28
Innanzi tutto, feci visita
alla famiglia Arrighi. Si trattava di due coniugi abbastanza giovani senza
figli, perciò immaginai che per loro non sarebbe stato difficile trovare
un’altra sistemazione alternativa a casa mia. Poi Giorgio – il ragazzo di Anna
– che lavorava come avvocato in uno studio legale al centro di Milano, contattò
mio padre e gli richiese il documento che attestava la mia proprietà della casa
a Grosseto, poiché io avevo espressamente manifestato la mia volontà a volerci
tornare.
Quella bestia aveva
borbottato e imprecato contro il gentilissimo Giorgio, poi però era stato
costretto a sottomettersi alla giustizia e dichiarò che avrebbe inviato il
tutto via fax.
Tutto si concluse in maniera
abbastanza rapida, nel giro di un mese il documento fu di mia proprietà e con
tale attestato esercitai il mio legittimo rimpatrio in Toscana.
Tuttavia, aiutai i coniugi
Arrighi a trovare una sistemazione, scoprendo che la fortuna sembrava essere
dalla mia parte. Infatti, i due si trasferirono in un appartamento in centro,
meno costono dell’esorbitante affitto che mio padre
pretendeva loro. Inoltre, la zona era la stessa in cui entrambi lavoravano,
essendo proprietari di una cartolibreria.
Così, un mese e mezzo dopo,
ero a casa, felice di aver ricevuto la proposta di lavorare alle dipendenze dei
due coniugi.
Inutile dire quanto fosse
felice la signora Adelina Giannini nel vedermi
scaricare la mia roba dov’era sempre stata fino a due anni prima. Mi fece le
feste come un cagnolino che aspettava con ansia il ritorno del suo padrone e questo
mi irritò in maniera eclatante. Fui quasi sul punto di mandarla al diavolo, se
non fossi stata una persona educata.
Per quanto riguarda i miei
sentimenti, la situazione non era affatto cambiata: se durante il giorno ero entusiasta
e occupata a servire i clienti della cartolibreria, la notte mi chiudevo a
riccio sul mio letto e piangevo, sentendomi nostalgica e triste. Avevo
combinato un sacco di guai e già mi mancava il sostegno che Anna mi aveva
donato nel periodo in cui avevo vissuto a casa sua. Anche lei, però, aveva un
lavoro e doveva rimanere a Milano a svolgerlo, non poteva star dietro alle mie
stupide lacrime.
Più il tempo passava, più il
vuoto nel mio petto cresceva inesorabilmente, trascinandomi in un oblio che mai
e poi mai avrei saputo affrontare e sconfiggere. Mi ero premurata di gettare la
vecchia scheda telefonica, proprio per evitare di essere contattata da Michele
o da Matt.
Rimaneva però il mio
indirizzo e-mail che avevo deciso di continuare ad utilizzare, poiché ricevevo
aggiornamenti da diversi siti e non mi andava di eliminare tutto a causa di un
triangolo amoroso che solo io mi ero creata.
Così, un bel giorno – per
così dire – effettuai l’accesso alla mia casella di posta elettronica per
controllare se ci fosse qualche novità interessante.
Mentre scorrevo i
ventiquattro messaggi in arrivo (dalla quantita della
posta non letta si può capire che non vi entravo spesso), uno di essi attirò la
mia attenzione, raggelandomi il sangue nelle vene.
Risaliva a circa una
settimana prima. Il mittente era Matthew Tuck. Non
poteva essere, avevo vietato sia a lui che a Michele di cercarmi. E ora venivo
a conoscenza del fatto che il mio volere non era stato rispettato.
Con lo sguardo fisso sullo
schermo del portatile, cominciai a leggere ciò che Matt mi aveva scritto.
Cara Liz,
so perfettamente che non avrei
dovuto scriverti, ma è stato più forte di me.
Mi manchi, non immagini
quanto. Non sai cosa darei per poterti riabbracciare.
Tuo, Matt
Rimasi per qualche minuto con
la bocca spalancata, gli occhi sgranati e una mano premuta sul petto
all’altezza del cuore, mentre un uragano di sensazioni mi travolgeva,
trascinandomi in un universo a me sconosciuto. Matt aveva detto che gli
mancavo. Peccato che non sapesse quanto lui mancasse a me. Avrei voluto
cancellare quel suo messaggio, ignorarlo, magari avrei potuto addirittura
evitare di leggerlo e cestinarlo soltanto perché proveniva da lui.
Eppure, rimasi là a
rileggerlo all’infinito, incurante delle lacrime che mi offuscavano la vista,
della gioia insensata che il sentirmi desiderata da lui mi provocava, del
bisogno che sentivo di rispondergli o addirittura di prendere il primo aereo
per Londra e raggiungerlo.
Invece, lessi centinaia,
migliaia di volte quelle poche parole, in modo da imprimerle a fuoco nella mia
anima.
Matt mi voleva.
E io volevo lui.
Ma sapevo già che non avremmo
mai potuto stare insieme, non dopo tutto quello che avevo combinato, non dopo
aver abbandonato i Faithless di punto in bianco.
Cosa dovevo fare?
Non ne avevo la minima idea.
Mi sentivo un po’ come Tom Hanks nel film ‘Cast Away’:
demoralizzata, sola, confusa, incapace di trovare una soluzione per abbandonare
quell’isola triste e solitaria che era la mia sofferenza.
Scossi il capo, cercando di liberare
la mente da quei pensieri dolorosi.
Decisi di spegnere il
computer. Non volevo nemmeno cancellare l’e-mail di Matt, volevo soltanto
smetterla di leggerla, anche perché ormai conoscevo a memoria ogni singola
interpunzione, ogni singolo termine, ogni singola emozione legata ad ognuna
delle parti dei brevi periodi che aveva inciso in quel messaggio digitale.
Prima di arrestare il
sistema, però, decisi che avevo qualcosa di importante da affrontare: dovevo
sapere com’era andato lo spettacolo dei Faithless
come gruppo spalla dei Metallica, dovevo venire a conoscenza della nuova
formazione, dovevo saperne di più su di loro. Avevo rimandato per troppo tempo
quel momento. Ma ora potevo affrontarlo, dopo aver accettato di leggere le
parole di Matt, non mi restava che completare l’opera in bellezza.
Digitai alcune parole sul
motore di ricerca e attesi che comparisse la lista dei risultati. Aprii il sito
ufficiale dei Faithless e la foto del gruppo mi si
parò davanti agli occhi, trafiggendoli.
Sulla destra, il primo a
spiccare con un sorriso smagliante era Max, accanto a lui c’era Joey che faceva le corna, poi Michele che osservava
l’obiettivo con espressione seria; al suo fianco, Matt aveva assunto
un’espressione da duro, mentre Janne rideva, come se
qualcuno dei presenti avesse appena fatto una battuta.
E accanto a lui, con gli
occhi più tristi di questo mondo, vi ero io, persa come al solito nei miei
pensieri.
Infine, Serj
posava rilassato, con una mano sulla mia spalla e l’altra posata sul petto,
mentre un lieve sorriso gli increspava le labbra.
Mi sentii invadere da un
amore incondizionato per ognuno di loro, come se tutto quello che era successo
nei mesi precedenti avesse improvvisamente cessato di esistere. Fu come
trovarmi lì a posare insieme a loro. Non mi importava che la mia espressione
fosse malinconica, sapevo soltanto che ricordavo il momento in cui
quell’immagine era stata scattata e sapevo che, allora, mi sentivo a casa,
protetta dalla mia vera famiglia.
Mi riscossi e scesi con il
cursore a leggere i post della timeline.
L’ultimo risaliva proprio al
giorno della mia partenza.
5 settembre 2012, ore 19:37
I Faithless annuciano
che la batterista Elisa Rubini non potrà presenziare al live in cui la band si
esibirà in apertura del concerto dei Metallica, il prossimo 3 ottobre.
Si spera che la musicista si rimetta presto in forze e che torni il
prima possibile ad allietarvi con l’energia del suo strumento.
Intanto, sarà sostituita dal batterista Mike Luce, facente parte
della band statunitense Drowning Pool.
Siete tutti invitati a partecipare all’evento!
Cosa? Dovevo aver letto male,
perché non era concepibile che i ragazzi credessero che sarei tornata a suonare
con loro. Ero stata chiara, avevo detto espressamente che sarei uscita dalle
loro vite per sempre, eppure avevano comunque fatto di testa loro.
Tutti i buoni propositi
riguardanti l’esito della serata con i Metallica andarono a farsi benedire.
Sapevo che Mike Luce non aveva niente da invidiarmi, perciò potevo dormire sonni
tranquilli da quel punto di vista.
Spensi il computer e mi andai
a stendere sul letto.
I Faithless
erano pazzi, completamente fuori di testa!
Non potevo ripartire per
Londra come se niente fosse e scoinvolgere un’altra
volta le loro vite.
Prima di scivolare tra le
braccia di Morfeo, soltanto di una cosa fui certa: avevo sbagliato ad illudere
Michele, poiché soltanto ora comprendevo che l’unico che avessi mai amato altri
non era che Matthew Tuck.
Ecco perché dovevo rimanere
in Toscana e lasciarlo andare.
Ecco perché decisi che avrei
eliminato la sua e-mail.
Ecco perché non l’avrei
degnato della minima risposta.