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Autore: BelleAmie    23/08/2012    3 recensioni
Estate 1995. A Grimmauld Place i Weasley sono impegnati, tra una riunione dell'Ordine e l'altra, a rendere abitabile l'antica dimora. Ginny e Sirius hanno l'occasione di forgiare la loro amicizia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Of Demons and Whiskey



Caro Harry,

spero che tu te la stia passando abbastanza bene dai Babbani e che


Ginny passò l'ennesimo tratto di penna sulle parole appena tracciate. A forza di iniziare ed interrompersi le era venuto il mal di testa. Non era nemmeno il compleanno di Harry, visto che era solo il trenta luglio, ma c'era qualcosa in quella casa che non la lasciava dormire. La lista di stanze da pulire era interminabile, come anche i mucchi di polvere, i buchi da stuccare nelle pareti, gli insetti da catturare... E poi c'era caldo, un caldo umido che si attaccava alla pelle e rendeva le opere di pulizia ancora più insopportabili. Era stato uno strano luglio.


Così, dopo essersi girata e rigirata sotto le lenzuola per un'ora intera, Ginny aveva abbandonato i suoi propositi di andare a dormire ed era scesa al salottino del primo piano. Aveva fatto piano, per evitare di svegliare qualcuno, o sua madre, che, dopo la riunione dell'Ordine di quella sera, era stata particolarmente intrattabile. Scrivere la lettera di compleanno a Harry era sembrata una buona idea.


Le parole però stentavano ad uscire dalla sua penna. Non riusciva ad immaginare il suo stato, dopo quello che era successo al Torneo. Harry era forte, ma quanto? Ginny non aveva saputo molto, in realtà, di quello che era successo. Nemmeno Ron o Hermione si erano lasciati sfuggire qualcosa, a parte l'idea generale di quello che era accaduto la notte della morte di Cedric Diggory – e l'idea generale era bastata a darle degli incubi... e a nutrire quella sensazione cupa ed ironica che albergava in lei da tanto tempo: di essere tra le poche, poche persone al mondo capaci di capire fino in fondo cosa poteva provare Harry Potter in quel momento.


Caro Harry,

stare coi Babbani deve fare schifo, ma credo che tra poco verranno a prenderti


Non era vero. Anche Hermione lo pensava: l'Ordine – Silente – non aveva nessuna intenzione di portare Harry a Londra. Quando l'aveva chiesto a suo padre, aveva ottenuto come unica risposta un farfugliato 'lo sa Silente, quello che dobbiamo fare' e poi sua madre le aveva chiesto se preferiva le carote o i cetrioli nell'insalata con il suo tono da 'non sono cose che ti riguardano, Ginny'.


Lettere a quest'ora della notte, romantico,” disse all'improvviso una voce leggermente strascicata dietro di lei.


Era Sirius, il viso mezzo oscurato dalle ombre, e una bottiglia in mano. Evidentemente non era l'unica persona incapace di addormentarsi, quella notte – e Sirius, nel semi-buio del salotto e munito di alcol, pareva, bè, pericoloso. Più del solito, in ogni caso. Era uno di Quei Momenti: quei momenti in cui sembrava che il carcerato, l'uomo di Azkaban dentro di lui, fosse riuscito a rompere il sottile, labile strato di ghiaccio che Sirius aveva costruito attorno a sé e ora affiorasse in tutta la sua minacciosità.


Io, uh, cercavo di scrivere un biglietto per Harry,” spiegò Ginny, raccogliendo in fretta il foglio e la penna dal tavolino, per evitare che Sirius leggesse. Ma l'uomo pareva totalmente disinteressato: si era lasciato cadere sulla poltrona di velluto dall'altro lato del tavolino, in una scomoda posizione diagonale, una gamba su uno dei braccioli della poltrona, l'altra per terra, e un'aria di totale sconfitta. “Stai bene, Sirius?”


Agitò la bottiglia in quello che voleva essere un gesto rassicurante. “Sì, sì, sto bene,” disse con tono ruvido. “Sto benissimo.”


Ginny rimase in silenzio. Non sapeva che altro dire, in realtà, e fece una mezza idea sul ritornare a letto, ma le parve scortese, quindi rimase lì, sul divano, cercando di evitare il luccichio della bottiglia in mano a Sirius. Ebbe quasi la tentazione di usare la sua voce da Molly e dirgli 'posa la bottiglia', ma si trattenne. Dopotutto Sirius era un uomo adulto e vaccinato. Erano fatti suoi, anche se tutti lo sapevano, di lui e del suo problema con le bottiglie di liquore invecchiato stipate nella cantina. Nessuno aveva osato commentare al riguardo, ovviamente – tranne Hermione, che un paio di settimane prima aveva pigolato un 'non ti fa bene' ed aveva ricevuto come unica risposta un sopracciglio alzato e tutta la proverbiale freddezza dei Black.


E' stata una riunione interessante?” buttò lì Ginny, per rompere il silenzio.


Le solite idiozie,” rispose lui. “E quel bastardo, quello che mi tocca sentire -”


Non c'era bisogno di chiedere chi fosse il bastardo in questione. L'umore di Sirius precipitava appena Severus Piton metteva piede in casa. Non che lei, Ron, Hermione e i gemelli fossero molto più felici, certo. Le poche volte che lo avevano incrociato il suo sguardo nero aveva comunicato una sola cosa: sarò particolarmente insopportabile quest'anno.


Immagino,” disse Ginny velocemente.


Sirius sorrise amaramente e butto giù un sorso del liquore. Alzò la bottiglia davanti a sé, esaminandola. “Un finissimo Urquhart. Questo era di papà,” disse con un sorriso più largo e inquietante. “Whiskey scozzese, invecchiato un centinaio di anni, ci sarebbe andato a letto se avesse potuto, il vecchio pazzo.” Rise della sua stessa battuta, poi si rabbuiò di colpo.


Nei suoi giorni a Grimmauld Place, Ginny aveva imparato a conoscere quella selvaggia oscillazione negli umori di Sirius, quel suo modo di essere affabile, persino carismatico, un momento e cupo fino al parossismo l'attimo dopo. Ma in quei momenti di solito spariva di sopra, da Fierobecco. Ginny non aveva mai avuto uno spettacolo così evidente della sua instabilità; eppure, mentre la pendola segnava con un leggero ticchettio i secondi, si sentiva stranamente a suo agio di fronte a Sirius.


Augura a Harry buon compleanno anche da parte mia,” disse Sirius a bassa voce. “Digli che Felpato se la sta spassando e digli che – ah non so. Fai tu. Gliela scriverei io una lettera se potessi. Ma non posso. Non posso nemmeno respirare nella mia dannatissima casa -” e poi si fermò e bevve di nuovo. Piccoli sorsi, come se si rinfrescasse la bocca.


Mi dispiace, Sirius,” offrì Ginny.


Dispiace anche a me,” disse lui. “Non dovresti stare qui. Non sono una buona compagnia.” Scoppiò a ridere, una di quelle sue strane risate in cui sembrava andare a corto d'aria e che finivano per essere un rantolo asmatico. Fred una volta lo aveva imitato, e si era beccato un calcio nello stinco da Ginny. “Sei coraggiosa, Ginevra. Non è un tratto da Weasley, ad essere proprio sinceri... sei più una Prewett che una Weasley. Una cosa buona secondo me,” sghignazzò.


Ginny scelse di accettare quello strano ragionamento come un complimento e rimase zitta.


Non sono proprio una buona compagnia,” ripeté, assorto. “Proprio no...”


Sei una compagnia perfettamente accettabile,” disse Ginny.


Un'espressione sardonica si dipinse sul volto di Sirius. “Grazie. Penso tu sia l'unica a pensarla così da queste parti. Pensano sia un pazzo. Forse hanno ragione.”


Dico davvero,” disse Ginny. Voleva che lo sapesse; il pensiero della solitudine di Sirius era terribile, angosciante. In quel momento la colpì il pensiero che Sirius non aveva nessuno al mondo, a parte Harry. Harry che era da qualche parte nel Surrey, tenuto lontano dal suo mondo, tenuto lontano da loro e da Sirius e con la sua buona porzione di demoni. Erano la coppia padrino-figlioccio più problematica del mondo. “Chi lo pensa è un idiota. La gente non sa quello che dice, la gente non sa mai niente di niente...” disse appassionatamente, non sapendo nemmeno lei dove volesse andare a parare. “Penso che la gente preferisca non sapere. Alcune volte penso che... penso che la gente preferisca proprio non capire. E' più semplice, così.”


Sirius la guardò come non l'aveva mai guardata prima; l'alcol aveva reso i suoi occhi cupi e pungenti, punte affilate dentro di lei. Ginny distolse lo sguardo. Stava pensando a Riddle – a come tutti facessero finta che non fosse successo. Passavano direttamente al 'ma ora stai bene', ed ignoravano il 'com'è stato essere posseduti?'. E se solo avessero saputo com'era stato, se solo avessero conosciuto il calore del sangue e quegli occhi -


Me l'hanno detto,” commentò. “Quello che ti è successo. Mi dispiace.”


E' stato tanto tempo fa,” tagliò corto Ginny. Raccolse velocemente foglio e penna e si alzò dal divano. “Vado a dormire, allora. A domattina, Sirius.”


Sirius annuì. L'atmosfera di strana intimità tra loro si era spezzata: respirava un'aria diversa, come se ci fosse più ossigeno nei suoi polmoni. La casa era sempre cupa e terribile e piena di sporcizia e di cose vecchie e orribili, ma c'erano gemme nascoste di umanità tra i suoi muri. Sirius era una di queste, rifletté Ginny mentre attraversava il salone, una di quelle gemme: un tempo aveva brillato, lo sapeva, e ora anni di polvere l'avevano corrotta e offuscata, ma c'era forse ancora un bagliore da poter salvare...


Buonanotte, Ginny,” gracchiò la voce di Sirius da dietro di lei mentre era sulla soglia. Si girò: ma Sirius non stava guardando verso di lei, ma verso il muro di fronte a lui, un muro vuoto, dall'intonaco staccato e la carta da parati rosicchiata.


Buonanotte, Sirius,” disse Ginny. “Buttalo quel whiskey,” soggiunse un attimo dopo, prima di potersi autocensurare. “Sono sicura che fa schifo.”


E prima che Sirius potesse rispondere, percorse in punta di piedi il pianerottolo e salì su per le scale.



  
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