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Autore: Pick    23/08/2012    4 recensioni
Il 20 novembre era arrivato anche quest'anno, portando con sé quel pizzico di tristezza. Ma forse non tutti i 20 novembre sono così negativi. Forse alcuni di questi possono portare delle novità inaspettate.
Piccolo avvertimento: questa è la mia prima Fan Fiction. Secondo avvertimento: in questa storia sono tutti umani (non esistono vampiri, licantropi, ecc). Terzo avvertimento: buona lettura!
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 24.

 

Mi trovavo fuori, all'aperto quando Alan tornò dopo la visita che aveva ricevuto. Sua moglie era venuto a trovarlo, ma a giudicare dall'espressione non era una bellissima notizia. Il suo volto era piuttosto cupo ed in un primo momento non ebbi nemmeno il coraggio di domandargli cosa fosse accaduto. Ma era un mio amico, e volevo aiutarlo.

« E' tutto ok? »

Gli domandai quando si sedette sulla panchina dove io ero seduto. Sospiro pesantemente e soltanto dopo avermi osservato qualche secondo si liberò del peso che portava in corpo. No, non andava bene. Nelle ultime settimane suo figlio non era stato bene. Ora dirmi cosa avesse con precisione non riuscì a spiegarmi ed io, d'altro canto non sarei riuscito a capirlo. Ma una cosa capì: servivano altre cure, cure costose ed ora come in quel momento, soltanto il guadagno che aveva sua moglie non bastava per curare il povero ragazzino.

« Mi dispiace avertelo detto.. Dovrebbe essere il giorno più bello della tua vita e invece.. »

« A che servono gli amici? »

Gli sorrisi dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Riuscì a strappargli un sorriso, ma la disperazione continuava a regnarli nel volto. Come a me non riusciva a scomparire la felicità nel mio sguardo. Era arrivato il grande giorno. Da lì a qualche ora sarei uscito da quel carcere, ed avrei assaporato il sapore della libertà.

Mio padre non lo vidi più. Nemmeno di sfuggita fuori nel giardino del penitenziario. E a Rosalie non raccontai nulla. Preferì tenermi il tutto e forse, una volta uscito da lì, lontano dal pericolo di mio padre, le avrei confessato il tutto. Tanto sapevo la sua reazione: si sarebbe incazzata come minimo.

« Hale! Andiamo.. »

« Ma non dovevi andartene alle 10? »

Mi alzai in piedi dirigendomi verso il poliziotto. Risi sentendo le parole di Alan e voltandomi appena, senza interrompere la camminata, alzai il braccio mostrandogli quel segno rossiccio che mi attraversava tutta la carne. Dovevo togliermi i punti. Dopo la mia soffiata del caso Sanchez le cose non sono per nulla migliorate. Era quasi entrata nella norma che mi trovassi con qualche ferita in più. Eliminarmi completamente forse era la cosa più semplice, ma non era nel loro caso. Eliminarmi significava aumentare la pena e loro volevano andarsene da quel carcere. Solo che dovevano farmela pagare. Così si divertivano a procurarmi qualche nuova ferita.

Come se non ce ne fossero già abbastanza.

No. Dopo quella mattina non vidi più Dianna. Nei mesi successivi proprio mai vista. Soltanto dopo un paio di mesi cominciai a vederla lungo i corridoi, ma mai ci pensò lei a curare le ferite. E in un certo senso, la vergogna sarebbe stata troppa quindi era meglio così.

Entrai in infermeria, e come al solito mi sedetti sul maledetto lettino ad aspettare. La porte si aprì, e quando entrò non disse una parola, nemmeno quando la vidi davanti a me. Raggelai all'istante. Speravo di non incontrarla più, ma si vede che non avevo pagato abbastanza per l'errore commesso.

Quando si voltò verso di me aveva un'espressione fredda, come se fosse la prima volta che ci vedemmo.

« Le altre erano tutte occupate. Uno scontro nella parte vecchia del penitenziario. »

Annuì con un semplice cenno della testa, senza aggiungere nulla di più. Mi limitai ad eseguire i soliti movimenti, mostrandole il braccio da curare. Senza perdere tempo cominciò a togliere le graffette che tenevano unite i lembi di pelle e quando tolse anche l'ultima, la porta si aprì mostrando il direttore del penitenziario.

« Volevo salutare il ragazzo e.. Dianna c'è una visita per te.. »

Guardai l'uomo affiancarmi nel momento esatto in cui la ragazza uscì dalla stanza. Gray cominciò a ringraziarmi ancora una volta per la soffiata Sanchez ma più lui parlava, più la mia testa si isolava nella speranza di trovare un metodo per uscire da quell'immediato imbarazzo che mi avrebbe avvolto una volta che Dianna sarebbe tornata. Quando Gray terminò mi volta leggermente all'indietro e fu lì che li vidi. Lei, accanto ad un poliziotto e no, non erano solo amici. Lo si vedeva da come si guardavano, da come si sfioravano. Di una cosa però ero felice: non sentì nulla. Nessuna gelosia, nessuna rabbia. Niente.

« E' stato un piacere e.. Speriamo di non rivederci! »

Forse mi dette più fastidio l'ironia del direttore. Gli strinsi la mano però, educatamente. Aspettando che i due si dettero il cambio. Rimasi in silenzio qualche secondo, ma quando si voltò per sistemare le ultime cose, le sorrisi e le domandai:

« Nuova fiamma? »

Lei mi guardò sorpresa. Forse ero stato un po' sfacciato?

« A dire la verità siamo insieme da quattro anni.. »

Rimasi senza fiato. Quattro anni? O ero diventato stupido o avevo perso troppe lezioni di matematica.

« Ma quindi.. »

« Sì.. »

Troncò il discorso senza aggiungere altro. Le sue risposte continuavano ad essere fredde come i suoi movimenti e lo sguardo, che mai incrociò il mio.

« E la cosa peggiore è questo.. »

Aumentò il timbro della voce, lasciando cadere a terra ciò che teneva fra le mani. Si sfilò con energia i guanti in lattice mostrandomi le dita della mano. In particolare la mano sinistra.

Volevo morire. Crearmi la fosse sotto i piedi e farmi fuori con un colpo in testa. Sembrò quasi che un trattore mi venne incontro lasciandomi vivo con mille ossa rotte. Volevo morire, volevo morire.

« Mi dispiace.. »

Dissi zittendomi completamente, abbassando lo sguardo. Mi sentivo un verme, non molto lontano dall'essere di mio padre. Lei sembrò accorgersene. Forse non voleva che tutto prendesse quella piega. Così sospirò prendendo un bel respiro, avvicinandosi appena, mettendosi al mio fianco con le mani sul lettino.

« E' colpa tua quanto mia. Anzi più mia.. Era già tutto programmato. Un mese dopo e mi sarei sposata.. »

Quindi lei sapeva che si sarebbe dovuta sposare ma aveva ceduto? O meglio: aveva ceduto all'inizio, poi era riuscita a trovare la ragione e i nervi freddi, cosa che io non trovai.

« Veramente.. Mi dispiace.. »

Lei alzò lo sguardo verso di me, facendo incontrare i suoi occhi con i miei e questa volta, con uno sguardo più addolcito. Alzò appena l'angolo sinistro delle labbra, affrettandosi a dire:

« Lo so.. »

Si riprese ricominciando il lavoro che aveva interrotto tutto ad un tratto. Ma fui ancora io ad interrompere quel silenzio. Volevo sapere.. Sbagliavo forse?

« Lui.. Lo sa? »

« No. E non lo saprà. »

Rispose lei riassumendo il timbro di voce freddo e deciso.

« E' uno sbaglio nato qui dentro e qui dentro rimarrà. »

Non dissi più nulla. Lasciai che quelle fossero le sue ultime parole dell'argomento. Lei completò il lavoro dopo qualche altro minuto. Se c'era una cosa che avevo capito in queste sue continue visite in infermeria, era la pignoleria che ci metteva nel curare qualsiasi ferita. Avrebbe fatto successo quella ragazza, ne ero certo. Quando si tolse nuovamente i guanti, questa volta con più calma e tranquillità, prese un bel respiro e guardando soddisfatta il lavoro decretò un bel sonoro:

« Abbiamo finito! »

Balzai giù dal lettino, sistemandomi con la mano la manica della maglietta che indossavo. Quella era la mia ultima volta che avrei visto quel luogo, ma non mi sarebbe mancato per niente. Questo è poco ma sicuro.

Quando alzai lo sguardo porsi la mano verso Dianna, aprendone il palmo dicendole:

« E' stato un piacere. Grazie ancora di tutto.. »

Lei guardò la mia mano, sbattendo più volte le palpebre degli occhi. Subito dopo scoppiò a ridere, scuotendo leggermente la testa. Sì, effettivamente eravamo passati da un'atmosfera di amicizia, per poi passare a quella dell'estraneità ed infine a darle quasi del lei. Dei passaggi che avrebbero messo in confusione anche il lunatico più lunatico della terra.

Afferrò appena la mia mano, avvicinandosi poi definitivamente, lanciando le braccia attorno al mio corpo in un abbraccio inaspettato. Non disse nulla, semplicemente fu l'istante di quell'abbraccio che durò qualche secondo. Quando poi le sue braccia scivolarono via non riuscì nemmeno a guardarla in volto. Semplicemente mi superò, preparando il necessario per un nuovo paziente. In quel momento arrivò il poliziotto che, come al solito ma non per molto ancora, mi legò le mani conducendomi fuori da quella stanza. Quella, fu l'ultima volta che vidi Dianna..

 

 

Le dieci ormai erano arrivate, ed io fremevo dalla voglia di riabbracciare tutti quanti! Ma un po' mi dispiaceva. Mi dispiaceva abbandonare Alan. Per lui c'era ancora qualche anno da scontare e starsene lì, con i problemi in famiglia sulle spalle, non era proprio una bella sensazione.

« Mi raccomando: non farti più vedere qui dentro! »

Mi aveva detto pochi istanti prima che uscissi da quella cella. Ed io in tutta risposta promisi a me stesso e a lui che:

« Ci rivedremo fuori, promesso! »

Nessun abbraccio, perché quello non era un addio. Semplicemente un'amichevole pacca sulla spalla.

Già quando uscì dalla celle mi sentì sollevato. Come se un pezzo della prigione si fosse staccato tutto ad un tratto.

Mi fermai a firmare qualche carta che sinceramente, non sapevo nemmeno di cosa parlasse. Avevo talmente tanta voglia di uscire che firmavo dove mi dicevano, senza chiedermi che cosa stessi facendo. Infine mi diedero gli indumenti che indossavo il giorno che entrai lì dentro. Sentire quella stoffa fra le mani mi faceva già sentire a casa!

Quando poi sentì il fatidico “bene, puoi andare” scattai all'istante verso la porta d'uscita. Quando fui fuori vidi l'inconfondibile Mercedes di Carlisle. Probabilmente avevo un sorriso ebete stampato in volto, che aumentò notevolmente quando tutto ad un tratto la porta dell'auto si aprì e due gambe lunghe corsero verso di me.

« Jasper! »

Afferrai al volo Rosalie che si era fiondata fra le mie braccia e che con le sue, mi stringeva a sé togliendomi anche il fiato. Sentire il suo profumo poi era la cosa più pazzesca del momento! Era lì davanti a me, ed io ero lì, fuori dal penitenziario, quasi a casa!

« Dio quanto mi sei mancata! »

« No, no, no! Tu mi sei mancato! Cazzo sei fuori, sei fuori! »

« Vedo che le buone maniere non te le sei dimenticate, eh Rosalie? »

« Sta zitto cretino e continua ad abbracciarmi! »

Dio, nessuno poteva capire quanto fossi felice in quel momento. Ero una bomba atomica piena di felicità che col solo tocco, si azionava esplodendo e spargendo ovunque pezzi di felicità.

Riuscì a staccarmi leggermente dalle braccia di Rosalie, quando vidi con la coda dell'occhio Carlisle. Senza troppi indugi o paure, allungai le braccia anche verso di lui, regalandogli un po' di felicità che sentivo scorrere nelle vene. Quando mi allontanai da lui, le braccia di Rosalie tornarono a stritolarmi con la stessa intensità di prima.

« Finalmente sei a casa.. »

Annuì alle parole di Carlisle, ma con lo sguardo cercavo gli altri, cercavo lei. Forse fu proprio Carlisle ad accorgersi del mio comportamento, tanto che si avvicinò alla macchina salendo dalla parte del guidatore. Ma dov'era Alice? Perché non c'era?

Sentì Rosalie ridere e quando mi voltai verso di lei, la vidi scuotere la testa. Mi afferrò la mano e cominciò a camminare verso l'auto. Mi convinse a muovermi soltanto perché mi disse:

« Seguimi, ti spieghiamo tutto in auto! »

Quando entrai e mi sistemai nei sedili posteriori, notai che davanti, accanto alla guida di Carlisle non vi era nessuno. Rosalie si sedette dietro con me: non aveva alcuna intenzione di mollare la mia mano. All'istante Carlisle accese i motori dell'auto e prima ancora che potessi rendermene conto, sfrecciava già lontano dal carcere. Rimasero zitti, col sorriso sulle labbra.. Ma volevano dirmi qualcosa?! Stavo morendo!

« Devo strapparvi le parole di bocca? »

Dissi non solo guardando mia sorella, ma fulminando con lo sguardo anche Carlisle che mi guardò dallo specchietto dell'auto. Scoppiarono a ridere.. Ma che diavolo gli prendeva?!

« Andiamo Ros, ha sofferto abbastanza.. »

« Dici? »

« Senti Ros ho passato sette anni là dentro: posso ucciderti con un cucchiaio! »

I due scoppiarono a ridere irritandomi ulteriormente. Ma la sofferenza era finita sul serio, perché da quel momento in poi cominciarono a spiegarmi tutto nei minimi particolari completando le frasi che l'altro iniziava.

« Tutti sanno che la tua pena era di sette anni ma.. »

« Nessuno sapeva il giorno preciso! »

« Così abbiamo continuato come se nulla fosse e.. In questo periodo hanno ben deciso di godersi un po' di vacanze e quindi.. »

« Siamo tutti alla nostra tenuta al mare che i genitori di Esme le hanno lasciato in eredità.. »

Li guardavo mentre si passavano la parola l'uno con l'altro, ma dovetti fermarmi a riflettere più di una volta ed infine riuscì a capirci qualcosa: tutti quanti, Ros, Jenny, Esme, Carlisle, Emmett, Edward, Bella e la mia Alice, si stavano godendo le vacanze in una delle abitazioni che avevano i Cullen. Tutti quanti, tranne Esme, Carlisle ed ovviamente Rosalie, non sapevano del mio arrivo anzi, credevano che fosse la settimana seguente e non quel giorno.

« Geniale.. »

Dissi infine quando capì il loro piano. Mi piacevano queste cose! Sentivo che erano nel mio sangue!

« Bene! Quindi ora non dobbiamo fare altro che sfrecciare verso sud.. Ci metteremo un bel po' di ore.. »

Guardai Carlisle nello specchietto. Quindi partivamo subito? Ma sentivo che dovevo fare qualcosa prima di andarmene. Era un piacere enorme che gli stavo chiedendo, ma a costo di pagare col sangue dovevo farlo. Lui notò il mio sguardo preoccupato e rattristito, ma non osò chiedermi nulla, così mi feci coraggio e senza indugiare ancora gli dissi:

« Prima però.. Devo chiederti un favore.. »

 

 

Bussa due volte, due volte soltanto su quella dannata porta. Poteva sembrare facile, ma in quel momento non trovavo nulla di più complicato. La mia mano sinistra stringeva quel pezzo di carta che sembrava avere il peso di cinquanta buste della spesa. Mi sentivo un'idiota, perché avevo affrontato più di una volta i Sanchez, ma non riuscivo ad affrontare quella porta.

Codardo, codardo, codardo!

Sì, per la prima volta mi ritrovai ad essere d'accordo con quello che la mia coscienza mi urlava di essere. Un fottuto codardo! Fu la mano di Carlisle sulla mia spalla a darmi il coraggio necessario per affrontare quell'ostacolo. A fatica riuscì ad alzare la mano ed a bussare alla porta. Due volte, esattamente come mi ero promesso di fare.

All'istante comparve una donna, che avrò avuto su una quarantina d'anni se non di meno. Mi guardava come un estraneo.. Ed era così in fin dei conti!

Mi schiarì la voce abbassando leggermente il capo pronto a parlare dopo minuti di mutismo.

« Signora Dale? »

Lei semplicemente annuì con un cenno della testa, aprendo appena la porta d'ingresso. Bé per lo meno avevo azzeccato l'abitazione! In risposta annuì anche io con un cenno della testa, ma senza farle perdere altro tempo mi affrettai a spiegarle tutto.

« Mi chiamo Jasper Hale e.. Ero un compagno di cella di suo marito. Alan.. »

La sua sorpresa venne trasmessa dal suo sguardo che si illuminò tutto ad un tratto quando sentì pronunciare il nome di suo marito. Le raccontai di aver passato gli ultimi anni con lui e di aver legato con lui, tanto che Alan mi aveva raccontato la sua storia e la situazione di suo figlio.

« Alan mi ha aiutato parecchio ed è arrivato il momento di ricambiare il favore.. »

Con un gesto delicato le porsi il pezzo di carta che avevo fra le mani. Dopo qualche secondo di esitazione, la signora aprì la porta afferrandolo mentre si posizionò di fronte a me. La vidi mentre leggeva la somma di denaro scritta su quell'assegno e, prima ancora che potesse finire di leggere mi affrettai ad aggiungere:

« Lui è Carlisle Cullen, sarà lui ad occuparsi di suo figlio.. »

Era sconvolta glielo leggevo in volto. E quando strinse la mano di Carlisle sembrò quasi che avesse visto un miracolo in diretta. Si precipitò fra le sue braccia, scoppiando in un mare di lacrime quando si rese conto che la storia stava prendendo la piega giusta per suo figlio. Continuava a ringraziare Carlisle e a ringraziare me. Mi fece un'immensa tenerezza quella donna, perché lessi la sincerità di quel pianto. Sapevo che avrebbe fatto di tutto per suo figlio, esattamente come Alan. Ma vedersi il risultato fra le mani di certo era un altro effetto.

Senza aggiungere altro però, mi allontanai dai due che cominciarono a parlare più o meno di quello che avrebbero fatto. Una settimana poco più e poi avrebbero cominciato con le cure. Quando Carlisle entrò in macchina, io ormai ero già bello che sistemato. Lo guardai dallo specchietto e prima ancora che potesse accendere l'auto gli dissi:

« Grazie, pagherò il debito.. »

Lui scoppiò a ridere e scuotendo la testa disse:

« Ed io lo rifiuterò.. »

Quando poi i motori dell'auto si accesero, mi lasciai rilassare completamente. Mi distesi sui sedili posteriori, piegando in qualche modo le gambe dato che non riuscivo a stare completamente disteso. Appoggiai la testa sulle gambe di Rosalie e trasportato dal movimento dell'auto, e cullato dalle dita di Rosalie che giocherellarono con i miei capelli, mi lasciai sprofondare in un rilassato sonno che ormai mi mancava da parecchi anni.

 

 

 

Mi svegliai soltanto all'arrivo, grazie alla voce di Rosalie che mi era tanta mancata! Mi alzai di scatto, guardando fuori dal finestrino, ammirando la casa di villeggiatura dei Cullen. Bé non aveva nulla da invidiare alla casa di Forks. Forse questa era ancora più grande e, vogliamo parlare del panorama? Dava direttamente sulla spiaggia e di fronte, non poco lontano, vi era il classico pontile di legno per l'attracco delle barche.

L'atmosfera era decisamente diversa rispetto a quella di Forks. Più rilassata, più tranquilla, forse grazie anche al sole che lì sembrava non mancare mai. I pini lasciavano spazio a distese di erba che andavano a scomparire, man mano che si avvicinavano alla spiaggia, dove il verde lasciava spazio a chiarore della sabbia. Decisamente mi piaceva come luogo, soprattutto era l'ideale per il mio post carcere.

Ma il paesaggio non era ciò che mi interessava maggiormente. Con lo sguardo vagai ogni singola finestra dell'abitazione, anche quando sia Carlisle che Rosalie scesero dall'auto. Nulla. Le finestre erano completamente chiuse dalle tapparelle colpite dal sole. Possibile che non si fossero accorti dell'arrivo di un'auto?

Quando scesi dall'auto però, un volto conosciuto comparve all'ingresso nel porticato di casa. Aveva un sorriso enorme stampato in volto e non diede un minimo di attenzione al marito che le parlò. Si catapultò verso di me, quasi quanto aveva fatto Rosalie. Non potei non ricambiare quell'abbraccio, perché ne suoi confronti io ero in debito fino al collo, per il resto della mia vita.

« Dimmi che per questa sera hai preparato lasagne! »

Dissi in riposta ai suoi continui “mi sei mancato”. Esme scoppiò a ridere e, una volta allontanatasi da me, e dopo essersi asciugate piccole lacrime che senza il suo permesso erano sfuggite ai suoi occhi, mi diede un piccolo buffetto sulla testa, rimproverandomi con un finto tono severo.

« Avevi forse dubbi? »

Sinceramente? Avevo già l'acquolina in bocca. La sua cucina mi era mancata parecchio e.. Non era già ora di cena?

Esme dopo qualche secondo si scostò ma, al contrario di quello che speravo, lei non comparve. Ritornò invece Rosalie, col suo solito sorriso stampato in volto. Andiamo perché Alice non era lì? Mi stavano facendo dannare maledizione! E questo mia sorella, forse come un po' tutti, lo avevano letto nei miei occhi. Ecco perché scoppiarono a ridere quando alzai un sopracciglio e rimasi in silenzio, in attesa di una loro spiegazione che non tardò ad arrivare. Esme mi disse che purtroppo gli altri non erano in casa. Non sapevano del mio arrivo e già da qualche giorno si erano ripromessi che questa sarebbe stata la giornata perfetta per un'uscita in barca tutti insieme. Rosalie e Carlisle avevano la scusa che dovevano venirmi a trovare ed Esme finse di sentirsi in colpa a divertirsi senza la presenza di suo marito. Potevo metterci la mano sul fuoco che dietro a tutto questo c'era quel diavolo biondo di mia sorella! Lei era perfetta per aggirare le cose. Riusciva ad ingannarti con niente, facendo tutto sotto il tuo naso. Come si dice? Ah sì! La sua apparenza angelica traeva in inganno tutti quanti!

Quindi io e Rosalie avevamo un paio di ore libere per noi. I marinai sarebbe ritornati questa sera, giusto per l'ora di cena. Dovetti ammettere che un po' mi dispiaceva non assaporare già il profumo di Alice, ma del resto lei come poteva saperlo? Sapevo che se l'avesse saputo probabilmente ora mi sarei ritrovato fra le sue braccia. Pazienza, questo voleva dire che avrei passato un po' di tempo con Rosalie e tenendo in considerazione che mi era mancata un casino.. Bé come piano non mi dispiaceva per niente!

Così, dopo aver sistemato un po' di cose, essermi fatto una doccia rilassata e dopo aver fatto un bel cambio d'abito, il tutto in un quarto d'ora, io e Ros ci ritrovammo a camminare per le strade del paesino distante pochi minuti da casa Cullen. Poteva avere la grandezza di Forks, forse un po' di meno. Vi erano i tipici negozietti indispensabili per la sopravvivenza e, con un'oretta abbondante, ormai avevamo già fatto il giro della zona fondamentale. Così alla fine del giretto, ci sistemammo al piccolo porto della città, gustandoci un buon gelato che tanto mi era mancato in quella fogna di carcere! Per tutto il tempo Rosalie mi parlò di lei, di come stesse bene con Emmett, di come il lavoro stesse andando a gonfie vele. Mi parlò della sua ripresa dopo quel maledetto giorno. Di quanto Emmett e tutti gli altri gli fossero stati accanto. Ed io non avevo il coraggio d'interromperla. In quel momento non c'era cosa più bella di ascoltarla mentre parlava.

Continuava ad immergermi in tantissime altre informazioni, senza accorgersi del gelato che nel frattempo stava cominciando a sciogliersi nella sua mano. Poi si fermò e guardandomi negli occhi mi domando:

« Cosa vuoi sapere ora? »

« Tutto.. »

Lei roteò gli occhi in senso di disapprovazione.

« Andiamo! Ci sarà qualcosa che vuoi sapere più che mai! »

Sorrisi divertito ed abbassando leggermente il capo cominciai a rifletterci su. Sì, c'era qualcosa che volevo sapere in quel momento. O forse ce ne erano molte, ma a lei avrei rivolto una sola domanda:

« Quant'è cresciuta? »

Lei mi sorrise. Bastarono quelle parole per farle capire a chi mi stessi riferendo. Mi disse che era cambiata fisicamente, ma il suo carattere allegro e solare non era cambiato. La cosa che più mi fece sorridere, fu quando mi disse che assomigliava moltissimo a nostra madre.

« Quasi la fotocopia.. »

Disse con orgoglio ed un meraviglioso sorriso stampato in faccia. E come potevo negarglielo? Era il nostro orgoglio personale ed ero sicuro che, una volta davanti ai miei occhi, lo sarebbe diventata ancora di più.

« Bene! Ormai dovrebbero arrivare a momenti. Torniamo verso casa? »

Non appena si alzò in piedi, mi porse la mano per aiutare anche a me. Sorrisi ed annuì con un cenno della testa, convinto e speranzoso che questa fosse la volta buona per salutare tutti quanti.

« Ah! Posso chiederti un favore? »

La guardai sbattendo più volte le palpebre degli occhi. Bé che cos'era un favore per lei? Nulla!

« Certo! »

« Quando vedi Jenny.. Domandale di un certo Andrew.. »

Ros scoppiò a ridere, ma non capì se lo fece per l'argomento o per la mia espressione al quanto sorpresa. Ed ora chi era questo Andrew? Possibile che avesse già qualcuno attaccato alle calcagna? Non domandai nulla a Ros, e semplicemente le promisi che lo avrei fatto. Del resto, una volta potevamo farci riguardo nel mettere in difficoltà nostra sorella, ma ora che era cresciuta sarebbe stato divertente metterla in difficoltà con qualche complotto fra me e Rosalie.

Le ore passate a chiacchierare con mia sorella erano praticamente volate, ma mi ci voleva un po' di tempo da spendere solo con lei. Durante il ritorno, ovviamente non si fece mancare di aggiungermi qualche nuova novità e di mettermi la pulce nelle orecchie, su alcune news che non voleva svelarmi finché non le vedevo con i miei occhi.

Per il ritorno verso casa, passammo tutto il tempo a camminare lungo la spiaggia che, da un minuto all'altro, sarebbe passata proprio davanti alla facciata della maestosa casa Cullen. Al contrario di Forks, l'atmosfera era calda ed accogliente anche se ormai si stava avvicinando le prime ore della notte. Tutto il paesaggio era avvolto da una sfumatura di rosso acceso, grazie al sole che con estrema lentezza, se ne stava andando, lasciando lo spazio alla sera. Ero felice. Felice di trovarmi fuori dal penitenziario, felice di trovarmi accanto a mia sorella, di assaporare il sapore della libertà e di sentirmi protetto da possibili attacchi inaspettati. Stavo bene, veramente bene, e sapevo che da lì a qualche minuto mi sarei ritrovato ancora meglio.

Senza rendermene conto, quando cominciammo ad avvicinarci a casa, il mio passo diventò sempre più veloce, ed ovviamente Ros non perse tempo nel farmelo notare e a prendermi in giro. Ma ero talmente felice che invece di rispondere a parole, rispondevo con i fatti, tentando di farla cadere a terra fra la sabbia o peggio ancora, tentando di bagnarla con l'acqua del mare. E quando io ridevo divertito, lei rideva divertita, un'immagine gratificante considerando tutto quello che avevamo passato insieme. Tutto ad un tratto, davanti a noi, si pararono dei grandi alberi che cercavano di nascondere la facciata di casa. Quegli alberi erano una specie di segnale, rivolto a chi passeggiava lungo la spiaggia, come ad avvisare che lì vicino c'era una proprietà privata. E poi arrivarono.

Eravamo distanti una ventina di metri dal molo su cui la barca dei Cullen era attraccata. Quando vidi l'imbarcazione mi fermai sotto ad un degli alberi lì vicino. I muscoli si bloccarono tutto ad un tratto e, come se mi avessero svegliato da un sonno profondo, mi ritrovai a combattere contro quella strana sensazione di spaesamento. Avevo ancora lo sguardo su quel gioiellino, quando Rosalie mi diede una pacca sulla spalla, catturando la mia attenzione. Con un cenno della testa m'indicò un punto verso la casa dicendomi:

« Una delle novità che nessuno ti ha detto è quella.. »

Solo allora me ne accorsi. Dopo ben sette anni, vidi per la prima volta Edward e Bella. Erano proprio come me li ricordavo, forse col volto delineato da linee più nette, in contrasto a quelle che avevano quando andavamo alle superiori. Si tenevano mano nella mano, sempre insieme. Nessuno poteva dividerli. Ma la cosa che più saltò all'occhio era Bella.

Sbattei più volte le palpebre degli occhi, cercando di capire se avevo bisogno di una visita dall'oculista oppure stavo sognando. O magari nel gelato c'era qualche sostanza strana!

« Ros? Ma.. Bella.. »

« Dì la verità: papà Edward non suona così male, vero? »

Non riuscivo a crederci. Era una sorpresa stupenda, che mi disegnò un mega sorriso sul volto. Guardai Rosalie negli occhi, ma quando vidi che il suo sguardo era rivolto da tutt'altra parte, senza perdere tempo e senza farmelo ripetere due volte, feci altrettanto. E fu allora che la sorpresa e la felicità scoppiarono come una bomba atomica.

Ricominciai a camminare con passo lento, soltanto quando vidi una figura scendere dalla barca. Rideva, scherzava e s'insultava amichevolmente con qualcuno che ancora si trovava dentro l'imbarcazione, su di un aneddoto a me sconosciuto ovviamente. Afferrava i vari oggetti che un ragazzo gli passava, e grazie alla stazza e all'inconfondibile risata, non fu complicato dedurre che si trattasse di Emmett, ancora più grosso, più di quanto ricordassi.

Rosalie mi seguiva senza dire una parola, ma non fu difficile immaginare che avesse un gran sorriso stampato in faccia. Era come se le sue emozioni si riflettessero contro di me. Quella breve distanza sembrava non accorciarsi mai ed era piuttosto stressante, ma la fine doveva arrivare prima o poi. Quando arrivai all'inizio del pontile di legno, osservai divertito quel duo che rideva e scherzava, lanciandosi addosso l'acqua contenuta nelle bottiglie che tenevano in mano continuando a camminare, allontanandosi dalla barca. E quando alzarono i loro volti, dritti verso casa, i loro movimenti li bloccarono. Fu allora che capì a cosa si stesse riferendo Rosalie: Jenny era il nostro piccolo orgoglio.

Era impossibile non riconoscere i lineamenti di mia madre in quel volto innocente. I lunghi capelli un po' mossi le ricadevano fino sotto le spalle, incorniciando in maniera perfetta il viso. Gli occhi erano esattamente come quelli di Rosalie, nulla a che vedere coi miei, nulla a che vedere con quelli di mio padre. Erano si verdi esattamente come i miei, ma crescendo avevano assunto una linea più dolce, che esprimeva soltanto quell'irresistibile voglia di vivere e di divertirsi. Esattamente come mia sorella.

Entrambi rimanemmo immobile, uno di fronte all'altro, senza dire una sola parola. Io con un leggerissimo sorriso in volto e lei con le labbra semiaperte e la fronte corrugata. Fu allora che un velo di terrore attraversò i miei occhi. E se si fosse arrabbiata? Le avevo proibito di venirmi a trovare in carcere, ora era il momento perfetto per odiarmi e farmelo notare. Immaginai il suo volto contratto da una smorfia di rabbia, nel momento esatto in cui un bel ceffone poteva colpirmi in pieno volto. Ma non accadde. La sentì sussurrare il mio nome una sola volta, come se mi avesse riconosciuto solo in quel momento:

« Jasper.. »

Il mio sorriso si allargò ulteriormente e quello fu una specie di segnale. La borsa e le bottiglie che teneva in mano caddero a terra in un solo istante, nel momento esatto in cui le sue lunghe gambe si mossero verso di me. Afferrai al volo il suo corpo che con grande velocità, finì fra le mie braccia. Sentì la sua risata liberarsi nell'aria, interrotta ogni tanto a dei singhiozzi che non riusciva a controllare e dalla sua voce che continuava a ripetermi che finalmente ero tornato.

Ora sì che mi sentivo ancora più a casa. Assaporai al meglio quel momento perfetto, rendendomi conto solo in quel momento quanto mi fosse mancata. Era come se per un lungo periodo della mia vita l'avessi persa per sempre, ed ora l'avevo ritrovata. Si staccò dopo qualche minuto, solo per qualche secondo, giusto in tempo per guardare Rosalie al nostro fianco e urlare:

« Tu lo sapevi! Ti odio cioè.. No! Ti voglio bene ma ora ti odio e.. Cristo sei tornato! »

Tutti e tre scoppiammo a ridere in sincronia quando ritornò ad abbracciarmi. Ma come avevo fatto a stare senza di lei?

Emmett si avvicinò di qualche passo, lo vidi con la coda dell'occhio. Abbracciò tutti e due contemporaneamente, dandomi così il suo caloroso “bentornato”. Le sue braccia erano talmente forti che lo supplicai di mollare la presa dato che stavamo soffocando, ma dietro a quella forza gli si leggeva negli occhi la commozione che riusciva a trattenere soltanto con un paio di occhi lucidi.

Descrivere perfettamente la mia felicità era impossibile, ma sapevo che sarebbe potuta aumentare fino a raggiungere l'apice finale. Bastava una sola persona. Quando Jenny si allontanò dalle mie braccia per prendere a schiaffi Emmett che l'aveva presa in giro, sapevo che era arrivato il momento che tanto avevo sperato. Mi voltai verso il pontile e fu allora che la vidi. Con passo lento salì quei tre gradini di legno accorciando le distanze fra di noi, mentre lei si avvicinò lentamente. Aveva le braccia incrociate sotto il seno e i suoi occhi non guardavano i miei, come se avesse paura d'incontrarli. Fissavano un punto non ben definito sul mio corpo, ma mai incrociavano il mio sguardo. E forse anche io lo avrei fatto. Se anche i suoi occhi si fossero incontrati coi i miei, probabilmente avrei abbassato lo sguardo. Non per vergogna, ma per paura che quell'immagine celestiale svanisse da un momento all'altro.

Forse era solo una mia sensazione, ma il suo corpo sembrava ancora più piccolo e fragile del solito. Leggermente dimagrita e soprattutto lo si poteva notare dalle spalle più appuntite e slanciate da come me la ricordavo. E poi i capelli: non erano più sbarazzini come una volta, erano più corti e sistemati ordinatamente lungo il viso. Ma una cosa mi sorprese: era sempre, in ogni caso, dannatamente perfetta.

Fermai la mia camminati quando eravamo a pochi centimetri di distanza, al contrario di Alice che, come se non avesse visto il mio corpo, fece aderire la sua fronte contro il mio petto, nascondendo definitivamente il suo dolce volto. E mentre io guardavo inerme quel suo movimento, sentì le sue mani aggrapparsi ai lembi della mia maglia ad altezza petto. Si aggrappò, stropicciando con le dita quella stoffa. Tutto ad un tratto, la sicurezza che avevo qualche minuto prima era svanita. Non sapevo più che fare e nemmeno cosa dire. Una cosa capì, dovevo ricordare quello che facevo anni prima durante quei momenti: lasciarmi trasportare da ciò che lei faceva ed essere me stesso. Così, come se avessi trovato la risposta tutto ad un tratto, feci scivolare piano piano le mani sui suoi fianchi, fino a portare le mani dietro la sua schiena. Automaticamente aumentò la presa sulla mia maglia e pochi istanti dopo si strinse ancora di più a me, sempre mantenendo il volto contro il mio petto. Quando appoggiai il mento sulla sua nuca, sentì la sua mano destra scivolare via, e quando la sentì dietro il mio collo, capì che finalmente era arrivato il momento tanto atteso. Quando le nostre labbra si unirono, fu il momento in cui raggiunsi quel tanto atteso apice di felicità. Sentire nuovamente il suo profumo sulle mie labbra fu un sogno e sperai che nessuno mi svegliasse.

Fu un bacio tanto atteso, ma breve. Subito dopo le sue labbra si allontanarono dalle mie, ma fu questione di piccoli istanti. I suoi occhi per la prima volta incontrarono i miei. I suoi occhi blu erano ritornati ad unirsi ai miei e come se non bastasse la loro bellezza naturale, erano ricoperti da una patina lucida che li rendeva ancora più brillanti al mio sguardo. E non appena trascorsero una decina di secondi, accennò appena ad un sorriso, come se solo ora si fosse resa conto di cosa stava accadendo.

Le sue mani si alzarono tutto ad un tratto sulle mie spalle, e come se riuscissimo a leggere nella mente dell'altro, portai le mani sui suoi fianchi, nel momento esatto in cui le sue gambe si dettero lo slancio necessario per agganciarsi ai miei fianchi, finendo fra le mie braccia. All'istante le nostre labbra tornarono ad unirsi con più foga, mostrando così quanto fosse stata odiosa quella lontananza fra di noi. Non mi era mancato soltanto le sue labbra sulle mie, ma anche il suo profumo, il suo sguardo, le sue dita fra i miei capelli e la sua voce. Dio quanto mi era mancato quel suono angelico che usciva dalle sue labbra. Talmente tanto che in quel momento lo desideravo.

« Dì qualcosa.. »

Fu così che quando le nostre labbra si allontanarono alla ricerca di ossigeno, sussurrai quelle parole, guadagnandomi una sua carezza sulla guancia ed un sorriso mozzafiato. Le sue braccia si aggrapparono al mio collo, quando il suo volto si avvicinò al mio, appoggiando la fronte contro la mia. Fu allora che disse una sola e semplice parole, sufficiente a riempirmi il cuore di gioia:

« Hei.. »

Sorrisi contento di averla sentita dopo anni e anni. Sapevo che la colpa era anche mia, ma ora come in quel momento, non riuscivo a pensare altro di averla lì vicino, accanto a me. Non m'importava nemmeno degli altri. Forse erano ancora lì che ci fissavano, o forse se ne erano già andati. Sinceramente? Non m'importava nulla. Allungai leggermente il volto verso il suo, strofinando appena la punta del mio naso contro la sua, rispondendo come ero solito fare:

« Hei.. »

Era strano, era come se entrambi non sapevamo che cosa dire. O forse avevamo così tante cose da dirci che non sapevamo nemmeno da dove cominciare. Rimanemmo per un bel po' di minuti a fissarci negli occhi e forse, anche lei pensava ed aveva il terrore che tutto quello era un sogno.

« E' finita.. »

Sussurrò quelle parole mentre un sorriso dolcissimo si disegnò sul suo volto. Socchiuse gli occhi, mentre le sue mani accarezzarono il mio volto. Sì, finalmente quella sofferenza era finita. Ora eravamo tornati uno affianco all'altro. Io, accanto a lei, dove volevo stare per sempre.

« Sono qui.. »

Non appena sussurrai quelle parole, sentì il suo corpo vibrare per qualche secondo, come scosso da una scarica elettrica inaspettata, che le attraversò ogni singolo angolo della sua pelle. Fu in quell'istante che una lacrima le attraversò una guancia, lasciando dietro di sé una scia bagnata. La mia mano sinistra si allontanò dal suo fianco, e con il dorso delle dita interruppi il suo percorso, intrappolandola nella mia mano. Quando Alice riaprì gli occhi, il suo volto era leggermente chino di lato, come a voler assaporare al meglio quel tocco della mia mano.

« Sei tornato.. »

La lacrima scomparì, lasciando spazio alla felicità disegnata nel mio e nel suo volto. Una leggera risata si liberò nell'aria qualche istante prima che le nostre labbra si riunirono, in un bacio più casto ma non per questo meno importante. Quando le nostra labbra si allontanarono, appoggiò il suo volto nell'incavo del mio collo e in quella posizione rimanemmo per parecchi minuti, senza dire nulla. Stringevo il suo corpo fra le mie labbra e altro non riuscivo a fare, se non rilassarmi e godermi a pieno quell'istante che sembrava infinito.

« Mi piace il tuo nuovo taglio di capelli.. »

Dissi dopo qualche minuto facendola ridere. Era meravigliosa con i capelli corvini, ma così era ancora più stupenda. Potevo dimenticarmi la ragazzina del liceo: davanti a me avevo una donna perfetta.

« Mi fa piacere che ti piacciano.. »

Rispose portando il suo volto nuovamente di fronte al mio. Mi guardò per parecchi secondi negli occhi, ma dopo un po' il suo sguardo fu catturato da qualcosa sul mio volto, ad altezza mandibola circa. Con la punta delle dita sfiorò la mia pelle, mentre la sua fronte si corrugò. Impiegai qualche secondo a capire che cosa stesse pensando, ma quando lo intuì non attesi nemmeno la sua domanda e l'anticipai di poco dicendole:

« Lunga storia, ti racconterò.. »

Non sembrò essere soddisfatta però. Voleva sapere che cosa fosse successo ma io in quel momento non volevo parlarne. Non volevo rovinare quel momento di felicità col caso Sanchez, nemmeno di fronte agli altri. Tutto al suo tempo ed ora era arrivato soltanto il momento di godersi l'istante. Abbozzò appena ad un sorriso lasciandosi sfuggire un sospiro quando mi disse “Va bene”. Forse capì perché non volevo dire nulla.

« Ora ci conviene raggiungere gli altri. E' da qualche minuto che vedo Emmett alla finestra che sbuffa.. »

Disse riposizionando il suo bellissimo sorriso sul volto scendendo da quell'abbraccio. Sfoderai un'espressione di disappunto, dato che non ne avevo abbastanza di quell'abbraccio, e lei in risposta mi diede un altro bacio a fior di labbra sussurrandomi:

« Abbiamo tanto tempo.. »

« Questo è già più convincente.. »

Ammisi quando sentì un brivido percorrermi la schiena. All'istante la sua mano afferrò la mia mano, e stringendola forte, cominciò ad incamminarsi verso casa ed io la seguì a ruota senza più obbiettare. Per tutto il resto della serata Alice rimase al mio fianco. Quando c'era possibile le sue braccia erano attorno al mio, o le nostre mani erano unite. Altrimenti, quando non era possibile, mi stava soltanto al mio fianco.

Quando entrai in casa il profumo di lasagne m'investì e all'istante il mio stomaco cominciò a brontolare. Ma c'erano ancora due persone che non avevo ancora salutato. Bella si avvicinò sorridendomi e in un certo senso, mi sentì leggermente a disagio dato che avevo paura di farle del male.

« Ben tornato Jasper! »

« Grazie Bella.. »

E senza che me ne accorgessi, la preoccupazione se ne andò quando fu lei la prima ad abbracciarmi. Mi ero dimenticato questo lato più aperto di Bella che avevo scoperto quando ormai era arrivato il momento di entrare nel carcere. Ora lo avevo riscoperto e stava avendo il sopravvento sul suo lato timido e riservato.

« E'.. è una notizia stupenda.. »

Dissi subito dopo quando Edward si avvicinò a me salutandomi con una pacca sulla spalla.

« Ormai manca poco più di un mese, sei arrivato giusto in tempo.. »

M'informò Edward avvicinandosi alla sua ragazza. Erano una coppia perfetta, ed ora con il nuovo arrivo nella famiglia Cullen, tutto sembrava ancora più perfetto.

« Maschio o femmina? »

« Ed non vuole saperlo.. »

Ammise la futura madre sorridendogli. Dovevo ammettere che quella notizia non mi stupì più di tanto. Erano talmente in sintonia che per qualche secondo, mi costrinsero ad abbassare lo sguardo. Ma comunque ero felice per loro e per il loro amore che ora stava aumentando sempre di più grazie a quel bambino.

« Allora i piani per stasera? »

Domandò Emmett quando ci sedemmo attorno al grande tavolo, dove al centro vi era quel favoloso piatto di lasagne che sembravano chiamarmi. Al mio fianco sinistro Jenny seguita da Rosalie, e a quello destro ovviamente Alice. Non potevo chiedere di meglio.

Corrugai la fronte e mi voltai leggermente verso Alice, come a domandarle che cosa intendesse suo fratello. Lei mi spiegò che nel paesino era l'ultimo giorno di festa, e che per la serata in programma, vi era in serbo uno spettacolo pirotecnico in riva al mare.

« Ovviamente pensavamo di andare fuori in barca.. Almeno evitiamo il traffico della spiaggia.. »

Si affrettò ad aggiungere mia sorella minore. Ma non mi voltai, rimasi a guardare il volto di Alice che senza dire altro, sembrava domandarmi se ne avessi voglia. I suoi occhi sembravano dirmi di fare la mia scelta: se ne avevo voglia, potevamo andare, altrimenti sarebbe rimasta al mio fianco comunque. Ma sinceramente non mi andava di fare il burbero e rimanere chiuso in casa. Sette anni senza di loro? La fatica poteva tacere. E di tempo da stare solo con Alice ne avevo parecchio!

« Ci saremo! »

Dissi infine voltandomi verso Emmett che sembrava più che felice. E dopo quella frase cominciammo a mangiare. Sembrava che non mangiassi da anni: in pochi minuti pulì il mio piatto e dovetti trattenermi nel chiedere una seconda porzione. Non volevo fare la figura del maleducato! Durante la cena tutti raccontavano qualcosa di personale che era accaduto nel periodo in cui ero mancato. Emmett per esempio, si divertì a raccontarmi di quando Edward era sbiancato e quasi svenuto dopo ricevuto la notizia di Bella incinta. Dovetti ammettere che il fidanzato di mia sorella, aveva un'ottima capacità nell'imitazione del fratello maggiore che, in tutta risposta, continuava a fulminarlo anche quando Bella scoppiava a ridere. Edward per ripicca, mi raccontò di quando a scuola Emmett era inciampato sul palco, quando a fine carriera scolastica i diplomati salivano per prendere il loro diploma. Tanti piccoli aneddoti che riempirono la serata. Io parlai soltanto alla fine, bene o male non avevo molte cose da raccontare, ma avevo una domanda da fare a Jenny.

« Dimmi Jenny.. Stasera ci sarà anche Andrew? »

Rosalie si sporse leggermente in avanti, strizzandomi l'occhio mentre vedeva la mia sorellina all'inizio sbiancare, per poi diventare rossa per l'imbarazzo. Non sapeva cosa rispondere, balbettava monosillabi a caso, senza senso, mentre alla mia destra sentivo la risata di Alice che, dopo qualche secondo, mi diede una piccola pacca sulla nuca come a chiedere di avere una tregua nei confronti di mia sorella. Risi divertito guardando la sua espressione: colpita e affondata. Ma tralasciai il discorso provando a mettermi nei suoi panni e quindi sviai infilandomi in altri discorsi con gli altri, ai quali ovviamente partecipava anche mia sorella. Dopo svariati minuti, prima Edward e Bella, cominciammo a congedarci per fare un cambio d'abito prima della serata. Fu quando passai dietro a Jenny che misi le mani sulle sue spalle, lasciandole un bacio fra i capelli. Lei fermò la mia mano e mi sussurrò:

« Ci sarà.. »

Le sorrisi e se prima pensavo che potesse darmi fastidio questo fantomatico Andrew, ora come in quel momento, ero curioso di vederli insieme. Così la guardai negli occhi e le sorrisi, prima di salire le scale seguendo Alice.

 

 

 

Si stava divinamente. La barca scivolava sopra l'acqua e l'aria che mi colpiva era un toccasana per quel momento. Al comando ovviamente vi era Emmett e, con mia grande sorpresa, se la cavava alla grande. Era tutto fin troppo perfetto: finalmente ero tornato a casa. Mi ero allontanato da Alice soltanto qualche secondo, giusto il tempo per andare a prendere qualcosa da bere. Quando la raggiunsi, era seduta sul bordo della barca in direzione poppa, ed aveva uno splendido sorriso stampato in volto. Facendo ben attenzione a non farmi sentire, mi sedetti dietro di lei, stringendola fra le braccia notando che si era presa uno piccolo spavento.

« Grazie.. »

Disse afferrando il bicchiere di birra che le avevo portato, ma le fu complicato bere anche solo un sorso, dato che affondai il mio volto sull'incavo del suo collo, sfiorando la pelle con le labbra. Sentì il suo sospiro beato risuonare nelle mie orecchie, e la sua mano accarezzò le mie braccia che l'avvolgevano.

« Bastava dirlo che volevi solo un po' di tempo per noi.. »

Disse col sorriso sulle labbra mentre mi allontanai dal suo collo, come se fossi stato accusato di qualcosa che non avevo fatto.

« Che cosa vorresti insinuare? »

Domandai sgranando leggermente gli occhi sporgendo il volto un po' di lato, in modo di vederla dritta negli occhi. Lei rise divertita, accarezzandomi il volto mentre le sue labbra si unirono alle mie. Non un bacio casto, ma nemmeno troppo spinto. Armonioso era la parola più adatta: le mie labbra si univano con le sue, ed insieme si inseguivano in una danza lenta e calibrata. La sua mano accarezzava il mio volto, e le nostre labbra continuavano ad inseguirsi e chissà per quanto tempo avrebbero voluto rimanere unite. Ma qualcosa ci costrinse a dividerci. Non appena sentì lo schiarirsi della voce di qualcuno, mi allontanai appena alzando lo sguardo ed incontrando quello di Jenny. Capì che cosa volesse solo quando vidi accanto a lei un ragazzo. Mano nella mano. Fastidio? Leggermente.

« Jazz, lui è Andrew.. »

Mia sorella sembrava leggermente in imbarazzo, ma sembrava trarre coraggio dalla mano che stringeva quella del ragazzo, o meglio, il famoso Andrew.

« Oh, è lui allora.. »

Dissi sentendo appena la risata smorzata di Alice che nascose il volto sul mio braccio. Io allungai quello destro verso l'alto, stringendo la mano di Andrew che in tutta risposta mi sorrise dicendomi:

« Piacere di conoscerti, Jenny parla molto di te! »

Sembrava un ragazzo apposto. Ma sembrava. Ed io non mi fidavo. E che cavolo ero pur sempre il fratello maggiore e protettivo.

Era alto più o meno quanto Jenny, capelli corti, sparati in alto con del gel. Il tipico ragazzo della porta accanto. Non sembrava avere nulla di particolare. Nessun tatuaggio, niente piercing e non sembrava avere la faccia del ragazzo che si diverte a fare le bravate coi suoi amici. Dovevo forse ammettere che era un bravo ragazzo? No, non volevo ammetterlo, non ancora, li avrei torturati per qualche giorno. Tutto ad un tratto la sua mano si allontanò da quella di Jenny e non fu difficile sentire ciò che disse:

« Vado a prenderti qualcosa da bere.. »

E forse, causa la mia presenza, si limitò a darle un bacio sulla guancia. Vicino, troppo vicino alle labbra, al settore limitato. Qualche secondo dopo, quando cominciò ad andarsene dissi ad Alice:

« Vado a prenderti anche io qualcosa da bere! »

Lei corrugò la fronte guardando il bicchiere che stringeva fra le mani.

« O sono già ubriaca o il bicchiere è ancora pien.. »

Prima che potesse aggiungere altro, glielo strappai dalle mani, e con un gesto deciso svuotai tutto il contenuto in mare, lasciandola con un'espressione buffissima in volta. Per consolarla le diedi un bacio sulla guancia, come a scusarmi, ma prima che potessi alzarmi in piede, mi diede una sberla sulla gamba, rimproverandomi con un:

« Sii clemente.. »

Sarei stato la persona più calma e calibrata che mai. Ad una condizione però!

Pochi secondi dopo raggiunsi il ragazzo, intento a versarsi della Coca-Cola nei bicchieri che aveva preparato. Sul serio non beveva alcool? Mi avvicinai a lui, il quale notandomi si limitò soltanto a sorridermi.

Carino lui.

No non è vero.

« Volevo ringraziarvi per avermi invitato.. »

Disse non appena ebbe finito.

« Mi fa piacere conoscervi. Jenny è devota a tutti voi! »

« E lei è il nostro orgoglio.. »

Risposi con fierezza non appena ebbi finito di versare, per l'ennesima volta, della birra nel bicchiere. Prima che potesse muoversi con quei due bicchieri però, mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla continuando ad avere uno strano sorriso in volto.

« E' il mio piccolo tesoro.. »

Continuai con tono deciso, per poi avvicinarmi al suo orecchio per sussurrargli a denti stretti:

« Spezzale il cuore ed io ti spezzo le gambe.. »

Cercai di fare il duro, in sette anni qualcosa potevo pur aver imparato. E se forse avevo usato un po' troppo pathos in quelle parole, un filo di verità potevano avercele. Se le avesse fatto del male, gli avrei fatto pagare tutto quanto, con gli interessi. Nessuno poteva distruggere il cuore di un mio familiare, nemmeno un ragazzino conosciuto ad ore da Forks. Qualche istante dopo Jenny arrivò col sorriso stampato in volto, con la scusa di cercarlo per paura che si fosse perso o peggio ancora, caduto in mare.

« Non dirle niente.. »

Sussurrai quelle ultime parole, vedendolo mentre deglutiva prima di sfoderare un finto sorriso. Tanto di cappello per la sua abilità recitativa.

« Goditi la serata An! »

Esclamai infine, come se nulla fosse, come se in quei secondi fossimo diventati amici inseparabili. E mentre me ne andavo, e lasciavo la nuova coppietta, li vidi con la coda dell'occhio mentre Jenny si aggrappò al suo collo rubandogli un bacio. Rabbia? No. Sorrisi a quell'immagine, contento che anche lei avesse trovato qualcuno con cui andare d'accordo. L'amore eterno? Forse sì, forse no. Ma per il momento lei era felice, ed era la cosa fondamentale. Io e Rosalie, per lei, ci saremo stati per l'eternità.

« Ti senti soddisfatto? »

Alice aveva un sorriso divertito dipinto sulle labbra. Al suo fianco, seduti su un paio di sedie, vi erano Edward e Bella, pronti per gustarsi lo spettacolo pirotecnico che da lì a qualche minuto sarebbe cominciato. Io mi risistemai al mio posto, accanto ad Alice che, non appena mi sedetti allo stesso posto di prima, si accoccolò fra le mie braccia mentre le risposi con un:

« Mai stato meglio! »

E quando le mie labbra sfiorarono le sue, una luce nel cielo ci fece alzare gli occhi. Lo spettacolo ebbe inizio, e proprio come me l'ero immaginato, fu qualcosa di spettacolare forse perché al mio fianco avevo nuovamente la persona alla quale tenevo più al mondo. E se anche non avevamo passato la serata da soli, fu Alice a farmi aprire gli occhi facendomi rabbrividire quando al mio orecchio sussurrò:

« La serata è lunga.. »

 

 

Ecccccooooci qui! Spero di aver fatto qualcosa di decente, scrivendo qualcosa di almeno un po' carino! :)

Come al solito ringrazio tutti quanti, tutti quelli che leggono e tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie a tutti quanti e spero di ricevere un vostro parere, anche negativo eh :)

Da questo capitolo in poi ci sarà una tregua, fatta di giornate felici tutti insieme come una famigliola :)

Una tregua momentanea perché.. Bé come sapete mi piace creare disturbi :P

Alla prossima e grazie a tutti!

Fra!

   
 
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