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Autore: dalon    23/08/2012    1 recensioni
Sognare è potere. Questa storia nasce sognando, si basa sui sogni e vuole far sognare coloro che la leggono. Dalon e gli altri protagonisti della storia vivono per i loro sogni e sono pronti ad affrontare le Tenebre per proteggere i Sogni di tutte le creature dell'universo. Perchè sognare è ciò che ci rende vivi. Vi prego di recensire la storia e dare la vostra opinione per potermi migliorare, grazie mille.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Definire enorme ciò che Dalon e i suoi compagni avevano davanti sarebbe stato un eufemismo. Gli alberi della Foresta Eterna  erano sequoie che superavano in altezza le normali sequoie californiane, raggiungendo, secondo una stima riportata nella mappa di William, anche i 250 metri di altezza. Erano degli imponenti “grattacieli” di legno, con un diametro di base che poteva oscillare al di sopra dei 10 metri.
Per giungere fino lì avevano camminato all’incirca tre giorni nel tunnel sotterraneo che partiva dal Cimitero Perduto e altri due giorni nuovamente nella neve, che comunque era andata facendosi sempre più bassa, di pari passo con un gradevole aumento della temperatura . Camminare sotto terra non era stato così tremendo come i ragazzi si aspettavano, anche perché la galleria era piuttosto larga, ma avevano dovuto convivere con un gas pestilenziale tremendo, che aleggiava nell’aria sospeso sotto forma di una densa nebbiolina bianca. Non era velenoso, ma di sicuro un tal fetore non era un toccasana per l’umore generale, che era via via andato peggiorando, tanto che i ragazzi si erano chiusi in un impenetrabile silenzio e non si scambiavano che poche parole. Erano poi finalmente sbucati in superficie e in concomitanza con tale evento, anche i rapporti interpersonali avevano cominciato a risollevarsi.
Niente aveva fatto presagire l’inizio della Foresta, semplicemente da un giorno all’altro se l’erano ritrovata dispiegata all’orizzonte come un enorme cinta muraria in legno e quando erano quindi arrivati al suo limitare, non avevano potuto far altro che rimanere incantati e anche un po’ intimoriti a fissare quegli alberi maestosi.
<< Forse dovremmo avventurarci al suo interno. Una volta dentro sceglieremo la via da percorrere>>, annunciò Dalon, rompendo il silenzio della contemplazione. Avanzarono l’uno affianco all’altro e penetrarono nella Foresta.
La prima cosa che li stupì fu il rumore. La Foresta era rumorosa, piena di vita, cosa che invece era del tutto assente nei Vulcani di Ghiaccio, in cui avevano passato due settimane buone della loro vita. Una differenza che potrebbe sembrare insignificante era invece di grande importanza per loro, che si erano sentiti abbandonati e soli in un'infinita distesa di ghiacci. Per quanto fossero stati in compagnia gli uni degli altri, le loro voci non erano riuscite a colmare tutto quel silenzio.
Il silenzio è  allo stesso tempo il nemico più grande e l’amico migliore dell’uomo: se ti aiuta quando hai bisogno di riflettere, è al contrario una condanna quando la mente divaga in luoghi oscuri dove vivono i sentimenti peggiori dell’umanità. Silenzio è segno di solitudine e la solitudine è forse il peggior cancro dell’anima. Dalon e gli altri si rendevano conto di tutto ciò e per questo apprezzavano il valore dei rumori di sottofondo della Foresta. Forse in seguito avrebbero temuto quei rumori, ma stanchi com’erano non si preoccupavano più di tanto della cosa.
Lo scenario all’interno della Foresta, tuttavia, era un altro elemento veramente degno di nota. La luce del sole non riusciva ad entrare del tutto a causa della maestosità degli alberi, ma solo fasci di luce qua e là trafiggevano l’oscurità, dando vita a effetti luminosi del tutto particolari, che non facevano altro che aumentare la misticità del luogo. Il sottobosco era ricco di piante erbacee differenti tra loro. Alcune erano identiche a quelle del loro mondo, ma altre avevano forme del tutto originali che Dalon non aveva mai visto prima. Da alcuni cespugli penzolavano grossi frutti violacei che secernevano una sostanza dello stesso colore, dal profumo particolarmente gradevole,  mentre altri cespugli erano costellati qua e là da fiori dalla forma bizzarra e i colori più svariati. Gli animali non si facevano vedere e si nascondevano bene, ma i pochi che riuscirono a intravedere erano molto simili a quelli presenti sulla Terra. Solamente una famigliola di quelle che sembravano lepri, anche se avevano la pelliccia viola scuro e due piccole corna sul capo, passò proprio davanti ai cinque ragazzi incurante della loro presenza.
<< Questo posto è fantastico… >>, sussurrò Lea, gli occhi sgranati per osservare lo spettacolo che la circondava. La bellezza di quel posto era sicuramente unica, ma anche il potere che emanava era qualcosa di incredibile. Il potere misterioso che alleggiava nell’aria era palpabile e innegabile, così forte da trasmettere la sua energia anche ai ragazzi. Era come se il leiban della Foresta Eterna e il loro Leiban fossero un’unica cosa  e sentirono che le loro energie perse, già solamente per il fatto di trovarsi lì, si stavano rigenerando.
Superato lo sconcerto iniziale, ricominciarono la marcia e si addentrarono sempre più nella Foresta, che come potevano osservare dalla loro mappa, era sconfinata e per attraversarla tutta avrebbero impiegato alcune settimane.
Il paesaggio non era mai monotono come nei Vulcani di Ghiaccio, ma cambiava continuamente, anche se gli alberi enormi erano una costante.  Incontrarono anche un fiumiciattolo dalle acque limpide e cristalline e ne approfittarono per riempire le borracce vuote. Alla fine decisero di fermarsi lì per la notte, troppo stanchi e confusi per continuare a marciare.

 
Un allegro fuocherello scoppiettava al centro dello spiazzo che avevano trasformato in accampamento, vicino al piccolo torrente che avevano trovato.  Non era stato difficile accenderlo; c’era legna in quantità e grazie alle capacità di Marco era stato uno scherzo. Più che per scaldarli, il fuoco serviva per illuminare la Foresta, essendo calata da poche ore la notte, come avevano intuito non dal cielo, che si intravedeva solo a squarci, ma dalla sparizione dei tipici fasci di luce e da un brusco abbassamento della temperatura. Il fuoco, inoltre, avrebbe tenuto lontani gli animali pericolosi, che di sicuro proliferavano nella Foresta Eterna.
Dalon sedeva a gambe incrociate con gli occhi chiusi, cercando di concentrarsi e rilassarsi il più possibile. Con la mente scandagliava l’area intorno a lui in cerca di prede che potessero trasformarsi in una cena per tutti e cinque i ragazzi. Si erano accorti, infatti, che erano rimasti a secco di provviste e l’arrivo nella Foresta Eterna era stato fatale, altrimenti sarebbero di sicuro morti di fame. Al discendente di Laminos era stato affidato quel duro compito in quanto l’abilità di sottrarre il leiban da ciò che lo circondava. gli consentiva di uccidere a distanza, senza ricorrere a trappole o altro. Bastava che individuasse la creatura, assorbisse da essa gran parte del suo leiban facendo andare in tilt i suoi apparati metabolici e il gioco era fatto. Vincent e Marco si sarebbero presi poi il compito di scuoiarla e le ragazze l’avrebbero cotta sul loro piccolo falò.
Come aveva immaginato la Foresta pullulava di animali, bastava individuarne uno relativamente vicino e farlo passar a miglior vita, guardando anche che potesse sfamarli tutti.
Dopo alcuni minuti di ricerca trovò quello che sembrava un cinghialotto, appostato a una decina di metri da loro, nascosto tra le enormi sequoie. Si collegò al leiban della creatura e pian piano incomincio ad assorbirlo. La bestia prese a mugolare e gemere di dolore, ma Dalon cercò di non farsi impietosire, sapendo che ne andava della loro sopravvivenza e quando si rese conto che ormai la creatura era morta, interruppe il legame. Un senso di nausea risalì dal suo stomaco e si piegò in due, vomitando quel poco che aveva in corpo, disgustato di ciò che aveva fatto. Fino ad allora aveva assorbito solo l’energia delle piante che di per sé erano prive di coscienza, ma uccidere un animaleper rubarne l’energia era stata tutta un’altra cosa e avendo collegato i loro leiban, e di conseguenza i loro sentimenti, aveva avvertito anche lo strazio della povera bestia. Lea gli corse incontro per tenergli la fronte mentre vomitava, seguita dagli sguardi preoccupanti di Marco ed Elena. Vincent, invece, si diresse impassibile verso la zona in cui aveva sentito arrivare i gemiti di dolore dell’animale per recuperare la preda e portarla alla luce del fuoco.
<< Va meglio, grazie... >>, disse Dalon a Lea, quando ebbe finito di rimettere. I due si fissarono negli occhi e arrossirono all’istante, imbarazzati dalla situazione. La ragazza si discostò da lui e finse di interessarsi a Vincent che stava tornando con il bottino.
<< Fossi in te non proverei a lamentarmi per quello che hai fatto Dalon. Sempre meglio di noi a cui tocca di farlo a pezzi. A proposito, qualcuno ha idea da dove si cominci? >>, commentò Marco, col suo immancabile senso dell’umorismo.

 
La carne era dura e decisamente insipida, ma in generale il gusto era accettabile per il palato dei ragazzi. Dopo vari tentavi e aver fatto scorrere letteralmente un fiume di sangue, erano riusciti ad ottenere dei pezzi di carne da quella sottospecie di cinghiale, con la pelliccia rossiccia e le zanne lunghe. Per macellarla avevano utilizzato le spade e i pugnali presi alla Torre, strumenti sicuramenti inadeguati per quell’ingrato compito, che erano serviti solo a complicare ancora di più le cose. Avevano poi infilzato i vari pezzi con dei bastoncini di legno appuntiti e avevano aspettato con grande pazienza che si cucinassero.
Quel che importava dopotutto, era esser riusciti a mettere qualcosa di caldo e sostanzioso dello stomaco, quindi alla fine era valsa la pena di faticare.
<< Dovremmo imparare ad usarle per il loro vero scopo quelle armi…perché non proviamo a menare qualche colpo? >>, commentò Marco, tra un pezzo sfilaccioso di carne e un altro. Gli altri rimasero un po’ sconcertati.
<< Contro cosa esattamente vorresti menare qualche colpo? Spero non contro uno di noi, senza un’adeguata protezione >>, lo rimbeccò Elena, con uno sguardo  che valeva più di mille parole.
<< Ma dai, siamo in grado di creare scudi con il leiban a nostro piacimento, basterà fare un po’ d’attenzione e non ci faremo niente>>, controbatté il ragazzo.
<< Siamo già abbastanza in una situazione di difficoltà, ti sembra forse che abbiamo bisogno anche che qualcuno di noi rimanga seriamente ferito? Non fare l’immaturo >>.
<< Possibile che ogni volta che io propongo qualcosa, voi cestinate direttamente la mia idea senza neanche prenderla in considerazione? Abbiamo deciso di portare queste armi con noi anche per imparare a usarle! >>.
<< Ho detto di no! >>
La tensione tra i due era palpabile. Dalon si rese conto che un litigio non avrebbe aiutato il gruppo, quindi si decise a intervenire per mettere fine alla disputa.
<< Marco ha ragione questa volta, Elena. Ci proteggeremo con il leiban e vedi che non ci accadrà niente >>.
<< Basta, ci rinuncio. Siete un duo di idioti >>, commentò Elena spazientita. Marco esultò e ringraziò Dalon per essere stato dalla sua parte. Il piacere di aver avuto ragione sulla sorella, per quanto si volessero molto bene, era incommensurabile.
Vincent quella sera sembrava ancora più taciturno del solito, quindi mise subito in chiaro che non avrebbe partecipato all’allenamento e si andò a distendere vicino al torrente, immergendosi nella penombra.
Marco e Dalon si tolsero i mantelli per essere meno impediti nei movimenti ed estrassero entrambi le vecchie spade che avevano preso alla Torre, impugnandole nella maniera che più gli sembrava corretta. Prima di incominciare sul serio, tuttavia, avvolsero tutto il loro corpo con una sottile ma resistente patina di leiban e la indurirono il più possibile, per quanto non credessero che quelle spade con il filo della lama ormai rovinata potessero fare gran che.
<< Forza cavalieri, fate vedere alle donzelle cosa sapete fare visto che avevate tanta fretta di infilzarvi l’uno con l’altro >>, li sbeffeggio Elena, ancora risentita per il fatto che non avessero voluto darle ascolto.
Marco rispose alla provocazione, tentando quello che credeva fosse un affondo contro Dalon, che parò il colpo con il piatto della lama. L’impatto provocò un suono acuto e stridente e il polso destro di Dalon venne stretto in una morsa di dolore per la violenza del colpo. A quanto pareva le ferite esterne non erano l’unica cosa da cui difendersi e per i dolori interni il leiban era del tutto inutile. Comunque Dalon non si lasciò sopraffare da così poco e ruotò la spada, che era molto più pesante di quanto pensasse, allontanando la lama di Marco. Fatto ciò, si gettò subito all’attacco, menando quelli che credeva fendenti contro il suo migliore amico. Marco non era abbastanza pratico per pararli tutti, ma ci pensò il suo scudo di leiban a proteggerlo a dovere, facendogli avvertire appena i colpi.
 Marco balzò indietro e parò l’ultimo fendente con la guardia della spada, poi si gettò di peso contro Dalon per respingerlo indietro, ma l’azione non ebbe l’effetto desiderato, in quanto i due si ritrovarono con i volti a un palmo l’uno dall’altro e le due lame in mezzo che stridevano. Alla fine  si separarono e ripresero fiato, entrambi sudati per la fatica e con i polsi indolenziti per il peso delle spade. Un applauso ruppe il silenzio nella Foreste Eterna.
<< Bravi, bravi, vi siete allenati abbastanza per oggi, ora potete anche smetterla >>, annunciò Elena dietro di loro, continuando ad applaudire, ironica più del solito.
<< Col cavolo, abbiamo appena cominciato, vero Dalon? >>, gli rispose Marco. Dalon annuì e i due ricominciarono un duello serrato, senza esclusione di colpi.

  
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