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Autore: Muse    06/03/2007    3 recensioni
Si può credere di amare qualcuno e scoprire che non è vero. Ma si può credere di non amare qualcuno e scoprire che nemmeno questo è vero? Questo è il seguito di “Grigio Scuro”. L’ho suddivisa in due parti, perché si è rivelata più lunga del previsto.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si riprese dai pensieri e alzò una mano per bussare.
“Ehi, Remus!” riabbassò la mano, mentre qualcuno arrivava di corsa dal fondo del corridoio.
Charlie si fermò ansante davanti a lui. Aveva almeno una dozzina di rose rosse nella mano sinistra che, al confronto, il suo sembrava un misero mazzolino di fiori di campo. Cercò di nasconderlo alla vista del ragazzo, tenendolo lungo un fianco.
“Ciao Charlie.” Lo salutò cercando di mascherare il disappunto. Non era delle interruzioni che aveva bisogno in quel momento e soprattutto non di uno con un mazzo di fiori tale!
“Entriamo?” chiese il rosso, facendo segno alla porta.
Remus non voleva apparire scortese e annuì, avrebbe aspettato che se ne andasse per parlare con Tonks.
La ragazza si girò sorridente nell’istante stesso in cui i due varcarono la soglia. Sorriso che si spense nello stesso istante in cui i suoi occhi incontrarono quelli di Remus.
I suoi occhi parvero d’un tratto sofferenti, tristi … dispiaciuti. Sembrava volessero trasmettergli qualcosa, qualcosa che il licantropo non afferrò, ma capì che c’era qualcosa che non andava.
“Volevo salutarti prima che arrivassero tutti gli altri” le disse Charlie, poi si fece avanti senza accorgersi di nulla, le porse il mazzo di rose, si chinò e … Remus non capì più nulla, era pietrificato.
Thump.
Stette a guardare Charlie premere la sua bocca contro quella di Tonks.
Tumph.
Tra un battito del cuore e l’altro sembravano passare dei secoli.
Tumph.
La scatola di cioccolatini gli scivolò di mano facendolo sobbalzare quando toccò terra. I due al rumore si volsero staccandosi finalmente dal bacio.
Il tempo riprese a scorrere normalmente, ma Remus era ancora pietrificato.
Non riusciva a dire nulla, non riusciva a muoversi e sentiva gli arti pesanti come il piombo.
Era consapevole degli sguardi che Charlie gli rivolgeva, la sua mente gli suggeriva qualcosa, ma era solo un rimbombo nella sua testa.
Poi intervenne Tonks.
“Remus io … volevo dirtelo …” quelle parole scalfirono a mala pena la corazza che aveva eretto contro il mondo esterno.
Poi qualcosa irruppe violentemente nella sua testa. Numerose voci entrarono rombando nella stanza, spintonandolo, chiamandolo. Si guardò intorno stordito e riconobbe numerosi volti, al quale in quel momento non seppe dare nomi. Nella stanza era appena entrato, al completo, tutto l’Ordine della Fenice.
Scambiò qualche saluto cercando di apparire normale, si sforzò persino di sorridere.
Perse la figura di Tonks in mezzo a tutte quelle teste ed indietreggiò fino a trovarsi vicino alla porta, lanciò un’occhiata al mazzo di fiori ormai sgualcito, tolse il biglietto che aveva fermato in mezzo ai fiori e lo posò sul comodino vicino al letto ed uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Remus” qualcuno lo chiamò in modo affettato e un po’ sprezzante. Non aveva bisogno di alzare gli occhi dalla Gazzetta del Profeta per immaginarsi il suo naso adunco leggermente arricciato, contornato da un caschetto di unti capelli neri.
“Severus” lo salutò un po’ più cordialmente.
“Non è nel mio carattere fare da anfitrione, ma lo è ancor meno trasportare una donna inferma in braccio fin qui sotto … quindi, Nimphadora mi ha gentilmente chiesto se potevo avvertirti che lei vuole parlarti. Di sopra. Adesso.”
E non serviva alzare gli occhi dal giornale per immaginare la svolazzante uscita di scena di Piton. A volte si chiedeva come Severus riuscisse a vivere con tutta quella freddezza addosso.
Remus richiuse la Gazzetta, cercando di evitare di spiegazzarla, non tanto perché gli importasse, quando per ritardare più che poteva l’incontro con Tonks.
Ma alla fine trasse un profondo respiro e si avviò su per le scale fino al salone d’ingresso.
Nonostante tutto e a parte lo shock iniziale, non era riuscito a chiudersi in se stesso. Non voleva più, non dopo aver capito che valeva la pena di viverla la vita. Si era rassegnato e aveva preso il tutto con distaccato stoicismo, ma dandosi ugualmente dell’idiota ogni tanto.
Tuttavia vederla di nuovo lì, fece vacillare in lui quel poco di coraggio che era riuscito a racimolare.
“Remus!” Tonks gli sorrise. Si era ripresa piuttosto bene, non portava quasi alcun segno dello scontro a parte un grosso livido che si stava lentamente riassorbendo sulla fronte e una gamba fasciata, per questo doveva ancora spostarsi in carrozzina.
“Ciao Tonks … ti trovo benissimo” si chinò su di lei per darle un bacio sulla guancia.
Una singola ciocca rosa le pendeva dalla tempia sinistra in netto contrasto col nero del resto dei capelli. La prese fra le mani e la guardò interrogativo.
“Come al solito sono una pasticciona … ho provato a cambiare il colore dei capelli … sai, questo nero mi ha sempre messo tristezza, ma sono ancora un po’ debole e questo è il risultato!” si mise a ridere e anche Remus non potè resistere.
“Comunque i medici dicono che appena questo bernoccolo sarà sparito potrò cambiare colore ai capelli tutte le volte che voglio!”
Remus rise ancora, poi si fece più serio. “Severus ha detto che volevi parlarmi … è successo qualcosa?”
Tonks sembrò raccogliere un po’ di coraggio poi disse:
“E che non siamo più riusciti a parlarci da quando … beh, da due settimane fa, non sei neanche più passato a trovarmi in ospedale.”
“E che sono stato molto occupato …” si giustificò con poca convinzione Remus.
“Si lo so, ma …” ci fu un attimo di pausa “ma quella sera, in Scozia, c’è stato qualcosa fra di noi, tu mi hai baciata …”
“Ti chiedo scusa, non avrei dovuto” rispose velocemente.
“Perché?”
“Perché tu ora stai con Charlie, no?!”
“Non era questo che intendevo … perché mi hai baciata?”
“Non ho il diritto di dirtelo.”
“Ma io lo voglio sapere!”
“No … non capisci … non posso” Come poteva dirle che l’amava e poi perderla? Voleva mantenere quella piccola cosa per sé, come se servisse a mantenere ancora un minimo legame con Tonks.
“Ho il diritto di saperlo Remus!” la ragazza aveva alzato la voce e le tremava leggermente.
“Tu ora stai con Charlie, è questo che conta, non ciò che penso o provo io. Ora scusami, ma devo andare.”
“Certo! Ed io che …” Tonks chinò la testa e spingendo su una ruota voltò la carrozzina. Poi sommessamente aggiunse.
“Credevo di aver visto qualcosa nei tuoi occhi quella notte, una scintilla, che vedevo solo quando guardavi o pensavi a Sirius.” Si girò e lo guardò dritto negli occhi, forse cercandola ancora. “Credevo che fosse per me questa volta, ma mi sono sbagliata, mi sono illusa per la seconda volta.”
La ragazza si avviò a spinta verso l’uscita.
“Tonks …” Remus mosse un passo nella sua direzione, poi prese a correre. “Tonks, aspetta!”
La ragazza bloccò la carrozzina e Remus si frappose fra lei e la porta.
Per quanto il suo orgoglio glielo impedisse si sforzò di parlare.
“Non volevo illuderti” si scusò il licantropo.
Tonks alzò un sopracciglio e fece per voltarsi di nuovo.
“Aspetta, non ho finito …” la bloccò tenendola per un braccio, come aveva fatto quella notte in Scozia. L’impulso di baciarla semplicemente era forte, ma non avrebbe risolto nulla.
Si piegò sulle gambe fino ad avere lo sguardo alla stessa altezza degli occhi di lei e prese le mani di lei nulle sue.
“Sono stato uno stupido. Non ho mai cercato di guardare al di là dei miei timori e così facendo non ho mai visto quello che la vita mi aveva offerto: una seconda possibilità. Pochi hanno la fortuna di incontrare l’anima gemella nella vita, io ne ho incontrate due, ma la mia vista era oscurata dalla perdita di Sirius. Ma quando ti ho rivisto quella notte, non avevo più nulla che mi nascondesse la tua vista, poi ho rischiato di perderti. Non sai quanto mi sono maledetto per non essermi svegliato prima. Ed ora, ora ti ho perso veramente.” Remus scosse lentamente la testa, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Dentro provava una sensazione di vuoto, per essersi liberato di quel piccolo segreto, ora che non lo sentiva più suo.
Tonks non parlava e questo non faceva che confermare i suoi timori.
“Scusami, ma ora devo proprio andare.” Lentamente si rimise diritto. Non ce la faceva più a rimanere chiuso in quella stanza. Non dopo averle aperto il cuore e ricevuto in cambio solo silenzio. Non era arrabbiato con lei, forse solo un po’ per averlo obbligato a rivelarglieli, ma più di tutto era arrabbiato con se stesso.
“Remus?”
Lupin si bloccò con la mano sul pomello della porta d’ingresso.
“I tuoi fiori …come facevi a sapere che erano i miei preferiti?”
Le labbra del licantropo si incresparono in un piccolo sorriso, senza neanche voltarsi rispose: “Non lo sapevo.”
Ancora lei lo chiamò prima che riuscisse ad aprire la porta. “Remus?”
Questa volta si girò “Si?”
“Questa mattina, io e Charlie ci siamo lasciati.” Nel suo tono non c’era un’inflessione triste, ma nemmeno allegra e nella penombra non poteva vedere due piccole lacrime solcarle le guance.
Qualcosa sollevo il cuore di Lupin fino ad averlo ad un paio di metri sopra la testa.
“Mi spiace” mentì.
“No, non è vero …” rispose lei cinicamente.
“Hai ragione, non mi dispiace” non potè più trattenere il sorriso.
“Ho capito che …” ma Lupin le era già vicino, le asciugò le guance e le posò l’indice ancora umido sulle labbra.
“Shhh” sussurrò, poi sostituì il dito con la sua bocca.

FIN
(Come può uno scoglio
arginare il mare?
Anche se non voglio
torno già a volare –
Lucio Battisti)
  
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