fiato che gli sfuggiva e s’infrangeva contro l’incavo della gola di Zayn.
Senza preavviso, mentre questi si chinava per baciarlo sul capo, il biondo spalancò gli occhi limpidi e lo guardò con una sorta di gioioso stupore, strofinando il naso sulla sua pelle.
“Buongiorno, Zayn” farfugliò assonnato, strizzando le palpebre e rivolgendogli un sorriso obliquo.
Zayn sentiva il cuore battergli più forte, perciò non resistette oltre e unì brevemente le loro labbra, permettendo al sapore del più giovane di rubargli la lucidità.
Quando si separarono, Niall si stiracchiò come un felino e si mise a sedere, scompigliandosi i capelli chiari con una mano e guardandosi intorno, schermandosi dalla luce che lo colpiva.
Prima che uno dei due potesse dire una parola, si sentì bussare alla porta e il generale rabbrividì, i pensieri di colpo invasi dalla cruda realtà che li attendeva là fuori.
“Generale Malik, signore?” azzardò una voce dall’altra parte della soglia.
I due amanti si scambiarono una breve occhiata, poi Zayn si alzò in piedi e prese un lungo respiro.
“Che cosa c’è?” domandò, maledicendo la propria voce arrochita e instabile.
“Stiamo cercando il prigioniero di Naimhde; il maresciallo Mills mi ha riferito che voi siete stato l’ultimo a interrogarlo”.
“Esattamente” confermò sbrigativo, cercando una soluzione.
“Non si trova più nei sotterranei, signore”.
“Certo che no” convenne lui, messo ormai alle strette “L’ho fatto condurre nell’antica Sala della torre più alta, credo che lì troveremo un metodo adatto per farlo parlare”.
“Quali sono gli ordini, generale?”
“Nessuno” si affrettò a rispondere, le mani serrate a pugno “Dite al maresciallo che fra poco lo raggiungerò nell’Ufficio Riunioni”.
“Sissignore”.
Rimasero ad ascoltare i passi della guardia di palazzo che si allontanavano, rimbombando lungo il corridoio di pietra, poi Zayn si voltò di scatto a guardare Niall.
“Non c’è tempo da perdere” balbettò, cominciando impacciato a rivestirsi “Dobbiamo fare in fretta!”
Il biondo gli si avvicinò incerto, prendendogli una mano per fermare i suoi gesti frenetici.
“Che intendi dire?”domandò, senza peraltro aver alcuna voglia di udire quel che sarebbe stato il verdetto del loro destino.
“Devi andar via”affermò il più grande, un groppo in gola “Devi subito andar via da Fiender”.
 
“No. Zayn, no! Non ti lascerò mai, non posso sopravvivere senza di te”.
Sentiva il pianto infiltrarsi malevolo nella voce di Niall, ma Zayn sapeva di non avere altra scelta e, ignorando la sensazione di avere a propria volta gli occhi lucidi, gli catturò le mani fra le sue e le baciò convulsamente.
“Devi farlo, invece. Se rimanessi qui al castello, verresti torturato e infine ucciso. Non posso permetterle che accada”.
“Io… io ti amo. Non ti abbandonerò qui”.
Il moro gli baciò una lacrima solitaria che stava rotolando giù per il suo viso.
“Non puoi rimanere in terra nemica, Niall. Se cercassero di farti del male, mi recherei in tua difesa e di conseguenza verremmo entrambi uccisi. È questo, ciò che vuoi?”
Niall impallidì, sconvolto da quanto l’altro potesse essere sottilmente subdolo pur di convincerlo a salvarsi la vita.
“Sai che non è così!”
“Allora devi fuggire”anche Zayn aveva il volto invaso dal pianto, ma non c’era tempo per curarsene “Sei tutta la mia vita, e non permetterò che per colpa mia ti accada qualcosa. Devo riuscire a farti scappare dalla fortezza”.
“Vieni con me” disse l’altro, senza pensarci su “Potremo allontanarci da Fiender e Naimhde, viaggiare in terre lontane e non tornare mai più. Insieme”.
Il silenzio regnò sovrano per pochi secondi, mentre i due si guardavano negli occhi, straziati dalla sola idea di non rivedersi più e di separarsi per sempre.
“Insieme” ripeté piano Zayn.
E, fra le lacrime che scorrevano copiose, suggellarono il loro patto d’amore con un bacio.
 
 

Con il cappuccio nero calato sugli occhi, Niall faticava a vedere fra l’intrico di viali del parco del castello, ma si lasciò guidare da Zayn che – nonostante fosse camuffato allo stesso modo – non compieva mai un passo falso.
Si nascosero svelti sul retro di una stalla, le mani sempre vicino all’elsa della spada nascosta sotto i mantelli scuri, lo sguardo saettante e acuto che scandagliava ogni azione estranea.
Un solo sbaglio sarebbe costato loro la vita.
Zayn lo guidò lungo il profilo delle mura, alla ricerca di un punto privo di guardie che avrebbe loro permesso di sgattaiolare fuori, anche grazie all’aiuto del passepartout che – come generale dell’esercito – lui possedeva.
“C’è un passaggio” affermò d’un tratto “tra le torri Est e Nord-est. Durante il giro di perlustrazione, quel cancello viene lasciato senza protezione per la durata di circa trenta secondi. Dobbiamo riuscire a uscire passando di lì”.
Niall annuì soltanto, stringendogli forte una mano e inspirando bruscamente a ogni passo dei militari di Fiender che marciavano a centro metri di distanza.
Il moro evitò il suo sguardo, ben sapendo che – se solo l’avesse incrociato – l’altro gli avrebbe letto la sconfitta nelle iridi. Zayn sapeva che il tempo non sarebbe stato sufficiente perché entrambi uscissero fuori dalla cinta muraria senza che nessuno se ne accorgesse, ma cercava di non pensarci.
Sapeva che, una volta che il tenente fosse passato oltre i fossati, le guardie si sarebbero precipitate verso di loro e lui avrebbe dovuto cercare di trattenerle abbastanza a lungo per permettere al compagno di fuggire; e, nonostante questo garantisse la sua morte certa in quanto traditore della patria, riusciva ugualmente a non occuparsene. Se era il prezzo da pagare perché la vita di Niall venisse risparmiata, non si sarebbe tirato indietro.
Zayn si voltò verso il biondo, catturando per un momento la luce dei suoi occhi di firmamento celati dalla stoffa, poi volse il capo in direzione dei battaglioni che percorrevano il cortile.
Ancora pochi attimi e avrebbe messo in atto il suo piano.
Fece lentamente risalire la sua mano sul volto candido di Niall, la pelle liscia e morbida sotto i polpastrelli e – del tutto senza preavviso – lo coinvolse in un bacio disperatamente infuocato, che sapeva di amarezza e di addii.
Quando si separarono, il biondo avrebbe voluto chiedergli qualcosa, avrebbe voluto esser rassicurato e sentire che sarebbero rimasti insieme per sempre, ma non ne ebbe la possibilità.
Zayn gli fece un cenno e, silenzioso come la notte, sgusciò fuori dal loro nascondiglio, diretto verso il varco fra le mura; lui si affrettò a seguirlo e, non appena il generale gli passò velocemente il passepartout, lo fece scattare nella serratura per costringerla ad aprirsi.
Fu in quell’istante che il silenzio crollò; una vedetta, che si trovava appostata sulle torrette ornate da bandiere e stendardi variopinti, gettò un grido di avvertimento lungo tutta la vallata.
“Intrusi! Due intrusi incappucciati in fuga tra le torri Est e Nord-est! A tutte le milizie di Fiender: accorrete!”
Zayn, già preparato di fronte a un attacco di quelli che sarebbero dovuti essere i suoi alleati, sguainò la spada e si mise in posizione, pronto a combattere fino alla fine.
Niall, alle sue spalle, si immobilizzò. La porta si era aperta, la chiave era ancora infilata nella toppa, ma lui non riusciva a muoversi di un millimetro, perché tutto ciò che gli apparteneva era ancorato al coraggioso soldato che si apprestava a difenderlo a costo della propria vita.
“Scappa, Niall!” gli gridò il moro, angosciato, mentre già alcune guardie li raggiungevano e sfilavano le sciabole dai foderi intarsiati “Posso trattenerli, ma tu devi andartene!”
Incrociarono le lame e Zayn, con abilità dettata da una combinazione di talento e funesta abitudine, si liberò del primo avversario.
Tuttavia, per quanto egli potesse essere capace, i nemici erano troppi, ed era evidente che o prima o poi sarebbero riusciti a sopraffarlo.
Niall, ignorando i suoi richiami afflitti, si pose al suo fianco e trasse a sua volta l’arma, i cappucci che scivolavano via e rivelavano i volti di un soldato di Naimhde e uno di Fiender che combattevano fianco a fianco per salvarsi la vita.
Nel momento in cui il comandante Yaser Malik – a detta di tutti disumano e insensibile –, a capo della fazione che stava assalendo i due, riconobbe i tratti di suo figlio, si pietrificò sul posto, impallidendo terribilmente.
“Niall, devi andar via!” Zayn era completamente abbattuto “Se rimarrai qui, moriremo!”
Il biondo sferrò una violenta stoccata, trafiggendo la carne rivale con la lama e distogliendo lo sguardo dal sangue che iniziava a scorrere a fiotti.
“Allora moriremo insieme” asserì, schivando un colpo “Non ti lascerò”.
Da tutte le parti accorrevano legioni di soldati armati per fermare i fuggiaschi, ed entrambi vedevano srotolarsi davanti ai loro occhi un fato crudele che non li avrebbe risparmiati, recidendo ogni loro speranza e illusione di felicità.
Nulla avrebbe potuto salvarli da quel che si prospettava all’orizzonte: nulla, a meno che…
Niall ringhiò un’imprecazione e si portò una mano alla spalla, dove una ferita andava aprendosi e allargandosi, e un agghiacciante chiazza scarlatta cominciava a inzuppargli i vestiti.
Alzò il viso verso il suo avversario, non sorpreso di vedere il maresciallo Mills con un sogghigno malvagio sul volto, che si preparava a sferrare il colpo finale. Il tenente sollevò la spada, ma sapeva che sarebbe stato troppo tardi per parare l’attacco, e la sua intera esistenza gli attraversò la mente in un turbinio di immagini.
 
Le bare lustre dei suoi genitori sotto la luce pallida d’inverno, sommerse da mucchi di terra e oppresse dalle insensate e inutili litanie del prete; le pareti gelide e impersonali della residenza di famiglia, ornate da poche torce che non riuscivano a rischiararle; rigidi istitutori, nozioni polverose apprese su libri polverosi, clangore di spade e sibilo di frecce all’Accademia; i dormitori delle reclute e i corpi sudati dei compagni d’arme in astinenza; le battaglie di sangue e terra e zanzare e rumore sul campo, calcati tra eserciti sconosciuti.
Zayn: la sua voce, il suo sorriso, i baci colpevoli e quelli innamorati, la notte d’amore senza paura di esser sbagliati, il risveglio con il suo profumo che lo pervadeva tutto; i capelli neri che solleticano il viso, occhi di fiamma inestinguibile che ardono nella notte, labbra vellutate che donano ambrosia, un corpo caldo che elargisce sempre nuovi picchi di desiderio e bramosia. Parole strette nelle loro bocche, troppo vere per esser pronunciate e troppo belle per esser taciute, mormorate fra denti, lingua e saliva in un intreccio di amore inopportuno e meraviglioso.
Fu un attimo, e la figura corpulenta di Mills crollò a terra davanti ai suoi occhi, senza vita, le orbite che vagavano a sondare un cielo che non potevano più vedere. Alle sue spalle, la mano serrata saldamente su un’elsa di avorio, il comandante Yaser Malik lo guardava fieramente negli occhi, consapevole di avergli appena salvato la vita.
“Porta via Zayn” si sentì dire Niall, nella cruda confusione di ghiaia “Correte lontano e non guardatevi più indietro”.
E il biondo avrebbe voluto piangere, gridare e uccidere, perché non sapeva come avrebbe mai potuto salvare colui che amava da una morte che si preannunciava quasi incontrastabile, tuttavia doveva tentare. Riusciva appena a vedere le celeri mosse dei due Malik che, eliminando un soldato di Fiender dopo l’altro, si mantenevano in vita, cercando di non perire sotto il fuoco amico.
Niall afferrò Zayn per un braccio, sottraendolo alla battaglia e trascinandolo dietro di sé con tutte le forze che possedeva, le lacrime del cielo che si riversavano su di loro in un accecante boato; il sangue non aveva smesso di scorrere, ma riuscì comunque a spingere il cancello e a barcollare oltre la soglia.
Poi udì l’esplosione.
La mano del comandante Malik aveva appena lasciato andare una granata, facendola schiantare contro il suolo, proprio fra i suoi uomini. Proprio di fronte a sé.
Zayn, riacquistando il sangue freddo e rendendosi conto della situazione, recuperò il passepartout e chiuse la cancellata con fragore, i polmoni invasi dall’odore di carne bruciata, che mai più sarebbe riuscito ad allontanare dai pensieri.
Infine, mano nella mano, immersi in sangue e dolore, le scarpe che slittavano sulle pendici scivolose del colle, fuggirono.
Fuggirono insieme, due cavalieri sotto la pioggia.
 

* * *

 
Niall rise, avvolgendosi il corpo nudo nel lenzuolo ruvido, le braccia attorno al collo di Zayn e i denti che gli stuzzicavano il lobo dell’orecchio.
“Mi trovi tanto ridicolo?” sbuffò il moro, alzando gli occhi al cielo e trattenendo un sorriso.
Attirò il suo ragazzo più vicino a sé, facendo scontrare ogni centimetro della loro pelle e rabbrividendo per la sensazione che quel contatto scatenava.
“Scusa” ridacchiò l’altro, dandogli un bacio all’angolo della bocca “Ma sei un pessimo allievo”.
“Sei stato tu a decidere di emigrare in Irlanda” lo rimbeccò Zayn, mettendosi a sedere e sporgendosi verso i cassetti semiaperti del comò per cercare un po’ di tabacco “Ti avevo detto che non sono portato per le lingue straniere”.
“Comunque sia, per tutto il resto che abbia a che fare con le lingue sei molto, molto portato. Posso testimoniarlo personalmente”.
Niall si innamorò per l’ennesima volta dell’espressione sbigottita e leggermente imbarazzata – solo un pizzico, che però era sufficiente a farlo impazzire – di Zayn, che scosse piano il capo e si accese una di quelle sigarette artigianali che non riusciva a fargli smettere di comprare.
“Devo ricordarti che non abbiamo un soldo e che non puoi andare in giro a sperperare denaro in roba che ti distrugge le vie respiratorie?” mugugnò, protettivo, provocandogli una risata divertita.
“Non ho speso neppure una sterlina” gli assicurò, cercando di assumere un’aria innocente.
Il biondo lo fulminò con lo sguardo.
“Zayn! Un giorno o l’altro ci ritroveremo i gendarmi dietro la porta di casa, e a quel punto cosa…”
Venne prontamente zittito da un bacio al sapore di fumo – in fondo, forse, quell’aroma non gli dispiaceva poi tanto – e, quando la lingua dell’altro prese a esplorargli la bocca, emise un sommesso mugugno di soddisfazione.
“Sei un ricattatore” brontolò, le dita intrecciate ai suoi capelli.
Zayn soffiò un’altra risata che sapeva di tabacco, senza però interrompere il loro bacio.
“E tu ti lasci persuadere troppo facilmente” fece presente.
Poi la sigaretta cadde a terra sul pavimento cosparso di vestiti, resti di cibarie, armi arrugginite e vecchi manoscritti, e i due sprofondarono insieme nel materasso con un cigolio di molle, non preoccupandosi di chiudere la finestra, ben consapevoli delle consuete lamentele che avrebbero ricevuto l’indomani mattina.
“Ci citeranno in giudizio per schiamazzi notturni” mormorò Niall, che già perdeva la cognizione del reale all’entrata di quelle labbra paradisiache.
“Per l’ennesima volta” commentò Zayn.
La loro risata si fuse e si confuse e, un attimo dopo, c’erano soltanto loro e nient’altro, aggrappati l’uno all’altro come la luna che si artiglia appassionata alla notte.

 
 
 




Più in là, più in là, più in là, più in là,
più in là, più in là, più in là, più in là,
i cavalieri rompono la pioggia, i cavalieri
passano sotto aspri nocciòli, la pioggia
tesse in tremuli raggi il suo grano eterno.

 
 
 
 









Autrice:
 

Salve a tutti, e grazie per essere arrivati fino a questo – tanto atteso – terzo atto. Quasi non ci credo che sia già finita!
Ed ecco infine la conclusione di questa Ziall, che spero non vi abbia delusi. Sin quasi alla fine avevo in mente un finale drammatico, che prevedesse la duplice condanna a morte per i nostri protagonisti, ma ad un certo punto mi sono detta: è questo, ciò che voglio? Voglio davvero esprimere un messaggio completamente privo di speranza?
Allora ho cambiato le carte in tavola, passando al padre di Zayn il ruolo di martire della vicenda (non era poi spietato come lo dipingevano, allora!) e facendo sì che i due si salvassero senza danni – o quasi, n.d.Niall.
Sono riusciti a fuggire, allontanandosi dalla guerra e dall’odio delle loro terre, e rifugiandosi in Irlanda, lontano da tutto e tutti.
Il concetto di amore espresso nella vicenda è a volte volutamente antiquato, ma ho voluto inserire un po’ di romanticismo all’antica, perdonatemi il sentimentalismo. Analizzando i componenti del capitolo, penso che la notte tra Zayn e Niall non richieda affatto un cambiamento di rating o genere – non c’è nulla di erotico, anzi.
Sì, capisco che la scena attorno alle mura e il sacrificio del comandante Malik fa un po’ melodramma, ma imputerei la colpa all’atmosfera medievale dell’intera avventura. Non riesco a resistere a un po’ di tragicità storica.
Avrete notato il richiamo al titolo della mini-long, il gioco di parole con ‘ambrosia’ e ‘bramosia’ e anche il sottolineare più volte sul fatto che Zayn e Niall siano come la notte e la luna, indivisibili. Spero che la conclusione vi sia piaciuta: ho cercato di sdrammatizzare l’atmosfera e di dare un’idea della vita che ora i due conducono.
Bene, ho parlato anche troppo! Vorrei ringraziare tutti i lettori, soprattutto chi recensisce; siete il motivo per il quale ciò che la mia mente confusa partorisce finisce sul web, quindi vi ringrazio. Avere il vostro parere è davvero importante, mi aiuta molto.
Mi auguro che lascerete una recensione anche a questo ultimo atto, in modo che io sappia che ne pensate. Grazie ancora a tutti coloro che mi seguono.
Le poesie riportate sono entrambe di Neruda; la prima è una parte di Ah vastedad de pinos, la seconda di Jinete en la lluvia. Gente, leggete le sue raccolte, non c’è niente di meglio.

Vostra,
             firelight.
   
 
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