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Autore: Shodaime    21/08/2012    5 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tsunia era più o meno al settantaduesimo giro e Reborn al dodicesimo punto di sutura, quando Mukurenzo arrivò in vista di Milano. Di solito in certi casi si descrive come la città apparse agli occhi del protagonista, ma in questo caso dovremmo fare un’eccezione, perché con la sua usuale cappa di smog e la vista annebbiata dai drink della notte precedente, essenzialmente la città non apparve.
Ma Mukurenzo, da bravo illusionista qual era, in quella nebbia al limite del tossico ci sguazzava. E poi, a dirla tutta, il braccialettino che gli avevano dato in discoteca si intonava alla perfezione con il giallo acceso dei fanali delle macchine che provenivano dalla città.

Tante macchine.

Troppe macchine.

Perché c’erano tutte quelle macchine che lasciavano la città? Mukurenzo decise di indagare, e da bravo illusionista qual era (e due), decise di adottare una strategia discreta e subdola.
 

Il commesso dell’Autogrill posò scopa e paletta, e guardò perplesso il ragazzo e la sua dubbissima e attillata  maglietta in stampa militare. Si mise a distanza di sicurezza prima di rispondere.
“Davvero non sai che sta succedendo a Milano?” Domandò interdetto.

“Kfufufufu buon uomo, se l’avessi saputo non sarei entrato qui con la scusa di comprare l’ultimo di Focus e una focaccia alla fontina, no?” Rispose Mukurenzo, con aria di manifesta superiorità.
“Ma non li leggi i giornali? Milano è in preda alla peste!!” Rispose allora  l’uomo.

Ciò che seguì alle sue parole nel piccolo Autogrill alle porte di Milano fu la rappresentazione animata di ciò che Fra Cristoforhey avrebbe definito un “Caos estremo”. Gente che nemmeno sapeva di essere entrata nel locale si riversò in strada, urlando in modo disarticolato.

Si dice che la paura faccia novanta, ma nel caso degli avventori che fuggirono disperati dall’Autogrill fece centoventi. Tale era infatti la media oraria della loro corsa disperata sull’autostrada, tanto che un autovelox poco lontano scattò più di una foto a quelli che sembravano dei perfetti cosplayers dell’Urlo di Munch.

“Ecco. Mi sono giocato la paga.” Sospirò sconsolato l’inserviente.

“La peste? Ma non era stata debellata più o meno duecento anni fa?” Domandò Mukurenzo, alquanto dubbioso.

L’inserviente lo guardò, e Mukurenzo non potè evitare di sentire un brivido percorrergli la schiena quando gli occhi dell’uomo si puntarono su di lui, completamente stravolti. Sembrava lo sguardo di una persona totalmente fuori di testa, come di uno che fosse stato sottoposto a una maratona di 40 ore filate di “S.O.S tata”.

“Questa no!” Sibilò. “E’ un morbo assassino che non lascia scampo! Molti di noi sono già morti, e molti altri moriranno! Ti do un consiglio, straniero fruttiforme….Scappa! Salvati!” Disse, prima di prendere scopa e paletta e allontanarsi sul retro.

Mukurenzo si ritrovò solo, a osservare il suo bel faccino nei monitor delle telecamere di sorveglianza. Tornare indietro avrebbe significato darla vinta a Xanxigo, e perdere definitivamente ogni speranza per poter entrare nell’Antagonista’s. Nonché rifarsi circa diecimila kilometri di autostrada, e dover rimandare ancora il suo matrimonio con l’amata Tsunia. No, si disse, sarebbe rimasto li a Milano, sarebbe sopravvissuto e sarebbe diventato un eroe del male.

Lo schermo della tv lanciò la promozione di una discoteca in centro che quella sera avrebbe fatto il tre per due sui superalcolici.

Mukurenzo, da buon credente, lo prese come un segno del cielo, pagò il parcheggio e si incamminò in città.

Lo spettacolo che si trovò davanti diventava sempre più inquietante ad ogni passo che faceva.

Gente completamente sfigurata gli passava accanto, in lacrime. Molte tombe erano state allestite alla bell’e meglio in enormi campi allestiti per l’occasione, e la Protezione Civile stava sfollando i milanesi in enormi tendopoli all’ombra della Madonnina.

Mukurenzo osservò quei corpi tremendamente sfigurati, e ammise che, sebbene non fosse un esperto in medicina, non aveva mai sentito parlare di piaghe blu, arancioni o fuxia. E nemmeno di parassiti a forma di…Gomme masticate?

Il ragazzo scrollò le spalle, evitando ogni contatto nel proseguire il suo cammino verso l’alloggio che aveva prenotato.

Ma la sua pace non durò molto.

Sembrava una nuvola di polvere scatenata dalle casse di un concerto metal di ciclopi. Si dirigeva verso di lui, e pareva inarrestabile.

Poi cominciò a riconoscere delle sagome umane e delle urla.

Mukurenzo si chiese perché in certi casi l’autrice non ci ficcasse un bel rallenty per permettergli di fuggire.

“Che succede?” Domandò Mukurenzo al primo tizio che gli capitò a tiro, accostandosi al muro di una casa per non essere travolto.

“Sta….Arrivando…La peste!!!!!!” Rispose quello, prima di ricominciare a correre.

Mukurenzo guardò all’orizzonte.

Le sue pupille si restrinsero.

“Chiiiiiiii vuole giocare con Lambo-san??” Disse la peste, con dei pennarelli in una mano e l’altra nel naso.

Mukurenzo cominciò a correre.
 
   
 
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