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Autore: Harmony394    21/08/2012    9 recensioni
«Perché stai piangendo?» Una voce infantile e femminile alle sue spalle lo fece sussultare e lui, istintivamente, si voltò a fronteggiare chiunque fosse stata l’artefice di quella domanda. Quando si voltò, i suoi occhi proiettarono quella che doveva essere la sagoma di una bambina di circa dieci anni. Aveva dei folti e ricci capelli rossi che le incorniciavano il viso piccolo e sottile ricoperto di lentiggini e dei grandi occhi color cielo curiosi e vispi che non smettevano di scrutarlo. Non era molto alta, arrivava all’incirca alle sue spalle e inoltre era anche parecchio magrolina.
Non seppe il perché di quello strano pensiero, ma Loki ebbe come l’impressione di avere dinanzi a sé una… sì, una piccola volpe!

[Loki x Nuovo Personaggio]
STORIA CONCLUSA!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Volpe e il Lupo.'
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~Imposed Love.

“Sono in una situazione di infelicità.
iniziamo dal principio:
Lei ha un corpo come una clessidra,
che fa tic tac come un orologio.
E’ una questione di molto tempo prima
che noi tutti ci esaurissimo.
Quando pensavo che lui fosse mio
e lei lo afferrò per la bocca.”

Misery Business – Paramore.
 

 
 

Era ormai sera ad Asgard: il sole era tramontato da un pezzo e adesso, sopra la reggia di Odino, si ergeva un bellissimo e luminoso firmamento di stelle dai toni splendenti con una Luna piena e dal sorriso ghignante a impreziosire il tutto. Soffiava un fresco venticello fra le fronde degli alberi e, in lontananza, si poteva quasi sentire il canto di alcuni grilli che villeggiavano nelle vicinanze.

Nonostante ciò, la calma e la tranquillità quasi tangibile che si estendeva nelle terre della patria degli dèi, non sembrava essere affatto presente all’interno della lussuosa dimora di Odino, la quale era in gran fermento per l’avvento che si sarebbe dovuto celebrare fra pochi minuti. Infatti, il Padre degli Dèi aveva indetto una festa, in onore del ventunesimo compleanno del suo figlio minore, Loki, alla quale era stata invitata tutta la nobiltà del Regno.

In vista di quell’occasione, non c’era stata una sola persona che non avesse lavorato dall’inizio della mattinata: alcuni avevano lucidato i pavimenti, altri rivestito di ornamenti le Sale e certuni sistemato i fiori in base alla colorazione delle pareti. Il palazzo sembrava essere più maestoso e lussuoso del solito, assomigliando tanto a uno di quelli dei racconti fantastici che Frigga, la Regina di Asgard, raccontava sempre ai propri bambini per farli dormire.

Sembrava essere tutto perfetto. Eppure, in tutto ciò, mancava ancora qualcosa.
Qualcosa di molto, molto importante.

Molti lo chiamavano il “Dio degli Inganni e della Malizia”, altri ancora “Lingua d’Argento”, ma per quanti soprannomi potesse la gente affibbiargli, il suo nome era soltanto uno: Loki.

Nell’accorgersi che il proprio figlio minore, nonché festeggiato, non era presente, Odino si recò di corsa nelle sue stanze; smanioso di scoprire cosa fosse successo per giustificare il fatto che non fosse ancora pronto.
Una volta arrivato di fronte alla porta che dava alla sua stanza, l’aprì con un semplice e veloce gesto delle mani e, una volta che l’ebbe fatto, i suoi occhi proiettarono quella che doveva essere la figura di Loki  intento ad osservarsi allo specchio. Guardandolo, Odino notò che la sua espressione era assente e priva di emozioni; decisamente non adatta a un ragazzo della sua età. Non se ne rammaricò, poiché un principe doveva pur sempre avere un portamento composto e serio; degno di un tale titolo nobiliare.

Rimase quindi lì a fissarlo mentre si specchiava, in silenzio.

O almeno lo fece fino a che quest’ultimo non si accorse di lui attraverso il riflesso dello specchio.

«Buonasera, Padre. »Lo salutò a quel punto Loki, voltandosi verso di lui e improvvisando un inchino.

Sul viso di Odino si scoprì un grande sorriso mentre con passo veloce e le braccia allargate si dirigeva verso di lui, invitandolo in un abbraccio.

«Figlio mio, Loki!» Disse abbracciandolo energicamente. «Sono così fiero di te! »Gli sussurrò poi all’orecchio con tono paterno.
«Vi ringrazio, Padre. »Rispose allora quello, contraccambiando il suo abbraccio.

Dopo qualche secondo, Odino si staccò da lui e gli mise le grandi mani callose sulle spalle, guardandolo dritto negli occhi.

«Ora che sei adulto sono certo che sarai in grado di destreggiarti nell’ardire di decidere per il bene del Regno di Asgard e, sono sicuro, saprai gestire ogni cosa in modo egregio in compagnia di tuo fratello Thor. Inoltre, voglio che tu sappia, Loki, che io confido in te. Sempre» Esclamò, continuando a sorridergli bonario.

Non capì appieno il significato di quelle parole, seppe però che suo Padre era fiero di lui e questo lo rese molto felice. In fondo, non desiderava altro che quello.

«Farò di tutto per essere all’altezza, Padre. » Esclamò quindi con lo sguardo chino e reverenziale.

Odino sorrise e, nuovamente, diede alcune pacche sulle sue spalle. Dopodiché si guardò un po’ intorno con aria trasognata e, subito dopo, fece ricadere il suo sguardo su quello del figlio.

«Ne sono certo, ora però dobbiamo andare. Sono certo che molti invitati saranno già arrivati e non sta affatto bene farli aspettare»Affermò, facendo per avviarsi fuori dalla camera.
«Certamente, Padre» Rispose Loki. «Però, prima di andare, desidererei chiedervi una cosa. »Aggiunse, con voce ferma e mitigata.

Odino si voltò a guardarlo e gli rivolse un sorriso affabile.

«Qualsiasi cosa»Rispose.

Lui fece un mezzo sorriso, poi si voltò e si diresse verso uno scaffale nelle prossimità del suo letto. Con un rapido gesto delle dita prese qualcosa di molto simile a un copricapo e, subito, lo indossò.
Odino notò che si trattava di un elmo e, da quello che poté constatare, anche abbastanza prezioso. Non seppe quando e in che occasione se lo fosse procurato, ma a quanto pareva doveva piacergli molto visto il grande sorriso che gli si era appena dipinto sul volto.

«Potrei … insomma, è un gran bell’elmo, no?» Chiese a quel punto, un po’ imbarazzato, ma pur sempre contenuto.
«Già, lo è. Dove lo hai preso?» Chiese Padre.
«Non l’ho preso, me l’hanno regalato».

Odino sbatté più volte le palpebre perplesso.

«Chi? » Domandò.

Lui rimase in silenzio per alcuni secondi, come se non volesse dargli una risposta o stesse soppesando le parole giuste da dire. Dopo un po’ però si decise a replicare.

«Un’amica» Rispose semplicemente.
«Un’amica?» Ripeté l’altro, scandendo per bene le parole.
«Sì. ».

Odino non rispose, si limitò semplicemente a fissarlo con le braccia conserte e un cipiglio un po’ severo. Capì che parlava certamente di quella ragazzina dai capelli rossi che era sopravvissuta per grazia divina. In fondo, per quel che ne sapeva,  non aveva mai avuto altre amiche oltre lei e lady Sif – con la quale era palese non avesse buoni rapporti – e, se le aveva avute, lui non le aveva mai viste. Il fatto che poi stesse indossando un copricapo che quest’ultima gli aveva regalato, non significava nulla di buono.

Pensieroso, corrucciò la fronte e aggrottò le sopracciglia in un chiaro segno di contemplazione. Sapeva dove Loki voleva andare a parare ponendogli quella constatazione e, in verità, non gli piaceva molto la piega che stavano prendendo gli eventi. Non con quello che doveva venire.
Nonostante ciò, non si poteva di certo negare che quell’elmo fosse effettivamente molto elegante e che, sul capo corvino del figlio, facesse una gran bella figura.
Era lieto che Loki avesse delle amiche tanto premurose nei suoi confronti, eppure, non poté fare a meno di chiedersi se realmente quella fosse solo un’amica e non qualcosa di più. Perché se fosse stato così le cose sarebbero andate molto, molto male.

E questo non poteva permetterlo. Non dopo tutto quello che aveva fatto per dar vita ai suoi piani politici.

«Padre, vi sentite bene?» La voce di Loki gli arrivò forte e tagliente alle orecchie e, nel sentirla, sobbalzò un po’. Poi, notando che suo figlio lo stesse fissando, fece per voltarsi dall’altra parte e andarsene.

«Potrai indossare quell’elmo, se lo desideri. Non credo ci siano problemi al riguardo. Ora però dobbiamo scendere, si è già fatto molto tardi»Parlò, assumendo un tono di voce profondo e imperiale che non ammetteva repliche.

Intuendo che qualcosa non andava, Loki non replicò e, dopo essersi sistemato meglio l’elmo sul capo, si avviò verso la sua festa.
 
Camminò con passo veloce e contenuto, quasi come se fosse costantemente osservato e dovesse dare prova di essere il principe che tutti si aspettavano che fosse. Il cuore continuava a battergli in modo forsennato, quasi come se stesse percorrendo una lunghissima corsa, e per un momento sentì l’aria mancare al pensiero di dover affrontare tutta quella gente. Non aveva mai amato la confusione, ancor meno se in essa erano presenti odiosi aristocratici con la puzza sotto il naso.

Inspirò profondamente, sperando in cuor suo che quel semplice gesto potesse dargli un po’ di sollievo. Sollievo che però non accennò ad arrivare.
Sentiva l’ansia continuare a crescere dentro di sé e le mani sudargli ma sapeva che non poteva assolutamente mostrarsi debole di fronte a quella gente. Non lo aveva mai fatto prima d’ora e di certo non avrebbe cominciato quel giorno.

Alzò quindi il capo e raddrizzò la schiena. Sì rassettò il colletto della giacca e si sforzò di sorridere. Doveva calmarsi, non era da lui essere così nervoso.

Improvvisamente pensò ad Emily, ai suoi capelli rossi e gli occhi vispi e furbetti. Gli vennero in mente i momenti passati con lei poco prima e il fatto che qualcosa di molto strano avesse inspiegabilmente preso vita in lui, facendolo andare fuori controllo. Probabilmente avrebbe davvero baciato Emily, se quest’ultima non lo avesse interrotto.

A quel pensiero, fece una faccia disgustata: per gli dèi, stava parlando di Emily! Quella Emily. La Emily che aveva conosciuto da bambino e con la quale era cresciuto insieme. La stessa Emily con la quale litigava per cose futili e sciocche, con la quale aveva condiviso tutto e che considerava tale e quale a una sorella.

Ma era davvero solo una sorella?

Non lo sapeva e, in verità, non voleva neppure scoprirlo. Era certo però del fatto che, se mai avesse sul serio provato qualcosa per lei, non glielo avrebbe mai detto poiché farlo avrebbe distrutto tutto quello per cui aveva lottato durante quegli anni: la loro amicizia, il loro legame e la loro complicità.
E non poteva permettersi di perdere Emily, non lei.


Si stupì di quel pensiero: non era mai stato molto attaccato alla gente e perlopiù tendeva a isolarsi, in un chiaro segno di distacco dal mondo. Non sapeva il perché di quelle strane emozioni, eppure, ogniqualvolta che un amico di suo fratello o chiunque altro provasse ad avvicinarlo, lo allontanava repentinamente come se fosse stato infettato da una qualche malattia contagiosa che non voleva assolutamente contrarre.

Con Emily, però, era diverso: ricordava ancora perfettamente il giorno in cui l’aveva vista per la prima volta, circa sette anni addietro. Era così piccola e fragile che quasi si sconvolse nel constatare che di “fragile” quella bambina non aveva decisamente nulla. Al contrario, non poteva far altro che ricordarla impertinente come poche, vispa e decisamente mascolina.

Eppure, dopo un po’ di tempo, imparò a volerle bene. Ad amare quelle sue piccole sfaccettature un po’ irritanti e, col tempo, comprese che era diventata la sua prima vera amica. Ed era proprio per questo che tremava ancora al ricordo di lei agonizzante sul letto della Camera della Guarigione, in preda a un fortissimo malore inguaribile che l’aveva quasi condotta alla “morte”. Quasi, perché non aveva ancora dimenticato il momento in cui aveva visto gli occhi di Emily riaprirsi da quel sonno eterno e quella strana cicatrice che si era impressa nel palmo della mano destra di entrambi.
 
Infastidito dai suoi stessi pensieri, cercò di scacciarli via dalla sua mente e ritornare con i piedi per terra.

Non c’era motivo di preoccuparsi, adesso stava bene e quella sera sarebbe stata lì con lui; probabilmente avrebbe indossato una delle sue solite vesti un po’ logore e rattoppate, ma sarebbe stata lì. Lo avrebbe certamente incoraggiato nei momenti di imbarazzo e gli sarebbe stata accanto quando avrebbe dovuto affrontare quegli antipatici marchesi e conti che lui tanto odiava.

Emily ci sarebbe stata, non sarebbe più andata via.

Preso com’era da quei pensieri, quasi non si accorse di essere arrivato di fronte al portone in oro e argento che portava alla Sala dei Ricevimenti. Poteva benissimo sentire un fitto mormorio provenire da oltre la porta, segno che gli invitati erano già arrivati. Era così preso da quel fitto cianciare, che si accorse con fatica della grossa mano di suo padre poggiata sulla sua spalla in un chiaro segno di incoraggiamento.

«Andrà tutto bene. »Lo tranquillizzò Odino, sorridendogli affabile.

Improvvisò un sorrisetto nervoso e, una volta fatto un bel respiro, ordinò alle guardie di aprire il portone. Queste non se lo fecero ripetere due volte e subito fecero come era stato loro ordinato, scatenando così una fortissima cacofonia di voci e acclamazioni una volta aperte le porte.
Il primo a uscire allo “scoperto” fu Odino: non appena il vecchio Re mise un piede fuori dall’uscio della porta, un boato di applausi si erse in tutta la Sala facendola quasi tremare. Subito, il Padre degli Dèi fece il solito discorso che andava detto come da copione e, una volta che lo ebbe finito, lo presentò agli ospiti, facendogli segno di raggiungerlo.

Agitato e con l’adrenalina a fior di pelle, si decise a varcare la soglia del portone e, subito dopo averlo fatto, una miriade di applausi e urla di approvazione gli diedero il benvenuto. Sembravano tutti molto eccitati e felici: c’era chi beveva, chi rideva e chi esultava; in lontananza, seduti sul trono, notò suo fratello Thor in compagnia di sua madre; entrambi con un ampio sorriso dipinto sul volto.
Fece un breve sorriso nella loro direzione e prese a camminare verso il trono percorrendo con passo veloce quel piccolo tratto di strada che li divideva. Nel sentire tutte quelle grida di gioia e approvazione per lui, ebbe la bellissima sensazione di essere finalmente diventato Re. Si sentì potente, forte e invincibile.

Sorrise compiaciuto a quella constatazione e nel farlo, capì che lui voleva davvero diventare il Re di Asgard. Per lui quello non era un semplice desiderio infantile, come poteva invece esserlo per Thor, lui se lo sentiva dentro. Voleva governare quel Regno, portarlo alla gloria! Desiderava essere ricordato per sempre come il Re più glorioso di tutti i tempi! Lo voleva, lo voleva davvero!

Con questi pensieri in mente, lui e suo Padre si accomodarono sul trono rivestito in pelle e, non appena tutti i membri della famiglia reale furono comodi, un nuovo boato di applausi scoppiò nella Sala. Dopo qualche secondo, Odino gli fece segno di procedere.

Lui, avendo ricevuto il “via” da Padre, levò una mano verso la gente pochi metri più in basso e questi subito ammutolirono. Provò una forte scarica di eccitazione nel constatare che fossero tutti ai suoi comandi. Sorrise accattivante alla folla e, con un elegante gesto delle mani, incominciò a parlare con voce calma e chiara.

«Vi sono grato per essere qui con me stasera. Vi prego di fare come se foste a casa vostra, spero che il banchetto sia di vostra gratitudine e che il vino possa rendervi gioiosi quanto lo sono io quest’oggi. Dunque, dichiaro che i festeggiamenti possono avere inizio!» Esclamò, e la Sala si aprì nuovamente in un fragoroso boato di applausi.

Subito, l’orchestra ai lati della Sala cominciò a suonare e tutti presero a socializzare e a parlare fra di loro. Si accoccolò nel trono e cominciò a fissare gli invitati uno per uno: giusto per sapere che facce avessero, e poggiò la testa sulle nocche delle dita. Venne però interrotto da suo fratello Thor, che gli diede una gomitata nell’avambraccio, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Quando si voltò verso di lui per lanciargli un’occhiataccia, lo trovò intento nel fissare un punto imprecisato della reggia con gli occhi assottigliati e uno sguardo scrutatore.

«Ehi, Loki, ma quella non sarà mica la piccola Emily? Cosa ci fa qui?» Nonostante Thor avesse appena sussurrato quelle parole, Loki le udì come se fossero rimbombate per tutta la Sala. Repentinamente, alzò lo sguardo e cercò di intravedere la sagoma di Emily in mezzo alla folla.

«Dove? »Chiese, cercando di rimanere impassibile.
«Guarda lì! Vicino al banchetto» Gli rispose l’altro, indicando un preciso punto della Sala.

Fece guizzare il suo sguardo nel punto indicatogli da Thor e, dopo alcuni secondi, la vide.

Emily era lì: aveva lo sguardo confuso e disorientato di chi non era abituato a vedere tutte quelle persone intorno a sé. Indossava una semplicissima tunica di un chiaro color avorio e non aveva gioielli vistosi a impreziosirla, solo un semplicissimo braccialetto dorato troppo largo per i suoi polsi. Portava i capelli legati in una goffa coda di cavallo che le ricadeva ai lati delle spalle e dalla quale fuoriuscivano diverse ciocche di capelli rossicci. Non aveva nulla di particolare e anzi, era anche piuttosto scialba rispetto a molte altre dame che erano lì, ma nonostante ciò la trovò bellissima.

Thor sembrò notare lo sguardo che lanciò alla ragazza e, con un ghigno dipinto sul bel viso, gli diede una pacca sulla schiena, facendolo sobbalzare.

«Che ne diresti, fratello, di aprire le danze? »Gli domandò, facendogli l’occhiolino. «Io saprei già chi potrebbe essere la candidata ideale per ricevere l’onore di danzare col principe cadetto di Asgard!» Aggiunse, sornione.

Per un momento, Loki fu seriamente tentato di cavargli gli occhi. Quell’idea fu però abbandonata non appena si ricordò di trovarsi nel bel mezzo di una festa in suo onore e che, quindi, compiere un fratricidio non avrebbe di certo giovato alla sua persona  Quindi, con sincero dispiacere, dovette rinunciare alle sue manie di vendetta e sospirò, rammaricato.

Ma quando il suo sguardo cadde nuovamente sulla figura di Emily, un mesto sorrisetto bonario gli incurvò le labbra sottili.

«Credo sia un’ottima idea. »Rispose d’un tratto, alzandosi dal trono e avviandosi verso di lei, sotto lo sguardo divertito di Thor che lo fissava dall’alto del trono.

Quando Emily lo vide arrivare, sul suo viso cosparso di lentiggini si aprì un grande sorriso e subito gli andò incontro.

«Quindi, alla fine sei venuta» Disse semplicemente, con un mezzo sorriso dipinto sul viso. La sua non fu una domanda, ma una constatazione.

Emily si limitò ad annuire mentre, con dolcezza, incurvava le labbra in un sorriso.

«Così pare»Annuì lei. Poi, il suo sguardo cadde sull’elmo che Loki indossava e sul suo viso si dipinse un sorriso compiaciuto e contento. «Vedo che ti è piaciuto» Disse.

Fece scorrere due dita sopra la superficie metallica dell’oggetto mentre sul suo viso di dipingeva un’espressione sorniona e ghignante.

«Molto» Le rispose quindi, abbassando il suo sguardo su di lei.

Restarono in silenzio per alcuni minuti, intenti a fissarsi come se non si fossero mai visti. Era strano: loro avevano sempre parlato liberamente di tutto, non erano mai stati più di cinque minuti in assoluto silenzio, mentre ora entrambi sembravano essere diventati dei perfetti sconosciuti. Poi, l’orchestra prese a suonare una musica più lenta, soave.

«Che ne dici di ballare?» Fu lui a spezzare quel silenzio, e fu come se quella bolla di sapone che si era venuta a creare attorno a loro fosse improvvisamente scoppiata, facendoli ritornare alla realtà.
«Io non so ballare, lo sai» Disse Emily, mettendo su un finto broncio.
«Non importa» Rispose. «Neanche io sono capace» Confessò poi, sorridendole ironico.
«Allora va bene!»Acconsentì infine lei, sorridente.

Si diressero verso la pista da ballo e, un po’ impacciatamente, posò le sue dita affusolate all’altezza della vita di Emily mentre lei gli sfiorava la spalla con le sue dita. Quando però le loro mani vennero a contatto, provò la strana sensazione di essersi appena scottato e subito distolse lo sguardo, imbarazzato.

Bizzarro: non aveva mai provato questo sentimento così strano quando stava con Emily, era sempre stato certa che lei, per lui, fosse solo una sorella, un’amica molto cara e di vecchia data. Nulla di più.
Eppure, non appena sentì le sue lunghe dita affusolate di intrecciarsi con le sue,  ebbe la sensazione di essere appena stato preso dalla marea e trasportato lontano, molto lontano. Ora c’erano solo loro due in quella sala; nessun altro. O almeno, così gli sembrava.

Cominciò a muovere i passi e lei cominciò a pregare tutti gli dèi a lei conosciuti per fare in modo che non sbagliasse i passi e non gli pestasse i piedi. Era decisamente nervosa e, questo, lui lo notò.

«Perché sei così agitata, Emily? Qualcosa non va? »Domandò a quel punto, sussurrando al suo orecchio.

Vide il suo viso andarle in fiamme, facendola assomigliare più a un papavero che a una ragazzina, e inarcò un sopracciglio, non capendo cosa le stesse succedendo. Vedendola così imbarazzata, nella sua mente fecero capolino i ricordi di poche ore prima, quando il suo viso era a pochi centimetri dal suo e le sue labbra vicinissime alle proprie. A quei pensieri, sentì uno strano senso di agitazione avvolgerlo e non poté fare a meno di chiedersi se, effettivamente, quel suo atteggiamento c’entrasse qualcosa con quello che era accaduto prima.

Cosa le stava succedendo?

«I-Io … non sono affatto agita-ta-t… aah! »  Presa com’era dall’agitazione, Emily aveva cercato di strattonarsi via da lui che, per riflesso, aveva cercato di riattrarla a sé. Così facendo, però, aveva fatto  in modo che la poverina, che aveva perso l’equilibrio, gli pestasse i piedi, facendolo guaire per il dolore.

«Ahia! »Urlò.

Emily si portò le mani alle labbra, mortificata, e i suoi occhi si sgranarono.


«I-Io … sono davvero dispiaciuta! Scusami, Loki! Scusa, scusa … scusa! »Disse, sinceramente dispiaciuta per l’accaduto.

Lui, che ancora si stava massaggiando il piede, stava per risponderle che andava tutto bene , che non si era fatto niente e che lei era ancora la stessa imbranata di sette anni fa. Ma venne preceduto da qualcun altro.

«Loki, cosa stai facendo?» Riconobbe subito la voce di sua Madre, e subito si voltò verso di lei cercando di assumere l’aria meno drammatica o corrucciata che potesse avere. Voltandosi, però, notò che non era sola: accanto a lei c’erano infatti Odino, un uomo di mezz’età e una giovane donna che non conosceva.

Il suo sguardo si focalizzò sulla ragazza al fianco dell’uomo: era molto alta, probabilmente era solo due o tre centimetri più bassa di lui, aveva un fisico asciutto e slanciato e i suoi capelli erano lunghi, morbidi e di uno scurissimo color nero.

Era davvero bellissima.

«Io … mi stavo levando una cosa dallo stivale, madre. » Rispose evasivo, lanciando un’occhiata fugace ad Emily, che sembrava ancora sconvolta per prima.

Frigga non sembrò credere molto alle sue  parole, ma preferì sorvolare e, per questo, le fu grato.

«Loki, vorrei presentarti una persona»Esordì a quel punto Odino, con un grande sorriso compiaciuto sul viso.

Non ne capì la motivazione, ma ebbe un orribile presentimento e sentì il cuore cominciare a pompare con più veemenza, facendogli mancare il respiro.

«Come desiderate, Padre. »Acconsentì, lanciando un’occhiata repentina a Emily che, notò, era improvvisamente sbiancata in viso.

Non ne capì il motivo: cosa c’era di così spaventoso?

«Loki, ti presento Lord Zeus, un mio caro amico. Insieme, abbiamo combattuto i Giganti di Ghiaccio ed è anche grazie a lui che abbiamo trionfato. Questa fanciulla invece è Lady Eris; sua figlia. Sono certo che sarete molto in sintonia.»Dichiarò Odino, felice come non mai.
 
Fece uno dei suoi soliti sorrisi di circostanza e protese la sua mano per poterla stringere a quella di Lord Zeus, subito la stretta venne ricambiata con vigore da quest’ultimo. Subito dopo si rivolse a sua figlia, Lady Eris, e le fece un breve inchino.
 
«È un piacere per me conoscervi, Lady Eris. Vi ringrazio per la vostra presenza» Disse.

Quella sorrise melliflua e assottigliò gli occhi, civettuola.

«Il piacere è tutto mio, principe Loki. Sono certa che la nostra unione sarà duratura e serena. Sono lieta di essere la vostra futura moglie! Aspetto da molto tempo questo momento!» Dichiarò lei, con un ampio sorriso sul volto.
 
…Cosa?
 
Rivolse repentinamente un’occhiata curiosa al padre, disorientato e sperduto.
 
Di cosa stava parlando quella donna?
 
«Padre … cos’è questa storia?»Biascicò Loki, più confuso che altro.
 
Odino gli rivolse un sorriso mesto e lo guardò con il suo unico occhio buono come per dirgli: “sta' calmo e non fare storie. Ti spiegherò tutto più tardi”.

Quando lo capì, sentì il sangue salirgli al cervello: cosa significava quella storia? Era uno scherzo? Lo stavano prendendo in giro? Lo voleva sapere, dannazione. E lo voleva sapere subito!
 
«Madre … » vedendo che suo padre non gli rispondeva, Loki provò a rivolgersi a sua madre; ma anch’ella sembrò far finta di niente e continuò a sorridere accondiscendente a Lord Zeus e figlia.
 
Improvvisamente, sentì qualcosa di piccolo e caldo poggiarsi sul suo petto e, abbassando lo sguardo, si accorse che si trattava della mano della sua “futura sposa”. Subito si scansò da lei, come scottato.
 
«Principe Loki, vi sentite bene? Sembrate sconvolto» Gli domandò Eris, con tono cordiale.

Ebbe l’impressione che il mondo avesse cominciato a girare troppo velocemente; così velocemente che, per un attimo, credette di perdere l’equilibrio e cadere a terra. Non riusciva a crederci, o, meglio, non voleva crederci. Era tutto troppo ridicolo e irrazionale per essere vero, suo padre stava certamente scherzando. Non c’era altra soluzione.

Insomma, non poteva sposare quella donna! Non poteva assolutamente. Aveva piani troppo grandi per prendere moglie. Suo Padre non poteva obbligarlo!

E poi… non l’amava. Ma in fondo, come poteva amare una donna che aveva appena conosciuto? Era impossibile e lui non voleva di certo sposare qualcuno che non amasse. Era fuori discussione.

Solo in quel momento comprese quanto fosse realmente essenziale l’amore in un’unione come il matrimonio. Aveva sempre pensato che fosse solo un semplice rito senza alcun valore, una cosa che non lo riguardasse; ma ora che si trovava in quella situazione, riusciva realmente a comprendere il peso della cosa e di quanto gli stesse gravando sulle spalle.
C’erano tanti di quei sentimenti che lo stavano avvolgendo che, per un momento, si sentì stravolto, stanco e incredibilmente confuso.
Non aveva idea di cosa dire. Sembrava quasi che gli avessero strappato via le corde vocali e che la lingua gli si fosse appiccicata al palato. Apriva e chiudeva le labbra a intermittenza, quasi come se volesse dire qualcosa; ma, non appena cercava di parlare, dalla sua bocca usciva solo aria.

Poi, le parole uscirono prepotenti dalle sue labbra, prima ancora che potesse soppesarle o fare qualcosa per fermarle.
 

«No!».


 




- L’angolino dell’Autrice.
 
 
 
Salve, mia armata (?). La qui presente Harmony394 vi saluta!

Oddio, finalmente ho finito di correggere anche questo capitolo! *me commossa* sono felicissima! Comunque, semmai doveste trovare altri errori di grammatica vi pregherei cortesemente di farmeli notare attraverso recensione o messaggio personale.
Comunque, avrete notato che il personaggio di “Sigyn” è stato sostituito con “Eris”, che è la Dea della Discordia nella mitologia Greca. –Non sono riuscita a trovare qualcosa di simile nella mitologia nordica, perdonatemi. ç_ç. Come si può intuire dal suo “soprannome”, Eris porterà un bel po’ di scompiglio nella storia; spero che mi perdoniate! ^^’’

Spero che possiate perdonarmi per il ritardo con la stesura della storia. Vi prometto che al più presto metterò il decimo capitolo.
Nel frattempo, vi ringrazio per il vostro appoggio. Grazie davvero, siete fantastici. *Si asciuga una lacrimuccia*  ç_ç
Adesso vado, spero che con queste piccole modifiche io possa aver fatto tutti felici. XD


 Lasciate una recensione se vi va! Farete felice una povera anima pia come me, che è ansiosa di sapere cosa ne pensate di questo capitolo!



P.S: GRAZIE MILLE A DARMA PER AVERMI BETATO ANCHE QUESTO CAPITOLO! <3

   
 
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