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Autore: PiccolaEl    23/08/2012    2 recensioni
"Ci sono un giorno quattro ragazze che alla modica età di sei anni e mezzo si incontrano, senza lasciarsi più. Poi crescono. E il loro rapporto cambia, diventano forti, insieme. C’è Abigail Hill, Abbie, non molto alta, piccola di statura, magrolina, capelli molto lunghi e marrone, - una montagna di pelo, li definisce scherzosamente Eleonor –, occhi ghiaccio e tre tonalità più scure di fondotinta. Dopo c’è Ashley White, diciassette anni racchiusi in un mostro di ragazza. Alta, magra, capelli abbastanza lunghi ricci e biondo cenere, occhi color miele. Uno schianto, si definirebbe lei. E dopo questa si può anche definire modesta. E poi c’è Sam. Samantha Bolton, Sam per il mondo. Non è slanciata, ma asciutta. E’ giusta, bella. Capelli lisci e di un biondo platino, occhi verde muschio, un cuore grande. A volte è troppo saggia, parla di cose che non conosce, giudica. Ma Samantha rimarrà per sempre la vita per Eleonor, dopo Matt. Sempre. E alla fine del gruppo, c’è Eleonor. Eleonor Wood, fisico perfetto e formoso, quattro sport diversi, occhi marroni troppo scuri, capelli lunghi e ricci, anch’essi troppo scuri, labbra perfette e mani piccole. Queste sono le Girls. Quindi immaginatevi un giorno che ci sono queste quattro ragazze che affrontano tutto con il sorriso e con Matt. E poi immaginatevi che una piccola Foglia un giorno parte e le lascia li, senza più niente. E ancora, immaginatevi che le buffe Girls partono e vanno a riprendersi la loro Foglia, per un’estate intera. Ecco. Agli occhi esterni sono solo quattro scappate di casa, ma viste da vicino sono le migliori amiche del mondo."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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"They got their guns out aiming at me, 
but I become near when they aiming me.
Me, me, me against them, me against enemies, me against friends.
Somehow they both seem to become one, a sea full of sharks and they all smell blood."




“Avevi ragione.” sussurra quasi affogandosi col cibo in bocca.
“su cosa?” chiede distratta l’altra, prendendo un sorso d’acqua.
“su tutto.” e parole cosi sincere non si sono mai sentite.
“non credo. Ti ricordi quando ti ho detto che… giusto, dimenticavo che io non te l’ho mai detto.” deglutisce, ma il groppo in gola di verità non scende.
“Cosa?”
“Non lo so…” c’è la luna piena e due ragazzi apparentemente puliti. C’è il cielo, limpido. C’è il vento leggero che accarezza le spalle nude di Ashley. Ci sono le stelle, luminose. Ci sono un paio di occhi verdi sinceri. E ce n’è sono un paio che di sincero hanno soltanto il banale colore nocciola. Che di banale in realtà ha ben poco. Belli.
“Ashley?!” posa le posate e preoccupato la guarda.
“Vedi Harry, non sono brava in certe cose. Devo dirti una cosa, che mi stritola dentro e non mi fa parlare. E’ da un po’ che devo dirtela, in effetti..” risponde vaga e inaspettatamente Harry sorride. Candido. Si sistema un ricciolo caduto dal nido di uccelli che ha al posto dei capelli e sorride ancora un poco. Bello.
“Aspetta. Prima voglio parlare io.” zittisce Ashley e lei si lascia zittire. Patetico, White. Tu sei patetica, a lasciarti zittire da un ragazzo.
“Dicevo, avevi ragione. Su di noi, intendo. Sulla lontananza, sul nostro rapporto che è rimasto  intatto, su tutte queste cose. Grazie,” e le prende la mano “ perché insomma… sei bellissima e mi aiuti quando ho bisogno di aiuto, mi stai accanto. Sono banalità, ma io queste banalità non le dico a molte. In effetti, l’ultima volta che le ho dette amavo quella persona e…”
“e cosa è successo? Oh, Dio, non è che vi siete lasciati?” chiede Ash preoccupata. Harry ride.
“… E adesso sono davanti a lei e tento di dirle che l’amo.” conclude Harry, completando con un piccolo sorriso che manderebbe all’altro mondo un fantasma. Ashley boccheggia.
“oh.” mormora imbarazzata. E oppressa. E affranta. E stanca.
“Grazie.” risponde allora, sorpresa. E oppressa. E affranta. E stanca. Ma bella.
 
 
“Come va?”
“Vado avanti. Tu come stai?”
“Bene, adesso. Qui, con te.” e le migliori parole sono nell’aria, non se ne vanno, restano. Matt e Zayn, spalmati sul divano di un negozio di arredi, di fronte ad una tv spenta per esposizione.
“Zayn, ho bisogno di chiederti una cosa, e vorrei che tu sia sincero.” chiede d’un tratto Matt, serio.
“Puoi chiedermi tutto quello che vuoi, lo sai.” risponde l’altro, leggermente riscosso dai suoi pensieri.
“Dovremmo davvero andare a vivere insieme? Insomma, ci conosciamo da troppo poco tempo, forse. E mia mamma ha cento cose da fare, non vorrei darle anche questo pensiero. E poi non mi va di spillarle soldi ogni volta. Magari dobbiamo aspettare. Io ancora non ho finito il liceo, tu hai gia diciannove anni. Mi sentirei un parassita, più di quanto non mi senta un parassita ogni santo giorno della mia vita in queste condizioni.” spiega un po’ imbarazzato, fissando la parete. Sente gli occhi caldi di Zayn addosso e non riesce a reggerli, non ora, non dopo un discorso del genere. Quando due giorni prima si era detto ‘ma si, dai, andiamo a vivere insieme’ sembrava una favola. Una favola che ogni ragazzo gay adolescente sogna da sempre, i fiori ogni mattina dopo una notte d’amore, la colazione a letto, un letto matrimoniale con davanti un gigantesco televisore al plasma, le lenzuola che profumano di lillà, la cucina fatta insieme. Un sogno. Un sogno complicato. Un sogno non fattibile. Un sogno che rimane un sogno, per molti.
“Matt.” pronuncia lento il suo nome, con un accento strano, non riconoscibile.
“Matt, guardami.” lo richiama ancora, e appena i loro occhi si incontrano è ancora magia, è ancora amore, è ancora passione, è ancora un sogno – “non è presto. In quest’ultima settimana siamo stati bene, o almeno, io lo sono stato. Bene, intendo. Bene dentro e bene fuori. Mi hai fatto ritornare cosi… innocente, vivo, non lo so spiegare. Matt, io e te ci meritiamo di vivere insieme. Con tutto il cuore. Le persone non capiscono come ci si sente.” parla ancora e ancora e tutto è più colorato e i divani sembrano più comodi e i cuori più leggeri – “ so che hai paura – continua – e ne ho anche io, tanta. Perché sono famoso, perché ho delle fan, perché non tutti capiscono quanto sia dura. Ma io ti amo Matt, e voglio farlo. Voglio svegliarmi con te e addormentarmi con te. E in un futuro chissà, riusciremo a rendere onore al nostro amore con un matrimonio.” e la conclusione, ah, la conclusione, dà cosi tanta forza a Ragazzo Fossetta che di slancio si sporge a baciare Ragazzo Gel, in una maniera che mai si era aspettato.
“Ti amo anche io, tanto.” e l’amore nessuno sa com’è, prima ti prende poi ti lascia poi ti butta giù. Ma cosi bello, pensa Matt, mai se ne sono visti. Cosi sinceri, cosi leali, cosi dannatamente veri.
E quando si staccano e i loro occhi si incontrano ancora e ancora, niente e più come prima, perché in quelle parole, in quei gesti, in quel bacio in particolare, c’è la firma su una promessa stampata in aria e corredata di “lo voglio.”
 
“HEY ZAYN, UN BEL SORRISO PER LA STAMPA!” ‘Click’. ‘Click’. ‘Click’. Centinaia di ‘click’. ‘Flash’. ‘Flash’. ‘Flash’. ‘Flash’ ovunque.
L’unico difetto dell’amore è che di certo non riesce a scacciare ‘click’. E ‘flash’. Né riesce a scacciare la verità al di fuori di un numero ristretto di un numero ristretto di persone.
Ma alla fine, chi realmente sa di che cosa è capace l’amore?
 
Non esistono persone belle e persone brutte. Esistono persone. Persone diverse da altre per origini, colore della pelle, lingue e religioni. Ma non solo. Esistono persone diverse per aspetto, interno ed esterno. Cosa sai tu delle persone che non conosci e che a prima vista sembrano non ispirarti niente che non sia un commento acido del tipo ‘che schifo di capelli’ oppure ‘come diavolo si è vestita quella’ o ancora ‘non troverà mai nessuno se continua in quel modo’? Cosa sai tu dei sacrifici, delle lotte interne con il proprio “Io”, dei pianti isterici, delle lacrime amare, dei sogni infranti? Cosa sai tu riguardo la ‘gente’? Perché per te è solo un ammasso di gente. Gente che va di qua e di là, che strepita in continuazione, che non si fa vedere, che tenta di farsi notare. Sai cosa sai di questa ‘gente’? Un cazzo. E c’è chi è bravo, e le scaccia, e se è il caso le pesta pure, ma non a pugni o a calci, a parole, e allora si che sono cazzi amari e ti senti anche offeso, nonostante tu sia un cazzone avariato. E poi c’è chi non riesce, non è pronto, non ci prova nemmeno perché non ne ha la forza emotiva e allora sta zitto, o si lascia picchiare, o peggio, comandare, sottomettere, rasentando la schiavitù psicologica e anche emotiva. Non risolvi i tuoi problemi prendendo di mira gli altri, non risolvi neanche i loro di problemi, che di certo non sono uguali ai tuoi. NON PUOI GIUDICARE. Non puoi sentirti in diritto di sparare sentenze, non puoi renderti cosi ridicolo. E sai perché non puoi? Non sei indignato, non hai rabbia repressa, o forse ce l’hai e non lo ammetti, non sei giustificato, non hai un buon motivo, non sei stanco della tua vita di merda: sei soltanto uno stronzo. Ficcati in quella testa di cazzo che niente e nessuno ti dà il diritto di esserlo. Perché non esistono persone belle e persone brutte. Esistono persone, tutte diverse.
 
 
 
“Non capisci niente, questa si che è arte!” sbotta divertita, tenendole teneramente la mano.
“Arte? Arte cagata, direi. Decisamente” ride Sam, con i capelli biondi che le ricadono più lunghi sulle spalle.
“Ma smettila, idiota!” la spinge Eleonor scherzosamente. Ma ugualmente forte per farla finire addosso ad un gruppo di turisti italiani.
“Scusate.” esclama imbarazzata, trascinandosi via l’amica.
“Che diavolo fai? Insomma, che figura di merda!” sbraita Sam, all’uscita del museo.
“E dai Sammy, rilassati.” sbotta divertita. Alza lo sguardo e il sole le illumina il viso abbronzato. Bella. Sorridono complici.
“Perché non sei con Louis? Insomma, sono arrivati da poco qui a Bath e avete passato pochissimo tempo insieme.”
“Perché non sei con Niall? Insomma, sono arrivati da poco qui a Bath e avete passato pochissimo tempo insieme.” replica allora divertita Sam facendo il verso all’amica.
“Volevo passare del tempo con la mia migliore amica che in questo periodo non mi ha mai abbandonato. E’ sufficiente?”
“Si, è sufficiente. E comunque, beh, anche per me vale lo stesso.” risponde la bionda, accennando un sorriso teso. Si siedono entrambe sugli scalini del grande museo un po’ fuori città e El si guarda un poco intorno non sapendo bene cosa dire e come iniziare un discorso. Proprio non ci riesce. Non comprende. Cosa succede a Sam. La scruta ancora un poco senza farsi accorgere e nota i lineamenti più solcati, lo sguardo più appannato, il corpo più esile. E prova, prova con tutta sé stessa a cercare un motivo plausibile a tutto questo, e cerca ancora ancora e ancora e un motivo non lo trova.
“Sicura sia solo per questo?” chiede, indifferente, osservando lo schermo del suo cellulare. Sam sussulta, e si volta a guardarla. Come può, come può farle questo? Si chiede. Una domanda simile Come a voler urlare ‘hey, hai un fottuto problema, sei una malata terminale, non puoi continuare così, lo dirò a tua mamma e a tuo padre’. Uno sbuffa scocciato. Respira forte, tentando di mantenere il controllo del suo sistema nervoso. Non ci riesce.
“Cosa stai insinuando?” chiede a sua volta, alzando di poco il tono della voce, ma non abbastanza perché El non se ne accorga. Ma d’altronde, che problemi ha lei? E’ bella, formosa. E’ una diva. Improvvisamente si irrigidisce.
“Io niente. Sono soltanto una mesta ragazza che chiede ad un’altra mesta ragazza se va tutto bene e se sia successo qualcosa. Anche implicitamente, ma l’ha fatto. Apprezza lo sforzo e sputa il rospo.” risponde pacata e a suo agio.
“Va tutto bene, accidenti!” – sbotta con tutta l’irruenza che ha in corpo alzandosi e scendendo rapida gli scalini dell’immensa pataccata d’acciaio dell’Holburne Museum, superando in velocità qualunque turista fermo a rimirare lo strano “monumento”. Sam scappa. Scappa da qualunque cosa e da chiunque. Da sé stessa. Dal mondo di merda che la sconvolge ogni volta. Niente la rende più viva della lunaticità quotidiana che la caratterizza e la plasma ogni santo giorno. E’ felice. Poi è stanca. Poi è infelice. Poi è arrabbiata. Non c’è un modo nell’universo per spiegare il carattere di Sam Bolton. Corre giù per le scale, inseguita da Piccola Foglia, con i capelli biondi e lisci che scuote al movimento dello scendere le scale.
“Sam! Sam! Dove vai! Sam!” grida Eleonor, correndole dietro. Una cosa è certa, non si sfida un corridore. La rincorre fin fuori la struttura, libere nel prato. Scatta di altri tre secondi e afferra di scatto la sua preda.
“Samantha che cazzo fai?” la sgrida ad alta voce, come una bambina e Sam abbassa lo sguardo, colpevole.
“Scusa…” mormora allora, alzando la testa e proseguendo “ scusa, se sono cosi tutte le volte sbagliata! Scusa se per il mondo faccio schifo.” e sul finale la voce va a puttane e tutto di lei va a puttane e il prato dell’Holburne Museum di Bath non ha mai conosciuto un corpo cosi bello spalmatoci di sopra, privo di sensi.
 

 
 

 




























































 

HERE I AM! Okay, c'è un po' di ritardo. Okay, parecchio ritardo. BUT! Sono qui. Evolevo fare pubblicità all'ltra mia ff che è parecchio non scagata e che si chiama Bottiglie o boccali: prendere o lasciare se passaste vi amerei ancora di più di quanto gia non vi amo. Non ho riletto tutto, perciò qualunqu errore eventuale scuatemi e segnalatemelo, rimedierò. Grazie, a tutti, a chi legge, a chi inserisce tra preferiti/ricordate/seguite e a chi recensisce perché siete pochi ma siete buoni e io devo tornare a vedermi Glee, che tanto mi piace e tanto amo. Ciao bellezze! x
P.s. c'è stato uno stacco temporale di circa un mese, si torna a Bath!

  
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