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Autore: Revysmile    23/08/2012    1 recensioni
Incatenato alla monotona quotidianità di un'esistenza condotta tra molto lavoro e pochi svaghi, Arthur Kirkland era convinto di essere un ordinario giornalista nella vivace Londra del 1969. Cambierà idea quando, trovatosi ad indagare su una serie di sanguinari omicidi, scoprirà di essere molto più coinvolto rispetto a qualsiasi altro normale essere umano. Figure arcane e millenarie vengono alla luce, ed un fosco complotto viene svelato.
[Personaggi principali: Inghilterra, Francia, OC!Scozia, OC!Irlanda, Russia, Prussia, Sud Italia, altri.]
[Pairings: FrUk, a sorpresa.]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
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03. Coincidenze.

 

L'odore della salsedine era percepibile fin all'interno della piccola cabina spartana appartenente al capitano della nave.

Francis, tenendo gli occhi chiusi, inspirò un paio di volte quel profumo a lui alquanto familiare, il quale odorava incredibilmente di libertà.

Sorrise appena mentre si allungava e rilassava in quel piccolo letto sfatto.

Era fin troppo facile capire perchè Arthur avesse preferito prendere il mare piuttosto che stare chiuso fra le nuvole scure di Londra e tentare di influenzare il governo rimanendo nell'ombra.

- Perchè ridi?-

Al suono di quella voce acida, ben conosciuta, proveniente dal fondo della stanza, il francese aprì gli occhi e si mise a sedere in modo che Arthur potesse rientrare nella sua visuale.

Se per Francis Arthur rappresentava sempre una bella visione, vederlo nei panni da capitano pirata era addirittura sublime.

-Pensavo alla notte di fuoco appena trascorsa, mon cher.- rispose il biondo sfoderando il suo miglior sorriso malizioso.

-Maniaco. Non sai pensare ad altro, oltre al sesso?- la risposta dell'inglese arrivò acida ed ironica, come sempre, mentre il capitano si avvicinava a Francia, ancora seduto sul letto.

- Non dopo aver passato una notte come questa, Angleterre. Devo dire che da quando hai abbandonato i merletti e le buone maniere da lord sei diventato incredibilmente passionale.- rispose Francis con disinvolta malizia guardando negli occhi l'altro, pronto a cogliere qualsiasi reazione con malcelata curiosità.

-Piantala di dire cazzate, francese. Ed abbandona anche quel tuo stupido sorriso inopportuno.- disse l'inglese recuperando il laccio per capelli di Francis con il fine di legarsi i suoi

-Inoltre vorrei ricordarti che sono ancora un lord.- Arthur alzò la mano in modo che l'altro potesse vedere il suo vecchio anello simboleggiante il suo titolo nobiliare.

- Una doppia vita.- disse Francis con falso tono d'ammirazione, facendo seguire alle sue parole un acuto fischio -Chissà cosa direbbe il re Giorgio se scoprisse che in realtà sir Kirkland, invece che commerciare in Oriente, si dedica alla pirateria nei Caraibi.-

- Chissà... In ogni caso non lo scoprirà.- rispose allusivo l'inglese appoggiandosi alla parete ed incrociando le braccia - E, prima che tu me lo chieda, non ho intenzione di dirti i miei trucchi per condurre questo tipo di esistenza.- aggiunse anticipando la domanda del francese.

- Come sei antipatico.- disse Francis, fingendosi offeso, liberandosi dal lenzuolo e scendendo dal letto, rimanendo completamente nudo -Mi ridaresti il mio laccio per i capelli, Angleterre?-

-Preoccupati prima dei tuoi vestiti.-

Francia sbuffò indispettito, poi, senza occuparsi del suo vestiario, come invece gli era stato consigliato, si avvicinò ad Arthur il quale non si scompose minimamente all'avanzata senza veli del francese.

Francis si fermò giusto a qualche centrimetro da lui in modo da poterlo ossevare, per poi annullare, dopo pochi secondi, quella piccola distanza, andando a posare le sue labbra su quelle screpolate dell'inglese. Dal bacio che ne seguì, nel giro di pochi attimi le loro rispettive lingue incominciarono una danza dai toni crescenti, mentre il francese stringeva maggiormente a se il biondo, inebriandosi dell'odore che gli impregnava la pelle, misto di pioggia del suo paese natio e di salsedine, tipica dei mari in cui veleggiavano.

-Capitano Bertram!-

Un voce proveniente da oltre la porta della cabina interuppe il loro bacio, facendo voltare entrambi verso l'origine di quel suono.

- Che cosa c'è?- chiese con voce sgarbata Arthur, seccato per l'interruzione. Francis invece si voltò nuovamente verso Inghilterra, ridendo sornione.

- Navi in vista, capitano.- disse il membro dell'equipaggio.

-Arrivo.- rispose l'inglese, pronto a dirigersi fuori dalla cabina. Tuttavia non fece tempo a fare nemmeno un passo che venne fermato dalla mano di Francis che agguantò il suo polso.

-Che cosa vuoi? Devo andare.- rispose seccato girandosi.

- Shakespeare?- chiese Francia inarcando un sopracciglio.

-Ah! Bravo, hai studiato. Mi sorprendi, frog.- il tono del capitano era beffardo e fece seguire le sue parole da un sorriso ironico.

- Cosa vuoi che ti dica, chenille. Sono un uomo che sorprende sempre.-

-Ma taci.- Inghilterra si avviò verso l'uscio della cabina, prendendo la maniglia ed abbassandola con vigore anche se, prima di uscire, si voltò nuovamente dicendo- Francis, so già che tentarai di scappare...-

Tuttavia, prima che riuscisse a completare la frase, il francese lo interruppe ridendo -Ma mon chere, si da' il caso che io stia parecchio bene su questa nave come tuo prigioniero.-

- Se tenterai di scappare.- riprese imperterrito il capitano, preferendo sorvolare sulla sua isinuazione -Almeno vestiti. Non voglio uomini nudi scorrazzanti per il ponte della mia nave.- e detto questo uscì dalla cabina, sbattendo la porta.

Francia, sbuffando, si chinò stancamente a raccogliere i suoi abiti, ancora sparsi sul pavimento, nella stessa posizione dove erano stati gettati la notte precedente.

Mentre si vestiva una leggera brezza portava all'interno della cabina un piacevole profumo di salsedine ed attenuava la calura dei Caraibi; intanto l'atmosfera si faceva sempre più ovattata ed il tempo smise di scorrere. Altri suoni, estranei da quella situazione, si insinuarono nel ricordo e, poco a poco, come sospinto dal vento, il sogno ebbe fine.

 

Londra 08:00

 

-Allora Hans, la casa la riconosci senz'altro. E' il 127 ed è l'unica della via che davanti a se ha la fermata dell'autobus.-

La voce di Lovino risultava gracchiante a causa della cattiva comunicazione offerta da quel rottame di telefono pubblico di quel buio bar.

-Okay, penso di aver capito. In ogni caso immagino che Francia sappia arrivarci.- disse Hans mentre stringeva scomodamente la cornetta fra la spalla e l'orecchio, tentando di scrivere su un taquino le informazioni dettategli dall'italiano.

- Credo proprio di sì. E' la vecchia casa dove abitava Inghilterra.-rispose con tono alto, in modo da farsi sentire da Olanda -A proposito di Francia... E' lì con te?-

-No, sta dormendo in macchina, al momento ti sto telefonando da un locale.- rispose l'olandese riponendo la sua piccola agenda e la penna nella tasca interna della giacca.

-Occhio che non te la rubino.-

-La macchina o Francia?-

-Tutte e due.-

Il biondo sbuffò divertito impugnando finalmente la cornetta con una mano, in modo da parlare in modo più comodo.

-Devi farci ancora l'abitutidine, vero?- chiese appoggiandosi alla parete, in modo da poter osservare la sua auto rossa attraverso la vetrina del locale.

- Già... E' dura cambiare la propria prospettiva dopo diversi decenni. Mi ricordo quando ci siamo rivisti per la prima volta nel '40 nel nord della Francia. Minchia, mi è preso un colpo.-

- E credimi non sei stato l'unico. L'aspetto della sua reincarnazione ha colpito tutti.-

- Immagino. Non dimenticherò mai il volto di Kirkland.- disse ridendo l'italiano, chiedendo dopo una piccola pausa - A che ora arriverete?-

-Penso fra una mezzora. Non siamo molto distanti.- rispose Olanda estraendo una sigaretta sciolta dalla tasca dei suoi pantaloni.

-Bene. Ascolta- disse Lovino in modo improvvisamente serio -Non te l'ho detto prima, temevo che intercettassero la comunicazione, ma vi abbiamo chiesto di venire personalmente anche perchè devo mostrarvi una cosa.-

-Che cosa?- chiese Hans con voce dura.

-Appena arriverete qui lo scoprirete. E' principalmente per quello che sono scappato dall'Italia.- disse Lovino con tono quasi preoccupato -E' una persona che vorrei evitare che entrasse nel mirino di quelli là.-

- Capisco allora. Effettivamente non è da te sparire lasciandoti alle spalle un casino simile. C'è qualcuno che conosce questa cosa?-

- Cazzo, lasciamo perdere. Ho scoperto questa mattina di avere alle costole la polizia di mezza Europa. Comunque ne sono a conoscenza solo quelli del Regno Unito, Irlanda e tua sorella.... Ed ovviamente la Vecchia.-

- Belgio?-

-Beh, abitiamo tutti nella stessa casa.- rispose prontamente l'italiano, preoccupato delle eventuali reazioni dell'olandese -Tranquillo, non è nessuno di pericoloso. Semplicemente- disse facendo una piccola pausa - Mi sembra più sicuro e corretto parlarvene di persona.-

L'olandese non rispose subito. Si portò la sigaretta alle labbra, rimurginando qualche attimo sulle parole appena sentite dall'italiano. Lovino non era l'uomo più coraggioso del mondo ma di certo non era uno stupido: non si sarebbe mai tirato addosso l'attenzione di mezza Europa solo per salvarsi la vita rischiando di far scoprire tutti loro.

Hans conosceva l'italiano fin da quando era un bambino e sapeva che, quando compiva simili gesti impulsivi, era perchè la salvezza di qualcuno che gli stava a cuore era in pericolo.

-Arriviamo allora. Salvo che non ci siano nuovi imprevisti.- disse infine cercando la sua scatola di fiammiferi fra le tasche della giacca.

- Ci sono stati dei problemi?-

-Sì che ci sono stati.- rispose duro Olanda- E consistono tutti in questo odioso modo di guidare al contrario.-

-Avete fatto un incidente?-

-Per colpa di un Duble Decker ho tutto il fianco dell'auto rigata.- disse l'olandese trovando finalmente la scatola di cartone.

- Hai ragione, è un modo di guidare del cazzo, in ogni caso muovetevi. Vi aspettiamo.-

-Ciao.- disse semplicemente Hans riattaccando la cornetta al telefono, il quale espulse il resto causando un rumore metallico fastidioso.

Prima di incamminarsi verso l'uscita recuperò le monetine e si accese finalmente la sigaretta che teneva da tempo in bocca.

- Secondo me si è suicidato.- disse un uomo alla sua destra seduto al bancone al barista, indicando qualcosa su un giornale.

- Probabile. Forse si considerava spacciato ed ha preferito farla finita piuttosto che venire arrestato.- rispose l'altro pulendo distrattamente un bicchiere.

Olanda, incuriosito, si sporse oltre la spalla dell'uomo, fino ad scorgere quello che stava indicando. Una grande foto di un'auto ripescata da un fiume era affiancata da un lungo articolo. C'era anche un'altra fotografia ma sfortunatamente era coperta dal gomito dell'uomo, impedendo all'olandese di capire che cosa ritraesse.

Scosse la testa rassegnato dopo aver letto il titolo.

Ai loro problemi se ne aggiungevano continuamente altri.

Uscì nell'aria fresca del mattino e si diresse ad ampie falcate verso la sua auto.

Prima di salire guardò all'interno, Francia era esattamente nella stesa situazione di quando se ne era andato: ovvero sul sedile del passeggiero nel mondo dei sogni.

Aprì la portiera e salì nell'abitacolo accupando il posto di guida ed avviando il motore. Proprio in quel momento la nazione al suo fianco si mosse emergerndo da quel bozzolo fatto di uno scialle begie a ricami viola.

- Finito di dormire?- chiese guardando Francia che lentamente si stava stroppicciando gli occhi nel tentativo di scacciare il sonno.

-Ouì.- disse sbadigliando appena. Olanda si concesse qualche minuto per osservarla, per poi sbuffare, aggiungendo in modo ironico -Certo che rispetto a prima della Prima Guerra mondiale, quando la tua reicarnazione era quella di un uomo barbuto, sei cambiata parecchio, Francinne.-

 

Londra 08:30

 

Un leggero ma udibile sibilio d'irratazione sfuggì dalle labbra di Arthur mentre guardava l'autobus partire senza di lui.

-Allora signore si è liberato un posto per il 21, che ne dice?-

-Perfetto, a che ora?- chiese sbrigativo l'inglese alla cornetta desideroso di non perdere altri mezzi.

Se fosse arrivato in ritardo al lavoro quel giorno sarebbe stato Brian a pagarne le conseguenze. Infatti era assolutamente colpa sua se ora era bloccato in quella stupida cabina del telefono nel tentativo di prenotare una visita, a dir sua superflua ed inutile, che oltretutto gli avrebbe portato via una fetta consistente del suo già misero stipendio.

-Alle undici.- rispose la voce della segretaria con fare assonnato ed allo stesso tempo irritato. Era giustificabile, il ragazzo dopotutto aveva chiamato appena avevano aperto l'ufficio.

-Perfetto il 21 alle undici, la ringrazio.- disse frettoloso Arthur guardando scocciato l'orologio.

-Esatto, arrivederci signore.-

-Arrivederci.- non fece nemmeno in tempo a finire di dire il saluto che aveva già riattaccato la cornetta, catapultandosi al di fuori della cabina telefonica.

Si aggiustò la tracolla contenente le sue bozze e raggiunse la fermata mentre un fastidioso e freddo vento si alzava e pervadeva la città.

L'autobus fortunatamente non si fece attendere molto, difatti c'erano tante corse alla mattina, anche se quella non l'avrebbe portato direttamente al lavoro ma avrebbe dovuto a cambiare una volta lungo il tragitto.

Così era almeno indicato sugli orari ma il ragazzo non aveva mai fatto quel percorso e quindi non aveva la più pallida idea delle fermate che avrebbe svolto.

Decisamente un pessimo modo per iniziare la giornata. Tuttavia non aveva molta scelta: aspettare il mezzo che compiva la strada analoga rispetto a quello che aveva perso l'avrebbe fatto arrivare in redazione con un ritardo mostruoso.

Il double decker, dopo qualche minuto, si fermò davanti a lui emettendo un fischio acuto ed, appena le porte metalliche si aprirono, Arthur vi salì assieme ad un paio di persone.

L'umore del ragazzo quel giorno era pessimo, influenzato sicuramente dal fatto di aver preso un appuntamento da quel dottore.

Chiese all'autista, il quale ricordava di più un suino che un essere umano, informazioni riguardo alla sua fermata, ricevendo una risposta incomprensibile e sconnessa. Unendo le informazioni degli orari che aveva sulla sua, inseparabile, guida di Londra a quelle dell'autista il povero inglese riuscì più o meno a capire dove avrebbe dovuto scendere. Si trascinò fino ad un posto vuoto e vi ci sedette faticosamente.

Al suo fianco una signora con degli occhiali orrendi stava leggendo una rivista mentre davanti a lui c'erano due uomini in giacca e cravatta ed uno dei due stava leggendo qualcosa stampato nella prima pagina di quello, Arthur ne era sicuro, fosse il Times.

Probabilmente erano due impiegati che, come lui, si stavano stancamente dirigendo verso il proprio lavoro, come ogni noiosissimo, ripetitivo giorno.

L'insofferenza di Arthur verso la monotonia della propria vita era particolarmente forte in quel periodo e spesso si ritrovava quasi a pregare che qualcosa lo strappasse a quei ritmi forzatamente ripetitivi che imponeva la società. Era come se al proprio interno sentisse una specie di richiamo che sembrava spingerlo alla ricerca di un'esistenza al di fuori dell'ordinario.

Inoltre un'altra cosa accrescava in lui questa smania di cambiamenti: la superficialità delle persone che lo circondavano.

Brian spesso sosteneva che fosse eccessivamente snob ma la verità era che Arthur non riusciva a ritrovarsi in quella società dalla mentalità chiusa.

Dopotutto erano gli anni della rivolta e mentre idee innovative e rivoluzionare giravano il globo smuovendo grandi eventi ed incidendo nella storia grandi nomi Arthur, nonostante fosse in una dei centri di quei cambiamenti, si ritrovava improgionato fra persone che avevano lo spessore di una pozzanghera.

Il britannico continuava a chiedersi dove si nascondessero le persone interessanti.

Possibile che fossero ovunque tranne nei posti dove si trovava lui?

Forse era per questo suo disagio che i sogni dell'inglese erano così popolati di avventure straordinarie e gente strabiliante.

Il tempo, intanto, passava lento a bordo dell'autobus, mentre fuori dal finestrino il paesaggio urbano continuava a mutare.

Arthur non era mai stato in quella zone di Londra, anche se, all'incirca, sapeva il quartiere dove si trovava.

Era strano, per tutto il tempo passato all'orfanotrofio non aveva mai lasciato la cittadina dove esso era situato, eppure girare per la capitale gli risultava incredibilmente facile.

Aveva quasi dello stupefacente come riuscisse a ricordarsi ogni via della città in cui passava.

Dopo un paio di fermate il ragazzo si fece più attento: ormai non avrebbe dovuto esser molto lontano dal luogo indicatogli dall'autista scorbutico.

Il double decker fece ancora quattro fermate, finchè l'inglese scese titubante ed incerto alla quinta.

Si accostò al palo che segnalava la fermata, controllando il cartello degli orari: fortunatamente annunciava l'arrivo dell'autobus che avrebbe dovuto prendere fra quattro minuti.

Si mise nervosamente in attesa, cominciando a spostare il peso da un piede all'altro, guardandosi attorno.

Le case di quel viale sembravano essere tutte costruite almeno nel secolo precedente anche se erano tenute con molta cura, dando alla strada un colpo d'occhio molto ordinato e piacevole.

L'attenzione del ragazzo in particolare si focalizzò davanti a sè dove, davanti alle abitazioni, si agitavano gli alberi spogli, mossi dal vento. Il modo in cui si muovevano i rami era quasi ipnotico.

Durò un secondo ma per un breve lasso di tempo l'inglese si incantò dell'osservarli, si riscosse solo quando una piccola vertigine lo colpì, minando il suo equilibrio.

Chiuse gli occhi massaggiandosi le tempie, mentre una specie di brusio gli riempiva le orecchie rimpiangendo amaramente di non aver fatto colazione quella mattina. Da quando era sceso dal mezzo pubblico sentiva come un vuoto all'altezza del suo stomaco.

Inolte avvertiva come una specie di agitazione nel suo animo, assieme ad uno strano sentimento simile alla nostalgia. Probabilmente essersi alzato in fretta dal sedile gli aveva causato un piccolo sbalzo di pressione, o almeno così stava tentando di convicersi.

Infatti evitava di pensare all'eventualità, assai probabile visto i suoi trascorsi clinici, di soffrire di una qualche malattia.

Nel tentativo di distrarsi dai spiacevoli sospetti che si affacciarono nella sua mente cominciò a guardare le auto parcheggiate davanti al marciapiede. Era da quando era un bambino che si rifuitava di credere all'eventualità di essere pazzo.

La sua attenzione venne attratta in particolare da un auto. Si avvicinò al veicolo e cominciò ad osservarlo con curiosità: era di colore rosso ed aveva un lungo e grosso graffio sulla fiancata ma, soprattutto, non era montata come qualsiasi macchina inglese.

Guardando il volante a sinistra e il danno alla cromatura Arthur sorrise bonariamente.

Turisti.

Fece per distogliere lo sguardo ma la sua attenzione venne attirata da uno scialle femminile, abbandonato sconpostamente, sul sedile del passeggero: era beige con qualche richiamo color lilla. Mentre Arthur tentava di aguzzare la vista per scorgere meglio la trama del ricamo il suo sguardo cadde sul riflesso dell'auto che ritraeva il suo volto.

Si guardò gli occhi con curiosità e soddisfazione: aveva meno occhiaie di quando si era alzato.

Dopo un bel sorriso fece per distogliere lo sguardo quando un dettaglio nel suo riflesso interuppe la sua azione: una cravatta nera stringeva il collo alto della sua linda camicia bianca.

Sgranò gli occhi tastandosi l'apertura della camicia che spuntava da sotto il cappotto.

Arthur non aveva molte certezze nella sua vita ma quella mattina era sicuro di essersi dimenticato la cravatta, ed inoltre aveva scelto per quel giorno una camicia azzurrina con il collo basso. Anzi, un capo del genere come quello indossato dal suo riflesso non l'aveva nemmeno mai posseduto.

Rimase immobile con il fiato sospeso a fissare l'immagine riflessa sul vetro, il suo volto era diventato impassibile.

Per alcuni attimi non mosse nemmeno un muscolo finchè la sua mano, da vicina al collo si levò verso il suo viso.

Arthur sgranò gli occhi, incapace di distogliere lo sguardo dal suo riflesso che aveva iniziato a muoversi da solo. Lentamente quello alzò la mano mostrando un anello dorato con su incisa un'araldica, sorridendo. Solo allora Arthur notò che l'altro era vestito come se fosse stato un lord del diciannovesimo secolo.

Il suo riflesso gli sorrise e con un movimento lento gli fece segno di voltarsi.

Arthur spaventato si voltò di scatto trovandosi davanti una villa.

Si girò nuovamente verso l'auto ma il finestrino si limitò a riflettere il suo volto spaventato, con il colorito pallido esaltato dal colletto slacciato della sua camicia azzurra.

Chiuse gli occhi prendendosi il capo fra le mani: non era normale avere per lui avere delle allucinazioni così frequentemente.

Dopo qualche attimo si impose di calmarsi e, per distrarsi e tentare di far tornare il suo battito cardiaco, seguì il consiglio del suo riflesso e si voltò.

Davanti a lui non c'era niente di particolare se non una villa indipendente, incastrata fra due alti edifici e separata da loro solo da due piccoli vicoli. Aveva due piani in tutto ed era costruita nel tipico stile londinese, dipinta di bianco con il cancello e gli infissi neri. Inoltre era piuttosto vecchia ed era separata dalla via da un piccolo ed ordinato giardinetto.

Sembrava una casa normale eppure scatenava dentro Arthur una strana ed inquietante sensazione, mentre una specie di strano brusio cominciava nuovamente a ronzargli nella mente.

Scosse leggermente la testa, dandosi dello stupito da solo. Perchè provare inquietudine davanti ad una semplice casa?

Come a voler dimostrare a se stesso l'innocuità di quella abitazione si avvicinò ad essa.

Era ormai a pochi metri dalla cancellata quando improvvisamente un acutissimo dolore alla radice del naso fermò la sua avanzata, arrivando fino a fargli perdere l'equilibrio. Il suo ginocchio cozzò contro il marciapiede mentre un qualcosa di denso e caldo cominciava a colargli dalle narici.

Per un attimo la vista gli si offuscò mentre il male che sentiva alla testa continuava ad aumentare.

Si piegò su se stesso reggendosi il capo con entrambe le mani. Strizzò gli occhi mentre tratteneva il respiro nella speranza di non gemere, inutilmente. Un basso e roco lamento sfuggì dalle labbra dell'inglese quando la necessità di respirare si fece insopportabile.

Il dolore,che raggiunse ben presto il suo apice, strappò allo stoico ragazzo solo un altro flebile lamento e, sorprendentemente, veloce come l'aveva colpito svanì lasciandolo in ginocchio sul marciapiede, come se nessun malessere l'avesse mai colpito.

Dopo qualche attimo, incredulo ed intontito, aprì gli occhi trovando la luce del sole insopportabile per la sua povera testa.

Facendo leva sulle sue stesse ginocchia si alzò con cautela e, rimettendosi dritto, si guardò in modo imbarazzato attorno.

Non avrebbe saputo dire esattamente quanto fosse rimasto per terra ma, a giudicare dal fatto che nessuno gli si fosse avvicinato, dedusse che il suo tracollo fosse durato poco tempo.

Si passò una mano sul volto e scoprì con stupore che quel fluido caldo che aveva sentito colare non era altro che il suo stesso sangue, il quale imbrattava anche le sue mani.

Tuttavia, preso com'era da quell'improvviso collasso, l'inglese non si accorse di una cosa. Infatti era tenuto sotto controllo, ormai da diversi minuti, da un piccolo ossevatore nascosto dietro la siepe dell'abitazione.

Mentre Arthur si rialzava si fece coraggio e uscendo finalmente dal suo nascondiglio. In punta di piedi, stando ben attento a non fare rumore, aveva aperto timidamente uno spiraglio nel cancelletto e gli si era avvicinato.

L'inglese, non avendo percepito quella presenza, impegnato nel tentare di capire che cosa gli fosse successo, sussultò non poco quando qualcuno gli tirò un lembo della giacca.

Si girò di scatto trovandosi con sorpresa un bambino in piedi davanti a lui.

Il piccolo dimostrava circa cinque o sei anni, aveva il viso paffuto contornato da dei capelli rossicci con uno strano ciuffo arricciato verso l'altro e due bellissimi occhi coloro ambra che lo scrutavano con curiosità mista ad apprensione.

 

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Bene, chiedo venia per la mia scomparsa ma, dopo mesi di assenza, eccomi tornata!!!!

D'ora in poi spero di poter aggiornare con più frequenza.

Comunque... A partire da questo capitolo troverete alcuni personaggi di Nyo!Hetalia e nelle versioni 2P.

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito questa fic oppure aggiunta fra le storie seguite o preferite e robe varie....

Grazie ancora!

Alla prossima!

Rebecca.

  
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