"Maledetto"
sibilai "L'hai fatto ancora..." sentivo la sua risata, risata che
avrei voluto far sparire dalla faccia della terra "Mi hai sedata..."
una fiala sporca di liquido arancione spiccava sul tavolino.
"Sei stata
tu a costringermi a farlo. A quanto pare, quelle come te non tacciono
facilmente"
"Sei
proprio..." sussurrai flebilmente, ma fui interrotta da un invito che
avevo già sentito "Apri gli occhi"
Dio, come
riusciva ad essere così maledettamente convincente anche dopo che avevamo
discusso?
Disarmata,
senza riserve, feci come aveva detto. Riconobbi la stanza beige e i vassoi
pieni di cibo. Il tutto era illuminato dalle prime luci dell'alba.
Law era in
piedi accanto al letto e mi scrutava dall'alto "Siediti" ordinò.
Anche
stavolta, lo stetti ad ascoltare immediatamente, come ipnotizzata dalla sua
voce.
"Girati
verso di me" comandò ancora.
Si accorse
che i miei occhi erano diventati quelli di una sua vittima, perchè
abbassò lo sguardo e pose lo stetoscopio sul mio petto simulando indifferenza.
Era così
vicino che riuscivo a distinguere le sue ciglia una ad una e, anche se aveva lo
sguardo abbassato e concentrato nel vuoto, potevo guardare i suoi occhi grigi
come il mare in burrasca e perdermici dentro.
Improvvisamente,
le mie labbra, come guidate da una misteriosa forza di volontà, andarono a
baciargli le palpebre, che si chiusero facendolo sospirare lievemente.
Vittoria
femminile: la mia tenacia nel dimostrargli che anch'io potevo farlo morire di
piacere, se ne avevo voglia.
Le sue
labbra si premettero leggermente sulle mie e, ansiosa come sempre, gli presi la
mano e gliela posai sul mio seno sinistro. Lo accarezzò lentamente da sopra il
lenzuolo, ma poco dopo non ci fu più nessun ostacolo a separare le sue dita dal
mio capezzolo.
M'impegnai
per non svenire sul colpo. Ma fu davvero dura quando mi morse l'orecchio. Era
come se le sue labbra avessero un effetto benefico su di me, riuscivano a
cancellare i miei pensieri e a farmi reclinare la testa all'indietro.
Con tutte le
forze del mondo, mi sforzai per aprire impercettibilmente gli occhi e notai che
aveva ancora lo stetoscopio nelle orecchie: gliele liberai sfiorandogli piano i
lobi, affamata, mentre le sue labbra scivolavano sul mio collo e la sua barba
mi solleticava la pelle con un tremendo su e giù.
Santo cielo,
era davvero estenuante...
Ancora una
volta, mi comportai precipitosamente: gli sbottonai i pantaloni e affondai la
mano in paradiso. Una sensazione di benessere generale m'invase, come se il mio
stesso organismo mi fosse riconoscente per quello che stavo facendo.
Ma non ne
avevo abbastanza: volevo partecipare all'immensità del paradiso, volevo baciare
il paradiso, volevo mangiare con gli occhi visioni celestiali che solo mani
come quelle potevano darmi, volevo che il paradiso fosse soltanto MIO.
"Nami..." sussurrò improvvisamente, in cielo anche lui.
Sorrisi,
dopo avergli sentito ansimare il mio nome. Esitò, ma poi sorrise anche lui,
pensando probabilmente di aver appena fatto una cazzata.
Un momento
di debolezza che andò a mio favore: infatti gli cinsi la vita con le gambe e lo
spinsi più vicino a me. Il gesto sembrò coglierlo di sorpresa, ma anche
eccitarlo. I movimenti convulsi dei miei piedi fecero sì che i suoi jeans si
abbassassero ancora di più.
Le sue mani
sfiorarono calde le mie cosce assopite e fui io a gemitare,
ma di un gemito continuo, concitato, che fa perdere la ragione. In quel momento
sentii che era mio, che potevo averlo tutto, che non dovevo fare altro che
prendermelo.
Sollevai la
sua felpa pesante e lasciai che la mia lingua esplorasse il suo petto. Aveva un
buon odore, un odore di cui mi ubriacai.
La sua mano
sinistra andò a finire tra i miei capelli e avvertii anche le sue labbra
posarsi lì, con un'inaspettata dolcezza. Le mie mani andarono di nuovo ad
accarezzare le sue parti intime, adesso palesemente scoperte. La sua lingua
assaggiava le mie labbra...
Ci trovavamo
in questa posizione, quando la bambina operata qualche ora prima entrò nella
stanza con un ingenuo vassoio carico di biscotti tra le mani.
Fu un
istante interminabile e imbarazzante: io sciolgo le mie gambe intrecciate e mi
copro col lenzuolo, Law si stacca dalle mie labbra e si alza i pantaloni in
fretta e furia, la bimba lascia cadere a terra la colazione e ci fissa
inorridita.
Probabilmente,
non mi ero mai trovata in una situazione del genere in tutta la mia vita.
Dall'esterno,
corse Bepo allarmato "Cos'è stato? Oh, la
colazione! Anita, perchè l'hai fatta cadere?"
"Bepo, ti avevo detto di farli restare a riposo..."
dallo sguardo freddo del chirurgo, si percepiva una furia disumana.
"Oh, mi
dispiace, capitano!" si scusò immediatamente l'orso, mentre la ragazzina
continuava a fissarmi inquietata "E' che Anita voleva dare il buongiorno
alla signorina Nami, che ieri l'ha aiutata..."
"Se si
riaprono le sue ferite, gliele ricuci tu" lo minacciò il capitano con
nonchalance.
"Ciao,
piccola!" cercai di mostrarmi amichevole "E così ti chiami Anita,
eh?"
Non rispose.
Law e Bepo avevano cominciato a parlare delle condizioni
di salute dell'uomo e la piccola Anita aveva gli occhi sgranati su di me.
Non sapevo
cosa dire "Beh...io sono Nami, piacere di
conoscerti"
Ancora
silenzio.
"Non fa
niente per la colazione" minimizzai, cercando disperatamente di farla
parlare "A Bepo non dispiace pulire, è un
orsacchiotto molto volenteroso"
Quando i due
Heart andarono a visitare l'uomo, finalmente Anita
aprì bocca "Perchè sei senza vestiti?"
Merda.
"Oh, io
non sono senza vestiti" farfugliai "I miei sono in lavanderia, è per
questo che indosso quest'abitino bianco provvisorio"
Mi scrutò da
capo a piedi "Quello è un lenzuolo"
"Tu
dici?" il mio sorriso era tremendamente finto. Perchè
a me?
"Quanti
anni hai?" cercai di portare la conversazione altrove.
"Nove.
Ma sono molto intelligente per la mia età"
"Davvero?"
feci una risatina nervosa.
"Cosa
ti stava facendo prima, il dottore?" sembrava curiosa.
"Visitando.
Mi stava visitando"
"Il mio
dottore non mi hai mai visitata così"
"Trafalgar
Law è un medico un po' fuori dagli schemi..."
Divenne
pensierosa per un istante, poi si aprì in un largo sorriso "Ho
capito"
Tirai un
sospiro di sollievo "Bene"
Chi l'aveva
mandata, questa qui, a bordo del sottomarino? Cosa voleva da me? Sperai che
almeno avesse dei soldi.
Le avrei
spiegato come nascono i bambini, se mi avesse pagata fior di quattrini!
"Allora,
sei stanca di indossare quel lenzuolo?" Trafalgar Law scoppiò a ridere.
Era il
tramonto ormai e ci trovavamo all'aria aperta sul sottomarino emerso. Io ero
affacciata alla ringhiera a godermi il vento fresco e lui era appoggiato con la
schiena al muro.
Gli rivolsi
uno sguardo carico di rabbia.
"Siamo
in prossimità di un'isola, sai?" incalzò "Magari potresti scendere e
comprarti qualche mutandina nuova"
Alzai gli occhi
al cielo e tornai ad osservare il sole. Ma ci provava così tanto gusto a
prendermi per il culo?
"Posso
sapere perchè non ero stata informata di
quest'emersione?" domandai con un filo di delusione nella voce.
"Dimenticanza"
la buttò lì senza preoccuparsi ulteriormente.
Si avvicinò
a me e si affacciò anche lui alla ringhiera. Poi mi guardò "Devo
confessarti che mi hai sorpreso" disse ad un tratto, spiazzandomi
completamente "Ieri notte, in sala operatoria, non hai gridato nemmeno una
volta. Credevo che saresti scappata a gambe levate da un momento all'altro, con
tutto quel sangue..." continuavo a fissare il tramonto, ma sentire il suo
sguardo addosso mi riempiva di agitazione "...non è stata una passeggiata
d'intervento. Ma tu hai resistito fino all'ultimo"
Esitai, ma
poi confessai "Avevo già assistito ad un'operazione del genere, una volta.
Il nostro medico di bordo, Chopper, operò diversi uomini in una vecchia
fortezza* e...c'ero anch'io"
"Ah...adesso
capisco"
Mi sentii
avvampare, percepivo la tensione crescere dentro di me "Law..." feci
ad un tratto, forse più velocemente di quanto avessi voluto.
"Sì?"
Mi voltai
verso di lui, non accorgendomi che fosse così vicino e, ancora una volta,
rischiai di essere risucchiata nell'abisso dei suoi occhi.
"Quello
che fai..." cercai di mantenere la lucidità, nonostante il sole calante
diffondesse una luce sul suo viso che lo faceva sembrare un dio greco
"...quello che fai è molto bello" riuscii finalmente a dire.
Mi rivolse
uno sguardo interrogativo e infantile, ricordandomi terribilmente del bambino
che avevo visto nelle vecchie fotografie della biblioteca "Salvare
vite..." cercai di spiegarmi meglio "...mettere te stesso in ogni
intervento...curare le persone con maestria e apprensione..."
La mia voce
era un sibilo, eppure sembrò alterarlo parecchio. In una manciata di secondi,
il dolce bambino era sparito ed era tornato l'uomo freddo e scostante.
Si voltò
dall'altra parte "Non so di che parli" e fece per andarsene, ma le
mie parole lo inchiodarono "Perchè l'hai fatto?"
Si fermò.
Era di spalle, incapace di proseguire "Fatto cosa?" stava cercando di
nascondere la tensione, ma la percepivo nel suo finto tono neutrale.
Sapevo che
aveva capivo benissimo a cosa mi riferivo "Avresti potuto lasciarli
morire. Perchè li hai salvati?"
Esitò,
sembrava in difficoltà. Per la prima volta, il temuto chirurgo della morte non
sapeva cosa dire. Lui che era sempre pronto a mettere tutti K.O. col suo
sarcasmo, lui che ne sapeva sempre una più del diavolo.
"L'ho
fatto e basta. Non ti devo alcuna spiegazione" il suo tono era sulla
difensiva, pronto ad attaccare con architettate argomentazioni.
Feci qualche passo avanti "Si dicono tante cose
di te...si dice che tu sia perfido, ti chiamano 'Il chirurgo della morte' e
temono la tua crudeltà..." esitai "...ma non è vero" riuscii a
sentire chiaramente che aveva appena deglutito, ma continuai impavida
"Tutte queste persone non ti conoscono. Non sanno che è una menzogna. Gli
fa comodo credere semplicemente alla tua reputazione...alla maschera che tu
stesso hai creato"
Strinse i pugni, ma non mi arresi "Non ho mai
conosciuto nessuno come te...di solito le persone cercano di apparire buone per
nascondere le proprie azioni deplorevoli..." il tempo si fermò, facendo
rimbombare la frase successiva nell'aria "...perchè,
invece, tu vuoi a tutti i costi far credere agli altri di essere il
cattivo...QUANDO HAI UN GRAN CUORE?"
Coltelli, le
mie parole. Lame affilate che sembrarono tagliare il vento e far scappare via
il sole. Era rimasta soltanto una leggera brezza adesso, e nuvole rosa che
preannunciavano l'inizio della sera.
Non potevo
guardarlo in faccia, ma sapevo che Trafalgar Law aveva sgranato gli occhi
"Tu non sai niente del mio cuore" sibilò tra i denti. La sua voce era
roca, rabbiosa, risentita, aveva perso buona parte della sua solita spavalderia
"Perciò, fammi un favore e non ti impicciare. La cosa non ti
riguarda"
Mi morsi un
labbro, delusa. Forse l'avevo ferito.
Tante erano
le cose che ancora avrei voluto dirgli, ma non ebbi il coraggio di fermarlo una
seconda volta, quando cercò di evitarmi entrando nel sottomarino. ©
*Nami si sta riferendo alla fortezza Navarone.
Eccoci qui:
devo dire che questo capitolo mi piace particolarmente, c’è una scena fortemente
Lime (dove, ancora una volta, spero di non aver esagerato!) e finalmente Law
viene messo alle strette dalla bella navigatrice, che ha inquadrato
perfettamente la sua personalità :) non credete anche voi?
Ah, ho un
nuovo portachiavi con la miniatura di Trafalgar Law e volevo renderlo
(stupidamente) noto! xD
E’
bellissimo *-*
E poi
stanotte ho sognato di baciare Franky ò__ò
Non è stato
tanto male xD
Detto
questo…alla prossima! ;)