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Autore: SimplyMe514    22/08/2012    3 recensioni
Una collezione di one-shot per augurare buon compleanno ai personaggi più amati, e in qualche caso odiati, della saga di Harry Potter. Feste, regali, scherzi, riflessioni... ce n'è per tutti i gusti! (PS: ciascuna sarà pubblicata il giorno stesso del compleanno del personaggio)
Il capitolo 19 si è classificato secondo e ha vinto il premio "Miglior Harry" nel contest "Happy Birthday Harry!" indetto da Shallo sul forum di EFP.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Di Percy si potevano dire tante cose, ma non che fosse l'anima della festa, nemmeno quando si trattava della propria. Non lo faceva apposta: non poteva certo affermare che non gli piacesse ricevere doni e abbuffarsi di leccornie speciali uscite dalle mani esperte di sua madre – dopotutto, a chi non piacerebbe? – ma lui non era fatto per i compleanni, o forse i compleanni non erano fatti per lui. Non vedeva la necessità di fare tanto chiasso: cappellini sgargianti, canzonette stonate, fiumane di parenti riuniti che ripetevano sempre le stesse frasi come dischi rotti... perché? Non era proprio possibile fare la stessa cosa in modo un po' più tranquillo, senza convenevoli infiniti e giochini idioti per cui era diventato troppo grande già da un pezzo?

Si sentiva più a suo agio nella relativa privacy della sua stanza, con una porta chiusa tra sé e gli schiamazzi del resto della famiglia. Dicevano tutti che lavorava troppo, ma la verità era che a volte si rifugiava lì dentro solo per avere un po' di calma e di silenzio. Poi finiva per andare avanti con la sua eterna relazione sullo spessore dei fondi di calderone, in parte perché tra quelle quattro mura non c'era di meglio da fare e in parte perché vedere la scrivania ricoperta di scartoffie che lo aspettavano lo faceva sentire tremendamente in colpa, ma non sempre si rinchiudeva in camera con la precisa intenzione di mettersi al lavoro.

Chiunque altro al suo posto sarebbe stato terribilmente stressato a furia di sudare su un compito per il quale – inutile prendersi in giro – non aveva ancora ricevuto nemmeno un “grazie”, ma a Percy andava bene così. Prendersi responsabilità, piccole o grandi, era il suo talento: come fratello maggiore, ora che Bill e Charlie erano via per la maggior parte del tempo; come Prefetto e poi Caposcuola ai tempi di Hogwarts; e adesso, finalmente, come lavoratore. Certo, si occupava ancora di fondi di calderone più che di relazioni internazionali, ma il pensiero di contribuire per una frazione al reddito familiare lo faceva sentire uomo.

Non che non si divertisse mai, beninteso: dava quell'impressione soltanto per un motivo, e cioè che gli altri provavano sempre, con una costanza davvero incrollabile, a farlo divertire nei modi sbagliati. Se solo avessero messo la stessa determinazione nei compiti, sarebbero stati tutti i primi della classe. Possibile che dopo aver tentato e fallito una, due, tre, cento volte non avessero ancora capito che, molto semplicemente, lui non aveva il loro stesso senso dell'umorismo? Sempre che ne avesse uno, naturalmente. Aveva notato anche lui che rideva molto meno degli altri e che, al contrario di loro, non sapeva far ridere se non involontariamente, ma ormai ci aveva fatto il callo. Quella era l'immagine di sé che aveva dato ed era troppo tardi per cambiarla. Se andava nella sua stanza in preda al mal di testa per le urla e le esplosioni dei gemelli, tutti presumevano che lo facesse per lavorare, e lui lasciava che lo pensassero. Non gli passava nemmeno per l'anticamera del cervello di smentirli, perché non gli avrebbero creduto comunque. Lui era Percy il Lavoratore: cos'altro poteva mai avere da fare se non mettersi al lavoro?

Avrebbe voluto, forse, ogni tanto, lasciarsi andare un pochino, magari addirittura – inconcepibile! – fare qualche scherzo invece di esserne sempre e solo il bersaglio, ma non era bravo in quelle cose. Non è che non gli venissero mai in mente delle battute spiritose: il problema era che l'ispirazione arrivava cinque minuti più tardi, quando l'occasione era già persa. Se qualcuno si prendeva gioco di lui, non sapeva mai rispondere a tono: o se ne stava zitto e subiva, o minacciava di scatenare l'ira della mamma contro il colpevole, o altrimenti, quando riusciva a mettere insieme qualche parola coerente, il suo misero tentativo di sarcasmo passava per cattiveria gratuita.

Ogni anno si svegliava il ventidue agosto con l'ottimo proposito di essere un po' più rilassato almeno il giorno del suo compleanno, e ogni anno l'idea cadeva nel dimenticatoio quasi subito, di solito perché Fred e George gli rovinavano l'umore insolitamente festaiolo facendolo arrabbiare, oppure perché il cinguettio generale di auguri gli risucchiava le energie fino all'ultima goccia. Aveva concepito la vaga speranza che gli altri si preoccupassero un po' meno del festeggiato almeno quell'anno, con tutta la faccenda della Coppa del Mondo e di quell'altra cosa che i più piccoli non dovevano scoprire assolutamente che sarebbe successa a Hogwarts, ma era stato uno sciocco: a casa Weasley il tempo per una festa c'era sempre, anche se sua madre, andando a Ottery St. Catchpole a comprare gli ingredienti per la torta, ne aveva approfittato anche per procurarsi una quantità terrificante di francobolli “per mandare un invito via posta Babbana al caro Harry, che oh, sarebbe stato al settimo cielo!”.

Rivolse un sorriso stanco dopo l'altro di fronte all'agenda con tanto di vocina incorporata pronta ad avvertirlo se fosse stato in ritardo, alla ventiquattrore come quella di papà e all'elegante piuma che avrebbe provveduto subito a sostituire con quella vecchia che si faceva ogni giorno più consumata e arruffata, ma non riuscì a sentirsi esattamente felice. Tutti regali seri, da persona responsabile, come piacevano a lui (o come credevano che gli piacessero): non sapeva di preciso come avrebbe reagito di fronte a qualcosa di un po' più divertente ma incredibilmente stupido, ma sotto sotto lo sconfortava che avessero perfino smesso di provare a farlo ridere. Era come se avessero rinunciato a capirlo. Sapeva di essere strano rispetto a loro, ma così tanto?

«Be', io... vado un attimo in camera mia».

«Oh, tesoro, lavori anche il giorno del tuo compleanno?»

«Sei peggio di un elfo domestico!» rincarò la dose Fred.

«Già, rilassati un po', Perce!» gli fece eco George.

Normalmente non avrebbe risposto, lasciando semplicemente credere a tutti quanti di essersi improvvisamente ricordato un dato importante che doveva correre ad aggiungere alla relazione prima di dimenticarlo, ma per una volta poteva cambiare musica. «No, faccio solo un salto a metterla al suo posto, altrimenti si rovinerà, in mezzo a questa confusione. Torno subito».

«Ehi, aspetta!» lo fermarono in coro le voci piacevolmente sorprese dei gemelli.

«Approfitta per mettere sulla scrivania anche questo». Si ritrovò un pacchetto in mano prima di poter reagire in alcun modo.

«Quest'anno ci siamo proprio superati».

«Ci siamo ispirati al circo Babbano che è passato in paese un po' di tempo fa».

«Dovevi vedere la faccia di papà quando ci ha beccati a costruirlo!»

Sembrava una piantina in vaso, ma era visibilmente finta, di un verde troppo sgargiante e con un singolo fiore di una specie sconosciuta che spuntava nel mezzo. Uno decisamente orribile, tra parentesi: la cosa che aveva al centro, qualunque cosa fosse, non somigliava affatto a dei pistilli, e per di più i petali erano rosa shocking. Se davvero era un oggetto da scrivania, l'avrebbe sicuramente tenuto a casa. Con che coraggio l'avrebbe potuto portare in ufficio?

«Cosa fa?»

«Tanto per cominciare emette un allarme a intervalli regolari» spiegò pazientemente Fred.

«E se quando senti l'allarme non ti concedi una meritatissima pausa dal lavoro...» proseguì George con un sorrisone che prometteva male, «fa questo». Puntò con discrezione la bacchetta verso il vaso, probabilmente per attivare un qualche meccanismo; non ne avrebbe ancora avuto il permesso, in teoria, ma in una casa così piena di magia il Ministero non se ne sarebbe mai accorto. Ma Percy non ebbe tempo di pensare alla possibile reazione dell'incredibilmente puntigliosa Mafalda Hopkirk che aveva incrociato più volte in ascensore, perché fu distolto da un sottile, perfidamente preciso getto d'acqua in piena faccia. Prese a sputacchiare come un matto, completamente incurante del fatto di rendersi ridicolo.

«Il pagliaccio ne aveva uno simile appuntato al petto».

«Ci piaceva quel tizio, e così abbiamo copiato».

«Puoi anche spegnerlo, se vuoi, così non ti disturberà di notte».

«Ma se scopriamo che lo spegni per poter lavorare Merlino solo sa quante ore di fila ci offendiamo, sappilo!»

«E ha un nome?» s'informò cautamente, preparandosi a sentire una risposta particolarmente... ehm, creativa. Se c'era una cosa che doveva riconoscere era che i gemelli avevano fiuto per gli affari, e dare nomi accattivanti alle loro stranezze era parte della strategia. Se solo avessero usato tutto quel talento in un campo un po' più serio, avrebbero... nah, ci avrebbe pensato l'indomani.

«Veramente no» ammise candidamente Fred.

«Daglielo tu» propose George. «Dopotutto, è il tuo assistente personale, o sbaglio?»

 

Note dell'Autrice: squillo di trombe e rullo di tamburi... questa era l'ultima. Sul serio. Chi ce l'ha con Percy potrebbe dire che non è un granché come finale, ma da qui al 19 settembre non ci sono altri compleanni, e il 19 settembre è di nuovo quello di Hermione, quindi il ciclo è finito. È stata un'esperienza meravigliosa. Non avrei mai e poi mai pensato di avere tanto seguito. Vi ringrazio in tutte le lingue del mondo. Baci & abbracci virtuali a tutti e naturalmente... a very Happy Birthday, Percy Ignatius Weasley!

  
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