Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: marguerite_murcielago    23/08/2012    3 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

God, I can't be forgiven for this sin 
That I committed with these hands 

(Moonlit Bear, Mothy)

 

Le pietre inargentate dalla luna.
Le macchie scure, viola marrone rosso, brillii metallici.
I suoi infidi artigli contratti dall’ira, il sangue tra le dita.
Giù, giù, giù, fino a creare un’altra piccola macchia.
- Caino, la voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! – la voce riecheggiò fino all’alto soffitto, mentre la sua gola sembrava dilaniarsi e i brandelli di carne volare fuori dalla sua bocca con il sangue.
- Caino, Caino, se sono Caino il ladro è Abele: è stato il primo a peccare! – picchiò i pugni feriti a terra.
Poi vennero i singulti, l’ardente speranza che qualcuno venisse a fermarlo; Abramo, Gesù Cristo, aveva bevuto troppo per potersi permettere simili paragoni biblici.
- Che la tua verminosa marionetta possa bere il veleno sulle tue labbra e insieme a te morire!
- Perché, odiosissimo cugino, non torni all’Inferno a cui ti hanno strappato?
Sputò sul pavimento lercio, colpì i bicchieri ai suoi piedi, asciugandosi il viso con una tovaglia sporca di vino. Lì soffocò gli ultimi accenni di pianto e paura infantile, poi la lasciò cadere in un mucchio opaco.
Afferrò la spada, posta sullo scranno, mentre si avviava verso l’uscita buia.
Gli uomini sulle mura salutarono con le armi sguainate l’uomo con la casacca blu e bianca.

 

Mary corse nel salone in camicia da notte, i lunghi capelli ramati che le ondeggiavano sulla schiena.
- Dov’è Wallace? Dov’è finito? – gridò ad alta voce, aggirandosi lungo il perimetro delle pareti come uno spettro, nella speranza che si fosse nascosto dietro gli arazzi, dove la luce della luna non arrivava.
Abbandonò la ricerca, dopo aver scostato i pesanti tendaggi con frenesia.
E sempre frettolosa, nervosa, il rosso labbro inferiore che tremava di paura, si mise a guardare il festino a terra: vino rosso, piccole macchie di sangue, la tovaglia accartocciata, posate e bicchieri sparpagliati ovunque.
- Allora, dov’è? – ripeté, impaziente. Con l’alluce nudo colpì un coltello. Si ferì.
- Vostra Maestà, vi siete fatta male! – ricacciò indietro la dama sollecita.
- Sì! e con ciò? Ho fatto una domanda. A tutti voi.
Il capo delle guardie si strinse nelle spalle: - Wallace è uscito dalla porta Sud ore fa.
- Non l’avete fermato?
- No, Vostra Grazia. Non ci è stato ordinato.
Se n’era andato, alla fine, se n’era andato lo stesso; anche se gli aveva ordinato di non farlo, anche se gli aveva promesso di trovare una soluzione, un’assoluzione… fece un mezzo sorriso.
- Uscite tutti, per favore.
- Vostra Grazia, io non credo…
- Per favore, uscite – implorò e li congedò con un gesto stanco.
Voltando loro le spalle, attese immobile che abbandonassero la sala.
Poi portò una mano alla testa, di lato, affondando le corte unghie nel cuoio capelluto, trattenendo gemito di frustrazione, perché Wallace l’aveva abbandonata prima ancora che potesse salutarlo e trattenere nelle narici e nella memoria il suo profumo freddo.
E contorse la bocca come una bambina piangente.
- No, Wallace, non farlo, no, no…

 

***

 

- Sta venendo da me – annunciò Arthur, la testa rivolta verso la finestra.
Elizabeth sedeva nuda contro il vetro, la sua bellezza asciutta e inquieta divinizzata dalla luce fredda.
Uno scatto, un battito di ciglia opalescenti: - Come fai a saperlo?
- Non attenderebbe mai più di quanto non ha già fatto.
La Regina lo fissò con occhi brucianti. – Raccontami cos’è accaduto in Scozia – disse.
Arthur raccolse i pensieri.

 
- Conoscevo la casa di Wallace; sapevo che aveva un orto sul retro e che nel muro c’era una vecchia porticina che dava direttamente sul fianco della montagna. Dissi a metà del gruppo di aggirare il paese, senza farsi notare, e di attendere con i cavalli oltre quella porticina.
Presi con me i restanti soldati e forzai la serratura. La casa era vuota.
Uscimmo e trovammo il cardo, così tenero e vulnerabile, proprio in mezzo alla terra nera… fu così semplice prenderlo, che non pensai a quanto potesse essere vecchia quella porticina: in breve, fece un fracasso incredibile perché i cardini erano duri come pietre che scorrevano. Wallace era nella casa affianco e prima che potessimo scappare ci raggiunse con un drappello di guardie.
Allora… ci gettammo letteralmente fuori dalla porta, arrampicandoci sul monte, ma vidi che il contingente che doveva aspettarci non c’era, ancora. Sfoderai la spada, ma loro avevano gli archi e in un batter di ciglia gli uomini che avrebbero dovuto ubbidirmi, ma stavano fuggendo, caddero. Mio… cugino mi colpì al ginocchio, come puoi vedere. Mi sovrastò, deciso a strapparmi il cardo dalle mani e ad uccidermi, ma ebbe la malaugurata idea di insultarvi. Insultare voi! Come poté osare, quel vigliacco, insultare la mia Bess? E così lo colpii, volevo gettarlo indietro ed essere io ad affondare la spada fino all’elsa nella sua pancia!
Impazzivo dal dolore, quando vidi che aveva la freccia incoccata e puntata su di me… Dio, quanto mi odiò in quell’istante… arrivarono gli altri… sir Henry si piazzò davanti a me, di sua volontà, perché Wallace non potesse colpirmi! In effetti, lo fece ruzzolare ancora più in basso, sull’erba viscida, ma lui desiderava troppo uccidermi, era la prima volta da molto tempo che mi aveva in suo potere, e dimenticò di essere in precario equilibrio. Mi sentii così… quando vidi la corda vibrare sotto il braccio di Wallace ed ero su un cavallo grigio ed Henry sussultò, guardai le sue mani mentre lasciava andare le redini e quasi cadeva di sella.
Lo afferrai e lo portai via. Wallace non sbraitò più alcun ordine, né tentò di uccidermi.

 

- Era convinto di aver ucciso lord Sidney.
Arthur annuì. – Sì e lo crede ancora.
- Pensi di ucciderlo veramente?
- Non è affar mio se mi sfida a duello; anche se non ha infranto il giuramento, pur andandoci molto vicino, verrà pur sempre qui a Londra per uccidermi, non importa quale sia la motivazione. Io accetterò e ci batteremo… e Dio solo sa chi tra noi vincerà.
Elizabeth strinse le labbra, disapprovava quella linea di pensiero, ma lui non se ne curava.
In quel momento, non provava niente tranne quando Elizabeth, disinvolta, piegava il corpo perlaceo per prendere un’arancia e la sbucciava con le mani, sbeffeggiando l’etichetta cui avrebbe dovuto sottostare.
- Arthur, sembrate molto… felice – lo schernì.
- Felicissimo – con un sospiro rimarcò la sua leggera delusione per il ritorno alla forma di cortesia.
Elizabeth gli mandò un bacio, ironica, accavallando le gambe.
- Come va il vostro ginocchio?
- Meglio – ripose Arthur, laconico.
- Meglio non è sano.
- No, non lo è, ma sto abbastanza bene – scrollò le spalle.
La Regina gettò in un piatto vuoto le bucce d’arancia e si sporse ancora in avanti per scegliere qualcos’altro da mangiare; nel contempo si asciugò il mento e il labbro inferiore con il mento, in un gesto innocente ma, in maniera da lei imprescindibile, sensuale.
- Se lo state facendo a bella posta per me, sappiate che ci state riuscendo – gracchiò Arthur.
Elizabeth gli rivolse un’occhiata furbesca, infilandosi un bonbon in bocca.

 

***

 

Piangeva? Perché piangeva?
Si asciugò gli occhi con la manica dell’abito; avevano la stessa radice delle lacrime che gli riempivano gli occhi quand’era ancora un mocciosetto e qualcuno di più forte di lui lo zittiva e lo costringeva all’impotenza.
Auld Will doveva aver percepito la tensione del suo padrone, perché il suo galoppo era più rabbioso che mai; quando fosse sorto il sole, l’avrebbe portato a riposare nella macchia. Gli batté una mano sul collo.
- Non vogliamo che i Sassenach ci trovino, vero? – l’apostrofò. – Ormai il confine sarà lontano.
Percorrere le strade ed i sentieri che appartenevano a suo cugino gli diede un leggero brivido: era come se il calore della sua mano permeasse in quelle regioni, anzi, nell’Inghilterra tutta.
- Sei così piccola, sei così piccola Mary… per questo non ti ho detto nulla: sarai anche una grande Regina, ma ai miei occhi sei ancora così vulnerabile che non posso farti soffrire anzitempo…
Auld Will perse il ritmo, ma poi si spinse in avanti con impeto ancora maggiore.
- Non posso…

 

***

 

Herbert scoprì, con troppa ingenuità, il fianco sinistro e Arthur, gli occhi aperti come quelli di un falco, si allungò in avanti, la punta della spada già vicina al bersaglio.
Gli parve perfino di udire nelle orecchie lo strappo, là in basso: aprì la mano e la spada volò via, rimbalzando rumorosamente sul selciato. Arthur vacillò, guardò giù come se si aspettasse di vedere i pantaloni lacerati, cadde sul ginocchio destro: non osò piegare l’altro. Posò i palmi a terra.
- Rivelate la verità a Wallace, Arthur! – strepitò Elizabeth, dall’alto balcone.
Lui chinò la testa, evitando volutamente il suo sguardo ansioso e irato.
- No! Non lo farò! Preferisco morire per mano sua che rimandarlo a casa… furioso… pronto a tutto per spodestarvi e farvi uccidere come una qualunque delinquente. Potrei accettarlo? No. Guarirò – strinse i denti, zoppicante, strappò l’arma dalle mani di Herbert, che si ritrasse.
- Ancora. Avanti, Herbert, ancora! – si gettò su di lui.
- Ancora, ancora, ancora! – lo costrinse a indietreggiare, trascinando la gamba come uno storpio.
- Vedete, Vostra Grazia? Ce la farò comunque – esclamò, la punta della lama che ondeggiava a pochi centimetri dalla gola di Herbert, caduto supino. Aveva il volto pallido rivolto in alto, dove Elizabeth scosse la testa con un sospiro: - Qual è quella follia che vi fa comportare così?

 

***

 

- Questo andrà bene – il sarto annuì sbrigativamente, affannandosi per togliergli di dosso il modello.
- Sarà pronto in men che non si dica, milord! Davvero un buon gusto, milord, non sono molti i suoi pari che si compiacciono di tali tinte e tali tessuti, ma d’altronde voi siete un intenditore, non è vero, milord?
- Smettetela, per l’amor del Cielo! – ruggì Arthur, agitandogli un pugno davanti al volto.
Il sarto scappò nel retrobottega, accampando come scusa l’inettitudine dell’apprendista, e lasciò Arthur da solo con il proprio riflesso. Il riflesso di un cavaliere distinto, vestito con i colori dei Tudor, i lineamenti tanto alteri quanto aristocratici.

 

***

 

Wallace si spogliò e ripose gli abiti sul ramo di un albero.
Auld Will, scuro nella macchia scura, sbuffò e nitrì; il suo padrone si chinò sul ruscello, massaggiandosi con vigore le braccia striate di fango; poco dopo, gocciolante, condusse il cavallo ad abbeverarsi.
- Sì, direi che questo è un buon posto per passare la notte… abbastanza isolato, davvero.
Stese una coperta nel punto in cui il terreno era più regolare.
Era pronto ad addormentarsi, quando il farsetto penzolante attrasse la sua attenzione.
- Ti mancherò, quando Arthur mi avrà fatto a pezzetti? – commentò scherzosamente; il suo sorriso, però, vacillava e si disintegrò completamente quando mise mano alla spada per riporla al suo fianco.
- È giusta quella guerra che scaturisce da una scelta obbligata.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: marguerite_murcielago