Libri > Sherlock Holmes
Ricorda la storia  |      
Autore: ISI    21/08/2012    0 recensioni
"Il caso Willeford si era trascinato troppo a lungo ed aveva richiesto troppe delle sue energie perché il grande detective privato Sherlock Holmes, non di rado ultima, gloriosa, speranza di Scottland Yard, potesse asserire di averlo risolto in quattro e quattr'otto, così, come se niente fosse."
Un caso un po complicato ed uno Sherlock Holmes leggermente in crisi di fronte all'evidenza...
Pre-Slash.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tutta colpa del caso Willeford


Autore: ISI

Personaggi: Sherlock Holmes & John Watson

Rating: Verde

Genere: Slice of Life, Pre-Slash.

Summary: Un caso un po complicato ed uno Sherlock Holmes leggermente in crisi di fronte all'evidenza...

Note: Era partita con l'idea d'essere una cosa un po' sconcia, ma poiché molto raramente i miei progetti seguono la linea originale che io traccio per loro ecco quello che è venuto fuori...

Spero vogliate farmi sapere che ne pensate.



Il caso Willeford si era trascinato troppo a lungo ed aveva richiesto troppe delle sue energie perché il grande detective privato Sherlock Holmes, non di rado ultima, gloriosa, speranza di Scottland Yard, potesse asserire di averlo risolto in quattro e quattr'otto, così, come se niente fosse.

Accadeva molto raramente, infatti, che gli capitasse per le mani un qualche caso così complesso ed ingarbugliato, tanto illogico quanto perverso da togliergli, anche se mai per più di una giornata, la voglia di investigare, di capire, di dedurre, tanto da credere lui stesso che la fatica della caccia ne superasse di gran lunga il gusto, così da farlo -incredibile a dirsi, nonché a credersi- demordere.

Tuttavia, l'idea di piegarsi alla sconfitta, ammettendo così l'esistenza di un assassino che non fosse riuscito a catturare e quindi, peggio ancora, di una mente ancor più brillante ed astuta della sua era qualcosa che Sherlock Holmes non avrebbe potuto fare con la stessa facilità dell'ingoiare una manciata di chiodi, perciò di lasciare la presa ed abbandonare il caso, nossignore, non se lo era permesso e alla fine, invero, la sua costanza e la sua coerenza erano state ripagate con il successo, ma adesso, arrestato il maggiordomo di casa Willeford -perché è sempre il maggiordomo l'assassino, nessuno lo ha mai spiegato a Lestrade e ai suoi?- il grande detective si sentiva esausto e al contempo saturo: esausto perché le intere settimane trascorse a crucciarsi senza poter dormire la notte, torturandosi in ragionamenti che finivano per non avere né capo né coda ed inseguendo supposizioni al limite del folle, traballanti come sedie con tre sole gambe lo avevano sfinito; saturo perché non ne poteva veramente più di di morti e di assassini e di vedove e di orfani e di maggiordomi e ancora di prove e di indizi e di tutto il resto.

Si sentiva come un cane da caccia, come un segugio, che un padrone sconsiderato abbia tenuto per troppi giorni alla catena, aizzandolo ed istigandolo di continuo e senza sosta per liberarlo poi nella selva folta ed ombrosa a scannarsi in un rovo per una lepre o a lanciarsi morituro contro le zanne ricurve di un grosso cinghiale sbuffante; si sentiva come un ubriaco che, riemergendo dal lungo, tormentato sonno di un Dioniso incollerito, non potesse più neppure sostenere la vista di un acino d'uva.

Non voleva più pensare.

Incredibile a dirsi, ma davvero avrebbe voluto, se solo fosse stato possibile, togliersi dalla testa quel prodigioso cervello, sempre in moto, sempre all'opera, per metterlo in una polla d'acqua e starsene con lo sguardo inebetito a fissare il soffitto come un lobotomizzato.

Dette un'altra boccata alla sua pipa e disteso com'era sulla sua poltrona preferita tirò indietro il capo, mettendosi davvero a contemplare l'intonaco del solaio e seguendone con gli occhi attenti le sbavature, si chiese se una ipodermica di cocaina avrebbe potuto fare una qualche differenza.

Mugolò indispettito, considerando che la sua soluzione al sette percento rappresentava un altro argomento dolente, un tabù che da qualche tempo a questa parte aveva causato non poco astio tra le mura del 221/b di Beker Street e sollevato un polverone di polemiche elucubrazioni mentali.

Lo sguardo che il suo Boswell gli aveva scoccato l'ultima volta in cui lo aveva veduto lasciarsi scivolare l'ago nel braccio stretto dal laccio emostatico non gli era andato giù ed il suo viaggio immobile negli allucinanti segreti dell'universo di colpo si era trasformato in una infinita sala degli specchi in cui lo sguardo chiaro del dottore, affilato e pungente come la stoccata di un fioretto, aveva continuato a riproporsi a lui, fino quasi a fargli montare addosso un turbamento sconosciuto all'animo, che una volta recuperate le sue capacità cognitive, a mente fredda, aveva potuto definire, con un ben minimo margine di errore, quale una sorta di disgusto.

Disgusto di se stesso.

Chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro, domandandosi come proprio il dottore, dopo l'inferno dell'Afganisthan potesse sopravvivere ogni giorno senza quell'eden artificioso per il quale era stato tanto a lungo e tanto aspramente criticato.

Una sensazione di tenue dolore accompagnò la soddisfazione che provò nel sentire i propri muscoli sciogliersi e la fronte allentarsi, abbandonando il cruccio che la corrugava.

Tralasciando quel particolare evento e quel suo sguardo carico di delusione e di rabbia -contro chi dei due, poi, Holmes non avrebbe saputo dirlo con certezza- il detective si meravigliò nello scoprire come il pensiero del suo Watson fosse l'unico che, pur in quella strana ed inusuale situazione, la sua mente ed il suo cuore potessero continuare a sostenere.

Non scaturiva da esso come da tutti gli altri quel senso di claustrofobia e di costrizione che lo rendeva furioso e frustrato come un leone in gabbia, ma piuttosto una serenità profonda e dilagante che si spandeva dentro di lui a guisa dell'acqua chiarissima di una sorgente.

Scosse il capo e si disse che il caso Willeford doveva averlo coinvolto più di quanto non avesse creduto, vista la gravità del suo intimo farneticare.

Holems ristette ancora un po' con quella riflessione che gli ballava per la testa, quindi aprì un occhio solo – il destro per la precisione- e lo fissò sul dottore che, seduto sul divano lì accanto, anche lui con i piedi distesi verso il caldo crepitare delle fiamme nel caminetto, era intento nella lettura di un saggio sulla sintomatologia, diagnosi e cura delle nefriti, ma l'investigatore dovette indugiare un po' troppo a lungo sul volto del coinquilino perché questi, d'un tratto, s'avvide del suo mezzo sguardo ed alzate dalle righe nere del libro le iride chiare, gli allargò di rimando un sorriso dolce come una goccia di miele.

Il grande detective privato Sherlock Holmes fremette allora come sdegnato, volgendo di scatto il capo dall'altra parte, con lo stomaco che già si allacciava in un nodo inestricabile, cercando di convincersi con ogni mezzo della sua brillantissima mente che fosse ancora tutta colpa del caso Willeford.



Fin.


Fatemi sapere che ne pensate...

Alla Prossima, gente!


ISI.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: ISI