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Autore: Sophie_Lager    22/08/2012    5 recensioni
AVVISO AI LETTORI:
MI SCUSO IN ANTICIPO PER IL RITARDO CON CUI POSTERO' IL PROSSIMO CAPITOLO
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Le avventure di Sophie Lager!
Questa FF è ambientata dopo il Quinto libro di Percy Jackson, e quelle che vedrete saranno le cose dal punto di vista di un nuovo personaggio...
Bè, che dire? Spero vi piaccia! Fatemi sapere! ^^
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*Premetto che mi fanno molto piacere sia recensioni positive che -eventualmente- critiche negative. Solo grazie a queste, e quindi grazie a voi, posso migliorare. Grazie in anticipo!*
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Salve a tutti!

  Tutte le parole di questo mondo non servirebbero per giustificare tre mesi di ritardo. Proprio no. 

Tuttavia, credo che in questo caso quello che sto per dirvi vi farà capire.

Come credo tutti saprete, l'Emilia è stata colpita dal terremoto, alcuni mesi fa. E solo ora le cose iniziano a tornare alla normalità. Quindi, diciamo che il computer era all'ultimo trattino della lista delle cose che avevo perso e di cui avevo bisogno. 

Ora che finalmente sono armata di nuovo di tastiera e buona volontà, però, sono sicura che potrete leggere periodicamente le avventure di Sophie e di tutti i semidei del Campo Mezzosangue.

 

Ancora mille scuse, che spero accetterete.

 

Un bacio, e buona lettura :)

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Capitolo 8

 

MI DANNO CATTIVE NOTIZIE


 

Erano passati tre giorni.

Ero rimasta chiusa in camera, nella Casa Grande. Non avevo avuto il coraggio di uscire. 

Annabeth e Percy erano rimasti a lungo difronte alla porta chiusa, dopo la mia fuga. Inutilmente. Non avevo aperto a nessuno, nemmeno a Chirone, sperando che si arrendessero e che capissero che volevo restare da sola.

Non so cosa mi sia preso, non chiedetelo. Ero solo molto depressa e molto stanca. Ogni giorno Chirone mi aveva lasciato i pasti fuori dalla porta, e ogni giorno io avevo preso il vassoio di cibo per poi lasciarlo quasi del tutto intatto sulla scrivania.

Evitavo di guardarmi allo specchio. Evitavo di pensarci. 

Disegnavo.

Era l'unica cosa che mi liberava la mente e mi rilassava. Avevo usato ogni foglio che avevo trovato in camera, senza contare tutti quelli che avevo nella borsa da viaggio. Disegnavo qualsiasi cosa. 

Così fu per due giorni. 

Il terzo giorno di clausura, mi decisi.

Avevo pensato anche troppo. Basta. Ero decisa, sicura. Così ero e così sarei rimasta, per tutta la vita. Dovevo accettarmi. 

Che poi, non erano così male dei capelli colorati e brillanti, no?

No.

Ma come ho detto, cercavo di non pensarci.

Era quasi sera, e mi avevano già consegnato il vassoio della cena. Aprii la porta, lo presi e lo portai dentro, lasciandola aperta. Sbocconcellai un po' di frutta, e mi dissi che sarebbe stata l'ultima cena che avrei consumato così, al Campo Mezzosangue. Mi lasciai cadere sul letto, e come ogni sera le lacrime mi salirono agli occhi. Non sapevo perché, succedeva e basta. 

Si dice che la notte porti malinconia, ma se così era non riuscivo a capire di cosa avessi nostalgia. 

Avevo una teoria: erano lacrime di rabbia. Di rabbia perché avevo scoperto così tardi di com'ero realmente. Di rabbia perché ero quasi riuscita ad accettarmi e a considerarmi come tutti gli altri. Di rabbia perché avevo creduto che mia madre mi volesse bene, e invece non era così. 

No, aspettate, cos'avevo appena detto? Che mia madre mi odiava?

No, non potevo averlo detto. 

E invece si, mi resi conto. E allora mi accorsi che i miei pensieri erano del tutto irrazionali, come la mia rabbia. Era tutta colpa di quest'atmosfera, dell'aria della stanza. Mi sentivo oppressa, come chiusa in gabbia. Mi girava la testa. 

Mi alzai, con ancora le lacrime agli occhi, scossa dai singhiozzi, e corsi fuori dalla stanza, in corridoio. E qui inciampai.

Caddi in ginocchio sul pavimento di legno, e in quell'istante sentii una voce.

«Hei! Stai bene?» 

Era vicina, molto vicina. Per un'istante pensai che fosse Annabeth, poi però mi resi conto della differenza. Era una voce più acuta, squillante, che non avevo mai sentito. Allora mi voltai, per capire a chi appartenesse, e mi ritrovai difronte una ragazza all'incirca della mia età: aveva delle valige in mano, come se avesse dovuto fermasi per molto al Campo. Ma non fu questo ad attirare la mia attenzione. Aveva una maglietta a maniche corte, verde acceso, con delle macchie di vernice rosa shocking che a ben vedere erano state fatte di proposito, con un pennello. Anche i jeans erano molto colorati, ma stavolta con pennarelli. E aveva dei capelli rossi e ricci, che di certo non passavano inosservati. 

Ok, forse un po' mi stavo consolando. Non ero la sola ad andare in giro come un cartellone pubblicitario. Senza offesa per lei, naturalmente, ma io non ero il tipo di persona che CERCAVA di essere appariscente.

Mi rialzai, per far capire alla sconosciuta che stavo bene, e lei mi venne incontro.

«Sto bene, grazie» la fermai. E le sorrisi, o almeno mi impegnai per farle vedere quello che speravo fosse un sorriso. Anche se con le lacrime agli occhi non era molto facile.

E infatti lei non ci cascò. 

«Sei sicura? E' tutto ok?»

«Si, si. Davvero, sto bene. Grazie»

Mi fissò per un po', poi mi squadrò dalla testa ai piedi. Era calato il silenzio tra di noi, e sinceramente era molto imbarazzante. Non potevo tornarmene in camera o abbandonarla li, in corridoio, dopo quello che aveva fatto. Si era preoccupata per me. Insomma, non ero così crudele! Ma questo silenzio era davvero imbarazzante.

Così quando parlò, ne fui segretamente contenta.

«Sei nuova qui al Campo? Non ti ho mai vista» 

«Si, non sono arrivata da molto»

«Sei una mezzosangue?»

Che domande! Certo che ero una mezzosangue. Altrimenti che cosa avrei potuto essere? Un fauno? E soprattutto, che cosa ci stavo facendo qui? Le vacanze estive?

«Ovvio»

«Sai, è strano. Di solito i mezzosangue non dormono qui, ma giù alle case»

Oh, no. Non potevo rispondere. Mi sarebbero tornate le lacrime agli occhi. Ora che finalmente avevo ritrovato la serenità… 

"Dai, fatti coraggio, Sophie!" Mi dicevo. "Puoi farcela!"

«Si, infatti, sto proprio per spostarmi laggiù. Stavo facendo le valigie… Comunque io sono Sophie Lager» Conclusi, per cambiare discorso, offrendole la mano.

«Piacere» Mi disse lei, allungano la sua per stringerla «Io sono Rachel Elizabeth Dare, oracolo del Divino Apollo.»

 

Avrei mai finito di scoprire nuove cose riguardo a questo mondo?

La risposta era semplice: no.

Per esempio, chi può dirti che la ragazza strana con la maglietta colorata che ti ha appena aiutato è in verità un oracolo? Nessuno.

Gli oracoli sono della specie di veggenti, no?

E chi può dirti che ora non salti fuori qualcun altro e ti dica: "Piacere, Mago Merlino"? Nessuno.

E non mi dispiacerebbe se Merlin esistesse davvero, a dirla tutta.

Ma comunque, bando alle ciance. Avevo appena conosciuto un oracolo! Cioè, non era una cosa che succedeva a tutti, no?

E invece si. Dopo esserci presentate, e dopo aver digerito la notizia, Rachel mi parlò del suo compito al Campo. In poche parole, lei si fermava ogni estate qui, con i semidei. Quindi tutti la conoscevano. Il suo compito era quello di assegnare le imprese ai mezzosangue, secondo il volere degli dei. 

Chiesi a Rachel cosa fossero le imprese, perché nessuno me ne aveva mai parlato. Lei mi diede una bella spiegazione, completa e chiara. 

Questo è il mio riassunto. 

Imprese: della specie di missioni in cui gli eroi cercavano di non morire e di portare a compimento quello che gli veniva detto di fare. Punto. Diretto e coinciso, no? 

Poi ebbi la brillante idea di chiederle che cosa c'era di così pericoloso da portare alla morte tanti mezzosangue, e lei mi rispose, con un'alzata di spalle: «I mostri, no?»

E da quell'istante capii che non mi avrebbero mai convinto a far parte di un'impresa.

 

Dopo aver chiacchierato per un po', Rachel mi disse: «Io devo andare da Chirone, per far sapere che sono arrivata. Sai, sono un po' in ritardo, dovevo arrivare qui prima, con tutti gli altri, ma la scuola non me l'ha permesso. Vieni con me?»

«Certo. Anche io è qualche giorno che non mi faccio vedere in giro. Una storia lunga» Aggiunsi, prima che facesse qualche domanda che mi avrebbe fatto scoppiare a piangere e che avrebbe fatto crollare la mia facciata perfetta e appena ricostruita, sicuramente MOLTO delicata. Ma nonostante avessi detto questo, nella mia mente suonò un campanello: mi era appena venuta in mente una domanda, che avrei posto a Chirone alla prima occasione. Perché erano tutti li da prima della fine della scuola? Chirone aveva detto che quest'anno era un'eccezione, che di solito il Campo apriva solo da giugno. Che cosa c'era di importante quest'anno?

Ci avviammo verso il padiglione della mensa, e trovammo tutti i ragazzi attorno al fuoco. Io camminavo dietro a Rachel, che purtroppo era alta quanto me, e non riusciva a coprirmi del tutto. Ad ogni passo che facevo, il cuore martellava ancora più forte nel petto. Avevo paura della reazione che avrebbero avuto gli altri quando mi avrebbero visto. Cosa avrebbero detto? Cosa avranno pensato di me? Mi vergognavo da morire.

Fortunatamente, Rachel venne avvistata per prima.

«Rachel!» Gridò una ragazza che ricordavo essere della casa di Afrodite.

«Hei ragazzi: è arrivata Rachel!» Gridò qualcun altro.

Notai che anche Percy si era illuminato nel vederla. Annabeth, invece, sbuffando si era girata dall'altra parte, a osservare il buio.

Ci fu qualche attimo in cui nessuno mi notò, tanto erano tutti presi nel salutarla. 

Poi, però, mi videro. E cadde il silenzio.

Divenni rossa come un peperone e iniziai a sudare freddo. Volevo parlare, dire qualcosa di intelligente per mantenere quel poco di dignità che mi era rimasta dopo la scenata e i tre giorni in stile "suora di clausura" che avevo passato.

Dopo alcuni minuti che parvero interminabili, aprii la bocca e finalmente parlai.

«Ehm, … Buonasera»

Okay, perfetto. Ecco che potevo dire addio per sempre alla mia dignità. Ma brava, Sophie. Proprio proprio brava.

Ma a quelle parole, tutti sorrisero.

«Sophie, grazie agli dei! Pensavamo fossi morta! Non sparire mai più così, chiaro?» Mi disse Annabeth, l'unica un po' arrabbiata.

«Pensavamo fossi stata mangiata da Peleo» Mi disse Nico. E una lieve risata si alzò dai semidei che mi stavano guardando.

«Dai, su, vieni!»

«Ci sei mancata, Sophie!»

Nessuno aveva accennato ai miei capelli, anche se sicuramente la voce si era sparsa.
E nessuno mi aveva ancora gridato dietro "Vattene al circo!". Cosa più importante. Quindi non mi consideravano strana.
Tutti mi stavano chiamando. Tutti volevano che mi sedessi insieme a loro attorno al fuoco. Tutti mi volevano nel gruppo.
Mai e poi mai avrei immaginato una reazione del genere. Credevo di non essere considerata come tutti gli altri, come chi era al Campo da più anni di me. Credevo che non mi volessero poi così tanto bene.

E invece mi sbagliavo.

 

Tutti i ragazzi del Campo rimasero svegli più a lungo, quella sera. Si festeggiò l'arrivo tanto atteso dell'oracolo, e il mio ritorno tra i comuni mortali. Anzi, pardon, tra i semidei. Cantammo con i figli di Apollo, e assistemmo ad una litigata con i fiocchi tra la casa di Ares e quella di Demetra, per la precedenza alle docce. Quando infine a pochi rimase la voce per parlare, ci dirigemmo verso le nostre case. Verso la mia nuova casa.

Prima, però, passai alla Casa Grande, per prendere i miei bagagli. Entrai, e nel salotto trovai Chirone sulla sedia a rotelle. L'avevo già visto al falò, ma si era limitato a sorridermi, e io a ricambiare il sorriso. Ora volevo porgli la mia domanda.

«Bentornata fra noi» Mi disse, quando entrai.

«Grazie. Non mi sono ancora scusata abbastanza per il comportamento che ho tenuto prima di …» Ma non mi fece finire.

«Non scusarti. Nessuno ti da la colpa di nulla. Voglio solo sapere se ora stai bene»

«Si, credo proprio di si» E sorrisi.

«Bene, allora adesso puoi finalmente spostarti nella tua nuova casa»

«Si, infatti. Sono venuta a prendere le valigie… Chirone, posso fare una domanda?»

«Non vedo perché no. Dimmi, cara.»

«Ecco, beh, non è nulla di importante, sono solo curiosa… Perché quest'anno il Campo è stato aperto prima del previsto?»

La reazione di Chirone, però, non fu quella prevista. Si irrigidì, e si voltò verso di me, lo sguardo improvvisamente serio. Mi guardava come se fosse indeciso se dirmi qualcosa che avrebbe dovuto tenere nascosto.

«E' qualcosa che dovrei sapere?» Chiesi, incerta.

«Ormai, non avrebbe senso ritardare ancora…» Disse il centauro, più a se stesso che a me. Io attesi, paziente. Volevo sapere.

«Va bene, Sophie. Siediti, la storia dal principio è un po' lunga. Allora, sai cos'è successo a New York quasi un anno fa?»

Scossi la testa.

«A New York, sull'Empire State Building, c'è l'Olimpo. Tu sai chi è Crono, vero? Crono è il padre degli dei. Bene, vedo che sei istruita. Questo ti farà comodo. Crono era stato fatto a pezzi e gettato nel Tartaro, ma da sempre cerca di ricomporsi e di prendere il potere degli dei. Circa un anno fa, Crono è riuscito a ricomposi. Ha manipolato un ragazzo del Campo, di cui si è servito per recuperare energie. Poi ha formato un'esercito con tutti i mostri più potenti e temibili mai esistiti; alla fine, è riuscito ad unire al suo battaglione anche i Titani. E tutti insieme hanno cercato di prendere possesso dell'Olimpo. E ci sarebbero riusciti, se non fosse stato per i semidei che hanno combattuto valorosamente, fino alla fine. Molti dei ragazzi ci hanno lasciato per sempre, in questo intento. Alla fine, però, tutto si è risolto per il meglio, e Crono è stato sconfitto. Ma purtroppo, non è stato sconfitto definitivamente. Avrai notato i continui temporali su New York: Zeus non è tranquillo. Il motivo per cui siete tutti qui è che Crono si sta risvegliando, e proprio in questo momento sta cercando di recuperare le forze perdute durante la battaglia all'Empire State Building. Per quella battaglia esisteva una Grande Profezia: secondo questa, il primo figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi -Zeus, Poseidone e Ade- a compiere 16 anni avrebbe deciso per la salvezza o la caduta dell'Olimpo. Il ragazzo, come forse saprai, era Percy. Dopo quella Grande Profezia, ne fu annunciata un'altra, ma le profezie non hanno date, non si può sapere quale sarà il momento in cui arriverà il mezzosangue citato. Questa volta però la cosa è stata più rapida del previsto. Alcuni mesi fa, la Grande Profezia è stata rivelata…» E qui Chirone fece una pausa. Poi terminò. «Il semidio a prenderne parte dovrà essere un figlio di Iride.»

Rimasi immobile, sulla panca di legno. Avevo temuto che quello che stava per rivelarmi non fosse stato poi tanto bello da sapere, ma mai avrei immaginato qualcosa del genere. Di sicuro qualcuno ce l'aveva con me, o in cielo o in terra.

Certo era che, nella mia nuova vita da mezzosangue, non potevo dire di annoiarmi. Non facevo in tempo a digerire una notizia che subito se ne presentava un'altra, anche peggio della prima.

Ma in quel momento non sapevo cosa dire, né cosa fare. Dovevo prendere parte ad una battaglia? Io e basta? Era questo che voleva la profezia?

«Quindi… Che cosa dovrei fare?» Stavo per morire, sarei morta sicuramente, e guardate con che calma discutevo della mia morte!

«La profezia vuole che un figlio -o una figlia- di Iride, insieme ad altri due compagni, porti a termine l'impresa. L'impresa consiste nel trovare la Falce di Crono, prima che sia lo stesso Crono a farlo. E prima che sia troppo tardi. »

«Troppo tardi per cosa?»

«Troppo tardi per impedire una guerra, l'ennesima, nella quale i ragazzi non riuscirebbero a vincere. Non di nuovo, e non dopo così poco tempo dall'ultima.»

«E… Chi ha detto che dovrà farlo una figlia di Iride? Dov'è scritto?» Non ci volevo andare. Proprio no. Non era possibile che non ci fosse via d'uscita. Poteva benissimo esserci un modo per passare il testimone a qualcun altro. Non potevo essere costretta a farlo.

E invece si.

«Questo è il volere degli dei, cara. Mi dispiace che tu non ti senta pronta, ma devi farlo. E poi, potrai portare con te due tuoi compagni. Non sarai sola.»

Oh, fantastico. Sicuramente essere tre contro Crono era diverso che essere da soli. Potevamo dire di avere già vinto. Come no!

«Quando devo partire?»

«Oggi è troppo tardi per fare alcunché, ma domani parlerai con l'oracolo, che ti dirà cosa fare. Ora vai a dormire, ti aspetta una giornata importante.»

Avrei dormito meglio, adesso che sapevo come sarei morta. Credo che tutti dovrebbero ascoltare storie del genere prima di dormire. Conciliano il sonno.

Presi mestamente le mie valigie, e scesi le scale. Tutta la felicità di poco prima era svanita. 

Arrivai davanti alla mia casa, aprii la porta con un sospiro ed entrai. Probabilmente non c'era più nessuno sveglio, perché il Campo era silenzioso. 

Una volta dentro, sistemai le mie cose negli armadi, poi mi scegli un letto: il più lontano dalla porta, sotto la finestra. Da li potevo vedere la luna illuminare le cime degli alberi e il cielo scuro. Chiusi gli occhi, cercando di sgombrare la mente da tutti i pensieri.

Ma non ce la facevo a dormire. 

Uscii fuori, in pigiama. Mi fermai davanti la porta della mia casa. Poi mi venne un'idea: avrei potuto chiedere a Percy informazioni sull'impresa. 

Mi avvia di buon passo verso la sua casa, la numero 3. 

Ma se dormiva? 

Sperai di no. E infatti trovai la luce accesa. Allora bussai, più volte. Pochi secondi dopo, mi venne ad aprire. Aveva i capelli spettinati, probabilmente era rimasto steso sul letto per un po', ma gli occhi erano svegli e attenti. E quando mi vide la sua bocca si aprì in un sorriso. 

«Ciao»

«Ciao, scusa per l'ora, ma non riuscivo a dormire. Ti volevo chiedere una cosa.»

«Va bene» rispose lui, incuriosito. «Ehm, ti vorrei dire di entrare, ma non so se posso. Non è sempre un bene che i figli degli dei entrino nelle case dedicate a qualcun altro»

«Non fa niente. Posso stare anche qui. Dovrebbe essere una cosa veloce.»

«No, vieni. Andiamo sotto quell'albero»

Lo seguii, e ci sedemmo al buio, sopra ad un tronco caduto. 

«Allora, spara»

Respirai profondamente, poi parlai.

«Chirone mi ha detto della Grande Profezia» Dissi d'un fiato. 

«Ah» Fu l'unica cosa che disse lui. Dopo alcuni secondi però, aggiunse: «Io e Annabeth ne eravamo già al corrente».

Stavo per rispondergli, per chiedergli quando lo avessero saputo, ma poi mi vennero in mente alcune parole che Annabeth mi aveva detto qualche settimana prima. Che il mio allenamento in combattimento era importante, perché ne andava della vita di tutti i ragazzi al Campo. A quel tempo mi ero chiesta il perché, ma adesso capivo a cosa si riferisse. 

«Io… Volevo chiederti che cosa è successo durante la tua impresa, nella tua Grande Profezia»

Percy mi guardò per un po', poi disse: «E' una storia lunga. Ne hai voglia?»

«Solo se ne hai voglia tu» Risposi, sicura. Se non voleva dirmela, non lo avrei costretto. Chirone aveva detto che molti dei ragazzi del Campo avevano dato la loro vita per proteggere l'Olimpo. Non doveva essere facile ricordare quei momenti. 

«Va bene. Allora, sarò breve. Luke, un figlio di Ermes, era stato ingannato da Crono. Era diventato il suo schiavo, in poche parole. Luke aveva scarificato se stesso per Crono, e grazie a Luke Crono era risorto, o quasi. Aveva usato il corpo di Luke per acquistare energie, e era quasi riuscito a ritrovare la sua forma immortale, se non fosse stato proprio per lui. Il ragazzo della Grande Profezia ero io, ma alla fine il merito è stato tutto di Luke. La mia impresa è stata solo quella di fidarmi di nuovo di lui, che si era pentito. Ho dato a Luke un pugnale, rimanendo davanti a lui disarmato. E lui l'ha usato per uccidersi, e uccidere con lui anche Crono. Alla fine, il mio sforzo è stato solo quello di dovermi fidare di lui. Non ho fatto altro. Solo Luke è l'eroe di quella battaglia»

Ne parlava con reverenza, e gli brillavano gli occhi al ricordo. Doveva essere veramente orribile perdere un'amico e dover combattere contro di lui, fino a vederlo morire. Per non peggiorare la situazione, decisi di cambiare discorso.

«Ma se Crono è morto, la mia impresa in cosa consiste?»

«Crono non è morto» Disse Percy dopo un'attimo di silenzio. «Crono non può morire. Anzi, si è ripreso prima del previsto. Pensavamo che dopo la sconfitta della scorsa estate ci avesse finalmente lasciati  per un po', e invece è già pronto a riprovarci.  La sua falce sembrava distrutta, ma qualcuno -forse lui stesso- l'ha ricostruita ed è riuscito a nasconderla, in attesa che il suo padrone torni a prenderla. Tu dovrai cercare la Falce di Crono, per impedire un'altra sanguinolenta e inutile guerra.»

Poi tacque. 

Pensai di avergli davvero rovinato l'umore. Era colpa mia se era tornato a pensare a quei momenti. Perché non stavo mai zitta?

«Percy» Dissi, improvvisamente dispiaciuta «Mi dispiace di aver tirato fuori questo argomento. Non sapevo che ti facesse stare così male…»

«Non preoccuparti» Rispose lui, cercando di riprendersi. «Pensare a Luke fa un po' a tutti questo effetto. Ma alla fine, lui è morto da eroe. E' riuscito a ribellarsi a Crono. Sono sicuro che in questo momento se la sta spassando negli Elisi» E abbozzò un sorriso poco credibile. 

Mi sentivo veramente da schifo. Ecco anche una bella dose di senso di colpa a coronare una giornata piena di buone notizie.

«Percy, davvero… Mi dispiace. Non avresti dovuto dormi nulla. Sono solo un'impicciona…»

«Sophie, è tutto apposto. Se non volevo parlarne, non te ne avrei parlato. Stai tranquilla. Ora però sarà meglio tornare a letto» Si alzò e mi offrì la mano, per aiutarmi ad alzarmi.

«No, tu vai. Io andrò tra un secondo. Voglio restare un'attimo qui. Buonanotte» Alzai una mano per salutarlo, sorridendogli, e lui se ne andò nel buio, diretto alla casa numero 3.

Rimasta sola, sospirai e cercai di togliermi di dosso il rimorso. Era tutto a posto. Non avevo combinato nessun danno. Me l'aveva detto. Perché avrebbe dovuto mentirmi?

Ma fui distratta da un rumore.

Mi irrigidii, e immediatamente mi slacciai il bracciale dal polso. Anche se mi trovavo vicino alle case, e non nel bel mezzo del bosco, potevano benissimo esserci dei mostri in agguato. 

Con il cuore che mi martellava nel petto, incoccai una freccia sull'arco. Mi spostai in silenzio.

Sentii un'altro rumore. Sembrava un singhiozzo, come se qualcuno stesse piangendo. Che razza di mostro era se si metteva a piangere?

Il rumore proveniva da dietro un'albero, non troppo lontano da dov'eravamo io Percy poco fa. Mi misi in posizione, pronta a tirare. Conati fino a tre, poi balzai in avanti e mirai verso l'albero, dove il mostro se ne stava accucciato per terra. Stavo per tirare, quando Annabeth parlò:«Sophie, sono io.»

Abbassai l'arco, e lo feci tornare ad essere un braccialetto.

«Annabeth, che ci fai qui?» Fu l'unica cosa che riuscii a dire.

La guardai meglio, e notai che aveva gli occhi rossi di pianto. Anche lei indossava il pigiama.

«Niente» Mi rispose con un filo di voce, «Stavo solo facendo una passeggiata…» Ma un singhiozzo le impedì di continuare.

No, non poteva essere. Non potevo aver rovinato la giornata a due persone contemporaneamente. Non poteva essere. Era improbabile che avesse ascoltato tutto. Ma da quella distanza, avrebbe potuto benissimo aver sentito ogni nostro singolo respiro. E ogni nostra singola parola.

«Annabeth, cosa c'è?» Mi sedetti accanto a lei, e le misi un braccio attorno alle spalle.

«Niente, davvero, non è niente…» Ma quando mi guardò, cedette. Scoppiò in lacrime, e non potei fare a meno di abbracciarla.

«Io lo amavo, Sophie! Io lo amavo! E quando lui me l'ha chiesto, gli ho mentito! Lui è morto, e io non posso più rimediare!»

«Annabeth, ti prego non piangere. Chi è morto? A chi ti riferisci? So che non sono esattamente la tua migliore amica, però puoi dirmi tutto. Non ne parlerò con nessuno.» Ma non accennò a voler smettere di piangere. Ed era tutta colpa mia.

«Oh, Sophie! Ho rovinato tutto!»

Allora attesi. Rimasi li con lei per forse un'ora. Forse di meno, forse di più. Non lo so. Ma aspettai che si calmasse. 

Quando finalmente le lacrime si fermarono, lei sussurrò: «Luke. E' lui la persona a cui mi riferisco».

 

______________

 

Buon pomeriggio!

Care lettrici, cari lettori, che ne pensate di questo capitolo tanto atteso?

Un pò deludente? 

Sicuramente molto triste, ma è un periodaccio, e il mio umore è spesso simile quello di Sophie qui sopra ;)

Fatemi sapere tutto quello che pensate, belle o brutte che siano le cose! Sono un po' fuori allenamento e ho bisogno dei vostri pareri!

 

A presto! Un saluto! :3

  
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