Definire
enorme ciò che Dalon
e i suoi compagni avevano davanti sarebbe stato un eufemismo. Gli
alberi della
Foresta Eterna erano
sequoie che superavano
in altezza le normali sequoie californiane, raggiungendo, secondo una
stima
riportata nella mappa di William, anche i 250 metri di altezza. Erano
degli
imponenti “grattacieli” di legno, con un diametro
di base che poteva oscillare
al di sopra dei 10 metri.
Per giungere fino lì avevano
camminato all’incirca tre giorni nel tunnel sotterraneo che
partiva dal
Cimitero Perduto e altri due giorni nuovamente nella neve, che comunque
era
andata facendosi sempre più bassa, di pari passo con un
gradevole aumento della
temperatura . Camminare sotto terra non era stato così
tremendo come i ragazzi
si aspettavano, anche perché la galleria era piuttosto
larga, ma avevano dovuto
convivere con un gas pestilenziale tremendo, che aleggiava
nell’aria sospeso
sotto forma di una densa nebbiolina bianca. Non era velenoso, ma di
sicuro un
tal fetore non era un toccasana per l’umore generale, che era
via via andato
peggiorando, tanto che i ragazzi si erano chiusi in un impenetrabile
silenzio e
non si scambiavano che poche parole. Erano poi finalmente sbucati in
superficie
e in concomitanza con tale evento, anche i rapporti interpersonali
avevano
cominciato a risollevarsi.
Niente aveva fatto presagire
l’inizio della Foresta, semplicemente da un giorno
all’altro se l’erano ritrovata
dispiegata all’orizzonte come un enorme cinta muraria in
legno e quando erano
quindi arrivati al suo limitare, non avevano potuto far altro che
rimanere
incantati e anche un po’ intimoriti a fissare quegli alberi
maestosi.
<< Forse dovremmo
avventurarci al suo interno. Una volta dentro sceglieremo la via da
percorrere>>, annunciò Dalon, rompendo il
silenzio della contemplazione.
Avanzarono l’uno affianco all’altro e penetrarono
nella Foresta.
La prima cosa che li stupì fu
il rumore. La Foresta era rumorosa, piena di vita, cosa che invece era
del
tutto assente nei Vulcani di Ghiaccio, in cui avevano passato due
settimane
buone della loro vita. Una differenza che potrebbe sembrare
insignificante era
invece di grande importanza per loro, che si erano sentiti abbandonati
e soli
in un'infinita distesa di ghiacci. Per quanto fossero stati in
compagnia gli
uni degli altri, le loro voci non erano riuscite a colmare tutto quel
silenzio.
Il silenzio è allo
stesso tempo il nemico più grande e
l’amico migliore dell’uomo: se ti aiuta quando hai
bisogno di riflettere, è al
contrario una condanna quando la mente divaga in luoghi oscuri dove
vivono i
sentimenti peggiori dell’umanità. Silenzio
è segno di solitudine e la
solitudine è forse il peggior cancro dell’anima.
Dalon e gli altri si rendevano
conto di tutto ciò e per questo apprezzavano il valore dei
rumori di sottofondo
della Foresta. Forse in seguito avrebbero temuto quei rumori, ma
stanchi
com’erano non si preoccupavano più di tanto della
cosa.
Lo scenario all’interno della
Foresta, tuttavia, era un altro elemento veramente degno di nota. La
luce del
sole non riusciva ad entrare del tutto a causa della
maestosità degli alberi,
ma solo fasci di luce qua e là trafiggevano
l’oscurità, dando vita a effetti
luminosi del tutto particolari, che non facevano altro che aumentare la
misticità del luogo. Il sottobosco era ricco di piante
erbacee differenti tra
loro. Alcune erano identiche a quelle del loro mondo, ma altre avevano
forme del
tutto originali che Dalon non aveva mai visto prima. Da alcuni cespugli
penzolavano grossi frutti violacei che secernevano una sostanza dello
stesso
colore, dal profumo particolarmente gradevole,
mentre altri cespugli erano costellati qua e là
da fiori dalla forma
bizzarra e i colori più svariati. Gli animali non si
facevano vedere e si
nascondevano bene, ma i pochi che riuscirono a intravedere erano molto
simili a
quelli presenti sulla Terra. Solamente una famigliola di quelle che
sembravano
lepri, anche se avevano la pelliccia viola scuro e due piccole corna
sul capo,
passò proprio davanti ai cinque ragazzi incurante della loro
presenza.
<< Questo posto è
fantastico… >>, sussurrò Lea, gli
occhi sgranati per osservare lo
spettacolo che la circondava. La bellezza di quel posto era sicuramente
unica,
ma anche il potere che emanava era qualcosa di incredibile. Il potere
misterioso che alleggiava nell’aria era palpabile e
innegabile, così forte da
trasmettere la sua energia anche ai ragazzi. Era come se il leiban
della
Foresta Eterna e il loro Leiban fossero un’unica cosa e sentirono che le loro
energie perse, già
solamente per il fatto di trovarsi lì, si stavano
rigenerando.
Superato lo sconcerto
iniziale, ricominciarono la marcia e si addentrarono sempre
più nella Foresta,
che come potevano osservare dalla loro mappa, era sconfinata e per
attraversarla tutta avrebbero impiegato alcune settimane.
Il paesaggio non era mai
monotono come nei Vulcani di Ghiaccio, ma cambiava continuamente, anche
se gli
alberi enormi erano una costante.
Incontrarono anche un fiumiciattolo dalle acque limpide e
cristalline e
ne approfittarono per riempire le borracce vuote. Alla fine decisero di
fermarsi lì per la notte, troppo stanchi e confusi per
continuare a marciare.
Un allegro fuocherello
scoppiettava al centro dello spiazzo che avevano trasformato in
accampamento,
vicino al piccolo torrente che avevano trovato.
Non era stato difficile accenderlo; c’era legna
in quantità e grazie
alle capacità di Marco era stato uno scherzo. Più
che per scaldarli, il fuoco
serviva per illuminare la Foresta, essendo calata da poche ore la
notte, come
avevano intuito non dal cielo, che si intravedeva solo a squarci, ma
dalla
sparizione dei tipici fasci di luce e da un brusco abbassamento della
temperatura. Il fuoco, inoltre, avrebbe tenuto lontani gli animali
pericolosi,
che di sicuro proliferavano nella Foresta Eterna.
Dalon sedeva a gambe
incrociate con gli occhi chiusi, cercando di concentrarsi e rilassarsi
il più
possibile. Con la mente scandagliava l’area intorno a lui in
cerca di prede che
potessero trasformarsi in una cena per tutti e cinque i ragazzi. Si
erano
accorti, infatti, che erano rimasti a secco di provviste e
l’arrivo nella
Foresta Eterna era stato fatale, altrimenti sarebbero di sicuro morti
di fame.
Al discendente di Laminos era stato affidato quel duro compito in
quanto
l’abilità di sottrarre il leiban da ciò
che lo circondava. gli consentiva di
uccidere a distanza, senza ricorrere a trappole o altro. Bastava che
individuasse la creatura, assorbisse da essa gran parte del suo leiban
facendo
andare in tilt i suoi apparati metabolici e il gioco era fatto. Vincent
e Marco
si sarebbero presi poi il compito di scuoiarla e le ragazze
l’avrebbero cotta
sul loro piccolo falò.
Come aveva immaginato la
Foresta pullulava di animali, bastava individuarne uno relativamente
vicino e
farlo passar a miglior vita, guardando anche che potesse sfamarli tutti.
Dopo alcuni minuti di ricerca
trovò quello che sembrava un cinghialotto, appostato a una
decina di metri da
loro, nascosto tra le enormi sequoie. Si collegò al leiban
della creatura e
pian piano incomincio ad assorbirlo. La bestia prese a mugolare e
gemere di
dolore, ma Dalon cercò di non farsi impietosire, sapendo che
ne andava della
loro sopravvivenza e quando si rese conto che ormai la creatura era
morta,
interruppe il legame. Un senso di nausea risalì dal suo
stomaco e si piegò in
due, vomitando quel poco che aveva in corpo, disgustato di
ciò che aveva fatto.
Fino ad allora aveva assorbito solo l’energia delle piante
che di per sé erano
prive di coscienza, ma uccidere un animaleper rubarne
l’energia era stata tutta
un’altra cosa e avendo collegato i loro leiban, e di
conseguenza i loro sentimenti, aveva avvertito
anche lo strazio della povera bestia. Lea gli corse incontro per
tenergli la
fronte mentre vomitava, seguita dagli sguardi preoccupanti di Marco ed
Elena.
Vincent, invece, si diresse impassibile verso la zona in cui aveva
sentito
arrivare i gemiti di dolore dell’animale per recuperare la
preda e portarla
alla luce del fuoco.
<< Va meglio, grazie... >>,
disse Dalon a Lea, quando ebbe finito di rimettere. I due si fissarono
negli
occhi e arrossirono all’istante, imbarazzati dalla
situazione. La ragazza si
discostò da lui e finse di interessarsi a Vincent che stava
tornando con il
bottino.
<< Fossi in te non
proverei a lamentarmi per quello che hai fatto Dalon. Sempre meglio di
noi a
cui tocca di farlo a pezzi. A proposito, qualcuno ha idea da dove si
cominci? >>, commentò Marco, col suo
immancabile senso dell’umorismo.
La carne era dura e
decisamente insipida, ma in generale il gusto era accettabile per il
palato dei
ragazzi. Dopo vari tentavi e aver fatto scorrere letteralmente un fiume
di
sangue, erano riusciti ad ottenere dei pezzi di carne da quella
sottospecie di
cinghiale, con la pelliccia rossiccia e le zanne lunghe. Per macellarla
avevano
utilizzato le spade e i pugnali presi alla Torre, strumenti sicuramenti
inadeguati per quell’ingrato compito, che erano serviti solo
a complicare
ancora di più le cose. Avevano poi infilzato i vari pezzi
con dei bastoncini di
legno appuntiti e avevano aspettato con grande pazienza che si
cucinassero.
Quel che importava dopotutto,
era esser riusciti a mettere qualcosa di caldo e sostanzioso dello
stomaco,
quindi alla fine era valsa la pena di faticare.
<< Dovremmo imparare ad
usarle per il loro vero scopo quelle armi…perché
non proviamo a menare qualche
colpo? >>, commentò Marco, tra un pezzo
sfilaccioso di carne e un altro.
Gli altri rimasero un po’ sconcertati.
<< Contro cosa
esattamente vorresti menare qualche colpo? Spero non contro uno di noi,
senza
un’adeguata protezione >>, lo
rimbeccò Elena, con uno sguardo
che valeva più di mille parole.
<< Ma dai, siamo in
grado di creare scudi con il leiban a nostro piacimento,
basterà fare un po’
d’attenzione e non ci faremo niente>>,
controbatté il ragazzo.
<< Siamo già abbastanza
in una situazione di difficoltà, ti sembra forse che abbiamo
bisogno anche che
qualcuno di noi rimanga seriamente ferito? Non fare
l’immaturo >>.
<< Possibile che ogni
volta che io propongo qualcosa, voi cestinate direttamente la mia idea
senza
neanche prenderla in considerazione? Abbiamo deciso di portare queste
armi con
noi anche per imparare a usarle! >>.
<< Ho detto di
no! >>
La tensione tra i due era
palpabile. Dalon si rese conto che un litigio non avrebbe aiutato il
gruppo,
quindi si decise a intervenire per mettere fine alla disputa.
<< Marco ha ragione
questa volta, Elena. Ci proteggeremo con il leiban e vedi che non ci
accadrà
niente >>.
<< Basta, ci rinuncio.
Siete un duo di idioti >>, commentò Elena
spazientita. Marco esultò e
ringraziò Dalon per essere stato dalla sua parte. Il piacere
di aver avuto
ragione sulla sorella, per quanto si volessero molto bene, era
incommensurabile.
Vincent quella sera sembrava
ancora più taciturno del solito, quindi mise subito in
chiaro che non avrebbe
partecipato all’allenamento e si andò a distendere
vicino al torrente,
immergendosi nella penombra.
Marco e Dalon si tolsero i
mantelli per essere meno impediti nei movimenti ed estrassero entrambi
le
vecchie spade che avevano preso alla Torre, impugnandole nella maniera
che più
gli sembrava corretta. Prima di incominciare sul serio, tuttavia,
avvolsero
tutto il loro corpo con una sottile ma resistente patina di leiban e la
indurirono il più possibile, per quanto non credessero che
quelle spade con il
filo della lama ormai rovinata potessero fare gran che.
<< Forza cavalieri,
fate vedere alle donzelle cosa sapete fare visto che avevate tanta
Marco rispose alla
provocazione, tentando quello che credeva fosse un affondo contro
Dalon, che
parò il colpo con il piatto della lama. L’impatto
provocò un suono acuto e
stridente e il polso destro di Dalon venne stretto in una morsa di
dolore per
la violenza del colpo. A quanto pareva le ferite esterne non erano
l’unica cosa
da cui difendersi e per i dolori interni il leiban era del tutto
inutile.
Comunque Dalon non si lasciò sopraffare da così
poco e ruotò la spada, che era
molto più pesante di quanto pensasse, allontanando la lama
di Marco. Fatto ciò,
si gettò subito all’attacco, menando quelli che
credeva fendenti contro il suo
migliore amico. Marco non era abbastanza pratico per pararli tutti, ma
ci pensò
il suo scudo di leiban a proteggerlo a dovere, facendogli avvertire
appena i
colpi.
Marco
balzò indietro e parò l’ultimo fendente
con la guardia della spada, poi si gettò di peso contro
Dalon per respingerlo
indietro, ma l’azione non ebbe l’effetto
desiderato, in quanto i due si
ritrovarono con i volti a un palmo l’uno dall’altro
e le due lame in mezzo che
stridevano. Alla fine si
separarono e
ripresero fiato, entrambi sudati per la fatica e con i polsi
indolenziti per il
peso delle spade. Un applauso ruppe il silenzio nella Foreste Eterna.
<< Bravi, bravi, vi
siete allenati abbastanza per oggi, ora potete anche smetterla
>>,
annunciò Elena dietro di loro, continuando ad applaudire,
ironica più del
solito.
<< Col cavolo, abbiamo
appena cominciato, vero Dalon? >>, gli rispose Marco.
Dalon annuì e i due
ricominciarono un duello serrato, senza esclusione di colpi.