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Autore: past_zonk    23/08/2012    4 recensioni
[ANGST]
Matt ha l'AIDS.
Struggente, triste, questo spezzato di vita che descrive i pesanti mesi vissuti con questo carico.
Con quest'amore inespresso che si batte e si strugge per sbocciare.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic...Salve a tutte/i! Beh, direi d'essere tornata dopo un bel po' (l'ultimo capitolo è di Marzo, ghgh, chiedo perdono), ma sono assolutamente intenzionata a finire questo progetto. Dedico tutto questo alla mia amata Cecilia (apri il link, aprilo! ghgh ~♥ e non piangere per questa fanfic). Byebye.
eveyzonk.

 




 
Wires – capitolo quarto.

 

 
Passeggiando per l’ospedale con un bouquet di fiori nelle mie mani, mi sento come se niente possa andare storto. Mi sento come se non sorridessi da mesi, ma ora le mie labbra sono curvate agli angoli e sto persino dicendo buongiorno ai passanti e, oh, è così bello avere una ragione per sorridere.
Sei tu, Matt, comunque.
Passo tutto il mio tempo con te ora. A volte ci avventuriamo fuori dalla tua stanza e compriamo la cioccolata al distributore automatico e poi ritorniamo e ci sediamo a gambe incrociate sul tuo letto, mangiando Maltesers e ridendo su ogni cosa che ci salta in mene. Altre volte ti poggi con la testa sul mio petto, mentre io leggo per te, e anche se non ho la minima idea di cosa succeda in metà dei tuoi libri, è bello. Certe volte la tua mano delicata dalla pelle come petali di margherita raggiunge e tocca l’angolo della pagina, ed io la giro, e la maggior parte delle volte tu semplicemente mi guardi e mi baci ed io ti guardo negli occhi e so che starai bene.
Quindi cammino nell’ospedale verso la tua stanza, Matt, quando vedo Nancy. Sta trasportando una pila di vestiti sporchi e io le sorrido, brandendo i fiori. Lei mi guarda con occhi stanchi.
”Pensi gli piaceranno?” le chiedo. Sto parlando di te.
“Sì, li adorerà” sembra distratta “Dominic, tesoro –“
È un piccolo bouquet, Matt, di campanule, bluebells. Ridevi sempre al nome bluebells quando eravamo ragazzi, ed io non capivo perché fin quando te l’ho chiesto. “Perché”, dicesti, “quando tu lo pronunci, sembra tu stia dicendo blue balls”. E da allora non ha mai smesso di essere divertente per entrambi.
“Lo faranno sorridere” dico a Nancy, mentre la sorpasso per entrare nella tua stanza.
Oh.
Il letto è spoglio fino al materasso, e le finestre sono aperte e tutta la roba sulla tua scrivania è scomparsa.
“Dominic…” Nancy è in piedi di fianco a me. Ha lasciato cadere i vestiti sporchi sul pavimento e ha la sua mano sulla mia spalla “Dominic, tesoro, Matthew è morto questa notte”
Mi giro verso di lei ed ha quest’espressione sulla faccia come se l’intera cosa sia tremendamente divertente. Le sue labbra tremano nel tentativo di trattenersi dal ridere e di tanto in tanto scoppia in questa enorme, tremendamente musicale risata che mi squarcia dentro e fa iniziare a ridere pure me.
“Soffriva?” le chiedo, lacrime dal ridere scivolano sulle mie guance.
“Certo che sì! Piangeva per te e tu non c’eri!” squittisce Nancy, ancora ridendo.
Sbuffo nella mia mano, sedendomi pesantemente sul tuo letto mentre tento di smettere di ridere così tanto da farmi male lo stomaco. Nancy si siede affianco a me e stiamo tutti e due lì come idioti finché le nostre risate si trasformano in sghignazzi, i nostri sghignazzi in sogghigni e i nostri sogghigni in colpetti di tosse, e poi sediamo qui in silenzio ed io sto cadendo, cadendo, cadendo e non posso smettere di cadere ma non è cadere è volare e tutto si sta schiantando contro me e posso vederti lì con una pistola alla tua tempia e mi stai dicendo che andrà tutto bene, che ti sveglierai non appena avrai recuperato il cervello dalle pareti, e poi tutto viene risucchiato indietro nella mia testa e i miei occhi si aprono e tu sei ancora addormentato accanto a me nel tuo letto.
Ho il fiatone mentre ti guardo, accartocciato accanto a me in una bolla protettiva, come un piccolo riccio. La mia mano raggiunge la tua guancia per spostare i capelli dai tuoi occhi, e tu ti posizioni tra le mie braccia, anche se sei ancora da qualche altra parte, sognando.
Ringrazio Dio di non essere più là, dove il mio cervello può congiurare i più perversi, traviati sogni. Non ricordo l’ultima volta che ho avuto un sogno decente, sul comprare una casa mobile fatta di gambe o crescere tulipani lì fuori nella galassia di Andromeda mentre dico ad una mucca che vale di sicuro la pena vivere. Mi mancano sogni come quelli, dove tutto ha un senso nelle ore in cui i tuoi occhi sono chiusi, ma appena si aprono, tu sei lì steso nel letto e pensi “Dove cazzo ero la scorsa notte?”
Quando eravamo agli inizi, e vivemmo quell’intenso periodo di tour per il quale ci sentivamo degli dei, certe volte stavamo seduti svegli sul bus, occhi selvaggi e pieni di storie sulle cose che avevamo fatto quando i nostri occhi erano chiusi. Chris ci diceva di aver sognato la cena con i genitori di Kelly, ed io parlavo di cani e gatti e tutti quel genere di stupidi animali, e poi tu siedevi lì e ci dicevi di aver sognato…non so cosa, ma immediatamente i miei sgualciti, disgustosi mix di animali sembravano dei seriosi documentari della BBC comparati alle cose con le quali te ne uscivi. Certe volte non ti credevo, ma certe altre andavo a dormire sapendo che, in qualche fottuto piccolo universo di tua proprietà, tu avevi completamente senso.
Ti stai muovendo ora, facendo piccoli rumori di protesta mentre ti struggi nel nuovo giorno. Strizzi gli occhi e poi li richiudi piano, guardandomi attraverso la dolorosa luce solare.
“Sei ancora qui” dici.
Come se ti lasciassi mai.
Te lo dico in un rigido, increspato tono, con un broncio sulle mie labbra, e tu mi sorridi, e ridacchi, e mi dici d’essere felice che io sia rimasto. Contento. Felicissimo.
“Mi sento…fottutamente bene” mi dici, e io mi prendo un po’ più di un piccolo piacere sapendo che io e solo io sono la ragione di questa tua felicità.
E il mio sogno – il mio incubo – sparisce dalla mia mente mentre tu mi sorridi timidamente e sussurri “Posso baciarti di nuovo?”
Come se te lo negassi mai.
Le tue labbra toccano le mie, leggere e morbide e delicate come seta, e i miei occhi si chiudono mentre ti porto più vicino a me. Non mi sento a mio agio nel ruolo che sto vestendo da poche ore meno che ventiquattro, ma tu in qualche modo prendi il mio impaccio e lo sistemi da qualche parte dove non può intaccarmi. Le tue mani premono gentilmente contro il mio sterno, le tue labbra chiuse mi ricordano ciò che facciamo.
La peggior cosa che potremmo fare.
La linea più pericolosa che sfidiamo ad attraversare.
Perché nel retro della mia mente, anche se le mie emozioni mi stanno dicendo che questo è ciò che voglio, ciò di cui necessito, sto ancora pensando e mi sto preoccupando e lamentando per me stesso.
Se solo una goccia del tuo sangue entra nel mio corpo e se solo c’è un taglio aperto nella mia bocca…
Non voglio pensarci. Davvero non voglio. Perché per quanto tu possa pensare di non riuscire a combattere, sei sempre stato più forte di me, e se tu non puoi combattere questo dolore, allora io non so che cazzo potrei fare.
Morire piangendo, probabilmente.
 

 

*



Siamo ancora stesi nel letto quando per qualche ragione nota solo a Gesù Cristo e probabilmente a Kelly, Chris appare sull’uscio della porta della tua stanza.
”Hey,” dice calmo.
Mi ricorda che non gli ho ancora parlato da quando m’ha dato quel pugno e sento un guizzo di colpa navigarmi nelle vene come fuoco.
Si lascia cadere nella poltrona accanto al tuo letto e forza un sorriso pescato da qualche parte dentro di sé. È bello sapere che ci sta provando per te. Non ha ovviamente voglia di essere qui, ma è qui, ed è bello.
Affondo piano dietro di te, sperando non mi veda. Non voglio innervosirlo.
Ma mi vede, e annuisce nella mia direzione, prima di porgerti qualcosa che non riesco a vedere. Qualcosa che non voglio vedere. È un regalo per te, non per me.
”I bambini volevano che avessi questo” dice con calma, mentre prendi l’oggetto da lui e lo guardi “Loro…loro sanno che sei qui”
”Sanno perché?” chiedi leggermente, mentre rigiri l’oggetto nelle tue mani.
”No.”
”Ti prego di non dirglielo. Non voglio che lo sappiano.”
”Non glielo dirò” Chris prende una pausa, poi sospira “Kelly manda i suoi saluti. È dispiaciuta di non essere qui, ma qualcuno deve guardare Buster o cagherà sul divano di nuovo”
Posso sentire il sorriso nella tua voce mentre parli “Grazie, Chris” poggi l’oggetto sul tuo comodino – è un piccolo, leggermente trasandato, orsacchiotto di peluche che ho visto sballottare qui e lì da Ava-Jo in un paio d’occasioni – poi guardi Chris di nuovo. “Davvero. Grazie. Per l’orso, e per essere qui”
”Piacere mio” Chris anche sta sorridendo, e si sporge oltre la tua spalla per guardarmi “Hi”
”Hello”
”Come ti senti?”
”Bene. Te?”
”Sto bene.”
Posso vedere la domanda nei suoi occhi. Mi sta disperatamente chiedendo perché sono qui, steso nel letto con te, e so che per lui è difficile, e che le cose fra me e Chris sono naufragate. Ma ci sto provando, sto provando davvero.
”Quindi…come sei stato?” ti chiede Chris, sedendosi di nuovo sulla sedia.
”Tutto bene” fai spallucce con nonchalance.
”Good. Stai…” Chris sospira, come se stesse cercando le parole giuste “Stai soffrendo?”
Scivoli di un po’ nel letto e poi scrolli ancora le spalle “No”.
Gli stai mentendo.
Lo so perché me l’hai detto tu.
Proprio prima di addormentarti l’altra notte, mi hai detto che certe volte la testa ti fa così male che vomiti per il dolore. Altre volte ti senti come se una lama ti infilzasse e tu soffocassi piano su di essa. Altre ancora ti senti una vittima di una bomba nucleare, e tutti quei brutti lividi violacei sulle tue braccia e gambe e sterno e faccia e collo e stomaco sono buchi nella tua pelle che qualcuno ha incavato con un coltello di plastica.
Quindi, Matt, quando dici a Chris di non soffrire, stai mentendo.
Chris prende un respiro profondo e sospira, ed è ora che realizzo che non è qui solo per vederti. Ha qualcosa da chiederti. Qualcosa che non vuole chiederti, ma che è stato persuaso a farlo, e proprio ora sta pensando, quanto veloce posso correre per scappare da questa domanda che devo porre? Quanto veloce può correre prima che io gli corra dietro e lo scopri da me?
Chris sbuffa e guarda verso te “Matt..”
Stavi guardando fuori, alla pioggia che batteva contro la finestra, ma ora ti giri verso Chris e annuisci.
”Io…beh, Q m’ha chiamato l’altro giorno”
Cazzo. Fottetevi, media corporations. Vi inculerò tutti collettivamente e vi fotterò a sangue.
”M’hanno detto che hai il diritto di rifiutare, ma stavano pensando se forse potresti fare un’intervista con loro”
Dì no, Matt. Ti prego dì di no. Ti prego non fare questo a te stesso.
”Che tipo d’intervista?” chiedi.
Ti prego non dirmi che stai considerando la cosa. Ti prego dì di no. Non devi preoccuparti di deludere Chris. Neanche lui vuole che tu faccia questo.
”Un intervista TV”
”Okay, sì” dici senza pensarci su due volte.
Matt, ti prego dimmi che stai scherzando.
Non voglio che tu faccia questo.
Non puoi.
Non lascerò che tu lo faccia.
Matt, sarà meglio che tu abbia una ragione decente per questo o…io…
Io non so cosa farò.



*



“Starai bene, tesoro” sussurra Kelly, spostando una ciocca ribelle di capelli dalla tua fronte “Sei coraggioso. Starai bene”
Solo che tutti noi sappiano che non lo sarai. Sei pallido – più pallido del solito – e le tue mani stanno tremando. Stai tremando perché non sai cosa le persone ti diranno. Cosa diranno su di te. So che sei sicuro di te, ma non fino a questo punto, non davanti a centinaia di migliaia di persone. Persone che ti idolatrano. Ti vedranno come uno scheletro distrutto che non riesce a stare in piedi se qualcuno non lo regge, e andranno in panico. Ma è questo che vuoi, no? Vuoi che loro si spaventino, che abbiano paura dell’AIDS, perché ne dovrebbero avere. Io ne dovrei avere.
Ho paura. Più di quanto tu ne abbia. E questo dice tutto.
La donna che ti intervisterà – Robin, la chiami – sta accendendo il microfono mentre io le cammino incontro, e sorride quando mi vede.
“Ti prego non chiedergli niente di troppo personale” le chiedo.
“Matthew ed io abbiamo già parlato di cosa gli chiederò. Non preoccuparti di nulla” dice Robin, giocherellando con il lembo della sua t-shirt mentre parla con me. “Sarai lì con lui. Non sarò scortese o sprezzante. Te lo prometto, starà bene. È più forte di quanto tu possa immaginare”
“Lo so che è forte” sospiro “…è solo che io non lo sono”
Lei mi sorride tristemente e sta per rispondere quando ci chiamano sul set. Ci hanno detto di sederci su un divano color marrone-caffè con cuscini morbidi color panna, mentre Robin si siede al lato opposto su una poltrona. C’è un piccolo tavolino da tè di vetro tra il divano e la poltrona, e tre tazze di caffè sono posate lì sopra. Sa molto…di casa.
Tu mi sorridi mentre ci sediamo insieme e sussurri “Non dovevi fare questo per me”
Non lo faccio per te, Matt, ma per me “Sì, dovevo” sussurro di rimando.
“Bene, tutti calmi. In diretta in cinque, quattro, tre…” il direttore mima gli altri due numeri con le mani, ed ogni singola telecamera nella stanza s’accende di rosso. Luci, camera, azione.
Robin prende un respiro e mima un espressione facciale come se stesse vicino al letto di un suo amico malato “Sono con Matt Bellamy e Dominic Howard, che sono qui oggi per parlarci della diagnosi di Matthew e la lotta con l’AIDS” Gli obbiettivi si girano verso di te. Tu ammicchi, un piccolo sorriso sulle tue labbra “Matthew – come ti sei sentito quando per la prima volta hai saputo che…” Robin taglia la frase, aspettando la tua risposta. Trattengo il respiro.
“Mi sono sentito tramortito. Come se qualcuno m’avesse portato via la capacità di muovermi, y’know?” dici, le tue dita si stanno già muovendo e contorcendo “Non volevo dirlo a nessuno. Mi faceva sentire vulnerabile. Smisi di mangiare. Mi sentii male. Tutto era un problema. Era difficile pensare. Non potevo davvero concentrarmi, y’know? Andavo avanti, pensando a come dirlo alla mia famiglia, ma non potevo. Arrabbiato con me stesso – ecco come mi sentivo. Come se tutto, a quel punto, fosse colpa mia, il che suppongo fosse vero. È divertente, ora ci penso ed è come se fosse un’altra parte della mia vita, lontano, ma quando il dottore me lo disse, era come se Dio mi avesse scelto su tutta l’umanità e m’avesse sollevato per le spalle e detto ‘Questo è come sarà da ora’, e tutt’a un tratto ho dovuto combattere con il fatto che forse non riuscirò a…a…y’know…”
Robin annuisce, occhi addolorati si girano verso di me “E Dominic. Come ti sei sentito quando hai saputo?”
Devo pensarci su prima di rispondere o dirò qualcosa di stupido “Matt non me lo disse” mormorai “Lo dovetti scoprire da solo. Quando collassò a Berlino, pensai che fosse era…la mancanza di cibo. Il dottore invece ci disse che…e, e noi pensammo che…forse avevamo sbagliato a sentire…non capivo il suo accento e pensai…che intendesse qualcos’altro…”
”Cos’altro avrebbe potuto aver detto?” intervieni, un sorriso leggero sulle sue labbra “Herr Bellamy è collassato a causa delle formiche?!” (Ndt: formiche, in inglese ants,ha un suono simile ad AIDS).
dici in un buffo accento tedesco, un piccolo risolino nelle tue parole.
“Matt, ti prego non scherzarci su” sibilo. Il tuo sorriso svanisce.
“Non sei tu quello che deve convivere con il fatto che il suo corpo si sta ribellando contro di te. Non voglio che la gente piagnucoli al mio pensiero tutto il tempo. Voglio essere trattato come se fossi ancora vivo” replichi, gli occhi ridotti ad una piccola fessura.
Tutt’a un tratto, l’atmosfera nella stanza è fredda come ghiaccio. Robin non sembra a suo agio ma mentre guardo il direttore posso vederlo dire alle telecamere di continuare a girare.
Dramma. Fa audience, e audience vuol dire soldi. La rabbia scoppia nel mio stomaco come una reazione acida. Rabbia verso lui, verso Robin, Chris, rabbia verso te.
“Devi prenderla seriamente” irrompo “Non hai idea di come mi sia sentito quando m’ha detto che avevi l’AIDS. Mi sono sentito cadere via. Non potevo respirare, Matt, perché non avrei mai voluto perderti. Sei il mio migliore amico e ti stai arrendendo così?”
“Non mi sto arrendendo!” dici, forte, le tue guance si colorano di rabbia “Questa è la situazione ora, Dominic! Questo sono io! Morendo!”
”Matthew…” Robin allunga la sua mano, sopracciglia incurvate, mentre tu ti alzi e t’aggrappi al bracciolo del divano per equilibrarti.
“Sto morendo, okay?” mi urli. Le lacrime luccicano nei miei occhi mentre guardo lontano. Non posso guardarti “Sto per morire. Dom, devi sapere che se potessi deciderlo io questo non starebbe accadendo, ma è così, sta succedendo ora, quindi vivere nel passato dove cose come questa non fanno alcun male non ti farà nessun bene! Tutto ciò che ti chiedo è se per favore puoi rispettare questo, e capire che non sono ancora morto!
La tua espressione fiera crolla tutt’a un tratto e Robin s’alza, ma io sono lì per primo e ti prendo fra le braccia mentre cadi “Dommie…” sussurri, aggrappandoti con un pugno stretto alla mia t-shirt, l’altra tua mano si tiene la testa “Dommie, la mia testa…fallo fermare, fallo fermare…”
Attraverso la mia visione periferica posso vedere le telecamere zoomare su di te mentre ti contorci chiaramente dal dolore. Ti stacchi da me e tossisci un grumo di muco sul tappeto. Robin guarda dall’altro lato, occhi chiusi, ma le telecamere sono ancora lì. Quelle luci rosse stanno ancora luccicando. Stai piangendo ora, svuotando lentamente il tuo stomaco dall’acido, ed io ti stringo cupo mentre crolli tra le mie braccia, un disastro tremolante.
Ed è così che il mondo ti vede, Matt.





 
   
 
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