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Autore: SeleneLightwood    21/08/2012    26 recensioni
Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo ventidue

 

So let’s set the world on fire, we can burn

brighter than the sun”

 

Naturalmente le cose non andarono come Kurt aveva programmato. Con l’inizio delle lezioni – estenuanti, faticose, meravigliose lezioni – né lui né Blaine ebbero molti momenti liberi, ad eccezione delle sere, durante le quali erano comunque troppo stanchi per girare per New York e quindi si limitavano a poltrire in camera o al massimo attraversare la strada per andare da Amy ed Ellie per sanguinarie gare di karaoke da musical.

Amy sembrava aver preso Blaine in simpatia in un modo tutto suo, per cui nella sua testa cercare di soffocarlo con un cuscino mentre si esibiva in Love never dies – dall’omonimo, inutile musical – era la dimostrazione d’affetto più grande che potesse esistere. Inutili, ovviamente, erano le proteste di Kurt e Ellie, l’una decisamente contro l’omicidio e l’altro preoccupato che Amy potesse assassinare con un cuscino il ragazzo perfetto.

Gli insegnanti della NYADA erano estremamente severi ed esigenti, Madame Tibideaux li terrorizzava a morte e l’insegnante di danza non aveva preso molto in simpatia Blaine e spesso lo costringeva a rimanere dopo le lezioni a provare e riprovare passi impossibili.

Fu così che, tra un impegno e l’altro, l’idea di Kurt passò momentaneamente in secondo piano per tutto l’autunno, mentre New York si trasformava lentamente in un tripudio di colori e lui si innamorava di Blaine ogni istante di più.

Il problema era che Blaine, dopo quella sera in cui, al confine tra sonno e veglia, aveva sussurrato di amarlo, non aveva più detto niente al riguardo. C’erano state volte in cui, abbracciati sul divano o sul letto, intenti a baciarsi come se fosse l’ultima notte al mondo, Blaine gli era parso sul punto di farsi sfuggire di nuovo quelle parole dalle labbra.

Ti amo, lo sai?

Era un semplice luccichio nelle sue iridi nocciola, un sorriso più dolce del solito, una carezza in una marea di baci: eppure ogni volta Blaine si mordeva il labbro e socchiudeva gli occhi, nascondendo l’oro alla sua vista, e riprendeva a baciarlo.

Kurt aveva paura che Blaine non provasse davvero ciò che aveva accidentalmente confessato, aveva paura che tutto ciò che stessero costruendo fosse semplicemente finto. Eppure non poteva essere così: ogni volta che lo guardava negli occhi sapeva di aver trovato qualcuno per cui, semplicemente, valesse la pena.

Blaine era speciale. Non riusciva a trovare altro modo per dirlo, e non ce n’era nemmeno bisogno. Era, semplicemente, tutto ciò che Kurt aveva sempre voluto senza nemmeno saperlo. Blaine era…Blaine.

Quel meraviglioso ragazzo che era accidentalmente entrato nel suo scompartimento quella mattina, su quel viaggio di sola andata per New York, con una chitarra in spalla, che aveva catturato il suo cuore e non l’aveva più lasciato andare, era suo. Poteva essere giustificato, se aveva paura, no?

Dovresti darti una mossa, Hummel, suggerì Sue. Sul serio.

Ma, per quanto ogni volta che Blaine era a meno di dieci metri da lui le parole gli salissero alle labbra in modo spontaneo – Ti amo, dio quanto ti amo – finivano sempre per bloccarglisi in gola. Perché Blaine l’aveva detto, sì, ma non lo ricordava nemmeno e Kurt aveva paura. Era rischioso, significava mettersi in gioco definitivamente e aveva solo diciotto anni. Non era poi così ansioso di avere il cuore spezzato.

Andarono avanti così, tra baci languidi e carezze sempre più spinte, e quelle maledette parole sulle labbra, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di sputarle fuori e fare quel passo avanti che li avrebbe portati ad essere davvero, definitivamente Kurt e Blaine.

Solo Kurt e Blaine.

 

*

 

Natale arrivò ad una velocità sorprendente: le vacanze si avvicinavano sempre di più e sia Kurt che Blaine riuscirono ad andare avanti solo grazie a questa consapevolezza. La sera, quando si ritrovavano in camera da soli, finivano per stringersi sullo stesso letto e raccontarsi la loro giornata, o magari insultare quella vecchia megera che costringeva Blaine a ore ed ore di prove in più di danza, oppure sospirare ognuno sulle labbra dell’altro quando inevitabilmente finivano per baciarsi e poi spogliarsi.

Non erano mai andati oltre, in realtà. Blaine sembrava più che felice di baciarlo fino a togliergli tutta l’aria dai polmoni ed esplorare ogni centimetro del suo corpo, quasi volesse mandarlo a memoria.  Kurt, semplicemente, voleva Blaine ogni volta di più. Sapeva che presto sarebbe esploso. Se doveva essere completamente sincero, non vedeva l’ora.

 

La sera del quindici dicembre, quando le loro vacanze erano ormai a meno di una settimana di distanza e New York iniziava a riempirsi di decorazioni natalizie, luci e colori, Kurt si trovava spalmato sul divano dopo una lezione particolarmente sfiancante di ballo e canto combinati, troppo stanco e dolorante per muovere più di qualche muscolo. Blaine non era ancora tornato: era stato – ovviamente – trattenuto dall’insegnante di ballo perché dio, Anderson, a te quello sembrava un passo di danza?

Kurt non pensava che Blaine avesse bisogno di ore extra di prove: non aveva mai visto qualcuno muoversi con la sua sensualità. Beh, la sua forse era un opinione un po’ di parte, però Blaine rimaneva un ballerino eccezionale. Un baciatore eccezionale, anche. E –

La porta della loro stanza si aprì e si richiuse con un tonfo e Kurt mugugnò un incomprensibile saluto in quella direzione. Dopo qualche istante Blaine comparve nel suo campo visivo, il volto stanco ma adornato da un lieve sorriso.

“Quella donna è una strega” commentò con un filo di voce mentre si buttava sul divano di fianco a Kurt e gli accarezzava la schiena con una mano. “Sto morendo di fame, mangiamo qualcosa?”

Kurt si mise a sedere con un mugolio dolorante e stiracchiò le gambe, sbilanciandosi e finendo addosso a Blaine, che aprì le braccia per accoglierlo in un abbraccio.

Kurt però, schizzò via quasi subito, arricciando il naso.

Blaine, sei tutto sudato” mugugnò in segno di protesta, mentre Blaine ridacchiava e si faceva più vicino per abbarbicarsi a lui. “Che schifo, dai!”

“Oh, andiamo!” lo prese in giro Blaine cercando di avvicinarsi nonostante Kurt gli avesse posato le mani sulle spalle per tenerlo alla larga. “Non ti lamenti così tanto quando siamo a letto e le mie mani sudate sono su-”

Kurt arrossì visibilmente e gli diede uno schiaffetto sulla spalla. “Sono troppo concentrato per lamentarmi” lo interruppe prima che potesse finire la frase. Da quando Blaine era diventato così provocatore? Forse dal momento in cui passavano tute le notti a dormire nello stesso letto e si svegliavano tutte le mattine abbracciati, chissà.

“O troppo distratto” rise Blaine, appoggiandogli  le mani sui fianchi e riuscendo sporgersi abbastanza da lasciargli un bacio a fior di labbra. Kurt rabbrividì sotto al suo tocco, ma continuò a spingerlo via giocosamente.

“Vai a farti una doccia!” lo rimproverò con un sorriso malizioso. Blaine, però, fece leva sul suo ginocchio e se lo tirò sopra, facendo combaciare i loro corpi in ogni punto possibile.

Blaine…” iniziò a dire Kurt, divertito, ma la voce gli si bloccò in gola quando Blaine iniziò a baciargli il collo delicatamente, lasciando una scia di baci fino alla spalla.

Kurt non poté fare nulla per fermare il sospiro che gli sfuggì dalle labbra, e le mani di Blaine si spostarono sulla sua schiena, fino a fermarsi sulla curva del suo sedere per spingerlo direttamente contro il propri fianchi. Kurt spostò appena il ginocchio alla ricerca di una posizione più confortevole e finì per trovarsi cavalcioni sopra Blaine, intrappolandolo sul divano.

Blaine socchiuse gli occhi e Kurt ebbe una fugace visuale delle sue iridi solitamente dorate, ora scure di lussuria.

Oh. Oh.

“Dovresti davvero f-farti – ah - una doccia” riuscì a mormorare sulle sue labbra mentre Blaine gli accarezzava con fermezza il sedere.

Mhmpf” mugugnò Blaine mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Vieni con me”.

Kurt si irrigidì tra le sue braccia, stupito dalla richiesta.

“C-come?”

“Vieni a fare la doccia con me”.

Aprì gli occhi e trovò Blaine sotto di lui, gli occhi lucidi semi aperti e un sorriso dolce sulle labbra rosse e gonfie di baci. Era bellissimo.

Non ci fu bisogno di dire niente, in realtà. Gli bastò leggere l’amore negli occhi del suo ragazzo per sapere di star facendo la cosa giusta. Non aveva detto che lo amava. E allora? Dopotutto, con chi altro avrebbe voluto avere un’esperienza del genere?

Lui voleva Blaine.

Annuì impercettibilmente e Blaine sorrise, e quello, semplicemente, bastò.

Il ragazzo riprese a baciarlo appassionatamente, sollevandolo quel tanto che bastava ad entrambi per alzarsi dal divano senza che le loro labbra fossero costrette a separarsi. Continuarono a stringersi anche durante il breve tragitto per il bagno; Blaine riuscì ad aprire la porta con una mano, ed una volta oltrepassato lo stipite sollevò la maglietta di Kurt con entrambe le mani fino a sfilargliela dalla testa.

“L’ho mai detto che adoro spogliarti?”

Kurt invertì le loro posizioni e lo spinse con veemenza contro il muro del bagno. Blaine piegò la testa mentre attaccava le labbra alla sua spalla – anche la sua maglietta era finita da qualche parte a terra – e gemette con voce roca sulle sue labbra proprio mentre Kurt mormorava: “Ti voglio”.

Tutto quello che successe dopo fu qualcosa di cui Kurt non avrebbe mai, mai potuto pentirsi.

Non riuscì a capire come – e nemmeno gli importava, in realtà - ma un istante dopo si trovò sotto al getto bollente della doccia, con Blaine che lo premeva delicatamente contro le mattonelle bagnate per baciarlo con intensità. I vestiti erano finiti chissà dove, eppure non si sentiva in imbarazzo: ogni centimetro della sua pelle raggiunto dalle mani di Blaine o dalle sue labbra pareva prendere fuoco e ben presto Kurt si ritrovò ad ansimare, con il viso premuto sulla spalla di Blaine, una mano tra i suoi ricci e una che massaggiava con decisione l’erezione del ragazzo mentre l’acqua gli scorreva sulla nuca, lungo la schiena, sulle braccia. Blaine aveva gettato la testa  all’indietro, aveva le palpebre socchiuse e dalle sue labbra uscivano i suoni più meravigliosi che Kurt avesse mai sentito.

Le mani del suo ragazzo vagavano sul suo corpo distrattamente, come se non riuscisse a smettere di toccarlo nonostante non riuscisse a rimanere concentrato: vederlo arrendersi così sotto le sue mani non fece altro che portare anche Kurt al limite. Il primo a raggiungere l’orgasmo fu Blaine: alzò il viso di Kurt appoggiandogli una mano sulla guancia e lo baciò con disperazione, premendosi contro di lui per inchiodarlo alle piastrelle bagnate e incontrando i movimenti della sua mano con i fianchi, mentre i suoi gemiti venivano soffocati dalle labbra di Kurt sulle sue.

Quando Blaine riuscì a riprendersi dalla nebbia di piacere alzò gli occhi nei suoi in una muta richiesta, che – sorprendentemente – Kurt colse al volo. Blaine si inginocchiò davanti a lui e lo osservò per un istante da sotto le ciglia impossibilmente lunghe.

“P-posso?”

“Dio, sì”

Tutto il resto fu un ricordo molto nebbioso che sfumava insieme all’acqua che scendeva nello scarico. Nonostante tutto, le labbra di Blaine non abbandonarono il suo corpo nemmeno per un istante.

 

*

 

A cinque giorni dalla vigilia di Natale Kurt scoprì che Blaine sarebbe rimasto a New York da solo, perché i suoi genitori sarebbero andati ad un party in cima alla Tour Eiffel.

“Sei serio?” gli domandò non appena Blaine se ne uscì con quella confessione, borbottata sulle sue labbra nella speranza che Kurt non la sentisse davvero.  Ma Kurt, quando si trattava di Blaine, aveva sempre un ottimo udito.

“Sì, sono serio. Vigilia, Natale e Capodanno a Parigi. Senza il loro molto omosessuale e molto artistico figlio”.

Lui aveva programmato di tornare in Ohio, in realtà, per passare le vacanze con Burt, Carole, Finn e Rachel. Era certo che anche Blaine sarebbe tornato dalla sua famiglia, tanto che non aveva nemmeno intavolato l’argomento. In fondo chi è che passa il Natale da solo a nemmeno vent’anni?

Eppure non era così: Blaine si aggirava per la loro stanza più triste che mai e i suoi occhi dorati vagavano sulla sua figura sempre più spesso, in perfetto stile cucciolo abbandonato. Kurt sapeva che non era un atteggiamento intenzionale: Blaine non gli aveva chiesto di rimanere e Kurt era certo che non l’avrebbe fatto. Eppure l’idea che aveva avuto un paio di mesi prima, che era rimasta assopita nella sua mente per tutto quel tempo, gli balzò davanti agli occhi senza che potesse fermarla. E la sua giornata si illuminò perché, con un po’ di organizzazione, era realizzabile.

Dio, perché allora era terrorizzato? Ti amo, lo sai?

Convincere Blaine a tornare in Ohio per passare il Natale con lui e la sua famiglia, tuttavia, sarebbe stata una vera impresa.

 

La sera prima della partenza di Kurt, lui e Blaine erano appena usciti dal bagno dopo l’ennesima doccia insieme, ormai diventata un’abitudine. Quando Blaine cercava di scherzarci su con battutine sconce – aveva i suoi momenti da maschio idiota, dopotutto – Kurt lo prendeva in giro dicendo che lo faceva solo per risparmiare tempo ed avere uno schiavo che gli passasse il balsamo sui capelli.

In genere finivano sempre per litigare scherzosamente fino a che Blaine non lo baciava – o meglio, gli saltava letteralmente addosso – e lo gettava sul letto. A quel punto smettere di baciarsi e accarezzarsi diventava particolarmente difficile.

Quella sera non fece eccezione, con la differenza che quando Blaine lo spinse delicatamente contro il cuscino per mordicchiargli la mascella, sembrò più triste del solito.

Fu allora, di fronte a quegli occhi così dolci e tristi, che Kurt si decise a proporre l’improponibile.

“Torna in Ohio con me”.

Blaine smise quasi subito di baciarlo per staccarsi e lanciargli un’occhiata attonita.

“Come?”.

Ok, non è niente. Puoi farcela, Kurt.

“N-non puoi passare le vacanze da solo qui, Blaine. Perché non vieni con me? Passiamo la vigilia di Natale dai miei e poi andiamo da qualche parte o torniamo a New York. Hai detto che i tuoi amici sono tornati a Westerville, no? E alla NYADA non ci sarà nessuno”. Kurt arrossì furiosamente sotto lo sguardo intenso di Blaine. “E poi a- a mio padre piacerebbe conoscerti.”

Blaine non disse nulla, si limitò a guardarlo con quell’espressione indecisa e spaventata negli occhi, e Kurt si fece prendere dal panico.

“Non sei obbligato, naturalmente!” esclamò con voce acuta, prendendogli il viso tra le mani. “Voglio dire, muoio dalla voglia di passare il Natale con te e-  e volevo presentarti la mia famiglia, ma se non vuoi posso – posso rimanere io. Non importa, magari torno a casa durante le vacanze di pasqua o-“

“No” mormorò Blaine scuotendo la testa. “Devi tornare da tuo padre, lo so che ti manca da morire, Kurt. Ho sentito la telefonata di ieri”. Kurt arrossì vagamente.

“Allora vieni con me” sussurrò lasciandogli un languido bacio a fior di labbra. Blaine sembrò ancora più indeciso.

“Non preoccuparti per me, starò bene. E poi non voglio intromettermi nella festa di famiglia”.

I suoi occhi erano così tristi che Kurt non poté fare a meno di insultare mentalmente i genitori del suo ragazzo per averlo abbandonato proprio a Natale per Parigi.

Blaine” mormorò baciandolo dolcemente. Ora o mai più, Kurt. Coraggio. “Tu sei la mia famiglia. Io – io tengo tantissimo a te” Ti amo. “Non ti lascerò da solo a New York la Vigilia di Natale. Volevo proportelo un mese fa, quando ho deciso di tornare a Lima per le vacanze, ma non ho avuto il coraggio perché sapevo che avresti reagito così.”

Lo baciò di nuovo, cercando di cancellare la smorfia scettica e spaventata sulle sue labbra. “Ti prego. Fidati di me”.

“Io- dio” mormorò Blaine gettando indietro la testa quando le labbra di Kurt scesero a baciargli il collo. “V-va bene” disse infine. “D’accordo.”

Kurt esultò, dando mentalmente il cinque alla Sylvester, che stava dando un party tra le sue cellule celebrali.

Si prospettava una magnifica vigilia di Natale. Oh, se solo Blaine avesse saputo cos’aveva in mente in realtà…

“Kurt?” domandò Blaine timidamente dopo un paio di minuti passati a baciarsi fino a togliersi il fiato. “Sei sicuro che tuo padre non abbia il porto d’armi?”

La sua risata cristallina invase la stanza e finì per coinvolgere anche Blaine, fino a che entrambe non si spensero sulle sue labbra.

Ti amo. Dio, quanto ti amo.

 

*

 

Il viaggio di ritorno verso l’Ohio fu piuttosto tranquillo, se paragonato al viaggio d’andata che li aveva portati a New York. Blaine se ne stette tranquillo con la testa appoggiata alla sua spalla e la mano intrecciata alla sua fino a che non superarono le campagne di Columbus. Al che iniziò a farsi prendere dal panico, blaterando su padri iperprotettivi, armi da fuoco e giubbetti anti-proiettile fino a che Kurt non lo zittì premendo le labbra sulle sue e strappando un’esclamazione scioccata alla donna seduta a qualche metro da loro.

Ma non importava, potevano scandalizzarsi quanto volevano; era innamorato, che male c’era?

Scendere alla stazione di Lima fu un po’ più complesso, visto che Blaine sembrava voler rimanere abbracciato al suo sedile, sul treno; il peggio però non arrivò mai, perché non appena misero piede sul binario Carole si buttò su di loro e li abbracciò entrambi come se fossero i suoi figli appena tornati dal fronte, e Blaine sembrò rilassarsi visibilmente. Con la mano stretta alla sua nonostante fossero in Ohio Kurt riuscì a presentarlo a suo padre senza che uno dei due scappasse via a gambe levate e Burt sembrò essere semplicemente soddisfatto dall’evidente felicità che entrambi emanavano.

Certo, all’ora di cena, tutti riuniti intorno alla tavola, se ne uscì con un: “Spero che tu stia trattando bene il mio ragazzo”, che implicò uno sguardo di rimprovero da parte di Carole, un calcio da parte di Kurt da sotto il tavolo, Finn improvvisamente cianotico e Blaine bianco come un cadavere.

Ad eccezione di quello, però, nient’altro andò storto. Blaine adorava la sua famiglia e la sua famiglia adorava Blaine.

Cos’altro poteva chiedere?

Un po’ di coraggio per confessare di essere innamorato di lui senza svenire, magari.

 

*

 

Appena finita la cena Kurt notò che Blaine sembrava sul punto di crollare dal sonno, così lo staccò dalle grinfie di Finn – che sembrava avesse ricevuto il miglior regalo di Natale di sempre, un nuovo amico con cui parlare di Football – per mostrargli la camera degli ospiti. Era, in effetti, la prima notte in cui dormivano separati da molto, molto tempo, ma Kurt aveva pensato bene di non testare troppo la fragile salute di suo padre. Non era il caso di causargli un altro infarto.

“Mi mancherai, stanotte” sussurrò Kurt abbracciando Blaine stretto. Il ragazzo ricambiò la sua stretta e gli posò un bacio sulla guancia.

“Io-“ esitò un istante, poi gli prese il viso tra le mani. “Grazie. Per tutto questo. E’ stata la vigilia di Natale migliore da – da un sacco di anni a questa parte”.

Kurt sorrise e cercò con tutto sé stesso di trattenere le lacrime, perché proprio non era il momento.

“Te l’ho detto, Blaine. T-tu sei la mia famiglia”. Troppo tardi, accidenti.

“Oh, andiamo, non piangere! Non hai ancora aperto il mio regalo, aspetta di piangere lì!” scherzò Blaine con dolcezza, asciugandogli le lacrime con il dorso della mano.

“Scusa” mormorò Kurt strofinandosi l’altra guancia. “Anche il mio regalo è favoloso, comunque”.

Nel sorriso di Blaine, però, c’era qualcosa di diverso. Era nascosto anche in fondo ai suoi occhi, e se Kurt non avesse imparato a conoscere ogni singola sfumatura del suo umore, se non si fosse innamorato di lui così profondamente, con tutta probabilità non l’avrebbe notato.

Eppure c’era. Ed assomigliava terribilmente a tristezza.

Blaine lo lasciò andare e gli posò un delicato bacio a fior di labbra.
“Vado a dormire, è meglio. Sarai stanco anche tu” sussurrò delicatamente socchiudendo gli occhi. “Buonanotte”.

Kurt si staccò da lui e fece per voltarsi, confuso e forse anche un po’ ferito, sì, ma Blaine gli afferrò delicatamente il polso e lo tirò di nuovo verso di sé, facendolo scontrare con le sue labbra, improvvisamente disperate e bisognose.
“Buon Natale”.

E allora Kurt sorrise, perché Blaine era la creatura più bella che avesse avuto la fortuna di incontrare e, per motivi a lui incomprensibili, sembrava volere lui.

“Buon Natale anche a te”.

 

*

 

Kurt si richiuse la porta della sua stanza alle spalle e ci si appoggiò contro con la sensazione di essere nel posto sbagliato.

Osservò il suo vecchio letto e la sua vecchia stanza, così accuratamente decorata quando aveva sedici anni, e capì immediatamente cosa c’era che non andava in tutto quello: Blaine non c’era.

E se Blaine non c’era, come poteva, quella, essere considerata davvero casa? Possibile che le cose fossero cambiate così a fondo? Possibile che lo amasse così tanto?

Si sedette sul letto, facendo cigolare le molle del vecchio materasso, e sondò la stanza con lo sguardo alla ricerca della forza di volontà necessaria a non fare irruzione nella stanza di Blaine, spingerlo sul letto e baciarlo con tutte le sue forze.

Non la trovò.

Si alzò e aprì la porta più silenziosamente possibile, mentre in corridoio risuonava i rumore della televisione al piano di sotto. Suo padre e Finn erano incollati davanti ad una partita e Carole era sicuramente in cucina.

Percorse la strada fino alla porta della camera degli ospiti in punta di piedi, maledicendo l’asse di legno che cigolò sotto al suo peso, con il cuore che batteva a mille nel petto, e stava per abbassare la maniglia e fare irruzione, mandando al diavolo la sua idea folle per confessare a Blaine che lo amava, punto, quando la voce di Blaine giunse fino a lui con chiarezza attraverso la porta socchiusa.

“-e non credo che sia possibile, Nick. No, non lo so, non me ne ha parlato. Dovreste chiarire voi due. Vai da lui e digli cosa provi e fatela finita, perché siete stracotti l’uno dell’altro e non posso certo mettermi in mezzo per farvelo capire”.

Kurt non voleva origliare, visto che evidentemente erano affari di Blaine e dei suoi amici – a quanto pareva ancora in crisi tra di loro – ma poi sentì il suo nome, e prima che potesse impedirselo aveva appoggiato la guancia al legno della porta.

Vergognati, Hummel!, lo sgridò Sue. Una vera spia ora starebbe origliando appesa a testa in giù dal soffitto, o mimetizzata nella pianta grassa all’angolo della stanza. Sei un novellino.

Non era il momento per ascoltare le voci nella sua testa, però, perché a quanto pareva -

“No, non ho detto nulla a Kurt”.

Ma di cosa stava parlando?

“Nick, lo sai che non posso. Non ha detto niente dopo quella sera in cui mi sono lasciato sfuggire da bravo idiota che ehi, lo amo!, e ora sono qui in Ohio con la sua famiglia, che è adorabile, e tutto quello che riesco a pensare è che sono terrorizzato perché- perché ho paura che non mi ami quanto lo amo io. E mi sento un cretino”.

Un momento. Blaine pensava che…?

“Nick” sospirò Blaine, ed il rumore dei suoi passi si interruppe. “Non è la stessa cosa. Devo farmene una ragione e basta. No, non posso dirglielo. L’ho già detto e ha fatto finta di niente. Preferisco così, che perderlo”. Una pausa, piuttosto lunga. “Certo che lo amo, cretino. Lo amo da una vita”.

Allora te lo ricordi…

Quello era il momento adatto per mettere in pratica il suo piano, non c’era ombra di dubbio.

Sei nei pasticci, Hummel. L’hobbit pensa che tu non sia stracotto di lui.

Oh, andiamo, come può essere così idiota?, ribatté Kurt, chiaramente rivolto alla voce nella sua testa. Certo che lo amo.

E allora diglielo!, esclamò Sue, irata. Si può sapere che diavolo aspetti?

E Kurt stava per farlo, stava per spalancare la porta della camera, buttarsi su Blaine, baciarlo e dirgli che lo amava, lo amava così tanto che aveva paura. Ma non era così che voleva che succedesse: non in risposta ad una conversazione telefonica che non avrebbe mai dovuto sentire.

Quando sarà il momento lo saprò.

Così staccò la guancia dalla porta e si allontanò in silenzio per tornare in camera sua e osservarsi allo specchio. Le differenze con il Kurt sedicenne, spaventato e tormentato dai bulli erano semplicemente troppo ovvie per non notarle: c’era decisamente più durezza nei suoi tratti, e la luce di fierezza negli occhi non aveva fatto altro che accentuarsi; il sorriso, però, era diverso. Più dolce, più consapevole. E quando pensava a Blaine i suoi occhi si illuminavano di felicità e nei suoi tratti poteva scorgere solo dolcezza.

Non era certo un mistero cosa fosse cambiato nella sua vita: aveva incontrato Blaine e dal momento in cui i suoi occhi avevano incrociato lo sguardo del ragazzo sapeva che non sarebbe più riuscito a guardare da un’altra parte. Ci aveva messo solo un po’ a capirlo.

 

*

 

La mattina di Natale si lanciò nella stanza di Blaine per trovarlo con i capelli umidi di doccia, una vecchia t-shirt della Dalton e i pantaloni della tuta, seduto sul letto a fissare con aria incredula il cellulare.

“Ehi” esclamò sedendosi di fianco a lui e scrutando il suo viso con aria preoccupata. “Va tutto bene?”

Blaine alzò gli occhi nei suoi e, dopo averlo osservato per un istante, scoppiò a ridere di gusto, mettendogli tra le mani il cellulare e buttandosi sul letto, continuando a sghignazzare e a tenersi la pancia.

Kurt, dopo un momento di indecisione, fece scorrere lo sguardo sul messaggio che faceva bella mostra di sé sul telefono del suo ragazzo.

Da: Sebastian Smythe, ore 7:45

Caro Anderson. Non abbiamo fatto sesso. Ero troppo ubriaco. E tu troppo poco attraente mentre vomitavi anche l’anima dentro al cassetto del mio comodino. Dì a quella ragazzina che ti porti dietro che non deve preoccuparsi di dover raggiungere i miei alti standard. Spero che tu ti diverta e che alla NYADA ti facciano saltare sui mobili come facevano alla Dalton. Buon Natale. Il tuo incubo peggiore, Sebastian.

Kurt alzò lo sguardo su Blaine, che si stava asciugando le lacrime dagli occhi.

“Letto? E non è finito! Leggi quello dopo!”

Kurt non se lo fece ripetere due volte. Fece scorrere il pollice sullo schermo e comparve il secondo messaggio.

Da: Sebastian Smythe, ore 7:48

Post scriptum (e magari nemmeno sai cosa significa): Dico sul serio. E mi dispiace. Buon Natale

Kurt aprì la bocca per ribattere, ma Blaine si gettò sulle sue labbra con un sorriso enorme e prese a baciarlo praticamente ovunque.

“Ehi” ridacchiò Kurt, colpito da tutto quell’entusiasmo. “Buon Natale anche a te”.

“Non ho fatto sesso” rispose Blaine con il più largo dei sorrisi. “Non è meraviglioso?”

“Come dovrei rispondere a questa domanda, Blaine?”

“Oh, sta zitto e vieni qui”.

Gli prese il viso tra le mani e fece scorrere lo sguardo dalle sue labbra ai suoi occhi. “Sarebbe un buon momento per darti il mio regalo di Natale” sussurrò Kurt ad un centimetro dalle sue labbra.

Gli occhi di Blaine si illuminarono di tutta una nuova luce.

“Aspetta” disse. “Prima il mio”.

Gli porse un pacchettino non troppo grande, sottile, e Kurt lo osservò con circospezione prima di scartare delicatamente l’involucro.

Si ritrovò tra le mani un lungo pezzo di carta.

Blaine” mormorò, la voce improvvisamente roca per l’emozione. “Questo- questo è un biglietto per la nuova produzione di The Phantom of the Opera. A Broadway”.

Non era una domanda. Blaine continuava a fissarlo, carico d’aspettativa. “Guarda meglio” sussurrò accarezzandogli una guancia.

Kurt aveva il cuore in gola. “Prima fila. E- uhm, con Daniel Rowen, Lisa Strentford e- e- Blaine Anderson e- cosa?”

Alzò di scatto il viso per trovarsi ad un millimetro da quello di Blaine, vicinissimo.

“So che volevi tanto andare a vedere la versione con la nuova produzione perché The Phantom of the Opera è uno dei tuoi musical preferiti” iniziò Blaine, la voce incrinata di felicità. “La settimana scorsa è- è arrivata la telefonata da Broadway e- e- non mi hanno preso per West Side Story. Troppo basso. Uhm. Però mi hanno detto di presentarmi il venti gennaio per le prove, perché avevo ottenuto la parte di Raoul nella nuova produzione del Phantom.”

Blaine quasi non fece in tempo a finire di parlare, che Kurt gli aveva già gettato le braccia al collo e lo stava baciando appassionatamente.

“Sono-” sussurrò sulle sue labbra, baciandolo con forza. “così-”. Un altro bacio. “Fiero di te”.

“Kurt, io-“

Shh” lo zittì Kurt, posandogli un dito sulle labbra. “Sei una persona straordinaria, Blaine Anderson. Sono davvero fiero di essere il tuo ragazzo”.

Il sorriso sulle labbra di Blaine valeva molto più di qualsiasi regalo di Natale avesse mai potuto ricevere.

 

*

 

Blaine rimase di sasso quando Kurt, con un sorrisetto malizioso, gli comunicò che il suo regalo di Natale era a due ore di distanza da Lima. Rimase ancora più sorpreso quando, dopo un’ora abbondante di macchina, Kurt accostò al lato della strada e lo baciò a lungo, per poi coprirgli gli occhi con una sciarpa pesante.

“Non sbirciare” lo rimproverò prima di baciarlo languidamente sulle labbra ancora una volta. E, dannazione, non credeva che baciare Blaine bendato avesse questo effetto su di lui. Ma aveva ben altro a cui pensare.

“Non vuoi portarmi in un posto sperduto e isolato e farmi fuori per poi seppellirmi nel tuo meraviglioso giardino, vero?” pigolò Blaine con un finto tono spaventato. Kurt gli pizzicò un fianco e Blaine prese a ridere.

“Ok, ok! Sto zitto!”

In realtà, per il resto del viaggio, non smisero mai di parlare. Kurt rimproverò Blaine per almeno quindici minuti di fila perché gli aveva tenuto nascosto per una settimana di essere diventato parte del cast del Phantom of the Opera, e Blaine gli raccontò tutti i dettagli, giustificandosi con “Ehi, altrimenti che sorpresa sarebbe stata?”.

Ha ragione, cretino.

Grazie, coach, rispose acidamente Kurt. Lei sì che è d’aiuto.

“Non sbirciare” ripeté Kurt svoltando verso il grande edificio in fondo alla strada. “Ok, siamo arrivati”.

Parcheggiò nell’ampio spazio di fronte al palazzo e spense il motore, per poi voltarsi verso Blaine e sorridergli raggiante, nonostante questi non potesse vederlo.

“Posso guardare, adesso?” fece Blaine con impazienza, allungando una mano a tentoni fino a posarla delicatamente sulla guancia di Kurt. Il ragazzo si piegò in avanti e lo baciò di nuovo, facendo scivolare la lingua ad accarezzare la sua.

“Ancora no” sussurrò con il cuore il gola. Manca poco. Oddio, starà facendo la cosa giusta?

Mhm” mormorò Blaine mordendogli delicatamente il labbro inferiore. “Dì la verità. Ci stai prendendo gusto a baciarmi mentre sono bendato”.

“Cretino” ridacchiò Kurt nervosamente, spingendolo indietro delicatamente. Blaine colse l’ansia nella sua voce.

“Va tutto bene?” chiese, e Kurt era certo che, sotto alla sciarpa, ci fosse il suo solito sguardo preoccupato.

Kurt non rispose ma lo baciò un ultima volta e sgusciò fuori dall’auto per aiutarlo a scendere senza capitombolare a terra o andare a sbattere contro qualcosa. Risero insieme dell’imbranataggine di Blaine e Kurt lo guidò fino all’entrata, poi lungo uno stretto corridoio, tra la platea e infine su per poche scale.

Il cuore gli batteva talmente forte che sembrava volergli uscire dal petto e schizzare via terrorizzato, tanto non aveva idea di cosa stava facendo.

Tuttavia, nonostante la paura gli gridasse di scappare a gambe levate al sicuro, dove non c’era il rischio che il suo cuore finisse per spezzarsi al solo mettersi in gioco, si strinse a Blaine e prese un respiro profondo prima di passargli delicatamente le mani lungo i fianchi e risalire sulle spalle, il collo, fino al viso. Sciolse con delicatezza i nodi della sciarpa e quella scivolò lungo il collo di Blaine e cadde a terra, rivelando il viso del ragazzo. Gli occhi di Blaine erano già piantati nei suoi, la sfumatura dorata più evidente che mai grazie alla luce del riflettore puntato da qualche parte dietro di loro, e il cervello di Kurt registrò solo una cosa: anziché guardarsi intorno, il suo sguardo era rimasto fisso nel suo senza vacillare nemmeno un attimo.

Kurt si rese conto di avere le mani che tremavano solo quando Blaine le prese tra le sue e se le portò alle labbra per baciarne il dorso. Poi, lentamente, il suo sguardo scivolò sul teatro alle loro spalle e si illuminò di comprensione.

L’aveva riconosciuto.

Si allontanò appena, giusto un passo, per permettere a Blaine di osservare il palco, la platea buia e vuota, la polvere sul sipario.  Gli occhi di Blaine si andavano via via sgranando e quando tornarono sui suoi erano lucidi e spalancati.

È- questo è davvero- oh, dio” mormorò Blaine con voce spezzata, facendo saettare lo sguardo da Kurt al palco. “È il teatro dove- dove abbiamo fatto le Provinciali, vero?”

Kurt deglutì pesantemente e sentì una scarica di adrenalina percorrergli tutto il corpo. Ora o mai più.

“Sì, io-“ provò a rispondere, ma si bloccò e non riuscì più a continuare. Blaine era lì, lo guardava come se non stesse capendo più niente e non volesse altro che una misera spiegazione ed improvvisamente le parole gli mancavano perché non sapeva cosa dire, non sapeva come dirlo.

Allora, semplicemente, iniziò a cantare. Così, a cappella, senza musica sotto, probabilmente un paio di toni più basso di quanto non dovesse, con voce tremante come non gli era mai successo. Eppure tutto quello che voleva dire – tutto ciò che non aveva mai detto – era in una canzone.

Made a wrong turn, once or twice, dug my way out blood and fire, bad decisions, that’s alright, welcome to my silly life”.

Man mano che continuava a cantare, tutto acquistava significato, persino negli occhi di Blaine. Blaine che era perfetto per lui, Blaine che non sembrava curarsi delle pessime scelte che aveva fatto in passato, Blaine che c’era. C’era sempre, c’era sempre stato.

Quando finì di cantare, con voce tremante dall’emozione e gli occhi lucidi, Blaine era ancora immobile al suo posto e lo guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

Le parole, finalmente, gli scivolarono fuori dalle labbra come un fiume in piena.

“Non lo so se ha senso, tutto questo” sussurrò, facendo un ampio gesto con il braccio per indicare il teatro. Non riuscendo a guardare in faccia Blaine mentre parlava, abbassò gli occhi per fissarsi le scarpe. “Non ti ho visto quel giorno alle Provinciali e probabilmente è uno dei rimorsi più grandi della mia vita. E tu ci sei sempre stato, in un modo o nell’altro, e ho – ho pensato c-che questo poteva essere il mio modo per d-dirti che-“ che ti amo, dannazione. “-che mi dispiace e che dio, sono così contento di averti incontrato su quel treno. Sono così contento di essere finito per sbaglio sulla tua strada ancora una volta, e…e…io-“

“Ti amo”.

Kurt alzò il viso con uno scatto, ma prima che il suo cervello potesse assimilare le parole di Blaine, nient’altro che un sussurro, il ragazzo era già volato verso di lui e oh, lo stava baciando.

Rispose al bacio con disperazione, felicità e tutto l’amore che riuscì ad infonderci e presto le mani di Blaine furono sul suo viso, tra i suoi capelli, ovunque. Quando si separarono, le guance di Kurt erano rigate dalle lacrime, ma Blaine sorrideva.

“Se anche non ci fossimo incontrati su quel treno, era destino che succedesse, prima o poi. La NYADA. Una serata Karaoke nello stesso bar, il viaggio di ritorno, Natale a New York, Central Park, a teatro… Non mi interessa se non mi hai notato quando l’ho fatto io, Kurt. Sono contento che tu non l’abbia fatto, a sedici anni ero un casino. Avrei rovinato tutto. Ora, invece…” fece una pausa, cercando nei suoi occhi una risposta, che evidentemente trovò, perché sorrise e lo baciò di nuovo. “Ora so che sono in grado di amarti fino a che me lo permetterai”.

Kurt rise tra le lacrime e appoggiò la fronte alla sua. “In caso questo regalo fallisse, ti ho comprato anche un set di papillon” mormorò facendo scoppiare a ridere Blaine.

Insieme uscirono dal teatro senza guardarsi indietro, stretti l’uno all’altro.

Fuori, straordinariamente, i primi fiocchi di neve avevano iniziato a scendere sofficemente dal cielo. Kurt alzò il viso e uno gli si posò sulla punta del naso. Quando riabbassò gli occhi notò che Blaine lo stava osservando. Stava semplicemente sorridendo, niente di più.

 Blaine?”

Il ragazzo si avvicinò e appoggiò la testa alla sua spalla. “Mhm?”

Kurt sorrise lievemente, osservando la neve che cadeva dal cielo.

“Ti amo anch’io”.

Inspiegabilmente, non faceva più paura: Blaine alzò appena il viso e sorrise raggiante, strofinando il naso sulla sua spalla.

“Kurt, io-“

Kurt si spostò appena, quasi infastidito dal cupo ronzio che aveva in testa. Ma cos’era? Blaine continuava a star stretto a lui, con la testa appoggiata nell’incavo tra il collo e la spalla, ma era pesante e leggero allo stesso tempo. Stava parlando, ma Kurt non riusciva a sentirlo. C’era qualcosa che non andava.

Chiuse e riaprì gli occhi più volte, scorgendo un ultimo fiocco di neve, un ultimo lampo dorato, mentre il terreno dava l’impressione di volerlo inghiottire.

I suoni gli giungevano ovattati,

poi di nuovo quel ronzio cupo,

e l’ultima cosa che sentì

fu Blaine

che sussurrava il suo nome.

 

Quando riaprì gli occhi, lo scompartimento vuoto del treno che percorreva la tratta Lima-New York era tutto ciò che lo circondava.

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

…dico solo una cosa. Vi prego, aspettate l’epilogo. Non è come pensate. Più o meno.

*Non uccidetemi, sono coccolosa*

 

 

   
 
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